«[...] nemmeno l'universo è una vera essenza, ma un'immagine della vera Essenza, la quale possiede l'essere senza alcun rapporto con le altre cose che sono in essa. Quaggiù, invece, anche il substrato è infecondo e non è capace di essere ente - anche le altre cose, infatti, non derivano da esso, poiché è un'ombra e su questa ombra scorre via ogni immagine come cosa dipinta» .
(Plotino)
1. Motivi paralleli e analogie concettuali.
La presenza di schemi neoplatonici nel pensiero di Bruno è stata più volte messa in rilievo dalla critica, ma non senza qualche ambiguità. In effetti, soprattutto a livello terminologico, le analogie con la metafisica neoplatonica sembrerebbero essere evidenti: per Bruno - come per Plotino - l'Uno è causa metafisica del molteplice e assolutamente non-conoscibile nella sua essenza (le sole determinazioni che si possono dare sono appunto Uno, Causa prima, Bene assoluto, Infinito), sorgente e fine ultimo di ogni essere. Plotino parla poi di due ipostasi dell'Uno - l'Intelletto e l'Anima, mentre l'ultimo grado del processo generativo è costituito dal mondo materiale. Perciò i due gradi estremi del processo sono da una parte l'Uno (identificato per analogia con la Luce infinita), dall'altra il mondo (identificato a sua volta con le tenebre, il punto più distante dalla luce). Tra i due gradi estremi vi sono quelli intermedi che nel loro allontanamento dalla perfezione dell'Uno manifestano uno svolgimento sempre maggiore verso la molteplicità. La stessa concezione della materia appare in un primo momento analoga a quella neoplatonica: per Plotino la materia è necessaria per il porsi di un essere altro rispetto all'Unum (perché altrimenti ci sarebbe solitudine assoluta): l'idea nolana della scala naturae è inoltre simmetrica a quella continuità che per Plotino unisce il mondo mediante un continuo perfezionarsi-semplificarsi, fino all'assolutamente semplice, all'Uno. Anche la concezione del male è in effetti risolta dal Bruno nell'idea del non-essere, della privazione: il male non esiste come realtà opposta al bene, ma solo come privazione del bene assoluto. Plotino inoltre aveva pensato ad un processo di elevazione dell'anima, che per molti aspetti richiama quell'idea dell'ascensus mistico che ho tentato di mostrare come fondamentale nel quadro antropologico del Bruno. L'estasi, che rappresenta anche per il Nolano un momento di sublime elevazione dell'anima e di contemplazione dell'Uno, è per Plotino l'espressione più perfetta del desiderio di trascendere ogni orizzonte finito.
2. L'arché e il molteplice.
Esistono tuttavia delle differenze. Malgrado siano evidenti queste analogie - soprattutto terminologiche - con il pensiero di Plotino, sono convinto che il Nolano si distacchi dagli schemi neoplatonici proprio sul terreno della concezione dell'Uno e della sua trascendenza. Per mettere in rilievo questa differente visione è necessario analizzare anzitutto il passaggio dall'arché al molteplice. Aldo Magris aveva osservato: «L'acuto sguardo di Plotino penetra nel cuore di quel problema dell'arché da cui la filosofia greca aveva avuto origine quasi otto secoli prima. Anche per lui il principio dev'essere da un lato assolutamente semplice, dall'altro capace di dar ragione di tutta la molteplicità dell'universo» . Leggiamo infatti nelle Enneadi: «Se c'è qualcosa dopo il Primo, è necessario o che esso derivi direttamente da Lui, o si riporti a Lui attraverso intermediari: c'è dunque un ordine di esseri di secondo grado e un ordine di esseri di terzo grado; l'ordine di secondo grado risale al Primo, il terzo risale al secondo. E' necessario infatti che il primo sia semplice, anteriore a tutte le cose e diverso da tutto ciò che è dopo di Lui, esistente in sé, non mescolato con gli esseri che derivano da Lui e capace nondimeno di essere presente, in un suo modo, nelle altre cose» .
Il problema dell'arché è comune, evidentemente, sia a Plotino che a Bruno; ma le rispettive soluzioni differiscono sottilmente. Per Plotino il mondo è emanazione (nel senso di generazione) dell'Uno: l'Uno, pur «capace di essere presente, in un suo modo, nelle altre cose» tuttavia è assolutamente trascendente: «non [è infatti] mescolato con gli esseri che derivano da Lui». Il molteplice del mondo mantiene dell'Unum solo una traccia, un segno dell'arché a cui è destinato a far ritorno. Nell'atto generativo avviene il distacco dall'archè al molteplice: la distanza ontologica tra Generante e generato verrà mantenuta tramite un ordine ben preciso - gerarchico - in cui vengono a trovare posto tutti gli esseri. L'ordine degli esseri è quindi scandito da un depotenziamento a livello ontologico: l'Uno riflette la propria perfezione negli enti solo indirettamente, e sempre più debolmente, tramite la mediazione delle ipostasi. Il mondo materiale risulta quindi al di fuori della vera realtà - quella per così dire divina, dell'Unum - che si esaurisce nel mondo ipostatico.
La concezione plotiniana dell'immagine - che si risolve a livello metafisico in una assenza - risente di questa impostazione: il mondo materiale è solo apparenza, privazione della vera realtà. Il passaggio dall'archè al molteplice si verifica solo per mezzo di un decadimento ontologico: il molteplice è dispersione di luce, privazione di unità. L'archè non sarà mai equivalente a tutto il molteplice.
Nel caso del Nolano, invece, l'esigenza unitaria non conduce affatto ad un depotenziamento dell'essere dall'alto al basso, in una discesa dall'Uno verso la realtà materiale. Per Bruno infatti l'Uno è anche concepibile come totalità: l'Uno è (tutta) la realtà materiale (l'universo, se inteso come totalità, è Unum e coincide con Dio). L'Unum non è mai - ontologicamente - né superiore, né trascendente, né separato dal molteplice. Ma per mettere meglio in rilievo queste diverse prospettive è necessario analizzare in particolare le differenti concezioni del mondo e della materia.