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    Arrow Patti scellerati dei papi conciliari

    Daniele Arai
    26/01/2007

    Il titolo dell'articolo di Antonio Socci dell' 11.10. 2006 su Libero, era il seguente: «Promemoria per il convegno ecclesiale di Verona… Mentre i giornali annunciano che il nostro stupendo Papa Benedetto XVI sta per firmare il decreto che permette di celebrare la millenaria liturgia della Chiesa vergognosamente proibita dopo il Concilio dall'inquisizione progressista».
    Quest'articolo di Socci, alla vigilia del «Convegno di Verona 2006», ha fatto scalpore.
    Ma qui importa far riconoscere dai cattolici la radice modernista dei patti «ecumenisti», già condannati dai Papi, patti che continuano però a tradire la missione della Chiesa, contando sempre più su complicità clericali, poiché esortati dalla chiesa conciliare.
    L'idea principale del modernismo è quella di sottrarre alla storia il suo aspetto soprannaturale, cioè dell'intervento divino nel mondo degli uomini.
    In tale «fede», aperta al naturalismo delle ideologie, dello scientismo e del deismo massonico, tutti si potrebbero ritrovare insieme per risolvere «i bisogni dei tempi» senza dover fare i conti con il Verbo divino.
    Eppure, la religione rivelata è la storia alla luce del disegno divino.
    Il pensiero segreto del modernismo si fonda sulla ricerca ad oltranza del compromesso sotto banco: col comunismo come con l'americanismo, con la Trilaterale come col B'nai B'rit, col Teosofismo come col «New Age», ecc. Insomma, «la religione del Dio che si è fatto Uomo s'è incontrata con la religione (perché tale è) dell'uomo che si fa Dio», secondo il sogno di Paolo VI e di altri, espresso nell'inconcepibile discorso di chiusura del Vaticano II.
    Per capire il percorso di questo processo scellerato, del piano di pace «umanitarista» che fa a meno di Gesù Cristo, torniamo ad un'iniziativa clericale intrapresa già durante il pontificato di Pio XII.
    A questo scopo è utile riprendere un articolo pubblicato su «Si si No no», (numero 11, anno X, del 15/9/1984).
    «Accordo Montini-Stalin»: sotto questo titolo si intendeva smascherare la trama dell'«accordo» segreto Roma - Mosca degli anni sessanta, preceduto da una iniziativa di monsignor Montini durante la II Guerra Mondiale, che ha guidato la tenebrosa «ostpolitik» conciliare.
    Sulla gravità e le responsabilità dell'accordo Roma - Mosca hanno scritto in molti.
    A più riprese la rivista francese «Itinéraires» (numero 70, febbraio 1963, numero 72, aprile 1963, numero 84, giugno 1964).
    Così la rivista cattolica inglese «Approaches» (supplemento al numero 79).
    Più recentemente, la medesima rivista, «Itinéraires» (numero 280, febbraio 1984) sotto il titolo «L'accord Rome-Moscou», ha riassunto la storia del vergognoso accordo.



    Nell'occasione, il direttore Jean Madiran, ha scritto del cardinale Tisserant: «Ho sempre avuto l'impressione che fosse 'un fourbe'».
    In difesa del cardinale è intervenuto allora monsignor Roche, che ne fu intimo collaboratore per 25 anni, con la lettera pubblicata nel numero 285 di «Itinéraires», sotto il titolo «L'accord Rome-Moscou - Confermation de Mgr Roche».
    Di questa lettera riportiamo, in una nostra traduzione, quanto interessa per l'argomento in questione: […] «Voi commentate non senza ragione questo accordo [Roma - Mosca] che data, voi dite, dal 1962. In questo modo, mostrate di ignorare un accordo precedente che si colloca durante l'ultima guerra mondiale, nel 1942 per essere più precisi, e del quale furono
    protagonisti monsignor Montini e lo stesso Stalin. Quest'accordo del 1942 mi sembra di considerevole importanza. Ma voglio, per ora, seguirvi unicamente nel vostro commento sull'accordo del 1962. Tutti sanno […] che questo accordo fu negoziato tra il Cremlino e il Vaticano nel più alto vertice. Monsignor Nikodim e il cardinale Tisserant non furono che i
    portavoce, l'uno del capo del Cremlino, l'altro del Sommo Pontefice allora regnante. Se monsignor Nikodim desiderò incontrare come interlocutore idoneo il cardinale Tisserant fu per delle ragioni evidenti che tutti conoscono. Anzitutto il cardinale Tisserant parlava russo.
    Inoltre egli fu, dal 1936 al 1959, segretario della Sacra Congregazione per la Chiesa orientale. Infine i due si conoscevano […]. Ma io vi posso assicurare, signor direttore, che la decisione d'invitare gli osservatori russi ortodossi al Concilio Vaticano II è stata presa personalmente da Giovanni XXIII, con l'aperto incoraggiamento del cardinale Montini, che fu il consigliere del patriarca di Venezia al tempo in cui egli era arcivescovo di Milano. Di più: era il cardinale Montini che dirigeva segretamente la politica della Segreteria di Stato durante la prima sessione del Concilio, dal posto clandestino che il Papa gli aveva procurato nella famosa Torre San Giovanni, nella cinta stessa della Città del Vaticano. Il cardinale Tisserant (1) ha ricevuto ordini formali, tanto per negoziare l'accordo quanto per sorvegliarne durante il Concilio l'esatta esecuzione. Perciò, ogni volta che un vescovo voleva affrontare la questione del comunismo, il cardinale, dal tavolo del consiglio di presidenza, interveniva per ricordare [imporre ai vescovi ignari] la consegna del silenzio voluta dal Papa».



