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Discussione: Soli cum solo

  1. #1
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    Predefinito Soli cum solo

    Ci riprovo.

    "Il Grande Silenzio", film di Philip Groening sui monaci certosini, anno 2005, 3 ore di durata, quasi nessuna parola, nessuna musica, rivaleggia ai botteghini con le produzioni hollywoodiane, a Milano resta abbastanza a lungo nelle grandi sale del centro, vanno a vederlo manager incravattati nella pausa pranzo (proiezione da mezzogiorno alle tre), ragazzi allacciati alla propria fidanzata.

    "Per sempre", film di Alina Marazzi, anno 2004, reportage sulla vita monastica femminile, un Carmelo e un priorato camaldolese, tantissime parole (forse troppe), forse una lieve slealtà di fondo, però grande interesse nei cineforum anche non cattolici.

    Vi chiedo che cos'è per voi il senso della vita monastica. Qual è il monachesimo possibile per un non monaco. Se sono immaginabili nuove forme, e quali. Se invece pensate che tutto stia sparendo.
    Mi piacerebbero considerazioni libere, pensieri autonomi, fondati sulla propria esperienza.

    Grazie, Barsanufio

  2. #2
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    Solo una piccola considerazione sul primo film citato.
    Bello il Grande Silenzio. Solo che, agli occhi del pubblico moderno rischia di risultare inquietante. L'uomo moderno non è più abituato al silenzio, ma al rumore di fondo della vita (e non tanto il sano rumore dei bambini che scorrazzano per casa, ma il rumore inutile di tutto il superfluo e il consumistico), tanto che il silenzio gli appare come un rumore assordante.
    E' già un miracolo ritagliarsi un po' di minuti di raccoglimento, in cui continuano a ronzarci nella testa pensieri e divagazioni di ogni tipo. Un silenzio come quello monastico (per di più eremitico, non cenobitico) è un vero e proprio chock.

  3. #3
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    Siamo tutti monaci.

  4. #4
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    Sta scritto "Non sapete che siamo tempio dello Spirito Santo"?

    Quale altra grande motivazione ci è data, per dirci che in ogni momento portiamo presso di noi la cella, il chiostro in cui possiamo incontrare il Signore. Siamo il suo Tempio!

    Come è scritto nella parabola del figlio prodigo (o del padre amorevole) "rientrò in se stesso". Vedo il monaco (laico o consacrato) come uno uomo o una donna che in se stesso trova tutto, trova Dio. Basta rientrare in se stessi, non occorre trovare una Chiesa particolare, un'ambiente particolare, un gruppo particolare...

    Ci si siede sotto un albero e lì si rientra in se stessi, nel Tempio per incontrare lo Spirito Santo.

    Pace & bene.

  5. #5
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    Qualche considerazione operativa, sulla quale mi piacerebbe avere una vostra opinione.

    Prima premessa: la tardo-modernità favorisce un possibilismo esistenziale, che si proietta naturalmente sulla scelta dello stato di vita. I gesti definitivi sono diventati non desiderabili, eccessivamente azzardati, impossibili. Aumentano il numero delle separazioni e dei divorzi nella famiglia, diminuiscono le vocazioni religiose, e ciò proprio a causa dell'incombenza del per sempre (titolo del secondo film citato, peraltro).

    Seconda premessa: nell'orizzonte tradizionale - recepito dalla visione cristiana non ancorando la professione religiosa al livello del sacramento - la vita monastica non implica necessariamente la definitività e il per sempre.

    Ciò premesso, la mia proposta ai grandi Ordini religiosi della cristianità è consentire un'appartenenza fluida, non necessariamente definitiva, e non necessariamente vincolata all'acquisizione di uno stato di vita preciso.

    Per non essere eccessivamente complicato faccio un esempio.

    Immaginiamoci un'abbazia cistercense, adagiata in una fertile valle lombarda o provenzale. Io la vedrei così, nel terzo millennio.

    C'è un gruppo di monaci, di un'età che varia - non so - tra i venticinque e gli ottanta anni, che hanno scelto la professione monastica definitiva, immergendo la propria vita nella dimensione del per sempre. Alcuni di questi monaci sono sacerdoti. Tra di essi viene scelto l'Abate.

