Maurizio Blondet
26/01/2007

Anche per chi la conosce e l’ha vista all’opera, la sfrontatezza di Pierluigi Bersani riesce sempre a lasciare senza fiato, allibiti.
E’ riuscito a far passare come una «liberalizzazione» del governo di sinistra l’abolizione del balzello sulle ricariche telefoniche.
Di fatto, era un atto dovuto e obbligatorio: persino il capo dell’Authority sulle telecomunicazioni
(il tizio si chiama Catricalà) stava per dichiarare illegale quel balzello, e ciò non di sua iniziativa, ma su richiesta delle autorità europee, attivate da privati cittadini.
In realtà, Bersani ha fatto di tutto per ritardare l’ineluttabile decisione.
Non ha appoggiato affatto quei privati consumatori.
Ed è facile capire perché: con quel costo sulle ricariche, illegalmente e senza far nulla, i gestori TIM, WIND e VODAFONE hanno incamerato 1,7 miliardi di euro l’anno.
Da una cifra così grossa, i beneficiari avranno sicuramente ritagliato un «aiutino» per i partiti.
E così sono tutte le pretese «liberalizzazioni» di Bersani, accolte dai giornali e dagli elettori di sinistra con uggiolii servili di soddisfazione, con sospiri di «giustizia è fatta, profittatori che affamano il popolo».
Spenderemo meno in barbieri, scodinzolano i sinistri, perché chiunque potrà diventare barbiere senza licenza e tenere aperto il lunedì; i giornali li troveremo dappertutto.
Le guide turistiche non saranno più contingentate, gli agenti immobiliari nasceranno come funghi, le autolinee saranno libere e private, chiunque potrà aprire una scuola guida, i cinema potranno aprire a dieci metri l’uno dall’altro… ridicolo.
Semplicemente ridicolo.



Dunque, se le cose andavano male in Italia era colpa di barbieri, giornalai, taxisti, benzinai, agenti immobiliari e guide per turisti, questi capitalisti, con le loro scandalose rendite di posizione.
Punirli, metterli alla frusta della concorrenza, ecco la giustizia sociale.
Nessuno dice che queste «liberalizzazioni», ridicolmente minime, hanno un solo scopo evidente: favorire la grande distribuzione.
E’ negli ipermercati che verranno messi i giornali, i tabacchi, le pompe di benzina «liberalizzati» con lo sconto di 3 centesimi al litro; lì ci sarà l’angolo dell’agente immobiliare liberalizzato, il farmacista, il barbiere aperto il lunedì.
Bersani ha in mente una sola cosa: favorire il polipo tentacolare comunista che sono le COOP, Unicoop, Legacoop, Unipol ed altre furbetterie del quartierino.
A questo servono le sue ridicole riformette.
Anche se ad avvantaggiarsene saranno, soprattutto, i colossali gruppi francesi, Auchan e Leclerc che lavora con Conad.



Ma questa è la strategia delle sinistre al governo: colpire le categorie deboli, non protette da potenti sindacati, come gli artigiani marginali, e favorire i grandi gruppi.
Ovviamente al primo posto le COOP, questo polipo che non paga le tasse gravanti sulle altre imprese perché privilegiato dal sistema di consociativismo politico-economico che arricchisce il partito DS, ex «dei lavoratori». (1)
Ma naturalmente, l’occhio di riguardo è per tutti gli altri gruppi potenti.
Bersani mica ha «liberalizzato» le tariffe del gas e dell’elettricità, mica si è accorto dei monopoli di fatto di ENI ed ENEL che fanno costare l’energia al cittadino italiano cinque volte più che nel resto d’Europa; mica ha spezzato il cartello dei gestori telefonici, questo scandalo che grida vendetta.
E nemmeno ha toccato il cartello bancario che ruba gli interessi ai depositanti, quando non rifila ai poveri pensionati bond argentini e simili porcherie per truffarli apertamente e semplicemente.
No, quelli no: quelli hanno i soldi (rubati a noi) e finanziano i partiti.
Per loro, niente concorrenza.
Alla frusta i taxisti, i barbieri, i tabaccai, i giornalai: questi miliardari, questi affamatori del proletariato.



E l’elettorato delle sinistre uggiola di gioia: abbiamo il miglior governo della storia!
L’onestà è finalmente al potere!
Non si può aver nemmeno pietà di un simile popolo che non vuole vedere in faccia la realtà.

Maurizio Blondet




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Note
1) Renato Brunetta («Il capitalismo in rosso», quaderni di Panorama) elenca così i benefici indebiti delle COOP rosse: «Mancanza di trasparenza dovuta all’esistenza di un socio occulto, il partito; mancanza di accountability del management [che è costituito di membri del partito]; disparità di trattamento [fiscale] rispetto alle società di capitale; insufficiente potere di controllo da parte dei soci; commistione di interessi con le amministrazioni pubbliche e le società pubbliche ‘alleate’».




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