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    Blut und Boden
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    Predefinito Per loro nessun giorno della memoria

    Pol Pot

    http://cronologia.leonardo.it/storia...fie/polpot.htm

    http://www.zmag.org/italy/pilger-terrore-polpot.htm

    30 gennaio 2004
    Znet / Foreign Policy
    Ricordare gli orrori di Pol Pot dimenticando i suoi sostenitori
    John Pilger


    "E' mio dovere - scrisse il corrispondente del Times alla liberazione di Belsen - descrivere qualcosa che va al di là dell'immaginazione umana". Mi sentivo così, nell'estate del 1979, arrivando in Cambogia subito dopo la caduta del regime genocida di Pol Pot.

    Immersa in una grigia, silenziosa umidità, Phnom Penh, una città grande quanto Manchester, sembrava aver subito un cataclisma nucleare che aveva risparmiato soltanto gli edifici. Case, appartamenti, uffici, scuole, alberghi, stavano lì, vuoti e aperti, come se fossero stati appena evacuati. Oggetti personali giacevano calpestati per le strade; i semafori erano bloccati sul rosso. Mancavano quasi completamente l'elettricità e l'acqua potabile. Alla stazione, i treni erano fermi e vuoti, scenari di partenze interrotte. Diverse carrozze erano state incendiate e contenevano corpi ammassati.
    Quando nel pomeriggio prese a soffiare il monsone, le strade furono inondate da turbini di carta: si trattava di denaro. Le strade erano piene di denaro, in gran parte banconote nuove e mai usate uscite dalla Banca Nazionale di Cambogia, che era stata fatta saltare in aria dai Khmer Rossi in ritirata di fronte all'esercito vietnamita. All'interno, un paio di occhiali rotti giaceva su un libro mastro lasciato aperto; io scivolai e caddi pesantemente sul pavimento reso scivoloso dalle monetine. I soldi erano dappertutto. In una stazione Esso abbandonata, un'anziana donna e tre emaciati bambini stavano accovacciati attorno ad una pentola che conteneva un misto di radici e foglie e ribolliva sopra un fuoco alimentato da banconote: migliaia di scoppiettanti, crepitanti riel [la valuta cambogiana - NdT], appena usciti freschi dalla De La Rue di Londra [La De La Rue Company di Londra é una delle maggiori società al mondo che stampa cartamoneta, titoli, valori bollati ecc. - NdT].
    Nell'immobilità totale, a parte alcuni colibrì che volavano verso l'alto e poi in basso fin quasi a terra, camminavo lungo un sudicio vicolo in fondo al quale c'era quella che un tempo era una scuola elementare, chiamata Tuol Sleng. Durante gli anni di Pol Pot, era gestita da una sorta di polizia segreta, la "S21", che aveva diviso le classi in "unità di tortura" e in "unità di interrogatorio". Sangue e ciocche di capelli erano ancora lì, sul pavimento, dove la gente era stata mutilata su letti di ferro. Qui circa 17.000 prigionieri subirono una sorta di una morte lenta: un fatto non difficile da confermare, poiché gli assassini fotografarono le loro vittime prima e dopo averle torturate e uccise e gettate in fosse comuni ai margini della città. Furono registrati il nome e l'età, il peso e l'altezza. Un locale fu riempito fino al soffitto con i vestiti e le scarpe delle vittime, compresi quelli di molti bambini.
    Diversamente da Belsen o da Auschwitz, Tuol Sleng fu principalmente un centro di morte politica. Alcuni importanti membri del movimento dei Khmer Rossi vi furono uccisi, compresi quelli che fin dall'inizio avevano organizzato una resistenza a Pol Pot, di solito dopo aver "confessato" che lavoravano per la CIA, il KGB, Hanoi: qualunque cosa potesse soddisfare la paranoia imperante. Intere famiglie furono segregate in piccole celle, incatenate ad un'unica sbarra di ferro. Alcuni giacevano nudi sul pavimento di pietra. Su una lavagna della scuola c'era scritto:
    1. è assolutamente vietato parlare.
    2. Prima di fare qualunque cosa, occorre avere l'autorizzazione del guardiano.
    "Fare qualunque cosa" poteva significare anche solo il cambiare posizione nella cella, e il trasgressore riceveva dalle 20 alle 30 frustate. Le latrine consistevano di piccole scatole di munizioni con la scritta "Made in USA". Se si rovesciava una scatola di escrementi, la punizione era di leccare il pavimento con la lingua, o la tortura, o la morte, o tutte e tre.
    Tutto questo viene descritto, come forse non é mai stato fatto prima, in un notevole documentario, "S21: La Macchina della Morte dei Khmer Rossi", realizzato dai pochi sopravvissuti di Tuol Sleng. Il lavoro del regista khmer Rithy Panh, ora stabilitosi a Parigi, ha una tale forza che - più di qualunque altra cosa io abbia visto sulla Cambogia in questi 25 anni - mi ha profondamente scosso, evocando l'orrore e l'incredulità che sentii allora.
    Panh, i cui genitori morirono durante il terrore di Pol Pot, é riuscito a radunare le vittime e i torturatori e gli assassini a Tuol Sleng, che ora é un museo del genocidio.
    Van Nath, un pittore, é il principale sopravvissuto. Ha i capelli grigi ora; non possono esserne sicuro, ma potrei averlo incontrato al campo nel 1979. Di certo, un sopravvissuto mi raccontò che egli ebbe salva la vita quando si scoprì che era uno scultore e fu messo al lavoro per scolpire il busto di Pol Pot. Il coraggio, la dignità e la calma sopportazione di quest'uomo quando, nel documentario, viene messo di fronte ai suoi torturatori - "gli ordinari e oscuri operai del genocidio", come li chiama Panh - sono indimenticabili.
    Il film ha uno scopo singolare: un confronto, nel senso migliore del termine, fra il coraggio e la determinazione di quelli come Nath, che vogliono capire, e i carcerieri, la cui catarsi é solo all'inizio. C'é Houi, il vice-capo della sicurezza, Khan il torturatore, Thi che aggiornava i registri, tutti apparentemente distaccati mentre ricordano, quasi malinconicamente, l'ideologia dei Khmer Rossi; e c'é Poeuv, indottrinato e istruito da secondino all'età di 12-13 anni. In un'impressionante sequenza, egli sembra diventare un automa, come se fosse stato risucchiato dalla sua memoria e trasportato indietro nel tempo. Ci mostra, con precisione idiota, in che modo intimidiva i prigionieri, li legava con manette e ceppi, dava o negava loro il cibo, ordinava loro di pisciare minacciando di colpirli con un bastone se una sola goccia cadeva sul pavimento. Le sue azioni mostrano a tutti noi quanto sia vero che gli uomini possono diventare le rotelle di un ingranaggio, i cui inventori e dirigenti garbatamente rifiutano ogni responsabilità, proprio come i leader Khmer Rossi tuttora non sottoposti a processo e i loro sostenitori stranieri.
    Panh, il cui lavoro documentaristico costituisce di per sé un atto di coraggio, vede qualcosa di positivo anche nel semplice atto di rendere una testimonianza e, a proposito dei prigionieri, vede "nella loro resistenza, una forma di dignità profondamente umana". Egli si riferisce alle "piccole cose, dettagli insignificanti, così sottili e fragili, che ci rendono ciò che siamo. Non puoi mai completamente 'distruggere' un essere umano. Rimane sempre una traccia, anche a distanza di anni… il rifiuto di accettare un'umiliazione può talvolta essere trasmesso da uno sguardo di sfida, da un mento leggermente sollevato, dal rifiuto di arrendersi sotto i colpi… Le fotografie di alcuni prigionieri e le confessioni conservate a Tuol Sleng stanno lì a ricordarcelo".
    Sembra quasi irrispettoso essere in disaccordo, a questo punto, ma é necessario. Per troppo tempo, Pol Pot e la sua banda sono stati, in occidente, l'icona di uno spettacolo dell'orrore, di cui non si sono mai cercate le ragioni. E questo straordinario film, bisogna dirlo, aggiunge poco sotto questo aspetto. Quando Pol Pot morì nel suo letto, alcuni anni fa, un redattore di servizi speciali mi chiese di scriverne un articolo. Dissi che lo avrei fatto, ma che una parte importante del pezzo sarebbe stata costituita dal ruolo che i governi "civilizzati" ebbero nel portarlo al potere e nel sostenere e mantenere efficiente il suo movimento. Il redattore rispose che non era interessato.
    Il genocidio in Cambogia non cominciò il 17 aprile 1975, "Anno Zero". Cominciò oltre cinque anni prima, quando i bombardieri americani uccisero circa 600.000 cambogiani. Ordigni al fosforo e bombe a grappolo, napalm e bombe pesanti che formarono enormi crateri, furono lanciati su un paese neutrale, abitato da un popolo pacifico con case di paglia. In un periodo di sei mesi, nel corso del 1973, furono sganciate sulla Cambogia più tonnellate di bombe americane di quante non ne furono sganciate sul Giappone durante la seconda guerra mondiale: l'equivalente di cinque Hiroshima. Il regime di Richard Nixon e Henry Kissinger fece tutto questo, segretamente e illegalmente.
    Alcuni documenti della CIA ora declassificati lasciano pochi dubbi sul fatto che il bombardamento servì da catalizzatore dei fanatici di Pol Pot, i quali, prima di quell'inferno, erano appoggiati da una minoranza. In seguito, un popolo colpito si radunò intorno a loro. Nel film di Panh, uno dei torturatori racconta che il bombardamento fu ciò che lo spinse ad unirsi ai ribelli: i Khmer Rossi. Pol Pot completò quel che Nixon e Kissinger avevano iniziato. Ed essendo stati cacciati dai vietnamiti, che provenivano dalla parte sbagliata della guerra fredda, i Khmer Rossi furono messi in salvo in Tailandia dall'amministrazione Reagan, con l'assistenza del governo Thatcher, che inventarono una "coalizione" per fornire copertura alla continuazione della guerra americana contro il Vietnam.
    Grazie a Rithy Panh per il suo coraggioso film; ciò che ora occorre é un lavoro altrettanto onesto che ci metta di fronte a noi stessi e ci liberi dalla nostra amnesia sul ruolo giocato dai nostri rispettabili leader nell'epica tragedia della Cambogia.