    Qui ci interessa rilevare quanto monsignor Roche conferma circa le responsabilità di monsignor Montini, fautore di un accordo con Mosca fin dal lontano 1942.
    Monsignor Roche si rivela buon conoscitore dei fatti.
    Lo dimostra anche la sua opera «Pie XII devant l'Histoire» (edizioni du Jour).
    Egli sa che Montini, come sostituto alla Segreteria di Stato di Pio XII, manovrò a sinistra, in armonia con le simpatie nutrite fin dalla giovinezza (confronta Fappani-Molinari: «Montini giovane», edizioni Marietti), ma all'insaputa e in netta antitesi con il pensiero e le direttive di Pio XII, il Papa che avrebbe dovuto rappresentare, ma che, evidentemente, giudicava non dotato quanto lui di una illuminata visione della politica.
    Su tale linea Montini stabilì, all'insaputa di Pio XII, contatti con i sovietici durante l'ultima guerra, come monsignor Roche ricorda; contatti di cui Pio XII fu informato dall'arcivescovo protestante di Uppsala, che, nella sua qualità, riceveva informazioni corredate di prove dal servizio segreto svedese, aggiornatissimo sulle manovre nell'Est europeo.
    «Il 'tradimento' di Montini è storia vera e autentica!» (monsignor Luigi Villa, «Paolo VI beato?», edizioni Civiltà Brescia, 1998, pagina 204).
    Si era nel 1954, quando Pio XII era già provato dalla malattia e indebolito dalla vecchiaia.
    Il colonnello Arnould, del Deuxième Bureau francese (il Brigadiere Generale dell'Intelligence Service) fu il «James Bond» di Pio XII.
    «Ufficiale di carriera, quindi, ma soprattutto di rigidi costumi e cattolico praticante... Pio XII lo chiamò a Roma e gli offerse di diventare il Suo agente personale, dipendente solo da Lui, perché - gli disse - 'un diplomatico è costretto ad osservare alcune regole e ad essere molto prudente; un agente, no!'. Il colonnello accettò, prestò giuramento al Pontefice e iniziò la sua nuova missione. Per preparare il suo giro nell'Est, entrò in relazione con il vescovo luterano di Uppsala, primate di Svezia, che, avendo molta stima di Pio XII, non esitava a rendergli preziosi servizi, come l'aiuto ai membri del clero, detenuti, e come l'introduzione clandestina nella Russia di Bibbie, ecc.
    Nel corso di uno di questi suoi incontri (verso l'estate '54), l'arcivescovo di Uppsala, improvvisamente, disse al colonnello: 'Le autorità svedesi sanno benissimo che il Vaticano ha relazioni con i sovietici'!... e gli consegnò una busta sigillata, indirizzata a Pio XII, pregandolo di rimetterla nelle sue mani, senza farla conoscere a nessun altro in Vaticano.
    Gli disse: 'Questa busta contiene le prove delle relazioni che il Vaticano ha con i sovietici'.
    Giunto a Roma, il colonnello consegnò la busta a Pio XII, che la lesse in sua presenza, sbiancando in volto.
    In breve: l'ultimo testo ufficiale, firmato dal pro-Segretario di Stato Montini, era datato 23 settembre '54.
    Il 10 novembre '54, Pio XII allontanava dalla Segreteria di Stato Montini».


    Pio XII durante un comunicato e alle sue spalle un giovane Montini



    Pio XII nell'autunno 1954 aveva pure saputo che il suo pro-Segretario di Stato, Montini, gli aveva nascosto i dispacci relativi allo scisma dei vescovi cinesi, caso che si andava aggravando.
    Inoltre, nell'ottobre del 1954, Pio XII venne a conoscenza di un rapporto segreto dell'arcivescovo di Riga, incarcerato dai sovietici, il quale affermava che «c'erano stati in suo nome [di Pio XII] contatti coi persecutori da parte di un'alta personalità della Segreteria di Stato» (confronta «Courrier de Rome», giugno 1975, numero 145).
    Anche il bollettino della «Contrereforme Catholique» (numero 97, pagina 15), parla della questione: «L'inchiesta fece scoprire nella cerchia di monsignor Montini un traditore, il gesuita Alighiero Tondi, il quale nel corso di un drammatico confronto col cardinale N., riconobbe di aver dato ai sovietici i nomi dei preti inviati clandestinamente in URSS e che [a seguito della delazione] erano stati tutti arrestati ed uccisi. E' noto che il Tondi sposato [prima civilmente e poi] religiosamente [con l'attivista comunista Zandi, dopo varie vicissitudini e la morte della moglie] ritroverà 'lavoro' a Roma nel 1965, con il favore di Montini, ormai Paolo VI.
    Per il tradimento di Montini, scrive monsignor Roche, 'l'amarezza [di Pio XII] fu così viva che la sua salute ne risentì ed egli si rassegnò a governare da solo l'andamento degli affari esteri vaticani».
    Che monsignor Montini sia stato allontanato dalla Segreteria di Stato perché caduto in disgrazia presso Pio XII (che lui «tradiva») lo sapeva anche Jean Guitton che nel suo libro: «Paul VI secret», scrive: «Non si è mai saputo, non si saprà mai perché Pio XII, avendolo fatto arcivescovo di Milano, non l'aveva creato cardinale, il che gli toglieva la possibilità di
    essere eletto Papa».
    Come si vede Montini esercitava già dagli anni quaranta la sua «Ostpolitik», e i suoi patti in opposizione alla posizione del Papa regnante.
    Montini stranamente nominato arcivescovo di Milano, non fu creato cardinale finché visse Pio XII [benché quella sede fosse cardinalizia], ma alla morte di Papa Pacelli, lui e la sua «cerchia» manovrarono abilmente nel Conclave per l'elezione del Papa «di transizione» adatto allo scopo - Roncalli - di età avanzata, ma «illuminato» dall'allora arcivescovo di Milano, che, non essendo cardinale, avrebbe avuto egualmente la possibilità di determinare il corso del nuovo Pontificato.



