Ritorno al rito tridentino? La parola spetta al Papa
Un funzionario vaticano chiede maggiore sensibilità pastorale

ROMA, mercoledì, 28 febbraio 2007 (ZENIT.org).- Continuano le speculazioni sull’ipotesi che Benedetto XVI emetterà un documento su una possibile riforma della liturgia.

Il Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, l’Arcivescovo Malcolm Ranjith, ha riferito alla rivista “Inside the Vatican” le voci su un documento papale che ridurrebbe le restrizioni alla Messa tridentina.

L’Arcivescovo Ranjith ha affermato che se il Santo Padre dovesse emettere un documento “motu proprio” (di sua personale iniziativa) in materia “deciderà ciò che è meglio per la Chiesa”.

“La Messa tridentina non è qualcosa che appartiene soltanto ai seguaci dell’Arcivescovo Lefebvre”, ha osservato. “E’ parte della nostra eredità come membri della Chiesa cattolica”.

“Non è tanto una questione di Messa tridentina o del Novus Ordo. E’ una questione di responsabilità e sensibilità pastorale”, ha aggiunto il presule originario dello Sri Lanka.

“La Chiesa dovrebbe sempre cercare di aiutare i fedeli ad avvicinarsi al Signore, a sentirsi sfidati dal suo messaggio e a rispondere generosamente alla sua chiamata”.

“E se questo si può raggiungere attraverso la celebrazione della Messa del Novus Ordo o la Messa di Pio V, allora si dovrebbe fare spazio a ciò che è meglio anziché abbassarsi a cavillosità teologiche superflue e che creano discordia”.

Fallimento attuale

Pur notando anche risultati positivi, l’Arcivescovo Ranjith ha affermato che “la riforma post-conciliare della liturgia non è stata capace di raggiungere gli obiettivi sperati di rinnovamento spirituale e missionario nella Chiesa”.

“Le Chiese si sono svuotate”, ha denunciato. “La disinvoltura liturgica è diventata all’ordine del giorno, e il vero significato di ciò che viene celebrato è stato oscurato”.

“Bisogna allora iniziare a chiedersi se il processo della riforma sia stato realmente gestito in modo corretto”.

L’Arcivescovo Ranjith ha ricordato che la costituzione del Concilio Vaticano II sulla liturgia non permette ai singoli sacerdoti di modificare la Messa.

“Nella celebrazione del Novus Ordo dobbiamo essere molto seri su ciò che facciamo all’altare”, ha spiegato il funzionario vaticano. “Non posso da sacerdote sognare ciò che farò a Messa il giorno dopo, andare all’altare e iniziare a celebrare con tutti i tipi di azioni che mi sono creato da mé”.

“La Santa Eucaristia appartiene alla Chiesa. Ha, quindi, un significato proprio che non può essere lasciato alle idiosincrasie del singolo celebrante”.

Interpellato su un ritorno alla Messa tridentina o su una semplice riforma del Novus Ordo, il presule ha osservato: “Un atteggiamento ‘aut… aut’ polarizzerebbe la Chiesa in modo non necessario, mentre la carità e la preoccupazione pastorale dovrebbero essere i fattori motivanti. Se il Santo Padre vuole così, potrebbero coesistere entrambi gli aspetti”.

Quanto all’ipotesi di un motu proprio, “non si sa ancora nulla”, ma “è il Santo Padre che deciderà. E quando lo farà, dovremo accettare ciò che ci indicherà e cercare di aiutarlo con un amore genuino per la Chiesa”.

“Qualsiasi atteggiamento contrario non farebbe altro che danneggiare la missione spirituale della Chiesa e ostacolare la volontà del Signore”, ha sottolineato.