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Giornata della memoria: Terzo Reich, programmi razziali ed “eugenics” USA.


(elaborazione di Curzio Bettio – chinino@tiscali.it)


Sarebbe assai povera una definizione del Terzo Reich che si limitasse a mettere in evidenza il suo carattere totalitario, rinviando in particolare al fenomeno della dittatura del “partito unico”. Per quanto riguarda il Terzo Reich, è ben difficile dire qualcosa di determinato e concreto su di esso senza far riferimento ai suoi programmi razziali ed eugenetici, che ci conducono in una direzione ben diversa rispetto a quella suggerita dalle categorie del totalitarismo.
Subito dopo la conquista del potere, Hitler si preoccupa di distinguere nettamente, anche sul piano giuridico, la posizione degli ariani rispetto a quella degli ebrei, dei meticci e degli zingari viventi in Germania a conclusione della Prima Guerra Mondiale.
Elemento centrale del programma nazional-socialista è la costruzione di uno Stato razziale, secondo i possibili modelli disponibili al tempo, come il Sud-Africa, e, con maggior evidenza, gli Stati del Sud degli USA.
In modo esplicito, nel 1937, il nazista Rosemberg, giustiziato dopo il processo di Norimbergaperché istituzionalmente responsabile della messa a punto del programma eugenetico nazista, si richiamava al Sud-Africa: “È bene che il Sud-Africa permanga saldamente in mano nordica e bianca, grazie a opportune leggi a carico, oltre che degli indiani, anche dei neri, mulatti ed ebrei, e che costituisca un solido bastione contro il pericolo rappresentato dal risveglio nero!”
Ma il punto di riferimento principale, la stella polare, è costituito dagli Stati Uniti, definiti da Rosembergquesto splendido paese del futuro che ha avuto il merito di formulare la felice nuova idea di uno Stato razziale, idea che adesso si tratta di mettere in pratica, con forza giovanile, mediante espulsione e deportazione di ebrei, negri e gialli.
Ovviamente, in Germania sono in primo luogo i tedeschi di origine ebraica ad occupare il posto dei “negri”, degli afro-americani.
Sempre Rosemberg scrive: “La questione negra è negli USA al vertice di tutte le questioni decisive, e una volta che l’assurdo principio dell’uguaglianza sia stato cancellato per i negri, non si vede perché non si debbano trarre le necessarie conseguenze anche per i gialli e gli ebrei.”
Persino per quanto riguarda il progetto a lui assai caro di costruzione di un Impero Continentale Tedesco, Hitler ha ben presente il modello Statunitense, di cui celebra “l’inaudita forza interiore”:
la Germania è chiamata a seguire questo esempio, espandendosi in Europa Orientale, come in una specie di Far West, e trattando gli “indigeni” alla stregua dei pellerossa.
Alle medesime conclusioni si giunge, se consideriamo la categoria “eugenetica”.
L’eugenetica, questa “nuova scienzache studia le condizioni più favorevoli alla riproduzione della specie umana per il suo progressivo miglioramento”, viene introdotta in Inghilterra nella seconda metà dell’Ottocento da Francis Galton, un cugino di Darwin, e negli USA conosce una grande fortuna.
Alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, a Monaco di Baviera, appare un libro scritto dal vice console dell’Impero Austro-Ungarico a Chicago, in cui l’autore addita gli Stati Uniti come modello di “igiene razziale” e ne celebra “la lucidità e la pura ragion pratica” nell’imporre norme che vietano i rapporti sessuali e matrimoniali misti, pena sanzioni severissime di tanti anni di reclusione.
Anche dopo la conquista del potere da parte dei nazisti, gli “scienziati” della razza ribadiscono che la Germania ha molto da imparare dalle misure dei Nord-Americani, che veramente sanno il fatto loro! L’ammirazione, comunque, è biunivoca, dato che i seguaci più radicali del movimento eugenetico Statunitense guardano al Terzo Reich come modello, e vi si recano in viaggi di studio e di pellegrinaggio ideologico.