    La strana carriera di Angelo Roncalli
    Giulio Andreotti ha scritto un libro su «I quattro del Gesù. Storia di un'eresia» (Rizzoli, 1999).
    Angelo Roncalli, Giulio Belvederi, zio della moglie di Andreotti, Alfonso Manaresi e Ernesto Buonaiuti erano quattro seminaristi, stretti da amicizia e da una comune visione modernistica della religione.
    Gli ultimi due hanno portato le loro idee eretiche così avanti da essere censurato il Manaresi e scomunicato, dopo aver abbandonato il sacerdozio il Buonaiuti.
    Belvederi e Roncalli furono salvati a tempo dai loro protettori, nel caso di quest'ultimo dall'allora vescovo di Bergamo, Giacomo Radini Tedeschi, in odore di modernismo.
    Un altro compagno di Roncalli a Bergamo fu Nicola Turchi, che tradusse in italiano lo storico Duchesne, anch'esso censurato.
    Come si vede già in quegli anni precedenti l'evento di Fatima, si diffondeva nei seminari cattolici una deviazione modernista, giustamente considerata eterodossa e perciò aperta all'eresia, consistente nel separare la storia dalla religione; figuriamoci come poteva essere vista Fatima.
    E infatti, Roncalli, futuro Giovanni XXIII, che fu un fautore di questa tendenza avrebbe archiviato nel 1959 la «terza parte del segreto» della Madonna di Fatima come inopportuna; un'attitudine opposta alla testimonianza cristiana, che ritiene prezioso ogni segno celeste e grave la responsabilità di preservare il principio del divino intervento che illumina la storia, dalla sua origine alla sua fine.
    Andreotti scrive che Roncalli «aveva molto imparato da don Ernesto», che ebbe l'unico torto di non aver saputo aspettare «l'evolversi dei tempi» («A ogni morte di Papa», Rizzoli, 1982).
    Per il noto democristiano, è ora che la Chiesa riveda «il giudizio su uomini che furono fino a tempi recentissimi ingiustamente perseguitati».
    Forse Andreotti ha ragione, da modernista, di volere che la chiesa conciliare modernista recuperi i suoi araldi condannati in passato.
    Ma dimentica che i delitti contro la fede, come l'eresia, sono contro Dio stesso e si ripercuotono in modo disastroso in tutta la società umana.
    Perciò, Andreotti usa a cuor leggero la parola «eresia» riguardo al modernismo di cui il suo pensiero democristiano è imbevuto, come se si trattasse di un malinteso non interamente superato nella Chiesa, solo perché mancano ancora le sue «scuse» e, perché no, qualche beatificazione, forse di Buonaiuti, o di De Gasperi; la sua può aspettare!
    Intanto può vantarsi di essere testimone di una radicale sterzata clericale.
    Tre giorni prima dell'indizione del Vaticano II Roncalli confida ad Andreotti: «Molte delle anticipazioni di allora [del modernismo] erano poi divenute feconde realtà. Il Concilio le avrebbe costituzionalizzate» (ibidem, pagina 104).



    Erano massoni Roncalli e Montini?
    Roncalli in veste di nunzio a Parigi si è trovato in condizione di sviluppare il suo giro di nuove cospicue amicizie, che possono ben riflettere le sue scelte.
    Il nuovo nunzio, da rinomato ghiottone, sapeva come allietarle con la buona tavola.
    Sembra uno scherzo, ma la brillante soluzione del nunzio Roncalli per i gravi problemi locali è consistita nell'assumere il miglior cuoco di Parigi.
    In questo modo Roncalli si fece allora tanti noti amici, come Léon Blum, l'ebreo socialista che, operando l'unione a sinistra del Fronte Popolare, era giunto al potere nel 1936.
    Ma vediamo quelli speciali.
    Edouard Herriot, presidente del Partito Radical-Socialista, divenuto presidente del Consiglio nel 1924 e nel 1932.
    Famoso anticlericale, del suo governo scrive Léon de Poncins («Christianisme et F:.M»): «L'immistione della Massoneria nelle cose del Parlamento ed il suo dominio sulla maggioranza... si è affermata più forte che mai durante il ministero Herriot del 1924. […] Il suo governo [salutato pubblicamente dai massoni], decretò una serie di leggi socializzanti,
    prefigurazione delle leggi del Fronte popolare di Léon Blum, leggi elaborate in precedenza nelle logge massoniche».
    Stinse amicizia anche con Vincent Auriol, ateo e socialista, ministro delle Finanze nel governo del Fronte popolare e primo Presidente della 4ª Repubblica (1947 - 54).
    Costui più tardi volle servirsi di un vecchio privilegio del governo francese per imporre la berretta cardinalizia al nunzio in Francia, Roncalli, allora eletto cardinale e perciò papabile.
    L'altro amico fu il diplomatico svizzero Carl Burckhardt, massone, professore di storia specializzato in Voltaire e Goethe, commissario della Società delle Nazioni e presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa.
    Quando Roncalli fu eletto Papa nel 1958 lui scrisse all'amico Max Richer una lettera che descriveva la vita che l'amico Roncalli conduceva a Parigi: «Girava come un giovane funzionario d'ambasciata, lo si incontrava dappertutto... Cambierà molte cose; dopo di lui la Chiesa non sarà più la stessa» («Sodalitium», numero 28, pagina 26).
    Ma l'amico più intimo, fu il barone Yves Marsaudon, nipote di monsignor Le Cam, collaboratore di Rampolla, nominato nel 1946 ministro dell' Ordine di Malta a Parigi, poi dal 1926, fratello massone della Gran Loggia di Francia, e infine dal 1932 Maestro Venerabile 33° della Loggia «La Republique».
    Non c'è dubbio che Angelo Roncalli dava molta importanza ai simboli.
    Forse attraverso di essi si potrebbe capire meglio cosa era nell'animo di questo chierico che fa togliere dalla facciata di un palazzo della Chiesa un simbolo della fede, come il Filioque. ma che ha nella sua croce pastorale l'occhio nel triangolo, usato dalla Massoneria.
    Queste non sono certo prove della sua affiliazione alla setta, ma dimostrano le sue associazioni mentali.



