Le finte verità della propaganda

Lodovico Festa

La propaganda ha una sua utilità, ma quella buona funziona solo se poggia (un cinico direbbe: almeno in parte) sulla verità. Il centrosinistra ha esaurito ogni verità nel suo discorso pubblico: le offerte di confronto all'opposizione suonano pelose, l'appello agli uomini di buona volontà è un monumento all'ipocrisia, la retorica del nuovo rilancio si strozza in gola a Romano Prodi. Questa strage di verità apre vasti campi alle ragioni del centrodestra. Soprattutto se sarà capace di esprimersi con la calma e la serenità di chi ha il consenso della maggioranza del popolo, senza cedere alla tentazione dello schiamazzo che appaga i tifosi ma raffredda il pubblico più vasto.
Si consideri la propaganda di serie B del centrosinistra sul leitmotiv i berlusconiani sono uguali a noi. Si prenda il caso Luigi Grillo comparato a quello Marco Follini: la scelta di Grillo a sostegno del centrodestra avviene dopo il fallimento di uno schieramento centrista guidato da Mariotto Segni e Mino Martinazzoli. Quello schieramento perde e presto si divide tra destra e sinistra. C'è una ragione politica nella scelta di Grillo che non c'è nel velleitario esibizionismo di Follini, eletto nelle file del centrodestra. Si considerino i senatori a vita: si dice che anche il Berlusconi 1 stette in piedi con il voto di questi. In realtà i senatori a vita nel 1994 si divisero, con una parte che votò il governo e una parte no. I senatori a vita sono un'istituzione costituzionale da superare (almeno per quel che riguarda il diritto di voto) ma mantengono un po' di decoro politico se questi cosiddetti liberi pensatori si dividono, non si esprimono come partito di un ordine costituito che solo la sinistra può difendere. Altre sciocchezze si dicono sul sistema elettorale proporzionale responsabile dell'impasse. Se ci fosse stato un sistema maggioritario a Palazzo Madama come a Montecitorio, il Senato sarebbe stato vinto dal centrodestra che aveva in termini assoluti migliaia di voti in più. Maggioritario o proporzionale, il potere in una democrazia nasce sempre dal voto popolare: e quello del 9 aprile era spaccato in due metà più o meno esatte.
È interessante poi come le proposte istituzionali del centrosinistra ruotino su tre punti (poteri del premier, federalismo fiscale, superamento del bicameralismo perfetto) affrontati dalle riforme costituzionali del centrodestra e sconfitti dall'ondata reazionaria guidata da Oscar Luigi Scalfaro, nel referendum di giugno. In tanti documenti della sinistra si esalta la splendida affermazione referendaria: poi però si chiede all'opposizione di dare una mano per uscire dal pantano prodotto dalla «vittoria» conservatrice. In un Paese normale queste constatazioni farebbero parte del discorso pubblico: la stampa obiettiva, i commentatori non schierati, gli analisti senza pregiudizi costringerebbero i propagandisti del centrosinistra a rimangiarsi i loro argomenti. In Italia, però, c'è un'opaca alleanza tra sinistra conservatrice e un establishment estenuato (si pensi a certi direttori di giornale) teso solo a mantenere il proprio potere. Tocca quindi darsi da fare per chiarire anche verità elementari. Il che riesce meglio a mente fredda e con volce calma.