VIETATO DIRE "E..."

DI GILAD ATZMON


Per molte di noi voci critiche del Sionismo e di Israele, almeno una verità è lampante: è meglio evitare di usarla, la parola “E(breo)”. Ogni volta che scappa di bocca, sono guai. In realtà, non è proprio così. Si può infatti pronunciarla tranquillamente, a patto di essere certi di dire la cosa giusta. Per esempio, nessuno vi accuserà di essere razzisti se elogiate gli “E...” con dovizia di superlativi. Nessuno vi creerà problemi per avere detto che gli E... sono intelligentissimi o un popolo cordiale.

Potete anche mentire dicendo che sono gente di gradevole aspetto e dall’animo più gentile del pianeta in assoluto. I guai seri arrivano solo quando dite ciò che pensate veramente. Appena vi azzardate a essere un pelo sinceri, ecco che subito si gonfia un’ondata di calunnie ben orchestrate e fioccano gli attributi di “antisemita”, “nuovo storico” persino “negatore dell’olocausto”. E se per caso voi stessi siete “E...”, probabilmente vi etichettano “E... masochisti”, il che è fuor di dubbio un’appartenenza prestigiosa.
La situazione è alquanto nebulosa: a quanto pare, agli “E...” non dà fastidio essere classificati come una collettività, non danno fastidio le generalizzazioni razziali, fintanto che ne viene fuori un’immagine positiva. Così, se dite che gli “E...” sono il popolo più grande e geniale della terra non lo prenderanno come un’osservazione razzista oltraggiosa. Poi, però, appena accennate che qualcuno di loro a volte potrebbe sembrare giusto un po’ avido, allora cominciano i problemi. C’è da chiedersi come sia possibile, visto che entrambe le asserzioni sono ugualmente oltraggiose dal punto di vista razziale, ugualmente categoriche, perché qualificano uno specifico gruppo razziale. Eppure, solo la seconda viene vista come provocatoria.
Piuttosto che cercare di sciogliere il dilemma, vorrei risolvere la questione alla base. Infatti, nessuna di queste asserzioni deve essere considerata razzista, semplicemente perché gli “E...” non sono una razza. Non solo non sono una razza, non sono neanche una classe, o una nazione, o una tribù, o un’etnia, non sono vittime, né sono oppressori. Non sono nulla di tutto ciò, eppure lo diventano ogni volta che gli conviene.
Gli “E...” sono perfetti camaleonti, possono diventare ciò che più gli aggrada se può fornir loro una valida scusa. Non appena si critica il loro nazionalismo militante espansionista (Sionismo), si sentono offesi come razza (semita), sottolineano che l’antisionismo è in pratica una forma di antisemitismo. Se si condannano le loro tendenze razziste, indossano subito un’innocua maschera culturale (sono solo dei gran mangiatori di brodo di pollo). Se si criticano le loro tendenze culturali elitarie, allora ridiventano subito una razza (non è colpa mia, ma di mia madre che è ebrea. Io sono solo la conseguenza della sua appartenenza razziale). E il trasformismo si esalta quando si esamina la loro legge religiosa razzista e promotrice della loro supremazia (il Talmud); allora ricordano che loro sono in maggioranza laici (il che è vero). Poi però, interrogati sulla loro filosofia laica, allora ammettono subito che in realtà non esiste. Se si insiste e si chiede loro che cosa sta al centro della loro appartenenza etnica, hanno la risposta già pronta: “Hitler più che Mosè ci ha resi E...”. E se ricordate loro che Hitler non c’è più, vi assicurano che ne verrà presto un altro. Insomma, non c’è verso di averla vinta. Ma non l’hanno vinta neanche loro.
Non potrete mai averla vinta perché in realtà non volete una vittoria, vi piace solo esplorare questa loro identità bizzarra, eppure così potente e vittoriosa. Per voi la questione non è vincere, si tratta solo di voler sostenere il popolo palestinese nella sua lotta giusta e giustificata. Per voi non si tratta di un evidente utile materiale, ma di voler rendere questa terra un posto un po’ più bello in cui vivere. Per loro, invece, le cose stanno diversamente. Per loro, si tratta di vincere, perché sono fatti per vincere, la vittoria incondizionata viene inculcata nello spirito dalla cultura e dalla religione. Ma non potranno mai vincere, perché appena avranno vinto, ecco che si perderanno. La finiranno di essere vittime. A volte sembra che ci siano quasi arrivati, li vediamo dirigere lo spettacolo, pilotare la vita politica statunitense, gestire lo show business americano, comandare il “nuovo Medio Oriente”, guidare la rivoluzione comunista e poi, a quanto pare, c’è sempre qualcosa che va storto. Improvvisamente, senza preavviso, tutti gli altri si ribellano al complotto. Sembra che vincano sempre le battaglie ma in qualche modo riescano a perdere la guerra, un po’ quello che succede all’America di oggi. È forse un caso? Io non credo.
Purtroppo per loro, non solo non possono vincere, per quanto tragico possa sembrare, ma non possono nemmeno perdere, non possono essere sconfitti. Così, anche i loro momenti peggiori si trasformano in una gloriosa manovra politica. Quando milioni di “E...” in Europa subivano le brutalità omicide dei Nazisti, Ben Gurion già cominciava a capitalizzare sulle loro morti imminenti. Ormai, nella visione collettiva degli E..., l’olocausto viene riconosciuto come la giustificazione e il pilastro del loro moralismo fariseo. Invece che prenderla come lezione morale, per loro l’olocausto è una scusa. Invece che riflettere su quel tragico evento, almeno agli occhi degli E... sionisti si trasforma in una filosofia militante espansionista supportata da centinaia di armamenti nucleari.
A quanto pare, quindi, non possono né vincere né perdere. Sono così condannati a vagare in un’eterna metamorfosi senza impegnarsi mai. Si muovono avanti e indietro, a destra e sinistra, dallo spiritualismo al materialismo, dal marxismo ortodosso al capitalismo spinto. Si trovano sempre dalla parte del giusto; quando era giusto essere socialisti si trovarono in prima linea nella rivoluzione bolscevica, ora che è invece il duro capitalismo a dettare legge, fanno parlare di sé sulle pagine del Wall Street Journal come i nuovi profeti di Manhattan. Insomma, per gli “E...”, la vita non è mai noiosa.
Ma allora, lasciatemelo dire, c’è un’unica cosa che non riescono a sopportare, un’unica cosa che li fa imbestialire. Qualcosa che non rientra pacificamente nel loro mondo binario perfettamente protetto. Ed è l’amore. Se li si ama, li si uccide. L’amore scuote le loro credenze, ed è quindi molto più facile per loro essere detestati. L’unico modo per distruggere il sionismo, per smantellare la potenza “E...” è stringerseli al petto e toccare il loro “punto E...”. Adorarli proprio quando da voi si attendono il massimo odio. Dovete solo coprirli d’amore. Basta dare un’occhiata alla loro storia per capirlo. Quando si trovarono completamente emancipati negli stati europei che li ospitavano, si inventarono il sionismo. Quando l’antisemitismo era ormai stato gettato dalla finestra, furono proprio i sionisti a riportarlo in campo. Quando poi Israele fu elogiato dal mondo per i suoi successi militari e le strategie omicide, il sionismo era ormai in pezzi.