    http://www.serbi.info/polpot.htm
    Pol Pot, i Khmer rossi e l'anno zero.

    Nell’aprile del 1975 la guerra civile in Cambogia finì portando al potere Pol Pot con i suoi Khmer rossi; iniziava così per la Cambogia, un’ epoca di terrore.
    I crimini perpetrati da Pol Pot restano ancora oggi una delle pagine più buie e brutali della storia. Iniziò in Cambogia l’ "Anno zero", come gli stessi Khmer rossi lo battezzarono. Il primo passo di Pol Pot fu di vuotare la capitale Phnom-Penh, imponendo ai 2 milioni d’abitanti di andare a lavorare nelle campagne presso campi di lavoro che schiavizzarono i nuovi abitanti. Migliaia e migliaia di professionisti furono massacrate, per Pol Pot ogni intellettuale era un nemico, furono distrutti tutti i simboli della civiltà occidentale: automobili, attrezzature mediche, macchinari, qualsiasi elettrodomestico, vennero bruciati tutti i libri, demolite case, abolite le scuole, chi veniva trovato in possesso di matite o sorpreso a scrivere, veniva immediatamente ucciso.
    Fu dichiarata fuorilegge la proprietà privata, abolita la moneta. Non esistevano più servizi postali, negozi, attività sportive. Tutti, furono costretti a vestirsi con una casacca nera a maniche lunghe, abbottonata fino al collo, manifestazioni d’affetto, abbracci, liti, lamentele di qualsiasi tipo o piangere venne vietato.
    La Cambogia divenne un immenso campo di lavori forzati; le famiglie furono separate e inviate nei campi di lavoro dove la fame, le condizioni igieniche e la brutalità dei Khmer rossi erano problemi quotidiani. La percentuale dei suicidi aumentò, solo nel primo anno, dell’84%.
    Chi tentava la fuga se scoperto, veniva immediatamente ucciso, bastava un nonnulla per morire. I portatori di handicap fisici, non potendo lavorare, erano solo dei "parassiti" e, come tali, giustiziati immediatamente. A migliaia furono messi a morte perché sorpresi a contendere ai maiali la crusca per sfamarsi, il riuscire a mangiare dei topi rappresentava, spesso, l’unica alternativa. Si diffuse anche il cannibalismo, fenomeno fu tutto altro che raro tanto che negli ospedali divenne consuetudine cibarsi di coloro cha passavano a miglior vita.
    Le brutalità, le torture e le punizioni inflitte dai Khmer rossi a coloro che si rendevano colpevoli di reati, erano di una crudeltà inimmaginabile, dai bambini picchiati a morte con calci e pugni perché rubavano cibo, alle spille con il numero d’identificazione che erano attaccate direttamente sulla pelle dei condannati. A tanti, appesi a testa in giù, era infilata la testa in giare piene di olio bollente, ma uno dei sistemi più in voga nella repressione dei "nemici della Rivoluzione" fu sicuramente la morte per asfissia causata da sacchetti di plastica infilati in testa. Chi era arrestato era sempre colpevole e, se "fortunato", era giustiziato immediatamente, altrimenti era condannato a morire a poco a poco, di torture, di sevizie, di fame.
    Diventerà tristemente famoso un complesso-prigione denominato S-21 (Toul Sleng), una costruzione dove tutti quelli che erano considerati nemici del governo erano fotografati, torturati ed infine uccisi. Furono uccise oltre 20.000 persone, di cui circa 2.000 erano bambini. Sono state migliaia le fotografie recuperate, dopo la caduta di Pol Pot, di persone (vecchi e bambini), di cui si è persa qualsiasi traccia.
    La paura d' essere vittima di complotti "controrivoluzionari" spinse Pol Pot a diffidare di tutto e di tutti al punto da far internare e morire nei campi di lavoro anche i suoi 2 fratelli.
    L' inimicizia con il Vietnam si trasformò in conflitto, a causa dei continui massacri perpetrati dai Khmer ai danni dei profughi cambogiani che sconfinavano in Vietnam nella ricerca di una estrema speranza di salvezza. Nel dicembre 1978 l’esercito vietnamita, forte di 100.000 soldati, attraversò il confine, abbattendo il regime sanguinario di Pol Pot ed instaurando un governo fantoccio filo vietnamita. Pol Pot riuscì tuttavia a fuggire e, con i suoi fedelissimi Khmer, si rifugiò nell' intricata giungla Thailandese con il consenso del governo di Bangkok e da lì continuò nella sua attività antigovernativa tramite i guerriglieri Khmer fino al 1995, anno in cui venne arrestato, venne tenuto prigioniero dai suoi ex-seguaci in un campo guerrigliero nella giungla cambogiana fino al 15 Aprile 1998, anno in cui avvenne la sua morte a causa di un probabile attacco di cuore.
    Rimane tuttavia un mistero la morte di Pol Pot che per qualcuno potrebbe essere ancora vivo, oppure sarebbe potuto essere stato assassinato dai suoi Khmer, perché ormai vecchio e malandato costituiva un peso ai continui spostamenti dei guerriglieri braccati dalle truppe governativa. Di sicuro si sa che alla sua morte i Khmer si affrettarono a convocare alcuni funzionari governativi Thailandesi per mostrarne il cadavere, che fu poi cremato, quasi a voler a mostrare a tutti i costi che il capitolo del terrore era stato chiuso per sempre, o forse nella speranza che su di loro si allentasse la morsa internazionale intenzionata a processare Pol Pot ed i suoi seguaci per crimini contro l’umanità. L’attività dei Khmer rossi cessò definitivamente solo nel 1999.

