Risultati da 1 a 9 di 9
  1. #1
    EUROSIBBERIANO CONVINTO
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    Hillary Clinton: Entro 90 giorni si inizi il ritiro delle truppe Usa dall'Iraq

    Hillary Clinton vuole che entro 90 giorni cominci il ritiro delle truppe statunitensi in Iraq o "il Congresso revochera' l'autorizzazione a questa guerra". Cosi' la senatrice di New York ha posto senza mezzi termini l'aut-aut alla Casa Bianca. L'annuncio della Clinton, che i sondaggi danno in testa tra i democratici per le presidenziali del 2008, cade nello stesso giorno in cui il Senato non e' riuscito per la seconda volta in due settimane a votare una mozione non vincolante per bocciare l'invio di altri 21.500 soldati in Iraq voluto dal presidente George W. Bush.

    In un video posto sul suo sito web Hillary sostiene che sia giunta l'ora "per dire che il ridispiegamento dovrebbe inziare in 90 giorni o il Congresso revochera' l'autorizzazione a questa guerra". Autorizzazione concessa nel 2002 dalla stessa senatrice, non ancora in corsa per la Casa Bianca, un voto, di cui non c'e' menzione sullo stesso sito web e che gli e' stato ripetutamente rinfacciato da molti suoi compagni di partito.

    La senatrice ha presentato ieri una proposta di legge in cui ha delineato la sua ricetta personale per un exit strategy dall'Iraq. Il testo prevede, tra l'altro, che il numero delle truppe resti lo stesso del primo gennaio, circa 130.000 soldati, in modo da bloccare l'invio dei rinforzi deciso il 10 gennaio scorso da Bush. "Se George Bush non porra' fine a questa guerra prima di lasciare l'incarico, lo faro' io quando sara' presidente", afferma nel video l'aspirante candidata democratica alla Casa Bianca.

    18 febbraio 2007


    http://www.canisciolti.info/news_dettaglio.php?id=1892

  2. #2
    EUROSIBBERIANO CONVINTO
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    Predefinito Antefatto:

    Washington, 17 febbraio 2007

    Per la prima volta dall'inizio della guerra in Iraq il Congresso Usa ha approvato oggi una risoluzione che condanna la strategia del presidente George W. Bush. La Camera, ora a maggioranza democratica, ha approvato oggi per 246 voti a 182 una risoluzione che 'disapprova' l'invio di nuove truppe in Iraq annunciato il mese scorso dal capo della Casa Bianca.

    "L'approvazione di questo documento è il chiaro segnale di un mutamento di direzione nella nostra politica sull'Iraq, un mutamento destinato a por fine ai combattimenti e riportare le nostre truppe a casa", ha detto oggi la speaker della Camera, la leader democratica Nancy Pelosi.

    "La posta in gioco in Iraq è troppo importante per veder usate proposte riciclate che non hanno alcuna possibilità di successo", ha aggiunto la Pelosi. Mentre i deputati democratici hanno votato in massa per la risoluzione, il documento ha ricevuto il sostegno di 17 deputati repubblicani.

    La Casa Bianca, commentando l'approvazione alla Camera di una risoluzione contro l'invio di nuove truppe in Iraq, ha sottolineato oggi che si tratta di una mozione 'non vincolante' ed ha invitato il Congresso a "mostrare il suo sostegno alle truppe stanziando i fondi necessari" chiesti dal presidente George W. Bush per portare avanti le operazioni.

    "Il presidente ha deciso una nuova direzione in Iraq perché convinto, come molti americani, che la situazione esistente fosse inaccettabile - afferma una dichiarazione della Casa Bianca - Il presidente e' giunto alla conclusione che una nuova strategia fosse necessaria per aiutare il governo iracheno a riguadagnare il controllo di Baghdad, ad assumere più responsabilità nella sicurezza e a perseguire una politica di riconciliazione di tutte le comunità irachene".

    Ora l'attenzione passa al Senato dove il leader della maggioranza democratica Harry Reid ha messo in programma un voto procedurale per oggi.

    I senatori dovranno pronunciarsi per decidere se cominciare il dibattito bloccato dai repubblicani. Il risultato è incerto. Questa incertezza ha indotto il senatore repubblicano Arlen Specter a avvertire i colleghi che il Senato "corre il grave pericolo di diventare irrilevante".


    http://www.rainews24.rai.it/Notizia.asp?NewsID=67521

  3. #3
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    si..le ritira per rimandarle nei balcani per proseguire l'opera del marito?

  4. #4
    legio_taurinensis
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    Mi piace sempre specificare una cosa quando sento parlare dei Clinton.

