Originariamente Scritto da
Barsanufio
Qualche considerazione operativa, sulla quale mi piacerebbe avere una vostra opinione.
Prima premessa: la tardo-modernità favorisce un possibilismo esistenziale, che si proietta naturalmente sulla scelta dello stato di vita. I gesti definitivi sono diventati non desiderabili, eccessivamente azzardati, impossibili. Aumentano il numero delle separazioni e dei divorzi nella famiglia, diminuiscono le vocazioni religiose, e ciò proprio a causa dell'incombenza del per sempre (titolo del secondo film citato, peraltro).
Seconda premessa: nell'orizzonte tradizionale - recepito dalla visione cristiana non ancorando la professione religiosa al livello del sacramento - la vita monastica non implica necessariamente la definitività e il per sempre.
Ciò premesso, la mia proposta ai grandi Ordini religiosi della cristianità è consentire un'appartenenza fluida, non necessariamente definitiva, e non necessariamente vincolata all'acquisizione di uno stato di vita preciso.
Per non essere eccessivamente complicato faccio un esempio.
Immaginiamoci un'abbazia cistercense, adagiata in una fertile valle lombarda o provenzale. Io la vedrei così, nel terzo millennio.
C'è un gruppo di monaci, di un'età che varia - non so - tra i venticinque e gli ottanta anni, che hanno scelto la professione monastica definitiva, immergendo la propria vita nella dimensione del per sempre. Alcuni di questi monaci sono sacerdoti. Tra di essi viene scelto l'Abate.
Poi vi è un gruppo di monaci, generalmente di età piuttosto avanzata, i quali hanno scelto di concludere la propria esistenza nel monastero, pur proveniendo da esperienze differenti. Ci sono: sacerdoti diocesani, oppure religiosi membri di Ordini "attivi", con l'assenso del loro Vescovo o con quello del proprio Ordinario; vedovi, i cui eventuali figli sono già pienamente autonomi; coniugati anziani, con il consenso del proprio coniuge (il modello potrebbe essere quello di Pieter e Anne-Marie Van der Meer, discepoli olandesi di Leon Bloy e amici intimi di Jacques Maritain); non coniugati (vocazioni 'adulte' o 'anziane') sottoposti a discernimento attento da parte dell'Abate.
Il terzo gruppo di monaci è composto da giovani uomini - frequentemente studenti - che hanno deciso di vivere in monastero un anno o più della loro preparazione alla vita. Le motivazioni possono essere varie: attrazione per la vita monastica (ma problemi con l'aspetto definitivo della stessa), desiderio di trovare un luogo significativo e silenzioso per studiare, preparsi alla vita, costruire la propria personalità cristiana. Generalmente questi monaci (in questo caso potrebbe essere usata la parola 'oblati') rimangono al monastero un anno, al massimo due. Ma altri restano più a lungo: in questo caso l'Abate li orienterà a pronunciare la professione monastica definitiva, ma qualora essi manifestino un'impossibilità reale a compiere un gesto esistenziale definitivo, potranno - previo discernimento - rimanere 'ad libitum' nello stato presente, rinnovando i voti anno dopo anno.
Poi vi è un quarto gruppo di oblati, totalmente eterogenei, i quali passano in monastero periodi di estensione variabile, come 'pausa' di ritorno al significato nella propria esistenza (vacate et videte).
Ciascuno di questi monaci e oblati ha una cella, un abito monastico, acquisisce uno stile monastico, rispetta integralmente (anche se provvisoriamente) i voti, rispetta la disciplina del monastero, gioca - insomma - il gioco secondo tutte le sue regole. Non li vedo come terziari o super-ospiti, ma come veri e propri monaci (pur per un tempo limitato).
L'ispirazione - in generale - è quella, più tradizionale che induista - dei quattro ashrama, ossia la visione della vita secondo fasi cronologicamente intese: il giovane studente celibe (brahmacarya), l'adulto lavoratore e pater familias (Grihastha), il maturo e anziano monaco (Vanaprastha), il rinunciante, perduto nell'erranza, nel vento e nel sole, senza più regole, indirizzi o legami (Sannyasi). Mi limiterei ai primi tre ashrama, però, visto che è evidente che, per il quarto, occidente e cristianesimo non sono affatto pronti.
Personalmente credo che il monachesimo cristiano verrebbe rivitalizzato, se accogliesse un'impostazione di questo tipo. E sarebbe un ottimo modo di dialogo con la tardo-modernità.
Mi permetto di sollecitare un'opinione del padre Giovanni (che, se non ho capito male, oltre ad essere sacerdote, sposo e padre è anche periodicamente monaco, ed in tal modo è una vera e propria incarnazione della tardo-modernità vocazionale, coniugata con le radici spirituali viventi della tradizione ortodossa).
Grazie, Barsanufio