  2. #2
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    Predefinito

    Gulag

    http://cronologia.leonardo.it/mondo26d.htm

    http://gariwo.net/genocidi/g_compl.php

    GULag:
    I lager sovietici

    QUANDO E DOVE:
    GULag è l’acronimo, introdotto nel 1930, di Gosudarstvennyj Upravlenje Lagerej, Direzione centrale dei lager. Nel 1918, con l’inizio della guerra civile, fu creata una vasta rete di campi di concentramento per gli oppositori politici. Nel 1919 venne creata la sezione lavori forzati. Il lavoro coatto era previsto come mezzo di redenzione sociale dalla stessa costituzione sovietica. Oltre alla funzione economica e punitiva, alcuni lager ebbero anche la funzione di eliminazione fisica dei deportati. Comunque, le condizioni generali entro le quali i deportati erano costretti ad operare rendevano naturale la morte per stenti. Disseminati nei luoghi più inospitali dell’URSS, dalle isole Solovki alla Kolyma, una zona mineraria siberiana, i lager sovietici furono 384. Oltre ai lager veri e propri vennero istituite le “zone di popolamento speciale”, per la colonizzazione e lo sfruttamento delle regioni più inabitabili dell’URSS. Il sistema GULag caratterizzò tutto il periodo leniniano e staliniano e cominciò ad essere riformato soltanto dopo la morte di Stalin, avvenuta nel 1953. Nel 1956 ne rimanevano 37. La chiusura dell’intero Arcipelago si avrà nel 1987, con Gorbacev. Si deve allo scrittore A.Solzenicyn l’espressione “Arcipelago GULag”, titolo di un’opera monumentale e fondamentale, pubblicata nel 1971.

    ENTITA’ DELLO STERMINIO:
    le cifre dello sterminio sono ancora molto incerte. Si calcola che all’interno del sistema GULag siano passate tra i 15 e i 20 milioni di persone, ma che contemporaneamente non ne siano state presenti più di 3 milioni. Il tasso di mortalità mensile in certi lager superava il 10%; a Kolyma, con temperature di 50-60° sottozero, raggiungeva il 30%. Il Centro Studi “Memorial”, che si è dato il compito di mantenere la memoria di questa persecuzione e delle sue modalità, porta avanti una ricerca puntuale, raccogliendo materiali d’archivio e testimonianze di sopravvissuti. Questa ricerca è ancora lungi dall’essere compiuta.

    AUTORI DEL PROGETTO E DELLA MESSA IN ATTO:
    la responsabilità di questo sistema concentrazionario, che ha fatto uso del terrore ed ha imprigionato persone che appartenevano a tutte le classi sociali, è tanto di Lenin, che ne è stato l’iniziatore, quanto di Stalin, che, con l’avvio dei piani quinquennali, ha ampliato e potenziato il sistema di lavoro coatto. Con loro ne portano la responsabilità anche la potente polizia segreta, l'NKVD,tutto il sistema giudiziario sovietico e i dirigenti ai quali il sistema fu dato in gestione. Tra questi, Lavrentji Beria, uno dei più feroci collaboratori di Stalin, che alla fine degli anni Trenta organizzò anche un laboratorio segreto per sperimentare sui detenuti gli effetti dei veleni chimici.

    PIANIFICAZIONE:
    Lenin in una lettera del 1922 scriveva:” I tribunali non devono eliminare il terrore (…) Il principio del terrore va radicato e legalizzato senza ambiguità o abbellimenti”. La stessa linea verrà seguita da Stalin. I tribunali rivoluzionari prima, e poi le cosiddette “trojke”, triumvirati di estrazione politica, ebbero il compito di condannare alla deportazione nei lager sia i criminali comuni sia i controrivoluzionari. Per questi ultimi esisteva un articolo apposito del Codice penale, l’art.58. Il regime sovietico considerava i criminali comuni “socialmente vicini”, compagni che hanno sbagliato e possono essere redenti. Al contrario i condannati secondo l’art.58 erano considerati “socialmente estranei”, dei nemici irrecuperabili, per i quali il lager era la destinazione finale.

