Risultati da 1 a 7 di 7
  1. #1
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    Predefinito Lettera aperta - F. Turigliatto

    Cari compagni e compagne, amici e amiche,

    Sono in attesa che il Senato accetti le mie dimissioni, che comunque non ho ritirato e non ritirerò. Nel frattempo, nei prossimi giorni sono chiamato a esprimere il mio voto sulla fiducia al governo Prodi. Vorrei dunque spiegare le ragioni della mia scelta di dare un voto a favore, che definerei tecnico, pur respingendo tutti i dodici punti del governo Prodi nel loro complesso. Nel mio intervento al Senato, infatti, spiegherò con molta nettezza che non si potrà contare su di me per approvare la missione in Afghanistan, né per realizzare la TAV o la controriforma delle pensioni. Non lo si potrà fare perché io non voterò queste misure, anche se su di esse si rischiasse una nuova crisi di governo. E, va da sé che continuerò con voi la battaglia contro la base di Vicenza.


    Con il mio rifiuto di votare a favore della politica estera del governo, non ho mai avuto intenzione di compiere un gesto politicista per provocare una crisi di governo. Il mio è stato un gesto di responsabilità nei confronti delle mie convinzioni e di quelle di chi, come me, si sente distante da una politica estera che continua a fare la guerra, sia pure multilaterale; che sostiene una concezione liberista dell'Europa; che pensa che inviare soldati in giro per il mondo sia un modo per "contare" nei luoghi della politica internazionale. Un gesto animato dal rifiuto di lasciarmi convincere a considerare come una missione di civiltà e di pace quella che non è altro che un'occupazione militare. Un piccolo gesto a sostegno di quella straordinaria lotta di Vicenza contro la costruzione di una base che distrugge il territorio e che sarà uno strumento fondamentale del dispositivo USA di intervento nella guerra globale e permanente. Un gesto di
    cui non mi pento e che ripeterei in ogni momento. Il mio dissenso con la politica estera del governo muove da qui e non può che essere ricollegato alla mia irriducibile opposizione alla guerra in Afghanistan e alla decisione del governo di autorizzare il raddoppio della base di Vicenza. Il senso del mio voto, in dissenso dal mio partito, ma in dissenso su un punto che considero fondativo e fondante per chiunque faccia politica, il no alla guerra, è tutto qui.


    Non credo di essere stato io il responsabile della crisi di governo, della quale i primi responsabili sono il governo stesso e le politiche che ha adottato in tutti questi mesi, e che lo hanno sempre più allontanato da chi lo aveva votato. Una crisi nata per ragioni in parte oscure, in parte dovute alla volontà dell'ala riformista dell'Unione di drammatizzare la situazione, per intimare alla sinistra alternativa il silenzio sulle questioni più scottanti. Una crisi che è servita a stoppare qualsiasi rivendicazione e a sancire il corso "liberale" dell'attività di governo. In questo senso il dibattito al Senato è stato un ricatto, in particolar modo su Vicenza. Anche per questo ho detto no.


    L'uscita dalla crisi mi sembra che confermi questo giudizio. I dodici punti presentati da Prodi sono la sanzione di una svolta liberista e di una decisa volontà di affermare una politica di sacrifici e di guerra multilaterale. Gli attacchi di cui sono stato fatto oggetto, lo spauracchio del ritorno di Berlusconi al governo, nuovamente agitato dai miei accusatori, erano finalizzati proprio a nascondere questa realtà: il fatto che il bilancio di questi mesi di governo Prodi è fortemente negativo e che ciò che si profila è un'azione di governo ancora peggiore della precedente. Questo giudizio, ovviamente, non è condiviso dal mio partito, che invece sostiene fortemente il nuovo governo. Èd è stato accolto in vario modo dalla società civile, dai movimenti, da quadri sindacali, da esponenti del pacifismo radicale, dagli stessi che il 17 febbraio sono scesi in piazza a Vicenza. La paura di un ritorno delle destre al governo, infatti, è molto forte. C'è chi pensa, inoltre, che la partita con il governo Prodi non sia chiusa e che la sua sopravvivenza costituisca il quadro in cui ottenere risultati più avanzati o comunque una dialettica democratica.