    Criticano sempre tanto Bush (giustamente) per la scellerata idea di fare la guerra in Irak, per tutti gli altri fatti che conosciamo bene, ma molti si dimenticano che il "pacifista" e democratico Clinton ha bombardato la Serbia, un paese sovrano con un governo sovrano, ha aiutati i criminali dell'UCK e il progetto di indipendenza del Kosovo, che oggi trova il suo culmine, dopo che la misera propaganda occidentale disegnava i serbi come criminali, quando essi vengono cacciati dalle loro case nel Kosovo dichiarato terra albanese.

  5. #5
    Squalo
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    Citazione Originariamente Scritto da Emiliano Visualizza Messaggio
    Mi piace sempre specificare una cosa quando sento parlare dei Clinton.

    Criticano sempre tanto Bush (giustamente) per la scellerata idea di fare la guerra in Irak, per tutti gli altri fatti che conosciamo bene, ma molti si dimenticano che il "pacifista" e democratico Clinton ha bombardato la Serbia, un paese sovrano con un governo sovrano, ha aiutati i criminali dell'UCK e il progetto di indipendenza del Kosovo, che oggi trova il suo culmine, dopo che la misera propaganda occidentale disegnava i serbi come criminali, quando essi vengono cacciati dalle loro case nel Kosovo dichiarato terra albanese.
    Quella nei Balcani è stata solo una campagna americana che andava fatta in qualsiasi caso a prescindere se c'era Bush o Clinton al potere. La questione balcanica poi merita discorso a parte, l'hanno aperta gli inglesi e ancora non sembra essersi conclusa. All'epoca della guerra in Kosovo ricordo bene un conoscente serbo che mi parlava di ciò che stava accadendo, era tutt'altra musica rispetto a ciò che dicevano i nostri media di regime...

    Comunque gli americani non se ne andranno dall'Iraq, qui non si parla di smantellamento delle basi di occupazione che hanno posto in quel paese, quindi cambia l'Imperatore ma è sempre la stessa solfa.

  6. #6
    sembra l'estate di cerrapungi
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    La prima settimana di passione del Congresso americano sulla questione irachena è finita, come ci si attendeva, con l'approvazione da parte della Camera dei Rappresentanti - 246 voti a favore e 182 contrari alla fine di una discussione molto animata - della risoluzione che boccia la richiesta di aumento delle truppe in Iraq. Un atto non vincolante, ma allo stesso tempo di forte valenza politica. Il Senato non è invece riuscito ad approvare la medesima risoluzione, per una questione procedurale che ha consentito ai repubblicani di bloccare la mozione, nonostante ieri 56 senatori abbiano votato a favore e 34 contro. Questo perché il regolamento del Senato USA, per proteggere i diritti della minoranza, da spesso facoltà all'opposizione di bloccare la discussione ed il voto su una risoluzione, a meno che non vi sia il voto qualificato di almeno 60 senatori su 100, a favore dello sblocco e del passaggio della risoluzione stessa per il voto definitivo nell’aula del Senato, cosa che in questo caso non è avvenuta.

    I sette senatori repubblicani che hanno votato a favore della richiesta sono invece Norm Coleman del Minnesota, Susan Collins del Maine, Chuck Hagel del Nebraska, Gordon Smith dell'Oregon, Olympia Snowe del Maine, Arlen Specter della Pennsylvania e John Warner della Virginia. Tutti questi, tranne Snowe e Specter, hanno il mandato in scadenza nel 2008 e quindi si trovano dinanzi ad una difficile campagna elettorale per la rielezione, dove qualsiasi passo falso può essere fatale. Da notare comunque il fatto che il senatore Joseph Lieberman del Connecticut, ex senatore democratico, sconfitto alle primarie del partito per via delle sue posizioni troppo filo-repubblicane ma poi rieletto senatore come indipendente alle elezioni di mid-termdello scorso novembre, ancora una volta si è schierato con i repubblicani al momento del voto.

    Alla Camera le defezioni nel partito repubblicano sono invece state ancora più marcate, con ben 17 deputati del partito dell'elefante che si sono schierati assieme ai democratici al momento del voto, mentre solo 2 deputati democratici hanno fatto il contrario.

    Nonostante la sconfitta procedurale, i democratici hanno lo stesso cantato vittoria. "La maggioranza del Senato degli Stati Uniti è contraria all'aumento delle truppe in Iraq", ha affermato il leader della maggioranza democratica al Senato, Harry Reid del Nevada. "Per quanto riguarda i repubblicani che hanno scelto ancora una volta di bloccare il dibattito e proteggere il presidente Bush da questa ulteriore bocciatura, lasciamo che sia il popolo americano a trarne un giudizio". In ogni caso, ha aggiunto Reid, "Il Senato continuerà a combattere per forzare il presidente Bush a cambiare politica". Nove senatori repubblicani hanno deciso di non partecipare alla sessione del Senato, confidando sul fatto che, essendo tutti favorevoli a Bush, il loro voto non avrebbe potuto in alcun modo cambiare il risultato finale. Tra questi, il più importante è di sicuro il senatore John McCain dell'Arizona, uno dei più quotati possibili candidati repubblicani alla presidenza nel prossimo anno, che è rimasto in Iowa a fare campagna elettorale.