    MOVENTI IDEOLOGICI:
    l’ideologia alla quale si ispira il potere sovietico è il marxismo–leninismo, che si proponeva di creare una società nuova, eliminando innanzitutto quei gruppi sociali che erano considerati nemici di classe. Il regime instaurato in URSS presenta le caratteristiche di un vero e proprio sistema totalitario, col potere nelle mani di un partito che si identifica con lo Stato e agisce in base ad un’ideologia dominante, che definisce gli obiettivi da raggiungere. La società di massa era completamente controllata dai mezzi di comunicazione e dalla onnipresente polizia segreta. Il mezzo più economico ed efficace usato per mantenere il controllo sulla popolazione ed eliminare il dissenso fu il terrore, che investì ad ondate successive tutte le componenti della società sovietica e in modo assolutamente arbitrario. E’ il fenomeno del nemico oggettivo ovvero di un nemico che non si definisce in base alla sua ostilità verso i detentori del potere, ma in base ad una scelta arbitraria, finalizzata al mantenimento del potere sull’intera società.

    MODALITA’ DI ESECUZIONE:
    dapprima entrarono nei GULag i nemici naturali dello stato sovietico, i nemici di classe: la nobiltà russa, gli imprenditori, i proprietari terrieri, il clero ortodosso e, in generale, tutti i gruppi considerati privilegiati. In seguito le purghe riguardarono tutti i settori della società sovietica, compresi i prigionieri di guerra scampati ai lager nazisti e gli specialisti di vari settori, necessari all’attività produttiva dei lager. Una menzione particolare va fatta per gli ostaggi, scelti tra persone di livello sociale elevato, con lo scopo di ricattare parenti ed amici.
    All’interno dei campi uomini e donne lavoravano a ritmi disumani, controllati da una gerarchia interna di capisquadra scelti tra i criminali comuni. La costruzione di dighe, canali, strade, nuovi insediamenti urbani, l’estrazione mineraria e la produzione di legname furono tra le attività più frequentemente demandate al lavoro coatto. Le condizioni climatiche spesso estreme, la fame perenne, le fucilazioni arbitrarie, i ritmi di lavoro massacranti e finalizzati al raggiungimento di obiettivi produttivi impossibili, la costante violenza psicologica tesa all’annientamento della volontà individuale furono le caratteristiche costanti dei GULag sovietici.

    Gulag
    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
    Gulag (dal russo ГУЛАГ: Главное Управление Исправительно— Трудовых Лагерей, "Glavnoye Upravleniye Ispravitelno-trudovykh Lagerey", "Direzione principale dei campi di lavoro correttivi") era il ramo della Polizia dell'interno e servizio di sicurezza sovietico che costituì il sistema penale dei campi di lavoro forzato. Benché questi campi fossero stati pensati per criminali di ogni tipo, il sistema dei Gulag è famigerato soprattutto come mezzo di repressione degli oppositori politici dell'Unione Sovietica.
    Terminologia
    Taluni autori chiamano Gulag tutte le prigioni e i campi sparsi lungo la storia sovietica (1917–1991). Inoltre, l'uso moderno del termine spesso non ha correlazione con l'URSS: per esempio in espressioni come "gulag nordcoreani", o addirittura "il gulag privato dell'america". È degno di nota che l'acronimo originale russo, mai al plurale, descriveva non un singolo campo, ma l'amministrazione incaricata dell'intero sistema dei campi nel suo complesso.
    Un nome colloquiale per un incarcerato in un Gulag sovietico era "zeka", "zek". In russo, compagno (di cella), incarcerato si dice "заключённый", zaklyuchonny, di solito abbreviato in 'з/к', pronuncia 'зэка' (zeh-KA), trasformato gradualmente in 'зэк' e in 'зек'. Il termine è ancora usato colloquialmente senza alcuna connessione coi campi di lavoro. 'з/к' era in principio un acronimo che stava per "заключенный каналостроитель", "zaklyuchonny kanalostroitel'" (scavatore di canali incarcerato), traendo origine dalla forza lavoro schiava del canale Volga-Don. Quindi il termine passò a indicare, come acrostico, semplicemente "zaklyuchonny".
    Varietà
    In aggiunta alla categoria più comune di campi che praticava lavoro fisico pesante e vari tipi di detenzione, esistevano anche altre forme.
    • Un tipo singolare di Gulag detti sharashka (шарашка, luogo d'ozio) erano in realtà laboratori di ricerca dove gli scienziati arrestati, alcuni dei quali eminenti, venivano riuniti e sviluppavano in segreto nuove tecnologie e ricerche di base.
    • Psikhushka (психушка, manicomio), trattamento medico forzato mediante imprigionamento psichiatrico, utilizzato, al posto del campo di lavoro, al fine di isolare ed esaurire psichicamente i prigionieri politici. Questa pratica divenne comunissima dopo lo smantellamento ufficiale del sistema dei Gulag. Vedi Vladimir Bukovsky, Pyotr Grigorenko.
    • Campi o zone speciali per fanciulli (nel gergo dei Gulag: "малолетки", maloletki, minorenni), per disabili (a Spassk), e per madri con neonati ("мамки", mamki). Queste categorie erano considerate improduttive e spesso soggette a molti abusi.
    • Campi per "mogli di traditori della Patria" (esisteva una categoria particolare di repressi: "Membri familiari dei traditori della Patria" (ЧСИР, член семьи изменника Родины)).
    • Sotto la supervisione di Lavrentij Beria, a capo tanto della NKVD (precursore del KGB) che del programma sovietico per la bomba atomica fino alla sue destituzione nel 1953, migliaia di zek furono usati per estrarre minerale di uranio e preparare attrezzature per i test di Novaja Zemlja, nell'isola di Vajgac, a Semipalatinsk, tra gli altri luoghi. Esistono documenti sull'uso di prigionieri dei Gulag nei primi test nucleari (il primo fu condotto a Semipaltinsk nel 1949), per decontaminare aree radioattive e sottomarini nucleari.
    • Gulag map su www.memo.ru server
    Storia
    Nati durante lo Zarismo e probabilmente fondati da Pietro il grande erano usati come campi per i detenuti politici anti Zaristi e personaggi scomodi. Dopo la Rivoluzione bolscevica avvenne la liberazione di tutti i prigionieri, ma nel 1917 Lenin annunciò che tutti i "nemici di classe", anche in assenza di prove di alcun crimine contro lo stato, non potevano essere fidati e non dovevano essere trattati meglio dei criminali. Dal 1918, vennero ristrutturate le attrezzature di detenzione in campi, quali ampliamento e riassetto dei precedenti campi di lavoro katorga, realizzati in Siberia come parte del sistema penale della Russia imperiale. I due tipi principali erano i "Campi speciali Vechecka" (особые лагеря ВЧК) e i Campi di lavoro forzato (лагеря принудительных работ). Questi venivano eretti per varie categorie di persone considerate pericolose per lo stato: criminali comuni, prigionieri della Guerra civile russa, funzionari accusati di corruzione, sabotaggio e malversazione, nemici politici vari e dissidenti, nonché ex nobili, imprenditori e grandi proprietari terrieri.


