L’alba del 17 gennaio un misterioso manifesto è apparso sui muri del centro di Roma, ma qualche ora più tardi nessuno lo ha potuto più leggere perché è stato ricoperto, oscurato. E’ scomparso. Quelli che sono riusciti a dargli uno sguardo, poco hanno capito di cosa si trattasse: il poster sembrava scritto da una di quelle persone ossessionate da un’ingiustizia e che a un certo punto della loro vita sentono il bisogno di sfogarsi in pubblico, costi quel che costi. Ecco l’incipit: «Lettera aperta a Gianfranco Fini - Presidente, sono oramai sei mesi che ho chiesto un appuntamento attraverso l’onorevole Donato La Morte con te, il commissario della federazione romana Gianni Alemanno e lo stesso La Morte. A detta degli ultimi due, gli innumerevoli impegni non hanno ancora permesso un incontro di pochi minuti». Segue un elenco abbastanza lungo di recriminazioni (per quanto si capisce) per lavori di tipografia effettuati e non pagati da Alleanza nazionale. Alla fine la firma: Sergio Mariani. Nome e cognome che non dicono nulla alla stragrande maggioranza dei passanti che, dalle 7 del mattino fino al tardo pomeriggio, hanno potuto lanciare uno sguardo su quel manifesto. Ma la ristretta cerchia del gruppo dirigente di An sa. Sa chi è Sergio Mariani. Negli Anni Settanta, negli anni ruggenti dell’Msi romano, quando se ne davano e se ne prendevano e gli altri partiti trattavano i missini come degli appestati, il camerata Sergio lo chiamavano «Folgorino». Si era sposato con Daniela Di Sotto, una bella ragazza di grande temperamento, ma poi i litigi sempre più frequenti tra i due, l’inizio di un flirt della moglie con Gianfranco Fini e l’annuncio di un’imminente separazione indussero Sergio Mariani a un gesto estremo. Si sparò. L’uomo si salvò e qualche anno più tardi Daniela Di Sotto si sposò con Gianfranco Fini. Una vicenda di cuore, di sangue, di grande passione, che nel corso del tempo si è ricomposta senza recriminazioni plateali: i tre hanno saputo gestirla con grande dignità e nessuno ci ha mai speculato sopra. Ma ora il passato ritorna, per chissà quali rivoli dell’anima. E ritorna nel modo meno piacevole. Con la decisione di Mariani di «mettere in piazza» una vicenda, a suo dire, di pagamenti non onorati da parte di Alleanza nazionale. Ciò che nel manifesto non è scritto è ciò che Mariani ha fatto in tutti questi anni: ha garantito prima all’Msi e poi ad An il rifornimento di manifesti e anche l’opera di «attacchinaggio» grazie a una cooperativa. Insomma, per molti anni il partito non ha dimenticato «Folgorino», gli ha garantito una certa quantità di commesse. Poi, a leggere la lettera, deve essere intervenuto un infarto nei pagamenti. Scrive Mariani: «Ciò che mi è dovuto, perché lavorato, è frutto della stampa che quotidianamente e per anni, a mezzo di fogli stampati, andava sui muri della città».Ma nella lettera «apertissima» scritta a Fini affiora anche un impasto di sentimenti e risentimenti. Il leader di An non ha tempo di incontrarlo? Scrive Mariani: «Io, al contrario di voi, ho un solo impegno. Quello di dare ciò che è più giusto a chi amo e a chi rispetto. Credo, come già ebbi a dirti, che si debba avere il coraggio dell’assunzione di responsabilità di dire "Sono forte, me lo posso permettere, non ti pago, il partito sono io e decido io a chi e quando". Come dire, caro Gianfranco, dillo chiaramente che non mi vuoi pagare. Ma è il finale, dati i precedenti, a lasciare senza fiato: «Stampo per esprimere il mio diritto e quello di chi, con me, ad esistere, a non sottostare alla protervia e alla tutela dei piccoli orticelli privati. Ecco, ora sta a te valutare. Non sarà facile davanti a questo foglio di carta che, credimi, tanto costa e tanto più potrebbe costare anche a me».