    Non avendo deciso io di provocare la caduta del governo Prodi penso che sia giusto verificare queste intenzioni, dialogare con tanta parte del movimento e del "popolo della sinistra" che la pensa così, permettendo al governo Prodi di rimanere in piedi. Ma penso che questo si possa fare solo nella estrema chiarezza delle posizioni. Non sarò mai disponibile a votare la guerra in Afghanistan né a rendermi complice delle politiche antipopolari di questo governo.


    Ovviamente, non prevedo un futuro agevole. I 12 punti presentati dal governo sono un arretramento e uno schiaffo ai movimenti e agli stessi partiti della sinistra alternativa. Prevedo dunque una fase in cui andrà sviluppata un'opposizione sociale alle misure del governo Prodi, opposizione che dovrà avere anche ricadute parlamentari. Questa è la mia intenzione. Per dirla con una battuta, è possibile scegliersi il governo a cui fare opposizione, rendendo incomprimibili alcuni principi e alcuni vincoli per me essenziali: quelli con il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, quelli con le comunità popolari in lotta contro la TAV, i rigassificatori, per la difesa dell'ambiente, quelli con il movimento pacifista che si è visto recentemente a Vicenza. Sono questi i vincoli che regolano la mia attività politica, non un'astratta coerenza ideale, ma un progetto politico che mi ha accompagnato per tutta la vita.


    Negli ultimi quindici anni questi vincoli, questi convincimenti hanno coinciso perfettamente con quelli di Rifondazione comunista. Qualche giorno fa, però, il mio partito mi ha dichiarato "incompatibile" semplicemente perché sono rimasto fedele al programma storico del Prc. Non voglio discutere di una scelta che mi riguarda, ma posso dire una cosa. Ho costruito Rifondazione fin dalle fondamenta, l'ho difesa quando era sotto attacco, ho passato centinaia di ore davanti alle fabbriche torinesi e in giro per l'Italia a parlare con gli operai e le operaie. La minaccia di espulsione dal partito mi amareggia e mi delude allo stesso tempo. Ma è il frutto di un cambiamento di fondo delle priorità del Prc e della sua azione: alcune idealità superiori sono messe al servizio di un progetto politico contingente, compiendo un processo di snaturamento della sinistra che mi lascia interdetto. E soprattutto mettendo alla berlina una qualità fondante della politica - la coerenza tra coscienza e azione - la cui assenza è oggi alla base di quella "crisi" di cui si discute da oltre un decennio. Non è la prima volta nella storia che chi da sinistra si oppone alla guerra, chi dice no in Parlamento, contro tutto e tutti, sia accusato di essere affetto da uno "splendido isolamento", di essere "un'anima bella", "incapace di realismo", "irresponsabile" o "idealista": queste accuse non fanno male a me, ma a un'esperienza in cui ho creduto e riposto tutto il mio impegno e che oggi viene meno per responsabilità di chi ha deciso di piegarsi all'esistente.

    Per tenere fede alle mie convinzioni e ai miei vincoli è stato messo in discussione il vincolo che mi legava al partito e addirittura un governo ha dovuto dimettersi. Non mi ritengo così importante e così essenziale. Forse tutto questo rappresenta la spia di molteplici contraddizioni che riguardano la sinistra nel suo insieme e il rapporto tra il governo e la sua gente. Un rapporto logorato come dimostrano tutti i sondaggi e gli episodi di malcontento. Per parte mia non posso che continuare a ribadire quanto detto e fatto negli ultimi giorni. Se l'aula respingerà le mie dimissioni, e dunque finché sarò al Senato, io voterò ancora contro la guerra, perché il no alla guerra e il rapporto con il movimento operaio costituiscono la bussola del mio agire politico: esse sono da sempre l'alfa e l'omega di una prospettiva di classe ed anticapitalista.

    Permettetemi dunque di ringraziarvi per le parole che avete utilizzato nei miei confronti, spesso commoventi. Onestamente non credo nemmeno di meritarle, semplicemente perché in questo mondo sembra anormale quello che alle persone serie dovrebbe sembrare normale: agire secondo le proprie
    convinzioni. Se questo piccolo gesto sarà servito a riabilitare questa logica che ad alcuni sembra, con giudizio sprezzante, troppo "idealista", allora sarà stato utile. La mia strada è comunque questa e spero di
    continuare a percorrerla insieme a voi. Ancora grazie.
    Roma, 28.02.2007
    Franco Turigliatto

  2. #2
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    Intanto notizia del giorno:

    14:05 Turigliatto allontanato dal partito

    Franco Turigliatto è stato allontanato da Rifondazione comunista. Il senatore dissenziente, ritenuto tra i responsabili della crisi del governo Prodi, è stato allontanato per decisione del Collegio nazionale di garanzia del Prc con 14 voti a favore e 6 contrari, su 25 componenti il collegio con una maggioranza richesta di almeno 13 voti favorevoli.