Il termine chiave del discorso nazista è la “Rassenygienie”, in fondo traduzione tedesca del termine anglosassone “eugenics”, eugenetica. Ma bisogna tener conto che molti influssi a questa ideologia, a questa pratica razziale, provengono da oltre Atlantico.
Rosemberg esprime la sua ammirazione per l’autore americano Lothrop Stoddard , cui spetta il “merito” di aver coniato già nel 1925 il termine di “Untermensch” (sottospecie-di-uomo!).
Stoddard chiariva che questo termine stava ad indicare la massa di “selvaggi e semiselvaggi”, esterni od interni al territorio metropolitano capitalista, comunque “incapaci di civiltà e suoi nemici incorreggibili”, coi quali bisogna procedere ad una resa dei conti. Negli USA, come in tutto il mondo, è necessario difendere la “supremazia bianca”, contro “la marea montante dei popoli di colore”. E chi aizza questa marea di “Untermenschen”?: è il bolscevico, “il rinnegato, il traditore all’interno del nostro campo”, che, con la sua insidiosa propaganda, raggiunge le colonie e “le stesse regioni nere degli Stati Uniti”.
Ben si comprende la fortuna straordinaria di queste tesi. Questo autore Statunitense viene pubblicamente elogiato dai Presidenti USA Harding e Hoover, e successivamente sarà ricevuto con tutti gli onori a Berlino, dove incontra Adolf Hitler, i più alti gerarchi e gli esponenti più illustri dell’eugenetica nazista.
Hitler considera come modello di espansione bianca la conquista del Far West e lo assume quasi scolasticamente nella sua conquista dei territori dell’Europa Orientale. Almeno nella sua fase iniziale, il Terzo Reich si propone di istituire una “Judenreservat”, una “riserva ebraica”, a somiglianza delle riserve nelle quali gli Americani avevano rinserrato i Pellerossa.
L’espressione “soluzione finale”, la vediamo emergere, prima ancora che in Germania, già negli USA, sia pur riferita alla “questione negra”.
Autorevoli studiosi Statunitensi, di orientamento liberal, penso a Anders Stephanson in “Destino manifesto – L’espansionismo manifesto e l’Impero del Bene”, descrivono la storia del loro Paese come la storia di una “Herrenvolk democracy”, di una democrazia che vale solo “per il popolo dei signori”, e che non esita a schiavizzare i neri e a cancellare i pellerossa dalla faccia della terra.
Consideriamo una figura centrale nella storia dell’imperialismo americano,il Presidente Woodrow Wilson.
Nel momento in cui egli inizia la sua carriera politica, il Sud, da cui proveniva, vede lo scatenarsi delle squadracce del Ku Klux Klan contro i neri: i linciaggi, spesso dopo torture prolungate e feroci, diventano uno spettacolo di massa, che è addirittura preannunciato dai giornali locali, e al quale assistono donne e bambini. Ma il futuro Presidente degli USA, in un articolo del gennaio 1901 sull’ “Atlantic Monthly” pronuncia una requisitoria contro le vittime: il nero, anzi il “negro”, “the nigger”, come sprezzantemente viene appellato, è “eccitato da una libertà che non comprende, è insolente ed aggressivo, sfaticato e avido di piaceri!
A questa piattaforma ideologica e politica Wilson rimarrà sempre fedele. Anche dopo la sua elezione a Presidente degli USA.
Perciò, non è stupefacente che il tentativo nazista di costruire uno Stato razziale abbia desunto ispirazione, categorie e termini-chiave dall’esperienza storica più ricca che aveva a disposizione, quella accumulata dai bianchi americani nel loro rapporto coi neri e con i pellerossa. Quindi, il Terzo Reich si presenta come il tentativo di realizzare un regime di supremazia bianca su scala planetaria e sotto egemonia tedesca, ricorrendo a misure eugenetiche, politico-sociali e militari, e lo strumento per questa costruzione è la “Guerra Totale”.
A costituire il cuore del nazismo è l’idea di “Herrenvolk”, di “Popolo dei Signori”, che rinvia sicuramente alla teoria e alla pratica razziale del Sud degli USA e, più in generale, alla tradizione coloniale dell’Occidente. Proprio per tutto questo che la Rivoluzione di Ottobre fa di questa idea il bersaglio principale, quando invoca “gli schiavi delle colonie” a spezzare le loro catene.


Padova, 26 gennaio 2007