    Poi vi è un gruppo di monaci, generalmente di età piuttosto avanzata, i quali hanno scelto di concludere la propria esistenza nel monastero, pur proveniendo da esperienze differenti. Ci sono: sacerdoti diocesani, oppure religiosi membri di Ordini "attivi", con l'assenso del loro Vescovo o con quello del proprio Ordinario; vedovi, i cui eventuali figli sono già pienamente autonomi; coniugati anziani, con il consenso del proprio coniuge (il modello potrebbe essere quello di Pieter e Anne-Marie Van der Meer, discepoli olandesi di Leon Bloy e amici intimi di Jacques Maritain); non coniugati (vocazioni 'adulte' o 'anziane') sottoposti a discernimento attento da parte dell'Abate.

    Il terzo gruppo di monaci è composto da giovani uomini - frequentemente studenti - che hanno deciso di vivere in monastero un anno o più della loro preparazione alla vita. Le motivazioni possono essere varie: attrazione per la vita monastica (ma problemi con l'aspetto definitivo della stessa), desiderio di trovare un luogo significativo e silenzioso per studiare, preparsi alla vita, costruire la propria personalità cristiana. Generalmente questi monaci (in questo caso potrebbe essere usata la parola 'oblati') rimangono al monastero un anno, al massimo due. Ma altri restano più a lungo: in questo caso l'Abate li orienterà a pronunciare la professione monastica definitiva, ma qualora essi manifestino un'impossibilità reale a compiere un gesto esistenziale definitivo, potranno - previo discernimento - rimanere 'ad libitum' nello stato presente, rinnovando i voti anno dopo anno.

    Poi vi è un quarto gruppo di oblati, totalmente eterogenei, i quali passano in monastero periodi di estensione variabile, come 'pausa' di ritorno al significato nella propria esistenza (vacate et videte).

    Ciascuno di questi monaci e oblati ha una cella, un abito monastico, acquisisce uno stile monastico, rispetta integralmente (anche se provvisoriamente) i voti, rispetta la disciplina del monastero, gioca - insomma - il gioco secondo tutte le sue regole. Non li vedo come terziari o super-ospiti, ma come veri e propri monaci (pur per un tempo limitato).

    L'ispirazione - in generale - è quella, più tradizionale che induista - dei quattro ashrama, ossia la visione della vita secondo fasi cronologicamente intese: il giovane studente celibe (brahmacarya), l'adulto lavoratore e pater familias (Grihastha), il maturo e anziano monaco (Vanaprastha), il rinunciante, perduto nell'erranza, nel vento e nel sole, senza più regole, indirizzi o legami (Sannyasi). Mi limiterei ai primi tre ashrama, però, visto che è evidente che, per il quarto, occidente e cristianesimo non sono affatto pronti.

    Personalmente credo che il monachesimo cristiano verrebbe rivitalizzato, se accogliesse un'impostazione di questo tipo. E sarebbe un ottimo modo di dialogo con la tardo-modernità.

    Mi permetto di sollecitare un'opinione del padre Giovanni (che, se non ho capito male, oltre ad essere sacerdote, sposo e padre è anche periodicamente monaco, ed in tal modo è una vera e propria incarnazione della tardo-modernità vocazionale, coniugata con le radici spirituali viventi della tradizione ortodossa).

    Grazie, Barsanufio

  6. #6
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    Mi permetto di sollecitare un'opinione del padre Giovanni (che, se non ho capito male, oltre ad essere sacerdote, sposo e padre è anche periodicamente monaco, ed in tal modo è una vera e propria incarnazione della tardo-modernità vocazionale, coniugata con le radici spirituali viventi della tradizione ortodossa).

    Grazie, Barsanufio

    Siamo sempre nel Signore non Tardare del salmo 69/70,caro fratello .Nell'im-mdiato ti ringrazio per avere sollecitato il mio intervento come narrazione(l'affabulare e il narrare come proprio della nostra fede...al di là delle grandi costruzioni teoretiche...mia nonna lo diceva a me ragazzino...ora ti cuntu un cuntu...e mi narrava i mirabilia Dei... ) ma nel ringraziarti tanto constato anche la mia demonia solita,la mia solita tentazione all'orgoglio ,la mia vera e totale lussuria ingovernabile...Ma narro e narro ugualmente...In fondo ( e canto con Battiato) io so che il Vescovo mi ha pure perdonato peccati di cui io non mi sono mai pentito ....