    Fonte La Repubblica.

    A luta continua

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da Sandinista Visualizza Messaggio
    Intanto notizia del giorno:

    14:05 Turigliatto allontanato dal partito

    Franco Turigliatto è stato allontanato da Rifondazione comunista. Il senatore dissenziente, ritenuto tra i responsabili della crisi del governo Prodi, è stato allontanato per decisione del Collegio nazionale di garanzia del Prc con 14 voti a favore e 6 contrari, su 25 componenti il collegio con una maggioranza richesta di almeno 13 voti favorevoli.

    Fonte La Repubblica.

    A luta continua
    ...se lo aspettava...tant'è che su La Repubblica, oggi, figurava già nel "gruppo misto"... Ecco come si paga, in Italia, una certa coerenza - e nemmeno troppa! -... Auguri a noi stessi...

  4. #4
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    Sarà fuori dal partito per due anni
    Turigliatto allontanato dal partito
    Il senatore dissidente del Prc, che non aveva partecipato al voto sull'informativa del ministro D'Alema due settimane fa al Senato

    ROMA - «Mi hanno appena comunicato che il collegio di garanzia mi ha 'allontanatò dal partito». Ad annunciarlo è lo stesso Franco Turigliatto, senatore dissidente del Prc, che non aveva partecipato al voto sull'informativa del ministro Massimo D'Alema due settimane fa a palazzo Madama. Il senatore era stato già stato gia espulso dal gruppo del Prc a Palazzo Madama e nell'ultima direzione del partito era stato era stato deferito al collegio di garanzia.

    Il collegio Nazionale di garanzia ha votato con 14 voti favorevoli e 6 contrari all'espulsione di Turigliatto dal Prc. Nello statuto del partito non si parla di espulsione ma di «allontanamento» che nel caso del 'dissidente' sarà di due anni, il massimo previsto. «Mi hanno espulso - dice Turilgiatto appena saputa la notizia - ma non so neanche se tra due anni ci sarà ancora Rifondazione».
    01 marzo 2007

  5. #5
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    Letto sul blog http://www.roberto-immaginiscrittura...com/index.html


    Dopo la pubblicazione della lettera di Turigliatto ecco quella del segretario del PRC.
    Intervista al segretario di Rifondazione comunista: «No ad una legge elettorale che cancelli le forze politiche,
    ma neanche una via referendaria per la nascita di nuovi soggetti politici». Oggi alla Camera il voto di fiducia al governo Prodi


    A Caserta – chi ricorda quel vertice? - si disse che aveva vinto la sinistra dell'Unione. Col «sì» alla base di Vicenza, poi, si scrisse tutto il contrario: che la sinistra aveva perso. E adesso? Insomma, Rifondazione è più forte o più debole dopo la fiducia al Senato? Franco Giordano è nel suo ufficio a Viale del Policlinico. La domanda non gli piace. «Scusa se lo dico ma è molto riduttivo mettere così la questione. Perché è una domanda che ci costringe sempre dentro l'annosa querelle del rapporto fra le due sinistre. Antagonisti contro moderati. E' un criterio che ci impedisce però di capire quel che è accaduto».


    Perché, cosa è accaduto?

    La verità è che tutta l'Unione ha subito una battuta di arresto. Mi chiedi cosa è successo? In due parole: proprio mentre la maggioranza produceva il massimo di innovazione sulla politica internazionale, cercando e trovando una sintonia col proprio popolo, col movimento pacifista, curiosamente ci siamo accorti che nel «Palazzo» non c'erano i numeri.

    I numeri non ci sarebbero stati comunque. Anche con i due sentori dissidenti.

