De profundis. Marx “riscoperto” e poi seppellito definitivamente
Su Liberazione del 30 .12.2006 in prima pagina è apparso un articolo di Tonino Bucci che esaltava la presunta riscoperta di Marx da parte della <<borghesia internazionale>> facendo riferimento ad un articolo apparso sul <<Financial Times, una delle maggiori testate economico-finanziarie>>. Il maggiore biografo inglese di Marx, Francio Wheen, afferma che il pensatore di Treviri è <<il più grande filosofo di tutti i tempi>>; in Francia J. Attali ci presenta un Marx che avanza la tesi che la storia non è fatta dai gruppi o classi sociali ma dagli individui, che esalta la “globalizzazione” capitalistica e il modello liberale e che ha il solo difetto di occuparsi di politica (vedi la recensione ad Attali di Ciccarelli su “il manifesto”). Bucci poi riepiloga la temperie intellettuale e politica degli ultimi venticinque anni in cui il marxismo sembrava essere entrato in una crisi irreversibile e “finale” e conclude domandandosi:<<Che cosa ha permesso dunque a Marx di risollevarsi dalla damnatio memoriae di quei tempi, stando alla diagnosi del Financial Times. Cosa ha consentito al marxismo di risalire la china in anni che vedevano gli intellettuali di grido girati da tutt’altra parte, intenti a celebrare l’immateriale e il postmoderno ?>>.
Il primo motivo sembrerebbe riguardare la generalizzazione dei rapporti capitalistici di produzione e del lavoro salariato ma nel senso, opposto al tono prevalente nella vulgata precedente, che le critiche alle (presunte?) tesi pauperistiche di Marx erano sbagliate:<<Può darsi che la globalizzazione abbia portato milioni di persone fuori dalla povertà assoluta, ma ha anche creato enormi disuguaglianze nella distribuzione relativa della ricchezza. Come può essere, stando ad una recente ricerca dell’Onu, che il due per cento più ricco della popolazione mondiale adulta possegga più del cinquanta per cento delle risorse globali mentre il cinquanta per cento più povero possiede solo l’uno per cento?>>
Così il Financial Times e Bucci aggiunge :<<Ironia della sorte questo mondo ha bisogno di Marx>> per concludere ancora con il “profeta” F. Wheen che Marx<<sarà il più influente pensatore del XXI° secolo>>. L’altro motivo che ha portato alla riscoperta del pensiero marxiano (ma il marxismo?) sembra essere dato dalla nuova consapevolezza che <<Marx non possa essere ritenuto responsabile degli errori e dei fallimenti di chi ha agito in nome della sua analisi>>. Anche in Italia si pensa ora, sostiene Bucci, che l’opera di Marx <<una volta liberata dalle strettoie e dai vincoli della politica mondana, non più costretta a instrumentum regni,[…]potrebbe riemergere nella sua originale incompiutezza ed essere riconsegnata ai liberi campi del sapere>>; un recente libro di Carandini mi pare che vada infatti proprio in questa direzione. Quello di cui si parla è quindi un Marx “puro e incontaminato” restituito alla filosofia e liberato dalla politica. Ci limiteremo solo ad alcune considerazioni finali perché evidentemente si tratta di questioni non tanto culturalmente quanto politicamente “pesanti” e che meriterebbero una critica dura e circostanziata.
Prima di tutto Marx viene ripetutamente presentato come “filosofo” e, nonostante la consapevolezza che una nuova teoria della società all’altezza dei tempi abbia bisogno di una concezione del mondo elaborata filosoficamente da utilizzare per una strategia di lotta culturale indispensabile ai dominati e ai gruppi che potrebbero assumere nei conflitti il ruolo di coordinamento delle loro istanze generali, questa qualifica che adombra , ma neanche tanto, ancora una volta quella di profeta vuole rimarcare che il <<Marx scienziato>> che si vorrebbe recuperare è un incompiuto, un quasi fallito, capace di generare suggestioni ma di fatto bisognoso di essere coerentizzato ampiamente e quindi sterilizzato. Il profeta che ha previsto la mondializzazione dei rapporti capitalistici è poi essenzialmente venuto a predicare l’avvento rivoluzionario e la liberazione delle moltitudini diseredate vittime del pauperismo globale; l’analisi della società finalizzata alla strutturazione di strategie conflittuali in un panorama geopolitico di sviluppo diseguale dei “capitalismi” e di altrettanto frammentate condizioni socioculturali e di tenore di vita è qualcosa che a quanto sembra non c’entra niente con questo “vero Marx” profeta-filosofo. Lo scienziato, invece, viene semmai recuperato nel senso delle “scienze esatte” fatte di teoremi, categorie e oggetti di analisi rigorosamente impersonali, cioè non solo indifferenti agli individui empirici ma anche ai rapporti sociali e ai ruoli e alle funzioni che gli individui assumono nei vari ambiti di relazione delle sfere sociali differenziate e strutturate. Con questo tipo di presunto “recupero” di Marx si vuole operare la liquidazione definitiva di un pensatore e di un pensiero rivoluzionario compiuta in piena solidarietà antitetico-polare con i “custodi della tradizione” (ormai sempre più svuotata dal di dentro) divenuti una specie di zombies (morti-viventi in senso hegeliano). Per quanto ci riguarda, nonostante l’esiguità delle nostre forze, continueremo a proporre temi, domande e un tipo analisi in conflitto radicale e in totale discontinuità con quanto viene proposto da tutte le forme di politicamente (e scientificamente) corretto sia a destra che a sinistra.
Mauro Tozzato 22.01.2007
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