LE VOCI
Tra gli eredi di Donat Cattin sull´orlo del patto col diavolo
"Noi e i comunisti insieme? Scelta obbligata"
"Bresso non vuole la Binetti? E noi cosa dovremmo dire che dobbiamo stare nel partito con La Ganga?"
Al circolo della Margherita di via Stampatori, luogo simbolo della sinistra democristiana torinese
"Forse quando arriverà il via libera dai vertici cominceremo a collaborare davvero"
"Quel che manca di più è la passione: a molti sfugge l´opportunità del mettersi insieme"
PAOLO GRISERI
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Di fianco alla grande fotografia di Carlo Donat-Cattin solo un altro quadro campeggia sulla parete bianca. È un vecchio manifesto elettorale incorniciato e custodito sotto vetro, come le cose care che si vogliono preservare dall´oblio della storia. Ombre umane si trascinano dietro un filo spinato in primo piano. Dice la scritta: «Mandati in Russia dai fascisti, trattenuti dai comunisti. Vota Dc». Dalla parete della storia il manifesto e Donat-Cattin guardano con benevolenza la decina di persone riunite nella stanza a discutere sul partito prossimo venturo, quello che dovrebbe mettere nella stessa casa ex democristiani ed ex comunisti. Un matrimonio d´amore? La risposta del cuore viene da Angelo, 37 anni, assessore a Moncalieri: «Da una parte è una scelta obbligata. Dall´altra ne avremmo fatto anche a meno».
Età media tra i trenta e i quarant´anni, il circolo della Margherita di via Stampatori è la sede storica della sinistra democristiana torinese. Pochi tra quelli che stanno seduti intorno al tavolo sono arrivati in tempo per prendere ancora la tessera con lo scudo crociato. Oggi il loro riferimento è il petalo cattolico che si riconosce nelle posizioni di Gianfranco Morgando. Cattolici sociali dunque, meno integralisti dei teo-com ma sempre legati alla dottrina della chiesa. Stefano, 31 anni, consigliere comunale a Torino, dice con chiarezza: «Su certi temi come quelli legati alla bioetica, non ci sarà nessun partito che potrà costringermi a superare le mie convinzioni». Ma aggiunge: «Non possiamo ridurre l´azione politica dei cattolici a due o tre questioni, pure importanti, come i Pacs o i diritti dell´embrione». Spiega Angelo: «Su molti valori cattolici, come la solidarietà e la giustizia sociale, possiamo avere molti punti in comune con gli amici comunisti o ex comunisti. Anche se loro preferiscono chiamarsi compagni. Ma ci vorrà tempo per capirsi. Noi nella Margherita abbiamo già dovuto fare tanti sforzi».
Ecco un punto dolente: chi pensava che i cattolici della Margherita fossero ormai abituati a contaminare la loro cultura con quelle degli altri, non ha fatto i conti con l´effetto logoramento: «La Bresso non vuole stare nello stesso partito con Binetti? E noi che cosa dovremmo dire che stiamo insieme a La Ganga?», sbotta Stefano. Che aggiunge: «Anche nella sinistra ci sono posizioni diverse. C´è chi ha la capacità di includere culture diverse, come Chiamparino, e c´è chi invece alza gli steccati, come Bresso». La discussione si anima. Fino a che punto è giusto mediare con le posizioni altrui, oggi con socialisti e liberali nella Margherita, domani con gli ex comunisti nel Partito Democratico? Sergio, 39 anni, ha alle spalle l´esperienza di lavoro nella Caritas, incontrata in gioventù, quando era obiettore di coscienza: «La cosa importante non è avere idee comuni, ma un progetto comune. Se poi chi realizza quel progetto parte da storie e culture diverse, questa può anche essere una ricchezza». Anche Ilaria, giovane avvocato, pensa che sia necessario «mediare con le altre culture diverse dalla nostra». Come Sergio ritiene che «il difetto del partito che sta per nascere è semmai nella mancanza di passione. Sembra una scelta che arriva un po´ dall´alto, non la viviamo ancora come un´opportunità». Sono i rischi della «fusione fredda» temuta da tutti i protagonisti locali e nazionali che stanno cimentandosi nell´impresa.
Per uscire dai dilemmi, Ilaria propone una strada che era già stata suggerita da Silvana, una delle donne diessine incontrate a inizio settimana nella sezione di barriera di Milano. Dice Ilaria: «Possibile che noi non riusciamo a seguire la strada dei nostri padri? In fondo, dopo la guerra, comunisti, socialisti e cattolici hanno trovato il coraggio e la capacità di scrivere insieme la Costituzione. Ecco, il nuovo partito dovrebbe partire dai valori della Costituzione per trovare un terreno comune».
Valori sì, ma anche regole. E sulle regole lo scontro-incontro tra Margherita e Ds si preannuncia non meno aspro. Nella sede del circolo qualcuno fa autocritica: «Non possiamo arrivare all´appuntamento con questo modo di fare il tesseramento. Parlo innanzitutto per noi. A Torino abbiamo 16 mila tessere e poco più di 80 mila voti. E ci sono correnti della Margherita che hanno raccolto più tessere che voti». Un´anomalia inquietante che lascia immaginare la pesca a strascico tra i nominativi dei potenziali iscritti per pesare di più nella lotta interna. Per questo le regole del tesseramento saranno importanti. Per garantire tutti che si gioca ad armi pari. Ma sul modello del nuovo partito tutta la Margherita sembra d´accordo. Dice ancora Stefano: «Credo che il partito democratico non potrà che ricalcare il modello organizzativo del nostro partito». In soldoni: i Ds come petalo aggiuntivo della Margherita? Nessuno lo ammette ma nella sala molti lo pensano. «Del resto - dice Valentino - non si può credere che il nuovo partito sia ricalcato sul modello classico dell´organizzazione monolitica e identitaria. Semmai, visto che anche i Ds sono molto divisi al loro interno, nel Pd ci sarà spazio per alleanze trasversali rispetto ai due partiti di oggi e alle loro componenti interne».
Scenari che sembrano ancora futuribili. Prima ci sono da superare le eredità del Novecento. Che si porta dietro, fin dal linguaggio, anche Pierluigi, 34 anni, dipendente Gtt, sindacalista della Cisl. «Da noi i contatti con i comunisti sono ancora fragili. È normale: c´è stata una divisione forte per tanti anni, non è facile mettersi a lavorare insieme da un giorno all´altro». Dice proprio così Pierluigi, «i comunisti». Spiega: «Tra noi ci siamo sempre chiamati così». E racconta gli episodi che spiegano la trincea tra i due gruppi. Poi ammette: «Da quando si è cominciato a parlare di Partito Democratico abbiamo cominciato a frequentarci di più». Ma si capisce che la strada è ancora lunga: «Forse, quando arriverà il via libera dai vertici dei due partiti, riusciremo a collaborare davvero». Le truppe usciranno dalle trincee e, come in un vecchio filmato dell´inizio del secolo scorso, si toglieranno l´elmetto e cominceranno a scambiarsi sigarette e tavolette di cioccolata in segno di pace.
(2 - continua)