    Ora, come si sa, per il pensiero massonico, ogni fede e ideologia può essere accettata per costituire la fratellanza universale se depurata dalla verità e unicità della fede cattolica.
    Questo era il pensiero manifestato da Roncalli in Turchia nella Pentecoste del 1944, come poi col Vaticano II.
    Il giornalista Pier Carpi ipotizza addirittura una sua iniziazione rosacrociana e iscrizione massonica («Le profezie di Papa Giovanni», Mediterranee, Roma, 1976,): erano le sue parole ed atti comunque ad esprimere concetti massonici, poi confermati dalle sue amicizie e frequentazioni.
    Non ci sono prove pubblicate dai servizi segreti francesi, ma risulta dalla testimonianza personale di un ufficiale addetto alla protezione del nunzio, che ogni giovedì Roncalli si recasse a un incontro «segreto».
    Dove? Ho ripetuto questo sospetto al cardinale Oddi, che era stato suo aiutante a Parigi; lui non lo ha contestato.
    Anzi, ma la storia non si scrive con ammissioni silenziose e poi c'è qualcosa di molto più rilevante a dimostrare l'orientamento di Angelo Roncalli: i frutti del suo operato, che fu rovinoso proprio nel senso voluto dai nemici della Chiesa.
    Diversi Gran Maestri massoni di Francia e Italia hanno confermato pubblicamente le aperture del futuro Giovanni XXIII 42.
    Nel 1989 la rivista dei francs-maçons «Humanisme», numero186, racconta il tête-à-tête del nunzio Roncalli con Alexandre Chevalier, che aveva avanzato proposte riguardo al diritto canonico e altro.
    Ad una presunta intesa segreta tra il futuro Giovanni XXIII e chi era diventato il Gran Maestro nel 1965, invitato all'incoronazione di Giovanni XXIII a Roma, «fa eco l'ipotesi che la loggia L'Etoile polaire (l'Atelier), «era all'origine del Vaticano II». (2)
    «Furono massoni il primate della chiesa anglicana Fischer e il patriarca Atenagora della chiesa ortodossa, con i quali Roncalli iniziò un'apertura di dialogo ecumenico in un clima di fraterna comprensione» (Giuliano Di Bernardo, Gran Maestro, nel suo libro «Filosofia della Massoneria», Marsilio Edizioni, pagina 146).
    Avendo il patriarca ortodosso Atenagora di Costantinopoli, e alcuni altri, paragonato Giovanni XXIII a Giovanni Battista, si può pensare che ciò era dovuto al personaggio che in diverse occasioni ha parlato di nuove vie e... divenne il «precursore» di Montini.
    Il fatto certo è che anche i modernisti e i massoni occulti, a causa del loro piano segreto deteriore, sono scomunicati dalla Chiesa; il giudizio emana dal diritto divino per cui molti modernisti, appunto occulti, pur avendo scalato i troni molto alti nella Chiesa, non hanno mai confessato tale «fede».
    Se lo avessero fatto la loro carica ecclesiastica sarebbe decaduta «ipso fac-to» secondo il Codice Canonico (188, 4) e non spetterebbe a dei laici dimo-strare che le loro idee e atti - proprio quelli descritti e condannati da san Pio X - hanno forgiato una nuova Chiesa ecumenista.



    Può l'accordo Roma-Mosca definirsi solo un errore diplomatico o politico? Certamente no.
    Basta riflettere sul prezzo religioso dell'accordo e su ciò che Roma ha ottenuto - l'insignificante presenza di alcuni osservatori ortodossi, sorvegliati dal KGB, concedendo in cambio: il silenzio della Chiesa su «quella nefanda dottrina del cosiddetto comunismo, sommamente contraria allo stesso diritto naturale, la quale, una volta ammessa, porterebbe al radicale sovvertimento dei diritti, delle cose, delle proprietà di tutti, e della stessa società umana».
    Pio IX («Qui pluribus»; «Syllabus»); su quella «peste distruttrice, la quale intaccando il midollo della società umana, la condurrebbe alla rovina» (Leone XIII, Enciclica «Quod Apostolici muneris»); su quel «pericolo» che minaccia di precipitare «popoli interi... in una barbarie peggiore di quella in cui ancora giaceva la maggior parte dei mondo all'apparire del
    Redentore»; su quel «satanico flagello» nel quale «non vi è posto per l'idea di Dio, non esiste differenza fra spirito e materia, tra anima e corpo; non si dà sopravvivenza dell'anima dopo la morte» e che «spoglia l'uomo della sua libertà, principio spirituale della sua condotta morale, toglie ogni dignità alla persona umana e ogni ritegno morale contro l'assalto degli stimoli ciechi» (Pio XI, enciclica «Divini Redemptoris»); su l'«iniquità... che mira a strappare la fede a quegli stessi ai quali promette il benessere materiale» (Pio XII, enciclica «Menti nostrae», 1950).
    Dovere di ubbidienza all'errore?
    L'impegno preso e mantenuto da quei gerarchi fu la rinunzia alla missione della Chiesa, un tradimento a Dio, alla Chiesa stessa e all'umanità; questa pagina nera della storia della Chiesa resterà, come scrive Jean Madiran («Présent»), «la vergogna della Santa Sede nel secolo XX».
    E' evidente che in casi siffatti appellarsi all'ubbidienza non regge.
    I successori di Benedetto XV, di Pio XI e di Pio XII, avrebbero potuto sottoscrivere tranquillamente le affermazioni dei loro predecessori.
    Oggi, invece, esse sono totalmente capovolte: col Vaticano II, la Chiesa, che non poteva tacere e non aveva taciuto fino ad allora, fu fatta tacere; gli stessi più accaniti nemici rendono testimonianza che Roma ha cessato di tutelare il santuario della religione cristiana e di richiamare l'attenzione sul pericolo comunista.
    Così, ad esempio, Togliatti nel suo memoriale scriveva: «Nel mondo cattolico organizzato e nelle masse cattoliche vi è stato uno spostamento evidente a sinistra al tempo di papa Giovanni» («Il Tempo», 13 giugno 1984).
    La questione del comunismo era, però, solo una tra le tante.


