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L'affondo dell'eurodeputato Francesco Speroni, che ad Affari ha pesantemente attaccato Silvio Berlusconi (tanto da conquistarsi la prima pagina de l'Unità), non è affatto un caso isolato. E' il sentimento vero e profondo che attraversa la Lega Nord in queste settimane, dalla pancia dei duri e puri, della base che ancora urla secessione e sogna l'indipendenza, fino ai massimi dirigenti del movimento, Umberto Bossi compreso. Questa volta l'amicizia con Berlusconi non basta, le pacche sulle spalle e le battute davanti al camino di Arcore appartengono al passato. La cena di lunedì sera tra i vertici del Carroccio, Senatùr in testa, e il Cavaliere è stata la più fredda degli ultimi anni. Pochi sorrisi, fugaci strette di mano e molti dissapori. Tanto che i due vecchi amici si sono lasciati con un sostanziale nulla di fatto.
Bossi l'ha detto a chiare lettere e più volte: di partito unico non se ne parla e nemmeno di federazione del Centrodestra. Ipotesi non esclusa all'inizio, ma ora sì, in quanto anticamera del soggetto unitario. Per il Carroccio l'identità e la propria differenza sono una questione irrinunciabile, vitale. Fondersi con Forza Italia e Alleanza Nazionale significherebbe la fine dello stesso movimento. E i militanti premono da tutte le aree della Padania, con la minaccia di una crisi profonda in Veneto, dove si rischia di arrivare al congresso dei primi di marzo con due candidati contrapposti: il segretario uscente Gianpaolo Gobbo (europarlamentare) e il deputato di Verona Federico Bricolo.
Insomma, il Senatùr è deciso ad andare fino in fondo. Le rassicurazioni dell'ex premier sul fatto che non si andrà al referendum elettorale, vero spauracchio dei lumbard, non bastano. Anche perché Fini continua a dire l'opposto. E il timore della Lega è proprio quello che alla fine gli azzurri e An, d'accordo con i fan del partito democratico, decidano di andare dritti verso il bipartitismo, per tarpare le ali alle ipotesi centriste ma anche mettere nell'angolo il Carroccio. Da qui lo scatto di reni del Senatùr.
Prima di tutto la minaccia, più che mai attuale, di correre da soli alle prossime elezioni amministrative di maggio. Quantomeno nelle principali città e province (senza escludere un apparentamento al secondo turno con la CdL), al fine di rimarcare nettamente e agli di tutti, interni ed esteri, la propria differenza. L'annuncio ufficiale arriverà il 10 febbraio, quando a Vicenza la Lega riaprirà il Parlamento del Nord. Luogo dal quale Bossi rilancerà anche l'ipotesi della secessione, l'arma contro Roma-ladrona (sia di destra sia di sinistra) che portò il movimento a superare il 10% nel 1996.
E i primi effetti si sono già avuti. Il capogruppo di An alla Camera, Ignazio La Russa, ha messo le mani avanti: se si ricomincia a parlare di secessione il dialogo è impossibile. Perfetto, bingo. L'obiettivo è proprio mettere paura tanto a Forza Italia quanto ad An, far capire a Berlusconi e a Fini che la Lega non sarà più l'alleato fedele e tranquillo di un tempo, ovvero come è stato per i cinque anni di governo del Centrodestra. Il Senatùr è convinto che in questo modo verrà ascoltato maggiormente, stanco delle belle parole del Cavaliere. Ma pronto a rilanciare veramente la battaglia indipendentista, nel caso in cui la CdL facesse orecchie da mercante.
E la strategia leghista comprende anche un confronto a tutto campo con l'esecutivo. La trattiva è in mano all'ex ministro Maroni, che in questi giorni sta dialogando con diversi esponenti dell'Unione, Ds in particolare: dal ministro per le Riforme Chiti a quello per gli Affari Regionali Lanzillotta. "Molto scetticismo", spiegano da Via Bellerio. Però nulla è escluso, soprattutto dopo che l'esponente diellina ha annunciato l'approvazione del federalismo fiscale entro il 2007. Ed è così che il Senatùr punta a tornare l'ago della bilancia e a smettere i panni dello scudiero del Cavaliere. La battaglia è appena iniziata e la storia degli ultimi vent'anni insegna che quando Bossi fa sul serio... c'è da aver paura.