Dobbiamo imparare ad accettare tutto ciò che fanno. Quando radono al suolo un villaggio palestinese, invece che protestare, limitatevi a guardarli negli occhi e assicurateli che il vostro amore è incondizionato. Quando lanciano una bomba su una scuola a Gaza, teneteli stretti a voi ed esprimete una sincera comprensione. Quando i loro zeloti americani di destra trascinano l’Occidente in guerra con l’Iraq, la Siria e l’Iran, cercate di ricordare che prima o poi la pace avrà il sopravvento. Non dimenticate mai che fanno tutte quelle cose orrende non perché sono persone orrende ma perché sentono un estremo bisogno di ricordarvi che li odiate. Se li incontrate personalmente vi rendete conto che non sono poi così malvagi, solo un creature un po’ immature, a causa del fatto che non ne sanno molto di vita sociale, visto che sono nati eletti. Vivono in un ghetto di segregazione mentale. Non hanno mai imparato come gestire i rapporti umani, e conoscono molto poco il significato dell’empatia. Alla fine dei conti, non vivono in mezzo agli altri, preferiscono vivere ai margini.
L’amore è il modo per redimere gli “E...” e, ce lo auguriamo, salvare il mondo. Non è una cosa facile, qualcuno dirà che è praticamente impossibile. Ma per quanto possa apparire triste, l’amore è l’unica arma vincente contro chi è alimentato dalla negatività.
E non dimenticate: non usate mai la parola “E...”.
Gilad Atzmon
Fonte: www.gilad.co.uk
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Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RAFFAELLA GRASSELLI