    Manifesto sovietico degli anni '20: Il GPU colpisce i sabotatori controrivoluzionari
    Come istituzione totalmente sovietica, il Gulag (al singolare, inteso come amministrazione generale) fu ufficialmente fondato il 25 aprile 1930, con la sigla di "Ulag", in virtù dell'ordinanza 130/63 dell'OGPU, ai sensi dell'ordinanza 22, p. 48, del Sovnarkom, in data 7 aprile 1930, e fu rinominato con la sigla Gulag in novembre. I Gulag crebbero rapidamente. Progetti falliti, cattivi raccolti, incidenti, sottoproduzione, pianificazione insufficiente, vennero ordinariamente attribuiti a corruzione e sabotaggio, e presunti ladri e sabotatori su cui scaricare la colpa furono trovati in massa. Contemporaneamente, il bisogno di risorse naturali in rapido incremento ed un programma di industrializzazione in boom alimentarono la domanda di lavoro a basso costo. Si diffusero denunce, arresti a quota, esecuzioni sommarie e attività di polizia segreta. Le opportunità più ampie per una facile, talora automatica, condanna dei "criminali" venne fornita dall'articolo 58 del codice penale della Repubblica Federale Socialista Sovietica di Russia. Nel 1931-1932 i Gulag avevano circa 200 mila prigionieri. Nel 1935 circa un milione (colonie incluse), e dopo la Grande Purga del 1937 quasi due milioni. Per fare un raffronto, la popolazione di prigionieri al lavoro (in catene e in prigione) negli Stati Uniti era intorno a poche centinaia di migliaia.
    Durante la Seconda guerra mondiale la popolazione dei Gulag diminuì significativamente, a causa della "liberazione" di massa di centinaia di migliaia di prigionieri che furono arruolati e inviati direttamente sulle linee del fronte, ma soprattutto a causa di una vertiginosa crescita della mortalità nel 1942-43. Dopo la II guerra mondiale il numero di internati nei campi di prigionia e nelle colonie crebbe di nuovo rapidamente e raggiunse il numero di circa due milioni e mezzo di persone all'inizio degli anni cinquanta. Sebbene alcuni di questi fossero disertori e criminali, c'erano anche prigionieri di guerra russi rimpatriati e "lavoratori dell'Est", tutti universalmente accusati di tradimento e "cooperazione col nemico" (formalmente, lavoravano davvero per i Nazisti). Vi furono spediti anche un ampio numero di civili dei territori russi caduti sotto occupazione straniera, come pure dai territori annessi all'Unione Sovietica dopo la guerra. Non fu raro per i sopravvissuti ai Lager nazisti essere trasportati direttamente ai Gulag sovietici.
    Per alcuni anni dopo la II guerra mondiale una significativa minoranza dei reclusi fu costituita da tedeschi, finlandesi, romeni, e altri prigionieri di guerra appartenenti a paesi "liberati" dall'Armata Rossa.
    Lo stato continuò a mantenere i Gulag per un certo periodo dopo la morte di Stalin nel marzo del 1953. Il successivo programma di amnistia fu limitato a coloro che dovevano trascorrere al massimo cinque anni, pertanto, furono liberati soprattutto i condannati per reati comuni. Il rilascio dei prigionieri politici iniziò nel 1954 e si diffuse e si accompagnò a riabilitazioni di massa dopo che Nikita Khruščёv sconfessò lo stalinismo nel Discorso segreto al ventesimo congresso del Pcus, nel febbraio del 1956.
    Ufficialmente i Gulag furono soppressi dall'ordinanza numero 20 del 25 gennaio 1960 del ministero degli interni sovietico (che funzionava come polizia segreta), e lo stesso ministero fu a sua volta ufficialmente soppresso dall'ordinanza 44-16 del Presidio del Consiglio Supremo dell'Urss, per risorgere col nome di KGB.
    Il totale documentabile di morti nel sistema di lavoro correttivo dal 1934 al 1953 ammonta a 1.054.000 persone, e comprende prigionieri politici e comuni; si noti che questo non include le circa 800.000 esecuzioni di "controrivoluzionari", in quanto queste venivano generalmente eseguite fuori dal sistema dei campi. Dal 1932 al 1940, almeno 390.000 contadini morirono in luoghi di "insediamento lavorativo"; questa cifra può sovrapporsi con quella di cui sopra, ma d'altro canto, essa non include le morti al di fuori del periodo 1932-1940, o i decessi tra gli esiliati interni non contadini. Il numero di persone che furono prigioniere in questo o quel periodo è, naturalmente, molto più esteso, e si può presumere che molti dei sopravvissuti soffrirono danni fisici e psicologici permanenti.
    Sul numero dei prigionieri e sulla loro mortalità, si veda l'articolo di Getty, Rittersporn e Zemskov nella "American Historical Review", Vol 98, n. 4.
    Condizioni di vita