    La quasi totalità delle mie ferie e dei miei riposi compensativi da questo lavoro usurante di direttore dei servizi generali ed amministrativi di un Liceo classico(a proposito sono in un momento di pausa...poi recupero...nessun problema...ho un altissimo senso laico dello Stato....) trascorre ogni anno in monastero e mia moglie e mio figlio dicono sempre che è -per loro,nota amico mio..per loro- grazia totale del Signore sia per la mia assenza sia per i frutti successivi del mio ritorno a casa dopo quasi 50 giorni circa l'anno di monastero e di monastero sostanzialmente in stretta osservanza lontano e distante dalla città e da ogni città...

    E' il senso della distanza ,il badare all'essenziale ,il cercare e il cercar di vivere il santo graal dell'essenziale e non è solo o neglio non soltanto il momento della riflessione di sè a se stesso ...Ad un certo punto di questo annuale percorso -lungo la felice e provvidenziale egemonia del silenzio(ma non è tutto silenzio)- e attraverso il silenzio totale della celebrazione sempre cantata e tutta cantata dei Servizi Liturgici e della Divina Liturgia e queste strane conversazioni che io ho con il monaco (quasi un eremita) e lui che non dice nulla ma mi ascolta,ascolta il mio frantumarsi e il mio essere lieto e contento della e nella frantumazione e poi si limita solo a dire Gloria a Dio,,e/ma la notte -egli solo- si alza (sento ancora il rumor dei passi...io ho un sonno leggero..) dalla sua cella e cammina verso la chiesa e lì accende nel suo silenzio di fuoco( monaci e preti ma in fondo tutti i cristiani dovrebbero sapere che hanno rubato il fuoco sacro e santo e ne hanno avuto diritto e ragione e quindi possono esercitare il diritto di accenderlo quando vogliono) il fuoco debole di una candela o di più candele e magari( e lo fa e lo fa) comincia a dire ad alta/basse e silenziosa voce (e non è solo...quanta folla dentro la Chiesa. del monastero .....quanta folla ma non la si vede o meglio la si vede con gli occhi folli e lucidi della professione di fede...l'unam sancta...la communio sanctorum..) tutta una serie di nomi da anni e anni a lui consegnati e so che ci sarà anche il mio,quello di mia moglie,di mio figlio,dei miei amici(anche quelli a me non noti ma con i quali dialogo e converso forumistiamente) e dei nemici, la mia congregazione,le congregazioni, i vivi ,i defunti...una nenia post e tardo moderna amico mio...Signore le tue viscere di misericordia..Signore quanto spappolamento...Signora basta ..cerca di finirla e non tardare oltre.,....ecco -amico mio- io so che (forse solo in monatsero...forse solo in monastero e mi chiedo ora perchè solo in monastero? perchè riesco a percepire e a vivere questo soltanto in monatsero?) sto prendendo sopra le mie mani e sopra le mie spalle la storia,le storie,le esistenze,le singolarità,le coppie,i dolori,le gioie, gli esperimenti e le esperienze di tutto e di tutti e riesco a presentarle all'epiclesi dello Spirito perchè le trasfiguri...le santifichi...le divinizzi...li faccia esplodere nel loro totale DNA senza più mediazioni...senza più negoziazioni...assicuri loro(a tutte le esperienze -nihil humanun a me alienum esse puto...se ricordo bene...) che il Signore verrà e non tarderà ..anzi ha già tardato troppo...La storia-e noi due alla nostra veneranda età l'abbiamo imparato- non è cambiato da nessun impegno,da nessun aggregato,da nessuna militanza,da nessuna ultima thule di qualsiasi progettualità...Anzi più progettualità e più militanza e più ancora la storia nelle mani del principe di questo mondo..l'avversario..il furbo..il padre della menzogna..Ed invece la storia viene cambiata a colpi di Kyrie eleison dai monaci( monaci ..amico mio...per cortesia monaci e solo monaci.) e a colpi di Regina coeli /axion estì delle monache(monache amico mio ..per cortesia solo monache...)

    La tardo modenrità su di me ...io sono tardo moderno...e Dio sia lodato...io sono anche monaco....La tardo-modernità come nostra possibilità di annuncio del Vangelo...La tardo-modernità essa estessa è oggi per noi (In monastero e la nostra vita sia un continuo monastero...Mia moglie -per mia fortuna-questo l'ha chiaro...) la Galilea delle genti...paese di Neftalie Zabulon...una luce si è alzata per un popolo che viveva nelle tenebre e nell'ombra di morte ....