    E io non ho mai detto che tutto questo è avvenuto perché due senatori hanno scelto la strada dell'isolamento, la strada solitaria che li ha portati ad abbandonare un percorso comune. Però quel comportamento ha reso invisibili le reali intenzioni di chi ha messo in minoranza il governo. Ha impedito di leggere immediatamente quel che si giocava su quel voto.


    E cioè?

    In aula abbiamo misurato il peso delle resistenze a quel processo di innovazione.


    Ora si ricomincia. Come?

    Fra le tante cose che ha detto Prodi una cosa mi ha colpito: la sua insistenza sulla collegialità della coalizione, sulla maggiore compattezza. E anche, lasciamelo dire, la sua insistenza nel rapporto diverso che vuole stabilire col nostro popolo.


    Parli spesso di popolo dell'Unione. Ma in realtà un po' tutti gli analisti dicono che questo governo da tempo è in calo di consensi. Non è la tua impressione?

    Anch'io ho visto le difficoltà di questi mesi. Ma in questi giorni ho visto anche come quelle stesse persone ci hanno chiesto – e con che forza – di continuare l'esperienza del governo Prodi. E attenzione: non ce l'hanno chiesto per ragioni di "emergenza democratica". Non c'è solo la paura che torni Berlusconi. Le nostre persone ci chiedono una cosa semplice: che quella straordinaria stagione che abbiamo chiamato dei movimenti, quella che ha permesso di sconfiggere le destre, vada fino in fondo. Arrivi a compimento, insomma.


    Tu dici che il paese reale più che la politica ha salvato Prodi? E' così?

    Io dico che Prodi ha sollecitato quello che m'è sembrata una vera e propria irruzione del sociale nella politica. Ha parlato di povertà, di precarietà, ha parlato di pensioni minime, di valori ambientali. Ha parlato della casa, delle case che mancano. Ha parlato di pace, di rispetto della Costituzione.


    Ha parlato anche di riforma elettorale.

    Noi dirigenti politici siamo accusati spesso di non essere molto chiari. Io, invece, lo voglio essere. E ti dico che siamo consapevoli, come tutti, delle difficoltà determinate da questa brutta legge elettorale, alla quale ci siamo opposti. Non è un mistero che siamo a favore d'un sistema proporzionale alla tedesca. Certo, so anche bene che siamo parte di un'aggregazione composita, per cui dovremo arrivare ad un accordo che tenga insieme due esigenze. Il rispetto della rappresentanza e l'attenzione all'efficacia dell'azione di governo. Ma una cosa deve essere chiara: che ci opporremo a qualsiasi tentativo di cancellazione delle forze politiche.


    Insomma, Rifondazione non ci sta alle spinte ipermaggioritarie?

    Tutti dovremmo imparare dalla lezione che ci viene dall'ultima legge. Una legge fatta su misura per qualcuno, fatta da metà del Parlamento contro l'altra. Insomma, la prossima riforma elettorale non potrà essere fatta per interessi privati.


    Che vuol dire?

    Che non si può fare una riforma per far nascere nuovi soggetti politici. Inventandosi, magari, una via referendaria ai nuovi partiti. Ecco, questo sarebbe inaccettabile.


    Il concetto è chiaro. Ma questo, al di là della riforma elettorale, questo che significa? Che Rifondazione non si sente più nell'angolo? Che ha ancora la forza di porre i suoi temi?

    Io sono convinto che chi ha provocato la crisi avesse come obiettivo prioritario quello che chiamiamo modello partecipativo. Un'idea della politica, insomma, aperta alla società, ai movimenti. Quella che tenacemente abbiamo provato ad imporre. Su questo però non possiamo in alcun modo farci intimidire. Dobbiamo insistere. E' il nostro compito, il nostro obiettivo. Dobbiamo far entrare dentro l'Unione i temi sociali.


    Dentro l'Unione, insisti. Dentro le scelte del governo Prodi. Parli come se sapessi che questo governo duri a lungo. Invece molti già disegnano scenari futuri, con altre maggioranze.

    Per noi, invece, non ci sono alternative a questa coalizione. E credo che qualsiasi tentativo di governo istituzionale o di larghe intese farebbe solo tornare indietro le lancette dell'orologio sociale. Oltre che essere devastante dal punto di vista democratico.


    Ma se così è, se a Prodi non c'è alternativa, che fine faranno i "dico"?