    Papa Giovanni XXIII



    Cominciamo riportando alcuni avvertimenti papali sulle mosse anticristiane del mondo moderno, per poi ricordare la loro dottrina specifica sugli errori incombenti nell'ambito della fede, qui elencati in piccola parte.
    Si tratta dell'insegnamento dei Papi: Gregorio XVI sul delirio delle libertà e dell' indifferentismo in materia di religione (enciclica «Mirari vos», 1832); Pio IX sull'elenco di errori della società civile moderna, con cui ogni conciliazione è impossibile per la Chiesa (enciclica «Quanta cura» e «Sillabo», 1864); Leone XIII sul pericolo rappresentato dal liberalismo (enciclica «Libertas», 1888) e dalla Massoneria («Inimica vis», 1894); Pio X, sulle insidie del modernismo, collettore d'ogni eresia («Pascendi», 1908), e condannando la democrazia cristiana del Sillon («Notre charge apostolique», 1910); Benedetto XV, che ha pubblicato il Codice Canonico voluto da san Pio X, dove è detto che l' affiliato alla Massoneria è fuori dalla Chiesa; Pio XI sulle aberrazioni del «pancristianesimo» (operazione ecumenista di allora, «Mortalim animos», 1928); Pio XII, contro la «nuova teologia» mirante a una nuova chiesa (enciclica «Humani generis», 1950).
    Eppure, tutti questi avvertimenti in difesa della sana dottrina cattolica furono annullati e i promotori e i teologi di queste deviazioni furono tutti invitati e poi promossi nella «chiesa conciliare» inaugurata da Giovanni XXIII.
    Si dovrebbe andare più a fondo in queste dottrine cattoliche trattando della carriera di Roncalli, perché qui sono appena elencati i suoi punti di rottura con la dottrina della fede, mascherati ma evidenti.
    Così, l'opposizione di Roncalli a Fatima non è altro che una rottura con la stessa visione cattolica.
    Non c'era bisogno di aspettare i risultati del Vaticano II per capire che il germe di questi errori ed eresie erano già nel pensiero sommario di Giovanni XXIII.
    Egli, da quanto si sa, non ha un'opera scritta e non ha nemmeno scritto le encicliche che portano il suo nome, ma le ha ritoccate nel senso che poteva essere condiviso anche dal pensiero massonico.
    Per esempio, la sua «Pacem in terris», che si dimostra la base per la dichiarazione «Dignitatis humanae» del Vaticano II (basta consultare le sue note), c'è un ritocco ambiguo nell'allusione alla coscienza elaborato insieme a don Pavan, che se fosse dipeso dal parere del Santo-Ufficio, non sarebbe passato.
    Perciò questo parere fu ostinatamente evitato e la sua redazione condotta in gran segreto, come testimoniò anche padre Rouquette.
    Quel che può sembrare una questione limitata, rinchiude un colpo di estreme conseguenze, rappresentando l'origine di quell' apertura deleteria ai concetti modernisti di libertà e didignità umane, in rottura diametrale con il magistero papale e perciò col senso stesso della religione.
    Essa esiste per confermare infallibilmente la legge divina, che procede dal comando: «Del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare».



    Ora, in nome della stessa Chiesa cattolica si insinua che la norma del bene appartiene alla coscienza umana; «Ognuno ha il diritto di onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza; e quindi il diritto al culto di Dio privato e pubblico» («Pacem in terris», numero 8).
    Il testo è ambiguo? Tale ambiguità è risolta nel senso del diritto alla «libertà religiosa» nella «Dignitatis humanae» del Vaticano II; posizione che equivale a dichiarare il diritto religioso di negare l'esistenza del comando di Dio rivelato nella legge custodita dalla Chiesa e di Dio stesso.
    La questione che si pone è, quindi: Giovanni XXIII, aprendo alle venture del mondo moderno, dove domina il naturalismo massonico e il materialismo socialista e chiudendo alla «Profezia di sventure» per il nostro tempo, continuava o rompeva con la visione dei Papi cattolici?
    L'opposizione indicata circa gli ultimi Papi fa capire che si trattava di una vistosa rottura, non solo con i loro allarmi su pericoli crescenti, ma con la stessa visione della Bibbia.
    Ora, la continuità nella fede è la vita del Papato e perciò il suo contrario, la sua rottura in tale Sede, non può che figurare la sua morte.
    La Chiesa «conciliare», edificata sull'opposizione e disubbidienza di Roncalli e Montini al Magistero della Chiesa, pretende di... conciliare gli inconciliabili nel campo sociale, coniugando cristianesimo e comunismo.
    A tal fine hanno indotto a ritenere che, per cristianizzare il comunismo, sarebbe bastato eliminarne il materialismo e l'ateismo, quasi che solo a motivo di ciò, e non per la sua dottrina sociale, totalmente opposta ai princìpi del diritto naturale, sia stato condannato come «intrinsecamente perverso».
    Ecco allora preti e religiosi «aggiornati» ripudiare la secolare dottrina della Chiesa per predicare, in luogo del Vangelo di Cristo, «il nuovo presunto Vangelo che il comunismo ateo annunzia all'umanità quasi messaggio salutare e redentore» (Pio XI, «Divini Redemptoris»); in luogo della Redenzione di Cristo, la «redenzione falsa» di Marx (ibidem); in luogo del-la speranza soprannaturale cristiana, le «fallaci promesse» di un «Paradiso, che è di questa terra» (ibidem); in luogo della giustizia e della fratellanza cristiana, uno «pseudo-ideale di giustizia, di uguaglianza e di fratellanza» (ibidem), che in realtà è arido egualitarismo e iniquo collettivismo.
    Sostengono di voler così vincere la seduzione esercitata dal marxismo sulle masse, come se l'errore si vincesse appropriandosene, anziché opponendogli la verità.
    In tal modo questi chierici si riducono a battistrada del comunismo, giungendo perfino ad unirsi ai nemici della Chiesa nell'imputarle la responsabilità delle ingiustizie, reali o presunte, di governi e di singoli, quasi che esse siano nate dalla dottrina sociale della Chiesa e non dal disprezzo di essa.
    Alcuni, più coerenti nell'errore, passarono allora dalle parole ai fatti: sono i preti guerriglieri dell'America Latina o anche i ministri di governi marxisti.