    Prigionieri dei Gulag mentre lavorano alla costruzione del Belomorkanal (1931-1933)
    Le assurde quote di produzione, la brutalità, la fame e la durezza di condizioni furono le principali ragioni dell'alto tasso di mortalità dei Gulag, che raggiungeva in molti campi anche l'80% nei primi mesi.
    Il taglio e trasporto del legname e il lavoro in miniera erano le attività più comuni e più dure. In una miniera, la quota di produzione pro capite poteva raggiungere i tredicimila chili di minerale al giorno. Mancare la quota significava ricevere minori razioni di sostentamento, un ciclo che di solito causava conseguenze fatali, passando attraverso una condizione di spossatezza e devitalizzazione, soprannominata "dohodyaga" (доходяга).
    I detenuti erano spesso costretti a lavorare in condizioni disumane. A dispetto del clima brutale, non erano mai adeguatamente vestiti, nutriti, trattati medicalmente in modo adeguato, né veniva loro fornito alcun mezzo per combattere l'avitaminosi che conduceva a malattie come lo scorbuto o sindromi quali la cecità notturna, detta anche cecità del pollo. Il valore nutrizionale di una razione minima giornaliera era intorno alle 1.200 calorie (5000 kilojoule), principalmente da pane di bassa qualità (distribuito in base al peso e chiamato "пайка", paika). Secondo l'OMS, la necessità minima per un lavoratore pesante è compresa tra le 3.100-3.900 calorie (da 13.000 a 16.300 kJ) giornaliere.
    Gli amministratori rubavano ordinariamente dagli accantonamenti per guadagno personale e ottenere favori dai superiori. Di conseguenza, i reclusi erano costretti a lavorare ancora più duramente per colmare la differenza. Gli amministratori ed i fidati (prigionieri assegnati a svolgere i doveri di servizio del campo stesso, quali cuochi, fornai e magazzinieri, soprannominati "prifurki") scremavano i medicinali, i tessuti ed i generi alimentari più nutrienti.
    In alcuni campi si praticava la selezione per eliminazione: quando i prigionieri si allineavano per il turno di lavoro, all'ultimo che si presentava si sparava come esempio per gli altri, oppure gli si negava la razione giornaliera di cibo.
    Geografia
    All'inizio dei Gulag le ubicazioni dei campi venivano scelte anzitutto per facilitare l'isolamento dei prigionieri. Soprattutto monasteri remoti erano di frequente riutilizzati come siti. Il sito nelle Isole Solovetski nel Mar Bianco fu uno dei primi e più degni di menzione, ed ebbe origine subito dopo la Rivoluzione nel 1918. Il nome con cui quelle isole sono comunemente note, "Solovki", entrò nella lingua comune come sinonimo di campo di lavoro in generale. Veniva presentato al mondo come un esempio del modo sovietico di "rieducazione del nemico di classe" e della sua reintegrazione nella società sovietica per mezzo del lavoro. In principio, i rinchiusi, la maggior parte dei quali apparteneva all'intellighenzia russa, godeva di relativa libertà (nei limiti dei confini naturali delle isole). Si pubblicavano quotidiani e periodici locali e si praticò, anche, qualche ricerca scientifica (si coltivò un giardino botanico, poi scomparso; il filosofo e mistico russo Pavel Aleksandrovič Florenskij fu uno degli scienziati maggiormente impegnati nelle ricerche sul gelo perpeuto). Ma alla fine esso fu trasformato in un Gulag ordinario; in effetti alcuni storici ritengono che Solovki fosse un prototipo dei Gulag.
    Dando importanza ai Gulag come mezzo per concentrare forza lavoro a basso prezzo, si costruirono, quindi, nuovi campi in tutta la sfera di influenza sovietica, ovunque la convenienza economica ne dettasse la costruzione (o si volesse specificamente approfittarne, come per costruire il canale Mar Bianco-Mar Baltico o la ferrovia Baikal-Amur), tenendo anche conto dei rifornimenti dalle grandi città. Parti della famosa Metropolitana di Mosca e dei campus dell'Università statale di Mosca furono costruiti da lavoratori forzati. Molti altri progetti durante la rapida industrializzazione degli anni trenta, durante la II guerra mondiale e dopo, furono compiuti gravando sulle spalle dei condannati, e l'attività dei Gulag si estese in ampi settori dell'industria sovietica.
    La maggior parte dei Gulag era situata in aree ultraremote della Siberia nordorientale (i raggruppamenti più conosciuti erano il Sevvostlag (Campi nordorientali) lungo il fiume Kolyma e il Norillag vicino a Norilsk) e nelle zone sudorientali dell'Urss, principalmente nelle steppe del Kazakhstan (Luglag, Steplag, Peschanlag). Si trattava di vaste regioni disabitate, senza collegamenti (in effetti, la costruzione delle strade era assegnata ai detenuti dei campi specializzati in ferrovie) o fonti di sostentamento, ma ricche di minerali ed altre risorse naturali (come il legname). Comunque, campi se ne trovavano in tutta l'Unione Sovietica, compresa la parte europea della Russia, la Bielorussia, l'Ucraina. Esistevano anche numerosi campi situati all'esterno dell'URSS, in Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Mongolia, ma pur sempre sotto il controllo diretto dell'amministrazione centrale Gulag.
    Non tutti i campi erano fortificati; in effetti, in Siberia alcuni erano delimitati da semplici pali. La fuga veniva scoraggiata dalla durezza degli elementi, nonché dai cani della polizia presenti in ogni Gulag. Se negli anni venti e trenta le popolazioni autoctone spesso aiutavano i fuggitivi (e talvolta rimanevano vittime di ladri), allorché vennero allettate da laute ricompense esse presero ad aiutare le autorità a catturarli. Anche alle guardie dei campi si davano severe consegne per tenere sotto controllo ad ogni costo i detenuti; se un prigioniero scappava sotto il controllo di una guardia, spesso questa veniva privata dell'uniforme e degradata a detenuto essa stessa.
    In alcuni casi, interi gruppi di detenuti venivano deportati in un nuovo territorio con scorta limitata di risorse e abbandonati all'alternativa di costruire un nuovo campo o morire. Spesso, solo dopo tentativi falliti, un'ondata di ulteriori coloni riusciva a sopravvivere agli elementi.
    L'area lungo il fiume Indigirka era conosciuta col nome di Gulag dentro il Gulag. Nel villaggio di Oymyakon (Оймякон) si registrò la temperatura record di −71.2°C.
    Influenza
    Cultura
    Essendo durati per quasi quarant'anni di storia sovietica ed avendo coinvolto milioni di persone, l'impatto dei Gulag è stato enorme.
    Il libro di Aleksandr Solženicyn Arcipelago Gulag non è stata la prima opera relativa ai campi di lavoro. Ma è stata la prima a dimostrare che il Gulag era uno strumento di repressione governativa su scala di massa contro i propri cittadini.
    I Gulag sono diventati un argomento di grande influenza nel pensiero russo contemporaneo ed una parte importante del moderno folklore russo. Molte canzoni di cantautori (chiamati bardi), specialmente Alexander Galich e Vladimir Visotski descrivono la vita dei Gulag (benché nessuno dei due ne sia stato prigioniero).
    Le memorie di Aleksandr Solženicyn, Varlam Šalamov, Evgenia Ginzburg, Gustav Herling, tra gli altri, sono diventate un simbolo di sfida alla società sovietica. Gli scritti, specie quelli di Solženicyn, hanno severamente rimproverato il popolo sovietico per la sua tolleranza ed apatia nei confronti dei campi di concentramento, ma al contempo hanno fornito un testamento al coraggio e alla risolutezza di coloro che vi furono imprigionati.
    Colonizzazione
    Documenti di stato sovietici (wikisource:Об использовании труда уголовно-заключенных) dimostrano che tra i fini dei Gulag c'era la colonizzazione di aree remote scarsamente popolate. A questo scopo, fu introdotta la nozione di "libero insediamento".
    Quando era trascorsa la maggior parte del termine, chi si era ben comportato poteva essere rilasciato per un "libero insediamento" (вольное поселение, "volnoye poseleniye") esterno al campo. Costoro erano conosciuti come "liberamente insediati" (вольнопоселенцы, "volnoposelentsy", da non confondere col termine ссыльнопоселенцы, "sslylnoposelentsy", "insediati in esilio"). Inoltre, si raccomandava l'assegnazione al "libero insediamento" di coloro che avevano trascorso l'intero termine ma ai quali era negata la libera scelta del luogo di residenza, e si assegnava loro un appezzamento di terra non distante dal luogo di confino.
    Anche questo servizio fu un'eredità del sistema del katorga.
    La vita dopo la scadenza della detenzione
    Agli ex detenuti in un campo o in prigione era proibita una vasta gamma di occupazioni. L'occultamento di un precedente imprigionamento era un reato processabile. Gli ex detenuti politici erano un fastidio per il "Primo dipartimento", terminali della polizia segreta in tutte le imprese ed istituzioni, in quantoché dovevano essere tenuti sotto controllo.
    Molti rilasciati non potevano stabilirsi a meno di cento chilometri dalle grandi città.
    Dopo lunghi periodi di detenzione, molti avevano perduto le precedenti capacità lavorative e i contatti sociali. Pertanto dopo la liberazione finale molti di loro decidevano volontariamente di diventare (o restare) "liberamente insediati". Questa decisione era influenzata anche dalla coscienza delle restrizioni che li attendevano in ogni altro posto. Allorché molti ex prigionieri liberati furono reimprigionati durante l'ondata di arresti che iniziò nel 1947, ciò accadde soprattutto a coloro che avevano scelto di ritornare nei pressi della loro vecchia residenza, più che a quelli che erano "liberamente stabiliti" nei pressi dei campi.
    Recenti sviluppi
    La monografia di Anne Applebaum (vedi sotto) descrive il rilascio di prigionieri politici dai campi fino al 1987. Nel novembre 1991 il nuovo parlamento russo, la Duma, emanò la "Dichiarazione dei diritti e delle libertà dell'individuo" che garantì, in punto di principio, tra le altre libertà, il diritto di dissentire dal governo.
    Altri Olocausti
    Stalin e l'Arcipelago gulag