    L'iter parlamentare è avviato. E Rifondazione si batterà con tutte le sue forze per la loro approvazione. Con una annotazione.


    Quale?

    Che molti osservatori ci invitano ad approdare al tema della modernità. Loro con questa parola intendono altro – politiche economiche e sociali regressive – però questo ci dicono. Bene, mi chiedo: è concepibile che ci chiede di diventare moderni poi cancelli dal linguaggio della politica il tema dei diritti civili? Chi è che si deve modernizzare?


    Ancora. Molti sostengono che comunque dopo una fiducia con Follini questo governo s'è spostato al centro...

    Una lettura davvero troppo semplicistica. Che resta sempre dentro l'autonomia della politica. Come se un senatore – che ha un progetto diverso dal mio ma di cui ho sempre apprezzato il suo ancoraggio ai valori democratici – come se un senatore, dicevo, spostasse equilibri. Che dipendono, invece, dai movimenti, dai conflitti, dal sociale.


    Comunque, molti lo sostengono. E fra questi, Diliberto, che dice: Prodi si sposta al centro, uniamo tutta la sinistra per compensare questo scivolamento.

    Io credo che debba essere accolto bene qualsiasi cosa che vada nella direzione di sgombrare gli elementi competitivi fra le forze della sinistra. E' importante. Ma insisto a costo di sembrare monotematico: sono convinto che le novità non si giocano nel rapporto fra stati maggiori. Ma nel rapporto fra politica e società, fra politica e movimenti. Ecco come immagino una nuova dialettica a sinistra.


    E' più o meno quel che sollecitava l'intervista a Liberazione del Presidente della Camera, no?

    La condivido integralmente. E non c'è dubbio che Bertinotti scarti ogni ipotesi di semplificazione organizzativistica, eviti con cura ogni semplificazione legate a nuovi contenitori. O a modelli che siano la semplice somma di quel che c'è. No, Fausto ci ha chiesto un'altra cosa: di promuovere una vera e propria offensiva culturale, a cominciare proprio da quale idea abbiamo del socialismo. Una discussione a tutto campo, capace di incalzare tutta la sinistra, anche quella tradizionale. Vogliamo discutere, insomma, sottraendoci ai limiti imposti dalle vicende politiche di tutti i giorni. Questo per noi è la costruzione della Sinistra europea.


    C'è chi ragiona in un altro modo. E vede un legame fra progetti e contingenza politica. «Europa», per esempio, il giornale di Rutelli, scrive che il partito democratico va fatto prima del previsto perché c'è il rischio che Prodi cada. E una crisi senza partito riformista sarebbe pericolosa. Come commenti?

    Che non sono d'accordo. Soprattutto sulla filosofia che c'è dietro queste parole. Può dirle solo chi tende a far coincidere nuovi soggetti politici con l'idea del governo. Ma non credo che sia la strada giusta. Un partito, una formazione si costruisce con un'idea del mondo, con una percezione, un angolo di visuale della società. Questo è il nostro metodo.


    L'ultima cosa. La crisi, la sua nascita e la sua conclusione, come la racconti tu è molto diversa dalla crisi raccontata in questi giorni dai quotidiani. Dai grandi quotidiani nazionali. Che idea ti sei fatta dei media in questo passaggio?

    Non credo di dire nulla di originale se spiego che i media, i grandi quotidiani registrano soggettività politiche precise. Quelle di chi, da tempo, chiede di ridimensionare il nostro ruolo, il nostro peso. Ci hanno provato anche stavolta, mi pare evidente. Ma - come dire? - Rifondazione ha davvero la pelle dura.

  6. #6
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    Sull' "allontanamento" di Turigliatto

    Scritto da FalceMartello

    Con un voto a maggioranza, 14 favorevoli e 6 contrari (Alessio Vittori, rappresentante della quinta mozione, i 2 compagni dell’area di Sinistra Critica, i 2 compagni che fanno riferimento alla mozione 3 dello scorso Congresso e la compagna Susanna Angeleri che, come Giannini e Pegolo, fa parte dell’area Essere Comunisti), la Commissione Nazionale di Garanzia del PRC ha ratificato l’allontanamento dal Partito del compagno Franco Turigliatto.
    Pubblichiamo la dichiarazione da noi sostenuta, contraria all'allontanamento.