    Paolo VI



    Su cosa potevano accordarsi Montini e Stalin?
    Il pensiero di Montini è divenuto più chiaro al mondo col discorso di chiusura del Vaticano II (7.12. 65), quando ha inteso «battezzare», con immensa simpatia l'umanesimo laico, il culto dell'uomo che si fa Dio, aprendosi alla rivoluzione gnostica e modernista dell'uguaglianza giacobina, che si vorrebbe promotrice niente meno che di un concerto ecumenista delle religioni.
    «La Chiesa del Concilio si è assai occupata, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell'uomo quale oggi in realtà si presenta: l'uomo vivo, l'uomo tutto occupato di sé, l'uomo che si fa non soltanto centro di ogni interesse, ma osa dirsi principio e ragione di ogni realtà. [...] L'umanesimo laico profano alla fine è apparso nella sua terribile
    statura ed ha, in certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto Uomo s'è incontrata con la religione (perché tale è) dell'uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema?
    Poteva essere, ma non è avvenuto. L'antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha pervaso. La scoperta dei bisogni umani (tanto maggiori sono, quanto più grande si fa il figlio della terra) ha assorbito l'attenzione del nostro Sinodo. Dategli merito in questo almeno, voi umanisti moderni,
    rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell'uomo. […] Riguardo i 'valori' del mondo rinunciatario alla trascendenza: sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette».
    Quel scellerato incontro Montini-Stalin sarebbe avvenuto nel 1942, tempo delle terribili stragi del grande conflitto mondiale.
    Forse fu allora che anche nell'ambito delle persecuzioni anticlericali della rivoluzione sovietica vi fu un «aggiornamento»: la persecuzione religiosa lasciò da parte la violenza fisica a favore di quella psicologica, di lavaggio del cervello per la soggezione, in nome del progresso rivoluzionario del clero ortodosso al dittatore sovietico.
    E appena finita la guerra, nel 1946, fu imposta la fusione in una sola chiesa; dei cattolici fedeli al Papa con quella ortodossa, già addomesticata da Stalin.

    I sacerdoti che rifiutarono tale asservimento al regime furono spediti in Siberia, come è il caso dell'eroico prelato Slipyj.
    Quelli rimasti, in poco tempo, furono ridotti a collaborare con lo Stato ateo e col suo KGB.
    Ciò era un fatto ben conosciuto, per cui l'iniziativa del «Papa buono» di invitare capi religiosi scelti dal Kremlino per assistere al Vaticano II al prezzo di non accennare in quella sede all'immane flagello comunista, equivaleva a pagare per avere un cavallo di Troia dentro le mura; fatto che già allora fece capire a molti che la vera trappola per la fede, il vero cavallo di Troia era rappresentato dalle riciclate chimere moderniste della fratellanza universale «umanitarista».
    Il «patto scellerato» voluto, o subìto, da Roncalli non era quindi casuale e isolato, ma parte del piano d'inversione della missione della Chiesa: un tradimento - d'ordine metafisico - che segue i passi di Lamennais, Duchesne, Loisy, Sangnier e seguaci, e poi, da «alto loco», opera per impiantare il nefando patto finale per un «nuovo ordine» ecumenistico.
    La chiesa conciliare non solo non vuole condannare errori, ma non può convertire nessuno alla pace di Gesù Cristo perché ignora le vere profezie, dissimula la santità e le azioni provenienti dalla fede, privilegiando l'operato sociale che presenta la Chiesa come società umanitaria, sminuendo così la sua azione soprannaturale, come vogliono i poteri del mondo scristianizzato.
    Poiché l'idea che ha guidato la chiesa conciliare al «patto scellerato» con il KGB è parte del processo ecumenista globale, più che mai imperversante oggi nei patti di tenore pacifista, tipo Assisi, è di enorme importanza riconoscere il marchio modernista di questo processo, per poterlo smascherare con i suoi promotori e ridare spazio al vero ecumenismo cattolico.
    La storia della Chiesa è riassunta nella lotta perenne mossa dallo spirito mondano contro la Legge divina.
    Questa lotta è vissuta dal cristianesimo, che, ad immagine e somiglianza del Suo Fondatore, segue la via della Sua passione.
    E la passione della Chiesa è aggravata oggi da una nuova classe clericale il cui scopo è un nuovo ordine per aggiornare la Chiesa all'utopia modernista e aprirla con «immensa simpatia» al mondo e all'omologazione ecumenistica delle religioni, esaltando l' umanitarismo della Rivoluzione.

    Per concludere, rispondendo al quesito: Roncalli massone?
    Che fosse o non fosse massone, certo è che nessun massone militante avrebbe potuto fare di più per la mutazione della Chiesa, proprio nel senso voluto dalle logge.
    E in questo senso, anche nel caso della buona fede, Angelo Roncalli ha senz'altro operato con molta abilità e determinazione, dalla sua ambigua «Pacem in terris», alla convocazione del Vaticano II.
    Ecco cosa hanno dimostrato i «patti scellerati» dei Papi conciliari, inerenti al processo di pace ecumenista: la soppressione dell'autorità cattolica e della missione della Chiesa nel mondo, come rappresentato nella visione simbolica dell'eccidio del Papa col suo seguito del Segreto di Fatima, la cui intelligenza sarebbe più stata chiara nel 1960, quindi nel tempo che va dalla fine di Pio XII all' elezione di Roncalli.