    Dopo la presa del potere con la rivoluzione d'ottobre del 1917, Lenin - mentre procedeva a tappe forzate all'industrializzazione del paese e al miglioramento del livello dell'istruzione - mise in piedi in Russia un apparato di repressione delle classi non proletarie: la nobiltà, la borghesia e il clero. Il sistema concentrazionario, indicato dall’acronimo Gulag (Direzione generale lager: presiedeva alla reclusione e al lavoro schiavistico dei prigionieri o zek nella costruzione delle infrastrutture, delle mostruose companv-town subpolari, nelle miniere), ne era la sintesi.
    Il sistema dei campi di concentramento puntitivi appartiene infatti alla storia sovietica sin dagli esordi, dai tempi di Lenin (già nel '20, presso le isole Solovki, situate nel Mar Bianco, a circa duecento chilometri dal circolo polare artico, era stato creato un "lager di lavori forzati per i prigionieri della guerra civile", dove vennero imprigionati tutti coloro che si opponevano al nuovo regime, non solo
    zaristi quindi, ma anche anarchici, socialisti rivoluzionari, menscevichi).
    Non furono anni di consenso assoluto da parte del popolo: particolarmente significativa fu la ribellione dei marinai di Kronstadt del marzo 1921, con la quale gli stessi uomini che, sollevandosi, avevano dato inizio alla rivoluzione dell'ottobre '17, tentarono di rovesciare il potere comunista. Stavolta vennero "massacrati come anatre nello stagno" dall'armata rossa di Trotsky.
    Il maggior sviluppo dei gulag avvenne però negli anni del consolidamento del potere di Stalin, e durante il suo lungo "regno", che va dagli anni trenta fino alla metà degli anni cinquanta. Morto Lenin nel '24, Stalin e gli altri proseguirono sulla strada da lui indicata: mandarono a scuola tutti i contadini, e immisero nelle campagne migliaia di trattori. Ma non per questo i contadini mostravano l'intenzione di trasferire la loro terra ai colcozi. Allora, dal 1929 al '32, Stalin e i comunisti 'repressero' con fredda determinazione i kulaki e i subkulaki, deportandoli a morire con le mogli e i figli - quindici milioni di esseri umani - nelle tundre gelate della Russia europea e nelle zone disabitate della Siberia. A questa deportazione, e alla mancata messa a coltura di molti campi, fece seguito una terribile carestia (1932-33) che comportò altri sei milioni di morti.
    Nel '36 Stalin dichiarò ufficialmente costruito il socialismo (con la nuova Costituzione) e iniziata la costruzione del comunismo. Stalin sapeva però bene che il socialismo non era stato costruito affatto: reintrodusse quindi contemporaneamente - e sviluppò al massimo - alcune forme di repressione già attuate da Lenin su frange proletarie corrotte, e cioè l'epurazione (che divenne una sorta di setacciatura periodica, a turno, di tutti senza eccezione gli strati proletari). Introdusse inoltre la 'rieducazione mediante il lavoro' (forzato), allargando a dismisura la rete dei lager creata da Lenin per la rieducazione dei nemici di classe (si andò così formando lo sterminato 'arcipelago Gulag' descritto poi con tanta efficacia da Solgenìtsin: alla morte di Stalin, nel '53' vi erano rinchiusi 15 milioni di proletari: la mortalità vi era elevatissima, ben pochi ne uscivano vivi). Introdusse infine, un indottrinamento quotidiano obbligatorio (almeno un'ora al giorno per ogni cittadino lavoratore).
    Di queste tre forme di repressione quella che toccava più direttamente i membri del partito e in genere i detentori del potere era senza dubbio l'epurazione, la quale giorno dopo giorno, con le sue metodiche fucilazionì, così come setacciava gli altri strati, 'purificava' imparzialmente a turno (con o senza processi) anche gli strati dell'apparato comunista. Si pensi per esempio che nell'anno 1937 furono fucilati ben 400.000 'comunisti fedeli'. E non soltanto dei livelli inferiori: infatti delle 31 persone che fecero parte dal 1919 al 1938 dei politburo di Lenin e di Stalin, 19 complessivamente vennero fucilate, 2 si suicidarono, 4 morirono di morte naturale, solo 6 (Crusciov, Mikojan, Molotov, Kaganovic, Voroscilov e Andreev) sopravvissero a Stalin.
    Non esiste un computo esatto delle perdite umane: Solgenitsin e gli altri dissidenti sovietici parlano in genere di 60 milioni.

