Informazioni da fonti diverse, sia statunitensi che dalla regione dell’Asia sud-occidentale, raccolte dall’Executive Intelligence Review, concordano nel descrivere il vice-presidente Cheney determinato a scatenare a breve la nuova guerra all’Iran, scavalcando e mettendo di fronte al fatto compiuto il Congresso e la stragrande maggioranza degli americani che è ostile alla guerra.

C’è innanzitutto il forte sospetto, avanzato anche da ambienti militari USA ostili ad un attacco militare nei confronti di Teheran, che il rincalzo di 21.500 soldati da inviare in Iraq sia solo una mossa preventiva in preparazione di un eventuale attacco all’Iran, condotto da Stati Uniti e/o Israele. Un attacco alla repubblica islamica avrebbe infatti ripercussioni molto forti anche all’interno dell’Iraq, data la componente sciita, maggioritaria in quel paese; l’aumento delle truppe occorrerebbe quindi per far fronte ad una nuova ondata di attacchi nei confronti dei soldati USA in Iraq.





Il 14 gennaio il Segretario di Stato Condoleeza Rice sul New York Times si è lasciata andare ammettendo che il presidente Bush ha già emesso un ordine esecutivo per permettere alle forze statunitensi di attaccare presunti combattenti siriani e iraniani che appoggerebbero l’insurrezione in Iraq. Ma già alcune azioni militari avevano messo in pratica tale politica sul campo. Infatti già il 25 dicembre scorso il governo iracheno aveva sollevato proteste dopo che due iraniani erano stati sequestrati dalle forze USA a Baghdad dietro l’accusa di voler preparare un attacco militare. L’ufficio del Presidente iracheno Jalal Talabani ha dichiarato che i due erano stati invitati dal governo iracheno nell’abito di un accordo tra Iran e Iraq teso a migliorare la situazione della sicurezza.





Successivamente, l’11 gennaio, soldati americani hanno attaccato il consolato Iraniano ad Irbil, nel Kurdistan iracheno, atterrando sul tetto con elicotteri, sfondando la porta, arrestando sei dipendenti e sequestrando computer e documenti. Il Ministero degli Esteri iraniano ha accusato gli USA di violazione delle norme del diritto internazionale, mentre altre proteste sono arrivate dal governo iracheno, dal governo regionale curdo e dal Ministero degli Esteri russo, in quanto le persone sequestrate erano diplomatici.





Il Ministro della Difesa Robert Gates e il generale Peter Pace hanno rassicurato i membri della Commissione Forze Armate del Senato USA che il blocco delle presunte linee di rifornimento dall’Iran e dalla Siria in Iraq avverrà su suolo iracheno. Tuttavia il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Stephen Hadley è stato più puntuale. Dopo che aveva detto: “alcuni Iraniani sono stati presi ad Irbil e vedrete ancora cose del genere”, gli è stato chiesto delle incursioni attraverso il confine con l’Iran. L’intervistatore della ABC ha chiesto ad Hadley se pensasse che gli USA hanno l’autorità per prendere di mira obiettivi in Iran. Dal momento che Hadley ci girava intorno senza rispondere, la domanda è diventata: “Quindi lei pensa che non avete il potere di farlo?”, al che la risposta è stata: “Non ho detto questo”.





Il problema in questione è che, come ha rivelato Seymour Hersh sul New Yorker qualche tempo fa, ed insieme a lui altri giornalisti, forze segrete statunitensi, inglesi ed israeliane sono all’opera da un po’ di tempo all’interno dei confini iraniani e lavorano con gruppi dissidenti tra Azeri, Beluci, Curdi e Arabi per attacchi terroristici a bassa intensità, di cui le recenti bombe nel Khuzestan sono un esempio.





Nel frattempo i preparativi militari nella regione parlano chiaro. Dopo il discorso di Bush, Flynt Leverett, ex alto funzionario della CIA e del National Security Council, ha scritto sulla newsletter Washington Note che i gruppi di portaerei dispiegati nella regione servono a “fornire il numero e la varietà necessaria di aerei tattici” per attacchi contro l’Iran, poiché l’uso di basi terrestri è impedito per motivi politici. Leverett inoltre ha scritto che l’unica ragione per la quale Bush manderebbe batterie di missili Patriot nel Golfo Persico è per contrastare i missili iraniani Shahab-3, “l’unica minaccia missilistica nella regione”.

Preoccupazioni simili sono state espresse anche dal quotidiano francese Le Figaro.





Nel Golfo ed in particolare nello stretto di Hormuz ormai si assiste ad un vero affollamento di vascelli e un “incidente” alla “golfo del Tonkino”, provocato o direttamente simulato, è sempre più possibile. È infatti di pochi giorni fa lo scontro tra un sottomarino USA e una petroliera giapponese, sintomo del fatto che i sottomarini americani operano a bassa profondità nella zona, ovvero in assetto da puntamento. Tale sospetto è stato sollevato anche dall’Ammiraglio russo della flotta del Mar Nero Eduard Baltin





L'agenzia effedieffe riporta inoltre un fatto ancora più significativo ( e impressionante)