    Daniele Arai




    --------------------------------------------------------------------------------
    Note
    1) Questo cardinale aveva messo in dubbio l'elezione di Roncalli perché massone (confronta «Vita», pagina 4, NiRon pagina 41).
    2) Jacques Ploncard d'Assac, «Present», Parigi, 20.7.1989.




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    Lightbulb Re: Patti scellerati dei papi conciliari

    In Ricordo di Arai Daniele (San Paolo, 13 maggio 1934 - Aljustrel, Fatima, 25 novembre 2017) nel primo anniversario della sua morte - l'anno scorso ho avuto l'onore di partecipare alla Santa Messa di requiem in suffragio della sua anima celebrata da Don Floriano Abrahamowicz, anche se purtroppo non sono riuscito a conoscerlo in vita - RIP…



    https://www.agerecontra.it/category/arai-daniele/
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    https://www.edizioniradiospada.com/c....html?Itemid=0

    "Arai Daniele è stato un comandante d’aviazione civile. Nato a San Paolo il 13 maggio 1934, ha studiato nel Collegio San Luigi dei Gesuiti. Durante gli studi all’Università di Fisica, ha intrapreso la carriera in Aviazione per ragioni contingenti, che lo ha condotto, sin da giovane, dal Brasile ai cieli di tutto il mondo. Il pilota, come padre di famiglia, nello scontro con la dura realtà della vita e della morte, si sentì richiamato alla Chiesa della sua giovinezza. Lì, tuttavia, trovò un porto desolato dalle devastazioni descritte dai Profeti. Nella difficoltà di trovare un ritorno sicuro, prese la direzione luminosa di Fatima. Questo è il percorso che egli segue da allora, scrutando il suo profetico messaggio di pace e di salvezza, tralasciato per oscuri disegni. Lo segue moltiplicando scritti, conferenze in vari paesi e diverse lingue. Ha collaborato con la rivista «Permanência» di Gustavo Corção a Rio, con «Sì sì No no» di don Putti, con «Chiesa Viva» di don Villa e con «Roma» di Buenos Aires. Arai Daniele considera il suo risultato principale quello di aver collaborato strettamente con i Vescovi Antônio de Castro Mayer e Marcel Lefebvre. Oltre ai molti scritti di natura religiosa e storica, ha pubblicato in portoghese il libro «Entre Fátima e o Abismo» (Ed. Excelsior, 1988, SP), presentato da Sua Ecc. Mons. de Castro Mayer con un’importante dichiarazione sulla naura di Fatima. Inoltre ha pubblicato in italiano «L’Eclisse del pensiero Cattolico» (Ed. Europa, 1996, Roma) ed in francese «L’Esprit désolant de Vaticano II» (Ed. Delacroix, 1997, Dinard), presentato da Malachi Martin. Altri suoi lavori sono già stati tradotti anche in inglese ed attendono pubblicazione. L’Autore ha vissuto per diversi anni ad Aljustrel, Fatima, ed ivi è morto il 25 novembre 2017."
    https://www.edizioniradiospada.com/i...ai_200x250.jpg






    https://www.edizioniradiospada.com/c....html?Itemid=0
    "TITOLO: Nella profezia di Fatima il mistero dell’altra Roma
    SOTTOTITOLO: “Vae, vae, civitas…” (Ap XVIII)
    AUTORE: Arai Daniele
    POSTFAZIONE: Matteo Castagna (Christus Rex)