    Grazie amico mio( sei già tra le candele del mio monaco ed anche tra le mie...)

    Padre Giovanni

  7. #7
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    Prima premessa: la tardo-modernità favorisce un possibilismo esistenziale, che si proietta naturalmente sulla scelta dello stato di vita. I gesti definitivi sono diventati non desiderabili, eccessivamente azzardati, impossibili. Aumentano il numero delle separazioni e dei divorzi nella famiglia, diminuiscono le vocazioni religiose, e ciò proprio a causa dell'incombenza del per sempre (titolo del secondo film citato, peraltro).

    Seconda premessa: nell'orizzonte tradizionale - recepito dalla visione cristiana non ancorando la professione religiosa al livello del sacramento - la vita monastica non implica necessariamente la definitività e il per sempre.

    Ciò premesso, la mia proposta ai grandi Ordini religiosi della cristianità è consentire un'appartenenza fluida, non necessariamente definitiva, e non necessariamente vincolata all'acquisizione di uno stato di vita preciso.

    Per non essere eccessivamente complicato faccio un esempio.

    Immaginiamoci un'abbazia cistercense, adagiata in una fertile valle lombarda o provenzale. Io la vedrei così, nel terzo millennio.

    C'è un gruppo di monaci, di un'età che varia - non so - tra i venticinque e gli ottanta anni, che hanno scelto la professione monastica definitiva, immergendo la propria vita nella dimensione del per sempre. Alcuni di questi monaci sono sacerdoti. Tra di essi viene scelto l'Abate.

    Poi vi è un gruppo di monaci, generalmente di età piuttosto avanzata, i quali hanno scelto di concludere la propria esistenza nel monastero, pur proveniendo da esperienze differenti. Ci sono: sacerdoti diocesani, oppure religiosi membri di Ordini "attivi", con l'assenso del loro Vescovo o con quello del proprio Ordinario; vedovi, i cui eventuali figli sono già pienamente autonomi; coniugati anziani, con il consenso del proprio coniuge (il modello potrebbe essere quello di Pieter e Anne-Marie Van der Meer, discepoli olandesi di Leon Bloy e amici intimi di Jacques Maritain); non coniugati (vocazioni 'adulte' o 'anziane') sottoposti a discernimento attento da parte dell'Abate.

    Il terzo gruppo di monaci è composto da giovani uomini - frequentemente studenti - che hanno deciso di vivere in monastero un anno o più della loro preparazione alla vita. Le motivazioni possono essere varie: attrazione per la vita monastica (ma problemi con l'aspetto definitivo della stessa), desiderio di trovare un luogo significativo e silenzioso per studiare, preparsi alla vita, costruire la propria personalità cristiana. Generalmente questi monaci (in questo caso potrebbe essere usata la parola 'oblati') rimangono al monastero un anno, al massimo due. Ma altri restano più a lungo: in questo caso l'Abate li orienterà a pronunciare la professione monastica definitiva, ma qualora essi manifestino un'impossibilità reale a compiere un gesto esistenziale definitivo, potranno - previo discernimento - rimanere 'ad libitum' nello stato presente, rinnovando i voti anno dopo anno.

    Poi vi è un quarto gruppo di oblati, totalmente eterogenei, i quali passano in monastero periodi di estensione variabile, come 'pausa' di ritorno al significato nella propria esistenza (vacate et videte).

    Ciascuno di questi monaci e oblati ha una cella, un abito monastico, acquisisce uno stile monastico, rispetta integralmente (anche se provvisoriamente) i voti, rispetta la disciplina del monastero, gioca - insomma - il gioco secondo tutte le sue regole. Non li vedo come terziari o super-ospiti, ma come veri e propri monaci (pur per un tempo limitato).

    L'ispirazione - in generale - è quella, più tradizionale che induista - dei quattro ashrama, ossia la visione della vita secondo fasi cronologicamente intese: il giovane studente celibe (brahmacarya), l'adulto lavoratore e pater familias (Grihastha), il maturo e anziano monaco (Vanaprastha), il rinunciante, perduto nell'erranza, nel vento e nel sole, senza più regole, indirizzi o legami (Sannyasi). Mi limiterei ai primi tre ashrama, però, visto che è evidente che, per il quarto, occidente e cristianesimo non sono affatto pronti.

    Personalmente credo che il monachesimo cristiano verrebbe rivitalizzato, se accogliesse un'impostazione di questo tipo. E sarebbe un ottimo modo di dialogo con la tardo-modernità.