    Anche se la risoluzione non è vincolante, il segnale politico non poteva essere più chiaro e palese. E' infatti la prima volta dal 2002 che il Congresso americano si è schierato così apertamente contro la Casa Bianca, in un momento nel quale i sondaggi di opinione mostrano sempre più il malcontento del Paese nei confronti della politica irachena della presidenza Bush. Dalla prossima settimana la vera battaglia si sposta sul progetto di legge presentato dalla Casa Bianca per il finanziamento delle truppe aggiuntive.

    La questione è molto delicata in quanto se i democratici votassero contro "tout court", sarebbero sottoposti al fuoco di fila repubblicano che li accuserebbe di non essere "patriottici" e di inviare i soldati a morire per la mancanza dei fondi e quindi del necessario armamento per proteggerli. Ma è proprio sulla questione dell'armamento che i democratici sembrano pronti a dare battaglia: il deputato John Murtha, con l'appoggio della speaker della Camera Nancy Pelosi, ha pronto una serie di emendamenti che, se da una parte garantirebbero alle truppe il necessario addestramento per far fronte alla battaglia, dall'altra appesantirebbe talmente tanto il bilancio militare che, secondo le intenzioni dei promotori, costringerebbero la Casa Bianca a tornare sui propri passi.

    Come concordano quasi tutti gli analisti politici americani, la vera battaglia è quindi ancora da venire. Al momento è impossibile prevedere quale possa esserne il risultato. In un momento nel quale la campagna presidenziale americana sembra essere iniziata con quasi due anni di anticipo rispetto alla data del voto, qualsiasi passo falso può essere sfruttato dai due diversi schieramenti politici per tirare acqua al proprio mulino; si può, perciò, essere sicuri che non vi sarà alcun risparmio di colpi sia da una parte che dall'altra. Che poi tutto questo seguirsi di parole e voti, possa servire effettivamente a fermare l'escalation in atto ed anzi avviare un inizio di ritiro delle truppe dall'Iraq, rimane tutto da vedersi.

    Come dimostrato sin troppe volte in questi anni, una cosa sono le parole, una ben diversa i fatti, che, purtroppo, languono. L'unica magra consolazione che ci rimane è pensare che, come dimostrato ora anche dai voti del Congresso, il vento stia cambiando e che prima o poi anche la peggiore Casa Bianca della storia americana sarà costretta a rendersene conto.

  7. #7
    legio_taurinensis
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Squalo Visualizza Messaggio
    Quella nei Balcani è stata solo una campagna americana che andava fatta in qualsiasi caso a prescindere se c'era Bush o Clinton al potere. La questione balcanica poi merita discorso a parte, l'hanno aperta gli inglesi e ancora non sembra essersi conclusa. All'epoca della guerra in Kosovo ricordo bene un conoscente serbo che mi parlava di ciò che stava accadendo, era tutt'altra musica rispetto a ciò che dicevano i nostri media di regime...

    Comunque gli americani non se ne andranno dall'Iraq, qui non si parla di smantellamento delle basi di occupazione che hanno posto in quel paese, quindi cambia l'Imperatore ma è sempre la stessa solfa.
    La campagna di Serbia se la sono auto-legittimata.

  8. #8
    Squalo
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Emiliano Visualizza Messaggio
    La campagna di Serbia se la sono auto-legittimata.
    Guarda che gli USA possono agire in maniera del tutto unilaterale come unica potenza mondiale rimasta dalla fine della Guerra Fredda.

    Per cosa credi che siano venuti a morire i babbei americani qui in Europa? Non solo per garantirsi la prosperità economica del loro modello Capitalista, ma per espandere il proprio Impero e fare quello che vogliono malgrado l'opinione contraria di colossi del calibro della Cina o della Russia...

    Se vogliono intraprendere un'azione militare la fanno punto e basta, caso mai propagandano un motivo che fa comodo a loro (tanto hanno i mezzi per imporre le balle) per farla accettare alle opinioni pubbliche sue e dei paesi ridotti a colonie.

  9. #9
    legio_taurinensis
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Squalo Visualizza Messaggio
    Guarda che gli USA possono agire in maniera del tutto unilaterale come unica potenza mondiale rimasta dalla fine della Guerra Fredda.

    Per cosa credi che siano venuti a morire i babbei americani qui in Europa? Non solo per garantirsi la prosperità economica del loro modello Capitalista, ma per espandere il proprio Impero e fare quello che vogliono malgrado l'opinione contraria di colossi del calibro della Cina o della Russia...

    Se vogliono intraprendere un'azione militare la fanno punto e basta, caso mai propagandano un motivo che fa comodo a loro (tanto hanno i mezzi per imporre le balle) per farla accettare alle opinioni pubbliche sue e dei paesi ridotti a colonie.
    Ovvio

 

 

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