    Gli italiani nei Gulag
    Durante gli anni Trenta, il terrore staliniano colpì duramente le comunità straniere che vivevano in Unione Sovietica e, fra queste, anche quella italiana conobbe l'esperienza della persecuzione e della deportazione nei Gulag. Sospettati, nella maggior parte dei casi, di attività antisovietica e di spionaggio, alcune centinaia di italiani, per lo più emigrati politici e giunti in URSS negli anni Venti, morirono fucilati dopo processi sommari o subirono lunghe sofferenze nei campi di lavoro forzato. A questa vicenda di dolore e di morte si aggiunse, negli anni della seconda guerra mondiale, la dura esperienza della deportazione e del lavoro coatto nelle colonie per gli italiani che vivevano a Kerc', in Crimea, questi ultimi discendenti di famiglie pugliesi trasferitesi in Russia sin dal XIX secolo.

    Bibliografia
    • Elena Aga-Rossi e Viktor Zaslavsky, Togliatti e Stalin, Il Mulino, 1997
    • Aldo Agosti e Lorenzo Brunelli, I comunisti italiani nell'URSS. 1919-1943, in "Il partito comunista italiano. Struttura e storia dell'organizzazione", n. anno XXI, a cura di Massimo Ilardi e Aris Accornero, "Annali della Fondazione Feltrinelli", 1982
    • Pier Luigi Bassignana, Fascisti nel paese dei Soviet,
    Bollati Boringhieri, 2000
    • Robert Conquest, Il grande terrore, Edizioni BUR, 1999
    • Marcello Flores e Francesca Gori (a cura di), Gulag, il sistema dei lager in URSS, Edizioni Gabriele Mazzotta, 1999
    • Varlam Šalomov, I racconti della Kolyma, Adelphi, 1999
    • Aleksandr Solzenicyn, Arcipelago Gulag, Oscar Mondadori, 1990

    Storia del Gulag Gli italiani nei gulag: biografie delle vittime, bibliografia, descrizione dei lager, mappe, approfondimenti
    Il Pianeta Russia (con capitoli sui gulag e il "grande Terrore", da www.cronologia.it )
    L’enciclopedia del terrore: così furono liquidati i nemici della rivoluzione (di Dario Fertilio, Corriere della Sera 25 ottobre 2001)
    "Paradiso sovietico": il Gulag (saggio di Ferruccio Gattuso)
    Le vittime delle repressioni staliniane La lista con nome e cognome di 40.000 dei milioni di vittime delle repressioni staliniane
    Il Pci e i Gulag (articolo di Barbara Spinelli)
    Le persecuzioni sovietiche contro i cattolici (sito Il Margine)
    L'antisemitismo in Unione Sovietica (saggio di Valentina Piattelli)
    OSA. Open Society Archives Lettere, foto, documenti originali.

    i-Biblio La Storia dell'Urss con documenti originali
    Russian Prison Tattoos Il significato dei tatuaggi nei gulag
    Testimonianza dai gulag: don Enelio Franzoni (sito dell'Istituto G. Leopardi di Bologna)
    Testimonianza dai gulag: Bruno Cecchini (1) (sito dell'Istituto G. Leopardi di Bologna)
    Testimonianza dai gulag: Bruno Cecchini (2) (sito dell'Istituto G. Leopardi di Bologna)
    Omosessualità e comunismo (dal sito di Enrico Oliari)

  3. #3
    legio_taurinensis
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    Non lo sapevi che ci sono morti di seria A e morti di serie B???

    E forse non sai nemmeno che alcuni paesi comunisti (tra cui URSS e Cina) avevano nei loro programmi la persecuzione di minoranze sociali tra cui gli omosessuali e in taluni casi pure gli handicappati (in Urss esistevano gulag dedicati a tali categorie).E poi parlano degli altri regimi totalitari. Ma la la verità non fa comodo a nessuno...

  4. #4
    Simply...cat!
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    Da notare che durante il regime di Pol Pot ben 1/3 della popolazione è stata ammazzata da khmer rossi.
    1/3: 2 milioni di persone su 6 in totale.

  5. #5
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    Un 3d sul leghismo luddista cambogiano e sulle sue conseguenze. Niente male, considerato che ad aprirlo è stato un leghista e a seguirlo un altro leghista. Se ne saranno resi conto?
    Sembra di no.


  6. #6
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    E allora perché non istituire un giorno della memoria per gli Armeni o per i nativi americani o per qualsiasi altro popolo che ha subito uno sterminio? Mi sembra che la divisione fra morti di serie A e serie B la stiate facendo voi.

  7. #7
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    A eridano, dragonball e emiliano in realta' non fotte niente di quei morti. Li usano solo per far pubblicita' alle loro stramberie. Che pena.

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da Eridano Visualizza Messaggio
    Questo è tutto quello che possono dire.
    Ci sarebbe anche da fare una vasta lezione sul significato dei termini, sulle ideologie come veicolo dei temi etnici ed etnicistici nel XX secolo, appunto l'elemento che accomuna il polpottismo al leghismo nostrano, come si potrebbe facilmente chiarire che i comunismi sono stati veicoli sia di questi temi che di quelli propriamente nazionalistici (il caso del Vietnam, a cui tra l'altro si deve l'abbattimento del regime di Pol Pot) come anche della socialdemocrazia nella democrazia liberale, ad esempio in Italia e Sudafrica, dove entrambe le democrazia sono nate avendo tra i loro attori fondanti proprio i locali partiti comunisti. In Sudafrica ciò è avvenuto in misura ancora più rilevante che in Italia, visto che ANC e SACP (cioè la maggioranza assoluta del parlamento sudafricano dalla fine dello stato dell'apartheid nel 1994) sono federati dal 1954.
    Ma a parte la mancanza di tempo, ha poco senso fare interventi seri in un 3d che è solo una collezione di orrori alla rinfusa aperto da chi cerca pretesti a dispetto della storia e della realtà e rifiuta comunque in modo assoluto di saperne davvero qualcosa.
    Godetevi pure per conto vostro il film degli orrori di cui non potete capire la trama.

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Malandrina Visualizza Messaggio
    E allora perché non istituire un giorno della memoria per gli Armeni o per i nativi americani o per qualsiasi altro popolo che ha subito uno sterminio? Mi sembra che la divisione fra morti di serie A e serie B la stiate facendo voi.
    Sono d'accordo. E aggiungo anche le vittime dell'islam, di roma (papalina e impariale).

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Malandrina Visualizza Messaggio
    E allora perché non istituire un giorno della memoria per gli Armeni o per i nativi americani o per qualsiasi altro popolo che ha subito uno sterminio? Mi sembra che la divisione fra morti di serie A e serie B la stiate facendo voi.
    Forse sarebbe davvero il caso di istituire un unico giorno per una grande commemorazione di tutte le vittime uccise in nome e per conto della politica, di qualsiasi colore.

 

 
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