    Mi permetto di sollecitare un'opinione del padre Giovanni (che, se non ho capito male, oltre ad essere sacerdote, sposo e padre è anche periodicamente monaco, ed in tal modo è una vera e propria incarnazione della tardo-modernità vocazionale, coniugata con le radici spirituali viventi della tradizione ortodossa).

    Grazie, Barsanufio
    considerazioni interessanti

    perché no?

    io sarei possibilista, vediamo di sentire le impressioni di chi potrebbe operare concretamente per la buona riuscita di questa proposta barsanufese



    ciao

  8. #8
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    Prima premessa: la tardo-modernità favorisce un possibilismo esistenziale, che si proietta naturalmente sulla scelta dello stato di vita. I gesti definitivi sono diventati non desiderabili, eccessivamente azzardati, impossibili. Aumentano il numero delle separazioni e dei divorzi nella famiglia, diminuiscono le vocazioni religiose, e ciò proprio a causa dell'incombenza del per sempre (titolo del secondo film citato, peraltro).
    Ciò sembra essere vero, però non mi pare si possa dire anche giusto... Faremmo bene ad assecondare qualcosa di ingiusto?

    Citazione Originariamente Scritto da Barsanufio Visualizza Messaggio
    Seconda premessa: nell'orizzonte tradizionale - recepito dalla visione cristiana non ancorando la professione religiosa al livello del sacramento - la vita monastica non implica necessariamente la definitività e il per sempre.
    Anche questo è vero, però va in aperto contrasto con la riforma monastica introdotta da san Benedetto, che tanto ha fatto bene al monachesimo mondiale. Credo che forse sarebbe meglio lavorare per modificare la situazione accennata nella prima premessa.

    Citazione Originariamente Scritto da Barsanufio Visualizza Messaggio
    Ciò premesso, la mia proposta ai grandi Ordini religiosi della cristianità è consentire un'appartenenza fluida, non necessariamente definitiva, e non necessariamente vincolata all'acquisizione di uno stato di vita preciso.
    Per i casi critici, quelli delle persone non del tutto convinte, nei fatti le cose stanno già, più o meno, così...

    Citazione Originariamente Scritto da Barsanufio Visualizza Messaggio
    Per non essere eccessivamente complicato faccio un esempio.

    Immaginiamoci un'abbazia cistercense, adagiata in una fertile valle lombarda o provenzale. Io la vedrei così, nel terzo millennio.

    C'è un gruppo di monaci, di un'età che varia - non so - tra i venticinque e gli ottanta anni, che hanno scelto la professione monastica definitiva, immergendo la propria vita nella dimensione del per sempre. Alcuni di questi monaci sono sacerdoti. Tra di essi viene scelto l'Abate.

    Poi vi è un gruppo di monaci, generalmente di età piuttosto avanzata, i quali hanno scelto di concludere la propria esistenza nel monastero, pur proveniendo da esperienze differenti. Ci sono: sacerdoti diocesani, oppure religiosi membri di Ordini "attivi", con l'assenso del loro Vescovo o con quello del proprio Ordinario; vedovi, i cui eventuali figli sono già pienamente autonomi; coniugati anziani, con il consenso del proprio coniuge (il modello potrebbe essere quello di Pieter e Anne-Marie Van der Meer, discepoli olandesi di Leon Bloy e amici intimi di Jacques Maritain); non coniugati (vocazioni 'adulte' o 'anziane') sottoposti a discernimento attento da parte dell'Abate.

    Il terzo gruppo di monaci è composto da giovani uomini - frequentemente studenti - che hanno deciso di vivere in monastero un anno o più della loro preparazione alla vita. Le motivazioni possono essere varie: attrazione per la vita monastica (ma problemi con l'aspetto definitivo della stessa), desiderio di trovare un luogo significativo e silenzioso per studiare, preparsi alla vita, costruire la propria personalità cristiana. Generalmente questi monaci (in questo caso potrebbe essere usata la parola 'oblati') rimangono al monastero un anno, al massimo due. Ma altri restano più a lungo: in questo caso l'Abate li orienterà a pronunciare la professione monastica definitiva, ma qualora essi manifestino un'impossibilità reale a compiere un gesto esistenziale definitivo, potranno - previo discernimento - rimanere 'ad libitum' nello stato presente, rinnovando i voti anno dopo anno.

