Pensioni

Dovete morire (un po') prima

Francesco Piccioni da il Manifesto del 6.2.07 p. 9

Su un solo punto Tommaso Padoa Schioppa ha sicuramente ragione: viviamo tutti un po' di più. La sua conclusione è un po' meno scientifica (ossia: meno veritiera), anche perché si traduce in una ricetta con due soli ingredienti: «è necessario prolungare l'età lavorativa» e anche «accettare maggiore flessibilità sul lavoro». Ma perché campiamo più a lungo? Un merito indubbio ed enorme ce l'ha la sanità pubblica. E' vero, ci sono un sacco di casi di «malasanità», infingardi e profittatori, persino qualche «fannullone» ormai nel mirino di Pietro Ichino. Ma - statisticamente parlando - un ospedale pubblico ne salva infinitamente più di quanti non ne ammazzerebbe la sanità privata (dove o hai i soldi, oppure accomodati fuori). Un altro merito enorme va agli obsoleti «diritti dei lavoratori»: contrattazione nazionale collettiva (che difende in genere i più deboli numericamente), otto ore, contratto a tempo indeterminato, ferie e malattie (e maternità) pagate, misure (quasi sempre disattese) per la sicurezza sul lavoro. Un lavoro «inflessibile» che corrisponde solo in piccola parte a quanto ci consiglia ogni medico che consultiamo («conduci una vita regolare, mangia e dormi ad orari stabili, riduci stress e preoccupazioni, aumenta il tuo tempo libero»). Un peso incalcolabile ce l'ha la scuola pubblica e (quasi) gratuita, che ha permesso a un paese di contadini e plebaglia urbana di alfabetizzare i propri figli, lanciandoli verso mestieri meno usuranti. E non possiamo dimenticare la sbertucciata amministrazione pubblica - dal più audace dei pompieri al più metodico degli assenteisti - che ha reso «lo Stato» qualcosa di più vicino, e «sociale», per tutti. E poi la pace, con una Costituzione che ci vieta di andare in massa a morire in guerra; qualche morto lo registriamo comunque, ma «fuori casa»; e poi, statisticamente, non ce ne accorgiamo quasi. Le pensioni, infine, e il tfr che non avremo (quasi) più. Hanno permesso ai vecchi di sopravvivere un po' più dignitosamente, e addirittura di comprare una casa ai figli con «la liquidazione», contribuendo così alla crescita economica (speculazione edilizia compresa). Quando eravamo tutti keynesiani le pensioni erano considerate un «investimento sulla produttività futura», ossia un «moltiplicatore» della crescita. Ora che siamo tutti liberisti sono soltanto un costo. Da abbattere, of course.
Campiamo di più, e tutto quello che ci ha allungato la vita viene ora riguardato come una voce di spesa «improduttiva». Chi ci propone un programma di governo che taglia le pensioni, la sanità, la spesa pubblica (e aumenta gli interventi armati all'estero) è come se ci stesse perciò dicendo: «dovete morire prima».