Romano, ti amiamo.


E’ il riformismo quaresimale degli ex rivoluzionari

Roma. Ormai siamo a un passo dalla molestia.
L’assedio affettuoso a Romano Prodi da
parte di quelli che spernacchiavano a Vicenza,
borbottavano a Roma, sfilavano con i
gruppettari più gruppettari di loro
(pur continuando, si capisce, a
trafficare per ministeri) sta raggiungendo
il parossismo. Dopo
aver rischiato quelli di sutura (politica),
ai rivoluzionari governativi
ora pare andar bene dodici o
centododici o dodicimila punti,
fate voi. Non uno – nel mesto san
Valentino quaresimale cui sono costretti
dopo aver fatto, genere liceali
con videotelefonino, i bulletti politici
per nove mesi – che non sia pronto a
eseguire in silenzio, a obbedire senza
fiatare, a dichiarare pubblica sottomissione.
E’ tutto un accorrere sotto il balcone dell’amato
Romano, un confermare amore infinito,
un fiorire di serenate politiche. I fatti, cominciando
dagli ultimi. Per quanto riguarda
i dilibertiani: ieri Roma si è svegliata tappezzata
di manifesti che recitavano: “I Comunisti
Italiani con Prodi”, e sotto falce e martello.
I bertinottiani: ieri Liberazione, quotidiano
del partito, è uscita a sorpresa di lunedì,
giorno in cui riposa, per proporre ai militanti
incazzati una megaintervista di Piero
Sansonetti a Fausto Bertinotti, presentata
nei giorni scorsi con lo slogan
“per non lasciare nulla al caso”:
quando il gioco si fa duro, i presidenti
cominciano a giocare. Infine,
i verdi, i pecoraroscaniani.
Maestri di articolate elaborazioni,
si sono messi ad arzigogolare
intorno al buco della
Tav. Perché una cosa pare intesa:
l’alta velocità si farà. Meraviglioso, Pecoraro
come la mette? “Sulla Tav non c’è ok al
tunnel” – insomma, se le parole hanno un
senso si dovrebbero scavalcare le Alpi, procedere
verso Lione con un trenino tipo quello
che sale a Machu Picchu, su su e giù per i
tornanti dei monti. Sennò, senza buco, come
si passa? Lo stesso, è spettacolare l’accorrere
solenne al soglio prodiano dei brontoloni
dei mesi precedenti, promettere sottomissione
e cercare di salvare qualcosa dell’antico
frontismo antagonista. Facendo comunque
intravedere che per il bene della democrazia
grandi sacrifici sono richiesti: “L’alternativa
a questo governo sulla Tav è il ritorno
dei manganelli di Lunardi”. Oibò. Amoroso
assedio a Romano da parte dei suoi più inquieti
conviventi – più che sperar nei Dico,
finora da tirar bestemmie. Pure Mastella
promette, “non litigherò più con Di Pietro”,
ma il massimo del fenomeno – tra l’ardimentoso
e il sentimentale – si svolge all’estrema
sinistra. Rifondazione, prima di bearsi del
pronunciamento bertinottiano – pronunciamento
“alto”, s’intende, tra utopia ed esplicazione
del conflitto, così che lo stesso Sansonetti
a un certo punto dice “se capisco” e
due domande dopo onestamente ammette
“scusa, ma non capisco benissimo” – Rifon-
dazione, dicevamo, s’è fatta tutto un weekend
di passione sulle piazze, come dice il compagno
segretario Giordano, con l’unica parola
d’ordine: “Prodi e solo Prodi”. Così lo stesso
i compagni del Pdci e il loro manifesto che
accende quesiti (stanno con Prodi? perché,
prima?). Mentre Pecoraro e Scanio vanno su
Repubblica Tv: “Basta con i distinguo tra i
più riformisti e i più radicali”. Tutti hanno
ora in mostra afflato governativo, trasporto
ministeriale, singolare propensione al buon
senso. Impegno gravoso, perciò, facce composte
come il neoriformismo quaresimale impone.
Invece, proprio Liberazione oggi proverà
a far ridere l’angosciato suo partito. A
tutta pagina: “Governo, incarico a Pippo Baudo”.
Sottotitolo: “Hunziker alle politiche familiari”.
Editoriale di Rina Gagliardi: “Né
pasticci né pasticcini”. Peccato che la poesia
di Franco Fortini, “Lampadina fulminata” –
non poco evocativa, “qualcosa/ tintinna/ nel
vuoto/ qualcosa/ si è rotto” – sia stata già
pubblicata ieri. Veniva buona.

il Foglio