    Poi vi è un quarto gruppo di oblati, totalmente eterogenei, i quali passano in monastero periodi di estensione variabile, come 'pausa' di ritorno al significato nella propria esistenza (vacate et videte).

    Ciascuno di questi monaci e oblati ha una cella, un abito monastico, acquisisce uno stile monastico, rispetta integralmente (anche se provvisoriamente) i voti, rispetta la disciplina del monastero, gioca - insomma - il gioco secondo tutte le sue regole. Non li vedo come terziari o super-ospiti, ma come veri e propri monaci (pur per un tempo limitato).

    L'ispirazione - in generale - è quella, più tradizionale che induista - dei quattro ashrama, ossia la visione della vita secondo fasi cronologicamente intese: il giovane studente celibe (brahmacarya), l'adulto lavoratore e pater familias (Grihastha), il maturo e anziano monaco (Vanaprastha), il rinunciante, perduto nell'erranza, nel vento e nel sole, senza più regole, indirizzi o legami (Sannyasi). Mi limiterei ai primi tre ashrama, però, visto che è evidente che, per il quarto, occidente e cristianesimo non sono affatto pronti.

    Personalmente credo che il monachesimo cristiano verrebbe rivitalizzato, se accogliesse un'impostazione di questo tipo. E sarebbe un ottimo modo di dialogo con la tardo-modernità.

    Mi permetto di sollecitare un'opinione del padre Giovanni (che, se non ho capito male, oltre ad essere sacerdote, sposo e padre è anche periodicamente monaco, ed in tal modo è una vera e propria incarnazione della tardo-modernità vocazionale, coniugata con le radici spirituali viventi della tradizione ortodossa).

    Grazie, Barsanufio
    Alcuni ordini monacali (non ricordo il nome) accettano la dimensione temporanea; se mi viene in mente chi sono lo posto.

  9. #9
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    Olivetani, anche se non proprio temporanea.


    Oblati
    Anche nell'Abbazia di Monte Oliveto si accolgono gli oblati, che possono essere viventi in comunità o viventi fuori della comunità. Gli oblati viventi nella comunità sono coloro che, pur non avendo intenzione di diventare monaci, si offrono a Dio e, stando in monastero, pregano, lavorano e praticano le virtù monastiche con i monaci. Gli oblati viventi fuori della comunità sono uomini e donne, e anche sacerdoti, i quali, vivendo nella propria famiglia e nella società, traggono dalla Regola di San Benedetto un indirizzo di vita spirituale, che li stimola a sviluppare, per mezzo dell'oblazione, la Consacrazione Battesimale.

  10. #10
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    Un po' anche i camaldolesi.

    Quali le nostre forme di ospitalità?

    • esperienza di vita monastica, non necessariamente vocazionale, per i giovani (donne, uomini, coppie)
    • rifocalizzazione della propria esistenza in età adulta attraverso la condivisione del vissuto monastico e del ritmo di vita comunitaria
    • partecipazione a proposte spirituali e culturali (tempi forti, settimane, colloqui, convegni ...)
    • gruppi autogestiti
    • esperienze di monachesimo temporaneo
    Chi può sperimentare la nostra ospitalità?
    Donne e uomini di ogni età e condizione socio-culturale, laici e religiosi, singole persone e gruppi organizzati.
    Credenti e non credenti: aperti all'ascolto, al dialogo, al confronto.
    Approdati o in cammino, desiderosi di comunicare, attratti dal silenzio.

    E siamo anche .......
    Uno spazio aperto a chiunque desideri una sosta diversa nel cuore di Roma: il monastero di San Gregorio al Celio, fra il Palatino e il Colosseo.

    Ci sono molti motivi che possono muovere i tuoi passi verso Roma.
    Un incontro con la storia dell'uomo e del suo dialogo con Dio, ascoltabile e scrutabile attraverso monumenti e chiese.
    Un incontro con l'arte e le sue innumerevoli manifestazioni: eventi musicali, mostre, musei ....
    Un incontro professionale, un convegno, un concorso, un consulto medico ...

    La nostra ospitalità è possibilità d' incontro con una dimensione riservata e silenziosa, è spazio al cui interno vive una comunità monastica, con i suoi ritmi, i suoi percorsi, la sua vita.
    Potrebbe diventare per te occasione per un piccolo momento di respiro: un incontro con te stesso.

 

 

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