Sabato, 27 Gennaio 2007
Due parrocchie non hanno permesso ad un sacerdote di officiare i riti per i ghanesi abitanti nel Trevigiano
Negate le chiese agli immigrati
Presa di posizione del settimanale della diocesi: «È come rinnegare la propria fede»
Vittorio Veneto
Due parrocchie della diocesi di Vittorio Veneto hanno detto "no", nei giorni scorsi, alla richiesta di mettere a disposizione le loro chiese per ospitare sante messe celebrate in lingua inglese per i cattolici immigrati dal Ghana e da altri Paesi anglofoni, perlopiù dell'Africa nera. Il caso è stato portato alla luce dal direttore del settimanale diocesano "L'Azione" don Giampiero Moret nell'editoriale che compare nel numero di questa settimana, nel quale il sacerdote sferra un duro attacco (senza citarle) alle comunità dove i fatti si sono verificati.
Nell'editoriale, intitolato "Porte (delle chiese) chiuse agli immigrati", don Moret spiega che monsignor Ferruccio Sant, incaricato diocesano per gli immigrati, ha bussato poco tempo fa alle porte di due comunità cristiane della diocesi vittoriese per chiedere ai rispettivi consigli parrocchia li la disponibilità delle chiese per ospitare messe in inglese celebrate periodicamente da padre Patrik Osei, sacerdote ghanese residente a Treviso ma resosi disponibile a venire "in trasferta" nella diocesi di Vittorio Veneto un paio di volte al mese. "Don Ferruccio individua una parrocchia dove la domenica, per due ore buone del mattino, la chiesa è libera scrive don Moret fa la proposta al consiglio parrocchia le e riceve un secco no. Le ragioni? Le solite: (gli immigrati africani) disturbano, fanno disordine, chissà poi cosa faranno nella nostra chiesa (). È tanto il pregiudizio che non si rendono conto che celebreranno la messa, tale e quale quella del loro parroco".
Il primo tentativo si conclude dunque con un inatteso fallimento. Ma monsignor Sant, scrive don Moret, non si arrende e tenta di bussare alle porte di una seconda parrocchia . E questa volta cosa succede? "Il parroco accenna alla proposta durante gli avvisi domenicali e poi raduna il consiglio parrocchia le: il rifiuto è netto. Poi all'insistenza del parroco si risponde con un "se proprio lei vuole così, dobbiamo accettare". Ma giustamente nota don Moret il parroco non si accontenta di questo assenso forzato e ragionando pazientemente si fa strada una soluzione più accettabile. Si potrebbe avere un incontro con qualche loro rappresentante, per far presenti le nostre riserve e sentire le loro intenzioni, magari vedere anche se oltre la messa sia possibile qualche altra forma di incontro". Il direttore de "L'Azione" giudica "ottimo" l'accordo finale raggiunto grazie alle insistenze del parroco, ma non per questo intende sminuire il rifiuto iniziale della seconda parrocchia e quello totale della prima: "Chiudere la porta della chiesa ad altri cristiani è come rinnegare la propria fede" tuona in coda di editoriale don Moret, che osserva con preoccupazione: "Il comportamento di queste comunità ci interroga seriamente su quanto della sostanza della fede cristiana è entrato nella vita dei nostri cristiani. Sono questi comportamenti il segno che la fede è in grave pericolo e non la presenza tra noi di persone di religione diversa". In apertura di articolo, il direttore del settimanale diocesano aveva anticipato non senza amarezza che "l'atteggiamento di sostanziale rifiuto dell'immigrato (chiamiamolo razzismo o no) è prevalente tra la nostra gente. Anche nelle comunità cristiane".
Sulla vicenda, destinata a fare discutere, non prende posizione, almeno per ora, il vescovo di Vittorio Veneto monsignor Giuseppe Zenti: "Non ho ancora letto l'editoriale di don Moret, mi informerò bene e verificherò quanto accaduto" le uniche dichiarazioni del presule.
Luca Anzanello