"Questa è la nostra causa. L'una e l'altra stanno sopra ogni meschinità d'uomini e ogni acredine di parte. Chi non è con me è contro di me. Chi non è con noi è contro di noi. D'un solo cuore, d'un solo fegato, d'un solo patto, con me, spalla contro spalla, gomito contro gomito, braccio sotto braccio, come quando voi fate la catena per gettare al sole o alle stelle le vostre canzoni vermiglie, con me, legionari con me legionario, fedeli a me fedele, con me, fino alla meta e di là dalla meta, fino alla morte e oltre!"
Gabriele d'Annunzio nacque a Pescara il 13 marzo 1863.
A 16 anni studente del liceo Cicognini di Prato, pubblicò la prima raccolta di poesie "Primo vere", attorno alla quale nacque immediatamente quello che sarebbe diventato il "fenomeno dannunziano".
Accompagnato da un'entusiastica recensione critica sulla rivista romana «Fanfulla della Domenica», richiamò l'attenzione del pubblico romano sul romantico studente abruzzese.
E sulle ali di questa leggenda, D'Annunzio giunse a Roma nel 1881, dove senza portare a termine gli studi, condusse una vita sontuosa, ricca di amori e avventure.
L'accoglienza nella città fu favorita dalla presenza in essa di un folto gruppo di scrittori, artisti, giornalisti di origine abruzzese. Attratto alla frequentazione della Roma "bene" nel 1883 sposò con un "matrimonio di riparazione" nella cappella di Palazzo Altemps a Roma, Maria Hardouin duchessa di Gallese, da cui ebbe tre figli (Mario, Gabriellino e Veniero).
Ma le esperienze per lui decisive furono quelle trasfigurate negli eleganti e ricercati resoconti giornalistici. In questo rito di iniziazione letteraria egli mise rapidamente "a fuoco" il proprio mondo di riferimento culturale, nel quale si immedesimò fino a trasfondervi tutte le sue energie creative ed emotive, i valori "alti" ed "eterni" di un passato visto come modello assoluto di vita e di bellezza.
Dopo un breve soggiorno a Napoli - dal 1891 al 1893 - dove compose il suo secondo romanzo, "L'innocente", seguito dal "Trionfo della morte" e dalle liriche del "Poema paradisiaco", D'Annunzio intraprese un'esistenza più movimentata che lo condusse dapprima nella sua terra d'origine e poi ad un lungo viaggio in Grecia.
Nel 1897 volle provare l'esperienza politica, vivendo anch'essa, come tutto il resto, in un modo soggettivo e clamoroso: eletto deputato della destra, passò quasi subito, con la famosa e tutta dannunziana affermazione "vado verso la vita", nelle file della sinistra. Sempre nel '97 conobbe la celebre attrice Eleonora Duse, con la quale ebbe inizio la "stagione" centrale della sua vita.
Gli autori contemporanei più letti in Europa negli Anni 1880 e 1890 furono senza dubbio Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche; da essi lo scrittore trasse non più che spunti e motivi per nutrire un universo di sentimenti e valori che appartenevano già a lui da sempre, e che facevano parte dell'atmosfera culturale che si respirava in un continente agitato da venti di crisi nazionalistiche, preannunzio della Grande guerra.
In quegli stessi anni, la terra toscana ispirò al poeta la vita del "signore del Rinascimento fra cani, cavalli e belli arredi", e una produzione letteraria che rappresenta il punto più alto raggiunto da D'Annunzio nel repertorio poetico.
L'abbandono della prosa letteraria e l'immersione nel rito collettivo della guerra fu un vero e proprio tentativo di conquistare la folla, sia per dominarla che per annullarsi in essa in quella comunione totale tra capo (Duce) e popolo che si manifestò nell'immaginario collettivo italiano, dagli anni della propaganda interventista a buona parte del ventennio fascista. Il poeta non si appagava più dell'usuale effetto d'una comunicazione elettrica stabilita tra il dicitore e l'uditorio" che caratterizza il proprio teatro; egli cercava "l'incarnazione" della parola, "l'incantesimo" che prende forza dal "contatto" con un'"umanità agglomerata e palpitante".
Gli stessi eventi si fecero testo: rifiutata la cattedra di letteratura italiana che era stata di Giovanni Pascoli, partecipò come volontario alla Prima guerra mondiale con alcune azioni dimostrative navali ed aeree e il volo su Vienna. Nel 1919 organizzò un clamoroso colpo di mano para-militare, guidando una spedizione di "legionari" all'occupazione della città di Fiume, che le potenze alleate vincitrici non avevano assegnato all'Italia. Con questo gesto D'Annunzio raggiunse l'apice del processo di edificazione del proprio mito personale - "immaginifico" e politico. Costretto dal governo italiano a ritirarsi nel 1921, D'Annunzio si "esiliò", con un gesto altrettanto carico di significati retorici, in un'esistenza solitaria nella sua villa di Gardone - il Vittoriale degli Italiani. Qui lavorò e visse fino alla morte, avvenuta nel 1938, curando con gusto teatrale un mausoleo di ricordi e di simboli mitologici.
Lecco RN
Identità, Differenza, Avanguardia