    PRESENTAZIONE:
    L’anima cattolica rivolta a Fatima per capire l’ora che viviamo può solo farlo seguendo quel naturale senso di stupore che, come insegnava Aristotele, è la vera guida alla saggezza. Capirà allora che Fatima è un altro gran segno della soavità divina, dato per lenire le profonde contraddizioni umane che viviamo. È segno soprannaturale nella sapiente sequenza di altri che, in ogni tempo e luogo, furono offerti a noi per guidarci attraverso i labirinti della vita. La Sacra Scrittura è storia di questi segni dati a tutti, agli Ebrei come ai Niniviti, ai re come agli schiavi, in una sequenza secolare, di colle in colle e da profeta a profeta, che guidavano all’avvento del Segno supremo: il Verbo Incarnato. E il segno di Betlemme fu visto da re saggi di paesi lontani come dai pecorai dei dintorni.
    È stupefacente: la terza parte del Segreto di Fatima, che per più di mezzo secolo è stata al centro dell’interesse del mondo, una volta pubblicata con la sconcertante interpretazione che ne colloca al centro Giovanni Paolo II, ha solo suscitato disagi e nuovi interrogativi.
    Al centro del Messaggio profetico di Fatima vi è, infatti, la figura del Papa, ma poiché la sua terza parte segna un simbolico eccidio di un papa con il suo seguito, più chiaro nel 1960, si deve riconoscere che per il «Segreto» tale data segna uno spartiacque tra i pontificati precedenti e quelli seguenti; realtà ormai storica, ravvisabile in alterazioni liturgiche e magisteriali nella sede romana. E queste si svelano, emblematicamente, in rapporto con le manovre contro Fatima.
    Di fatto, quanto è successo e continua a succedere attorno a questa terza parte del Segreto di Fatima, nota come Terzo Segreto, pur riconosciuta d’origine divina, dalla morte di Pio XII costituisce, uno strano trattamento clericale. Prima fu censurata e poi aggirata proprio dai sommi ge­stori vaticani che la custodiscono; condotta che lascia molti credenti perplessi, tanto più perché coincide con un aggiornamento della visione dei dogmi, della liturgia e delle profezie di castighi trasmesse alla Chiesa.
    INFORMAZIONI SULL'AUTORE:
    Arai Daniele è un comandante d’aviazione civile. Nato a San Paolo il 13 maggio 1934, ha studiato nel Collegio San Luigi dei Gesuiti. Durante gli studi all’Università di Fisica, ha intrapreso la carriera in Aviazione per ragioni contingenti, che lo ha condotto, sin da giovane, dal Brasile ai cieli di tutto il mondo. Il pilota, come padre di famiglia, nello scontro con la dura realtà della vita e della morte, si sentì richiamato alla Chiesa della sua giovinezza. Lì, tuttavia, trovò un porto desolato dalle devastazioni descritte dai Profeti. Nella difficoltà di trovare un ritorno sicuro, prese la direzione luminosa di Fatima. Questo è il percorso che egli segue da allora, scrutando il suo profetico messaggio di pace e di salvezza, tralasciato per oscuri disegni. Lo segue moltiplicando scritti, conferenze in vari paesi e diverse lingue. Ha collaborato con la rivista «Permanência» di Gustavo Corção a Rio, con «Sì sì No no» di don Putti, con «Chiesa Viva» di don Villa e con «Roma» di Buenos Aires. Arai Daniele considera il suo risultato principale quello di aver collaborato strettamente con i Vescovi Antônio de Castro Mayer e Marcel Lefebvre. Oltre ai molti scritti di natura religiosa e storica, ha pubblicato in portoghese il libro «Entre Fátima e o Abismo» (Ed. Excelsior, 1988, SP), presentato da Sua Ecc. Mons. de Castro Mayer con un’importante dichiarazione sulla naura di Fatima. Inoltre ha pubblicato in italiano «L’Eclisse del pensiero Cattolico» (Ed. Europa, 1996, Roma) ed in francese «L’Esprit désolant de Vaticano II» (Ed. Delacroix, 1997, Dinard), presentato da Malachi Martin. Altri suoi lavori sono già stati tradotti anche in inglese ed attendono pubblicazione. L’Autore vive ad Aljustrel, Fatima.
    INDICE:
    Introduzione. Segreto di Fatima o Mistero vaticano?
    I parte. L’ora provvidenziale della «Profezia di Fatima»
    1 – Benedetto XV: il Papa a cui Maria rispose
    2 – L’accordo del «Segreto di Fatima» con il Papa e con la Fede
    3 – Pio XI: il Papa che Maria predisse
    4 – Fatima e il «Re di Francia» nella Rivoluzione
    5 – Pio XII: il «Papa di Fatima»
    II parte. La Profezia ignorata, il Pastore colpito e la città demolita
    6 – Il «Terzo Segreto» si accorda col Vangelo?
    7 – Appello di Fatima o del «mondo migliore»?
    8 – Il «Nuovo Giona» e la Sfinge dell’altra Roma
    9 – Il «Terzo Segreto», Suor Lucia e l’alienazione di Fatima
    10 – Il «Segreto» aiuta nella difesa della Fede?
    Postfazione di Matteo Castagna
    Bibliografia e abbreviazioni
    PAGINE 260 formato A5
    © 2015 Edizioni Radio Spada"


    http://www.agerecontra.it/wp-content...RO-DI-ARAI.jpg






    La Sede Vacante nel Segreto di Fatima: mistero culminante della storia | Seven Network
    http://www.seven-network.it/2013/03/...-della-storia/


    LA SEDE VACANTE NEL SEGRETO DI FATIMA: MISTERO CULMINANTE DELLA STORIA ? atuttadestra.net
    http://www.atuttadestra.net/index.php/archives/182529
    “LA SEDE VACANTE NEL SEGRETO DI FATIMA: MISTERO CULMINANTE DELLA STORIA. clip_image0021 di Arai Daniele.”



    https://digilander.libero.it/adveniat/04/vm_art15.pdf



    http://www.fregeneonline.com/arai-da...i-ha-lasciato/

    “L’ex comandante dell’Alitalia Arai Daniele si è spento alle 22.00 del 25 novembre in Portogallo. Aveva 83 anni e ha vissuto a lungo a Fregene con tutta la sua famiglia. Sul finire degli anni ’70 si era impegnato anche nel recupero dell’oratorio con Don Cesare Simonetti.
    Alla famiglia e ai figli, Marco Turi, Lucas, Elisa, Flavia, Livia e Iara, vanno le condoglianze di tutti gli amici di Fregene.”



    "Florian Abrahamowicz.
    Si è spento sabato 25 novembre ARAI DANIELE. Amico dei vescovi Mgr. De Castro Mayr e Mgr. Lefebvre, una voce importante nel mondo della Tradizione. Editorialista del sito agerecontra scrisse molto sull'attuale crisi. Che Dio l’abbia in gloria.
    Sabato 2 dicembre alle ore 19.30 sarà cantato un requiem alla domus Marcel Lefebvre per il riposo della Sua anima.
    R.I.P don Floriano Abrahamowicz"
    “XXV (ultima) domenica d. Pentecoste
    https://www.youtube.com/watch?v=wgyYyI6nk38
    XXV domenica d Pentecoste (Omelia)
    https://www.youtube.com/watch?v=RgKfEjGeVgM
    https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
    http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php



    https://promariana.wordpress.com/?s=Arai+Daniele




    Un grande combattente cattolico integrale in quest’epoca di grave crisi nella Chiesa; ci restano da rileggere e meditare i suoi molti articoli, scritti vari e libri, un prezioso aiuto per tutti noi…
    Un grande scrittore “sedevacantista” (collaboratore storico dei Vescovi della resilienza anti-vaticanosecondista Mons. Antônio de Castro Mayer e Mons. Marcel Lefebvre nonché di riviste italiane come «sì sì no no» di Don Francesco Putti e «Chiesa Viva» di Don Luigi Villa, "Effedieffe", ecc.); ricordiamolo attraverso i suoi scritti (sopra segnalati) e nelle preghiere...
    Che Dio l’abbia in gloria!
    Preghiamo anche per tutti gli anziani Sacerdoti Cattolici, anti-modernisti e sedevacantisti della prima generazione, defunti negli ultimi anni, RIP...
    Réquiem aetérnam dona eis, Dómine, et lux perpétua lúceat eis. Requiéscant in pace. Amen.
    Luca, Sursum Corda – Habemus Ad Dominum!!!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

 

 

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