CHAKRAM e BOLAS NELL’ITALIA PREROMANA
di Andrea Carlucci


I Chakram e le bolas e non solo queste (1), sono armi da lancio considerate rispettivamente indiane e amerinde e quindi apparentemente estranee alle culture dell’antico mediterraneo. Tali osservazioni sono erroneamente legate ad uno studio convenzionale che privilegia armi per così dire “nobili” o comunque a noi note, rispetto ad altre di limitato uso locale e delle quali si è persa quasi ogni traccia. Contro questa visione che vuole un oplologia di stampo accademico non sono fortunatamente mancati esempi (2) e studi approfonditi (3).
I cerchi da lancio Chacarami o Chakram (sing. Chakra) sono armi legate all’arsenale orientale in particolare Sikh, li troviamo spesso rappresentati nelle mani delle divinità indù in particolare Vishnou.
Si tratta di un anelli piatti realizzati in acciaio normalmente aventi, nella loro massima misura, un diametro esterno di 400 mm ed uno interno di 350 mm, uno spessore intorno a 1,6 mm ed un peso di 250 gr circa (4). La parte inferiore è piana, mentre quella superiore mostra un bordo esterno molto tagliente e, a partire da esso, un piano inclinato che sale, con andamento lenticolare, fino quasi al limite del bordo interno. Quest’ultimo ha spigoli arrotondati onde facilitare il movimento di proiezione (che esporremo di seguito), le superfici piane possono essere decorate da incisioni o intagli. Il trasporto degli stessi avviene al braccio o introducendoli su turbante.
Il lancio avviene introducendo l’indice della mano (o più raramente un bastone) ed imprimendo una forte spinta sul bordo interno, oppure secondo uno stile forse più tardo, reggendo il disco tra pollice ed indice per poi scagliarlo con una rotazione completa del corpo come nel caso del lancio del disco (5).
Nel primo metodo l’anello non deve assolutamente ruotare intorno all’asse di lancio (dito o bastone), ma deve partire mediante la coordinazione di un unico movimento.
In tale maniera è possibile trasmettere sia il movimento di traslazione, che di rotazione e quindi la velocità necessaria all’oggetto per essere letale.
Lo studioso e sperimentatore Payne-Galloway sosteneva di aver raggiunto una distanza di lancio di 180 metri, con una traiettoria avente una freccia massima non superiore ai 2 metri, evidentemente legata alla portanza dell’oggetto. Si dice che a 100 metri di distanza un lanciatore Sikh possa arrivare a tagliare un arbusto tenero. Payne-Galloway continuava mettendo in evidenza la possibilità di tagliare un ramo di 25 mm a breve distanza, senza alcuna perdita di velocità del missile.
La presenza di simili oggetti in ambito italico è stata confermata dai frequenti ritrovamenti in ambito tosco-laziale di cerchi metallici (bronzei e più tardi in ferro), presenti nei corredi funerari femminili considerati per lungo tempo accessori dell’abbigliamento, poiché in taluni casi evidentemente appesi alle vesti mediante fibule. Esami spettrofotografici e osservazioni microscopiche hanno evidenziato processi di indurimento meccanico mediante battitura esterna sui cerchi e ripetute affilature per sfregamento sul margine esterno. Tali aspetti supportati da studi geometrici al calcolatore sugli angoli hanno dimostrato anche la predisposizione al lancio dei cerchi permettendo di ipotizzare un impiego simile a quello dei Chakram indiani (6), piuttosto che simile a quello del disco. Effettivamente esiste una stretta parentela con il disco vero e proprio: si tratta in entrambi i casi di missilia che sfruttano un moto circolare per raggiungere con sufficiente energia cinetica il bersaglio, ma lo scopo offensivo è diverso. Il disco tipico del mondo greco (vedi ad esempio i Feaci) sfrutta il proprio peso per arrecare offesa e quindi necessita di un’appropriata massa muscolare per essere scagliato efficacemente a distanza; mentre il cerchio dovendo tagliare richiede una leva assai minore e forse anche per questo motivo può ipoteticamente essere associato ad un esclusivo uso femminile.
Concludo ipotizzando che la presenza di oggetti aventi caratteristiche assai simili (cerchi-Chakram) in nicchie assai distanti (Italia-India) potrebbe essere presunibilmente dovuta alla comune matrice indoeuropea, piuttosto che ad un apporto simile a quello Kopis-Kukri (7).

Anche oggetti simili alle Bolas risultano presenti nell’armeria preromana. La testimonianza è in questo caso semplicemente figurativa, infatti ne troviamo un’apparente immagine nei trofei di armi della Tomba dei Rilievi di Tarquinia (.
Le Bolas sono un arma da lancio di origine preistorica, forse asiatica. Fino a tempi recenti erano diffuse in varie parti del mondo, Europa compresa, ma soprattutto sul continente americano. Possono essere composte (es. come quelle da caccia degli eschimesi) da piccoli pesi attaccati a funicelle che si dipartono da un unico centro (impugnatura) e vengono scagliate con un movimento simile alla fionda: la mano destra regge l’impugnatura mentre la sinistra fa si che le funicelle siano tese, tenendo con essa i pesi; con un movimento circolare si imprime la necessaria forza all’oggetto prima di proiettarlo verso il suo bersaglio.
Le Bolas propriamente dette invece sono formate da una o tre corde munite di pesi alle estremità.
Effettivamente si è ipotizzata un’origine comune della fionda e delle Bolas, poiché entrambe le tipologie hanno in comune lo sfruttamento della forza centrifuga, generata dal movimento di rotazione che precede il lancio.
Le Bolas della Tomba dei Rilievi, sono strutturalmente formate da una due corde unite tra loro con un nodo, ciascuna con serie di quattro pesi, posta al capo opposto della stessa. L’oggetto sembra creato più per l’offesa, che per la cattura; in quanto la duplice serie di pesi, occupando una rilevante porzione della fune, durante il lancio costituisce una formidabile barriera forse capace, grazie alla forza e alla superficie d’impatto, di ostacolare l’azione di un armato, specialmente se in formazione; più che di imprigionarlo avvolgendovisi addosso: dispositivi del genere chiamati modernamente angeli sono stati impiegati in epoche diverse anche contro truppe e quindi deve essere prevista tale ipotesi di impiego (9).

(1) Il presente articolo vuole essere un semplice punto di partenza per l’identificazione di armi sconosciute o non esattamente identificate del mondo classico (cateia, aclide, ecc.)
(2) Già Leonardo da Vinci nel cosidetto Manoscritto B di Parigi, aveva catalogato e disegnato una lunga serie di armi inconsuete traendone notizia dagli autori classici
(3) Vedi in particolare H.S.Cowper “The art of attack and development of wepons” 1905.
(4) I dati sono stati presi dal volume di Giacomo Augusto Pignone “Boomerang fascino di un arma preistorica” Editoriale Olimpia 1979.
(5) Vedi alla voce Chakram in “Enciclopedia Ragionata delle Armi” a cura di Claude Blair Mondadori Editore 1979.

(6) Nel 1984 sulla rivista “Le scienze” comparve l’articolo relativo alla scoperta fatta da due ricercatori Rita Cosentino e Guido Devoto circa tali oggetti.

(7) Vedi “Machia” n.1 pg.7
( H.S.Cowper op. cit. 204
(9) Cfr H.S.Cowper ibidem

FONTE:http://toutataurini.mastertopforum.o...topic.php?t=24