Sarebbe accaduto il 7 gennaio.
Una squadra di tre caccia-bombardieri israeliani F-16, armati con bombe nucleari e convenzionali e in rotta verso l'Iran sarebbe stata intercettata da caccia americani nel cielo dell'Iraq e obbligata a tornare indietro.
Lo afferma il giornalista William Thomas nel suo sito (1), citando «due fonti» a lui note, che gli hanno confermato la notizia «indipendentemente l'una dall'altra».
Non ci sono altre conferme.
Tuttavia, i dettagli forniti da Thompson sono assai interessanti e credibili.
Non è la prima volta che aerei israeliani partono per una rappresaglia atomica.
Durante la prima guerra del Golfo, quando missili Scud di Saddam caddero su Tel Aviv, decollarono caccia israeliani con armi atomiche per bombardare Baghdad.
Furono dissuasi solo perché l'US Air Force rifiutò di assegnare a quegli aerei il codice IFF (Identification Friend or Foe, amico-nemico) necessario per attraversare lo spazio aereo controllato dagli USA.
Questo codice IFF del trasponder è ovviamente necessario oggi per sorvolare l'Iraq.
A richiesta di Thomas, la sua seconda fonte ha risposto che gli aerei israeliani da guerra ricevono normalmente un «codice squawk» perché compiono missioni di routine volte ad acquisire informazioni sui radar di Siria, Giordania e Iran attivati dall'avvicinamento degli aerei israeliani.
La fonte ha aggiunto che i caccia israeliani «in visita» nello spazio aereo iracheno vengono normalmente riforniti in volo dalle cisterne volanti USA; ma il patto è che si limitino a seguire una rotta predeterminata e non si avvicinino troppo all'Iran.
Il punto da non superare si chiama in gergo «stazione 160», un angolo di strada che costeggia una tubatura petrolifera a 160 chilometri ad est di Baghdad.
Qualunque aereo che proceda oltre deve dichiarare le proprie intenzioni; altrimenti, un F-15 americano gli si affianca e, se l'altro aereo non cambia rotta, gli si mette dietro e lo «aggancia» con un missile Sidewinder pronto al lancio.




La cosa pare sia avvenuta almeno due volte negli ultimi tempi.
Nel tentato raid del 7 gennaio la squadriglia israeliana è stata richiamata dalle autorità sioniste dopo l'allarme americano.
Ciascuno degli aerei della squadriglia portava, oltre all'armamento convenzionale, una bomba atomica da 20 chiloton (la bomba che incenerì Hiroshima era da 13 chiloton).
L'arma nucleare sarebbe necessaria, secondo la fonte, non per distruggere le installazioni atomiche iraniane, che gli israeliani sanno troppo sparse e troppo ben difese dai sistemi missilistici russi; servono a «decapitare i centri di comando e controllo», ossia la leadership religiosa dell'Iran che può ordinare una rappresaglia contro Israele. (2)
La cosa è possibile perché gli ayatollah tendono a riunirsi fisicamente, preferendo non usare le comunicazioni telefoniche ed internet.
Secondo la fonte (ma questa notizia è stata confermata dal Sunday Times l'11 dicembre 2006) Israele ha numerose «talpe» infiltrate non solo in Iran ma nell'ambiente degli ayatollah, le quali, per mezzo di apparecchi miniaturizzati di puntamento, «tengono di mira le personalità da eliminare» dall'attacco aereo, guidandone i missili sui bersagli.
Siccome la leadership iraniana si riunisce spesso su dei treni, un tempestivo attacco israeliano guidato dai raggi emessi dalle «talpe» al suolo «può azzerarli tutti».
L'arma nucleare inoltre garantirebbe la neutralizzazione istantanea di tutta l'elettronica e i computer iraniani in funzione per un eventuale attacco ad Israele, grazie allo shock elettromagnetico (EMP, Electromagnetic Pulse) che seguirebbe a un'esplosione atomica.
La morte di decine di migliaia di persone sarebbe l'ovvia conseguenza - la bomba di Hiroshima uccise 140 mila giapponesi - senza contare l'estensione del fallout radiattivo che, portato dai venti dominanti del Golfo, ricadrebbe sui Paesi circonvicini, ad oriente e a nord.




Ma la fonte di Thomas ha confermato: per gli israeliani, la capitale dell'Iran è «definita come bersaglio», insieme alla «grande base di addestramento di Hamadan per le Guardie Rivoluzionarie»: dove, Israele ne è convinta, sono nascosti i carichi di esafluoruro di uranio molto arricchito che Saddam avrebbe spedito segretamente in Iran nell'imminenza della guerra del Golfo.
Le famose armi di distruzione di massa mai trovate.
Particolari interessanti e poco noti vengono descritti da Thompson.
Per esempio, gli israeliani hanno modificato i loro F-16 rispetto al modello americano.
Durante il rifornimento in volo, oltre a riempire i serbatoi supplementari (da gettare quando vuoti) questi aerei modificati alimentano contemporaneamente il loro mono-motore con il carburante succhiato dalla cisterna volante, in modo da ridurre il consumo necessario per tenere il caccia «in linea», a piccola velocità, sotto la pancia del più lento aereo di rifornimento.
Ciò ne aumenta l'autonomia.
La squadriglia è concepita per missioni senza ritorno.
Basta che uno dei tre caccia giunga sul bersaglio; il secondo serve a contrastare la reazione nemica (anche eventualmente americana), mentre il terzo è di riserva (back-up).