La tv che uccide
Maurizio Blondet
22/02/2007
Donne adulte vestite da scolarette nei videoclips, bambole in bikini, immagini pubblicitarie di ragazzine adolescenti in pose sessualmente «forti» sono dannose allo sviluppo delle fanciulle, «perché non si sono ancora formate il senso del proprio io».
Lo dice una ricerca di 66 pagine condotta dall’American Psichologica Association, basata sulla letteratura scientifica e riportata da FishBowl NY, un sito che si occupa di media. (1)
Il fenomeno patologico denunciato è detto «sessualizzazione»: le ragazzine ancora immature, a cui la sessualità è in qualche modo «imposta» dalle onnipresenti immagini sexy-giovanili in TV e negli spazi pubblicitari, finiscono per dare valore alla propria persona solo in base «al proprio comportamento o richiamo sessuale».
E’ la stessa patologia che sviluppano le bambine che subiscono avances sessuali pedofile (spesso) in famiglia.
Essa porta a comportamenti seduttivi, depressione, disordini alimentari (anoressia o bulimia) e caduta del profitto scolastico.
Viene citato un curioso esperimento: ragazze di media superiore hanno ricevuto la richiesta di indossare e giudicare un indumento, alcune un costume da bagno, altre un golf.
Mentre attendevano, è stato loro sottoposto un test di matematica.
Le ragazze in costume da bagno hanno dato risultati nettamente peggiori di quelle in golf.
Tra i maschi, non si è notata alcuna differenza.
«La sessualizzazione delle ragazzine è un vasto e pericoloso problema», dice lo studio.
E cita come esempio di immagini dannose alla psicologia la pubblicità di una marca di calzature che mostra la cantante pop Christina Aguilera vestita da scolara, con coda di cavallo, la camicetta aperta, mentre succhia un lecca-lecca; nonché i videoclips delle Pussycat Dolls, con immagini di fanciulle «sessualmente oggettivate».
Sotto accusa anche le famose bambole «adulte», con il seno e le gambe lunghe, da vestire con bikini o abiti da cocktail, minigonne, boa di struzzo e calze a rate.
In USA, dove la pubblicità TV è molto meno maialesca della nostra, la questione ha dato origine ad un ansioso dibattito pubblico dopo l’assassinio, nel 1996, di Jon Benet Ramsey, la biondissima bambina di sei anni, vincitrice di premi di bellezza, che i genitori vestivano con abiti da seduttrice e che truccavano con mascara e rossetto.
Oggi la sessualizzazione è collegata anche all’anoressia o all’obesità.
La baby-Barbie Jon Benet Ramsey, strangolata all'età di 6 anni
Frattanto in Gran Bretagna un altro studio lancia un grave allarme: non solo le lunghe ore passate davanti alla TV sono responsabili dell’obesità nei bambini, ma anche di autismo, diabete, e persino di cancro e di Alzheimer, nonché di miopia e di deficit dell’attenzione.
Lo afferma Aric Sigman, un membro della British Psychological Association, che ha pubblicato i suoi dati sulla rivista «The Biologist». (2)
Ormai la maggioranza delle persone passa più tempo guardando la TV che in qualunque altra attività, a parte il sonno e il lavoro, nota Sigman.
E all’età di 75 anni un inglese ne avrà passati davanti alla TV più di dodici.
Un bambino di sei anni ne ha già passato uno davanti allo schermo.
Se si aggiunge la passione per il computer, si calcola che i bambini tra gli 11 e i 15 anni passino davanti ad uno schermo il 55 % del loro tempo di veglia; un tempo aumentato del 40 % nell’ultimo decennio.
Non importa che i programmi siano, diciamo, «educativi» o «adatti all’età»: «Quel che provoca danni è il numero delle ore che si trascorrono davanti allo schermo e l’età a cui si è cominciato. A produrre danni è il mezzo, non il messaggio», dice Sigman.
Gli effetti sul cervello sono di tipo «narcotico», e di obnubilamento delle aree cerebrali, che invece sono stimolate dalla lettura.
In genere, la TV e anche i videogiochi vengono definiti «attività non stimolanti intellettualmente», e associati a disturbi del sonno, riduzione del metabolismo (da cui l’obesità e il diabete) e della capacità di concentrazione.
L’editing dei programmi, con «salti e tagli», fraziona il periodo d’attenzione, mentre il cervello, programmato per «premiarsi» quando riesce a fronteggiare una cascata di novità, si «premia» emettendo dopamina.
Numerose ricerche convergenti hanno notato inoltre che la TV riduce i livelli di melatonina, l’ormone che viene prodotto di notte e induce la sonnolenza fisiologica: la luminosità dello schermo ne abbassa i livelli.
Peggio, la melatonina è la sostanza che, regolando l’orologio biologico interno, governa il tempo in cui s’instaura la pubertà.
Ora, suscita allarme il numero sempre maggiore di bambini e di bambine che mostrano segni di pubertà precoce, indotta in parte dalla «sessualizzazione» dell’infanzia, pubblicitaria e televisiva,
di cui sopra.
Ma questo fenomeno ha cominciato a comparire dagli anni ‘50, appunto con l’inizio dell’impero del televisore in ogni casa.
La riduzione della melatonina è associata a un’accentuata mutagenità delle cellule, che diventano più facilmente tumorali.
Negli anziani, specie nelle donne, l’abuso di TV e di telenovelas nelle ore diurne pare associato
con «danni clinicamente significativi dell’attenzione, della memoria e della velocità psicomotoria, o tempi di reazione».
In molti bambini pare che le lunghe ora di TV siano correlate con l’autismo, che ormai colpisce un piccino su 166.
Che la TV rincretinisca, dunque, non è più una vaga sensazione.
Ancor più devastante è l’irresponsabilità di chi gestisce TV e pubblicità.
Maurizio Blondet
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Note
1) «Sexed up images in media hurt young girls: study», AFP, 20 febbraio 2007.
2) Fergus Sheppard, «Children’s TV linked to cancer, autism, dementia», The Scotsman, 19 febbraio 2007.