    Il nostro voto contrario all'allontanamento dal Partito del compagno Turigliatto è motivato dalla convizione che, in presenza di un diverso orientamento rispetto a quello del gruppo al Senato, le dimissioni presentate dal compagno Turigliatto siano sufficienti a risolvere il caso che si è venuto a creare e ad evitare che possa ripetersi in futuro.
    Crediamo inoltre che una misura così drastica, come quella dell'allontanamento dal Partito, serva esclusivamente per nascondere i nodi politici che si stanno accumulando con la partecipazione del nostro Partito ad un governo sempre più orientato verso politiche antipopolari che, in ultima analisi, non potranno che indebolire ulteriormente il radicamento del Partito all'interno della nostra classe di riferimento.

    Susanna Angeleri
    Alessio Vittori
    Alì Ghaderi
    Maurizio Minghetti
    (CNG del PRC)

    Leggi anche:
    http://www.marxismo.net/content/view/2224/104/

  7. #7
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    Predefinito [campo antimperialista]R.Massari

    FORCHETTONI ROSSI
    Dissidenti in mutande, di Roberto MassariRiceviamo e pubblichiamo queste severe note, in particolare verso Franco Turigliatto, vergognosamente espulso dal PRC. La solidarieta’ da noi espressa a Franco non riduce ma accresce il nostro sdegno verso la sua decisione di votare la fiducia verso il governo Prodi. Una fiducia che cancella il suo operato precedente e rende la sua linea di condotta francamente pittoresca. Tanto valeva andare fino in fondo, con coerenza.
    «Mi scuso con i compagni e le compagne, ma devo rettificare un errore di calcolo (in realtà di valutazione) compiuto dopo la caduta del governo Prodi. Dissi allora che i Forchettoni rossi (cioè i deputati e i senatori eletti per Prc, Pdci e Verdi) erano scesi a 108, prendendo per buona l'assenza dal voto dei senatori Rossi e Turigliatto. Invero, dicevo anche che un voto contro o un'astensione da parte di questi due avrebbero avuto un maggiore valore etico, politco e simbolico, ma visto quel che passa il convento...
    Ebbene, i Forchettoni rossi tornano ad essere 110 e tutti peggio di prima. Sì, anche i due "dissidienti" confermano la loro fiducia a un governo imperialistico peggiore di quello di prima. Un governo che nei 12 punti ha blindato le cose più reazionarie che nell'immediato si possano proporre, tra le quali il proseguimento dell'aggressione all'Afghanistan, la Tav e la nuova base aerea di Vicenza. Il secondo Prodi è ancora più a destra del primo e chi lo sostiene è ancor più complice di prima. Non fatevi ingannare dalle dicharazioni rifondarole di voler tornare nelle piazze per... sorreggere il governo.
    Nel caso di Turigliatto la cosa è ancor più grave per due ragioni: 1) Non stando più in Rifondazione non ha più la "scusante morale" della disciplina di partito. Se quindi vota per Prodi lo fa profondamente convinto nel proprio intimo o per disciplina nei confronti del suo vero partito (la Quarta internazionale) che si trova così ad essere corresponsabile moralmente dell'operato complessivo d questo governo di guerra e di rapina . 2) Ci prende per il culo dicendo che però non voterà per l'Afghanistan, proprio quell'Afghanistan che campeggia tra
    i 12 punti. E che gliene frega a Prodi che lui non voterà l'Afghanistan? Per quello ricorrerà tranquillamente ai voti dei senatori a vita (che su quel tema Napolitano lascerà liberi d'essere decisivi col proprio voto), di esponenti del centro destra e fascisti sparsi. Anzi, se l'offensiva di primavera ci sarà effettivamente e qualche mercenario italiano ci lascerà la pelle, assisteremo a un voto bipartisan, cioè tutti uniti - dalla destra fascista a quella rifondarola. A quel punto, che manchi il voto di Turigliatto - che comunque aveva votato a favore la prima volta e non ne fa ora la benché minima autocritica - non avrà la benché minima conseguenza.
    Quindi 110. Mi raccomando di tenerne nota, perché una cifra simile non s'era mai vista. Tempi duri per chi è onesto e lucido (lasciamo perdere il "rivoluzionario" perché non è proprio il momento...»
    Roberto Massari

 

 

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