Anche 13 senatori chiedono lo stp alla campagna pubblicitaria Spot di Dolce&Gabbana, attacco della Cgil Il sindacato: «Messaggio di violenza e sopraffazione nei confronti delle donne». Scuse ufficiali o l'8 marzo sarà sciopero dei consumi
MILANO - Prima un'associazione spagnola per la difesa delle donne, poi Amnesty, ora la Cgil. E infine anche un gruppo di 13 senatori. Si allarga il fronte di chi si schiera contro la pubblicità di Dolce e Gabbana ( ■ Guarda) e sottolinea che i due stilisti dovrebbero chiedere scusa a tutte le donne. Nel manifesto è rappresentato un uomo a torso nudo che tiene una donna inchiodata a terra per i polsi, mentre lei cerca di divincolarsi e altri uomini osservano impassibili la scena. «La moda - afferma il segretario generale della Filtea-Cgil Valeria Fedeli - è innanzitutto cultura, etica, e veicolo di trasmissione di valori, sogni emozioni. È vergognoso che Dolce & Gabbana veicolino un messaggio di violenza e sopraffazione nei confronti delle donne. Quel manifesto dovrebbe scomparire e gli stilisti devono chiedere scusa a tutte le donne. Se ciò non avverrà, l'8 marzo le donne proclameranno uno sciopero degli acquisti dei capi di Dolce & Gabbana».
SENATORI - «Chiediamo che Dolce e Gabbana ritiri la pubblicità o che l'azienda sia richiamata al rispetto delle regole». È quanto scrivono tredici tra senatrici e senatori dell'Ulivo e di Forza Italia, prima firmataria Vittoria Franco, presidente della commissione Cultura e responsabile nazionale delle Donne Ds, al Giurì per l'autodisciplina pubblicitaria, Umberto Loi, in relazione alla nuova campagna pubblicitaria dei due stilisti italiani. La lettera è sottoscritta dai senatori dell'Ulivo Albertina Soliani, Anna Maria Carloni, Silvana Amati, Colomba Mongiello, Fiorenza Bassoli, Massimo Livi Bacci, Beatrice Magnolfi, Anna Maria Serafini, Carlo Fontana, dal vicepresidente del gruppo Luigi Zanda e da Laura Bianconi e Maria Burani Procaccini di Forza Italia. «Desideriamo sottoporre al vaglio del suo giudizio la pubblicità di Dolce e Gabbana che compare in questi giorni su alcuni organi di stampa - spiegano i tredici senatori nella lettera al Giurì - La pubblicità rappresenta in maniera non allusiva una vera e propria istigazione allo stupro di gruppo: una donna sofferente a terra e tre uomini sulla cui funzione l'immagine non lascia dubbi. Siamo sconcertati e offesi poichè essa va molto oltre la concezione della donna come oggetto che il più delle volte ricorre nelle immagini pubblicitarie»
AMNESTY - La campagna pubblicitaria di Dolce e Gabbana «rischia di rappresentare un'apologia dell'uso della violenza nei confronti delle donne ed è un contributo inaccettabile dei due stilisti alla vigilia della Giornata internazionale della donna». È la denuncia della sezione italiana di Amnesty International, che auspica il ritiro della pubblicità, come già avvenuto in Spagna. Dice il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury: «Dal 2004 la nostra associazione conduce la campagna mondiale "Mai più violenza sulle donne", per fermare un fenomeno che colpisce in molti Paesi due donne su tre e da cui l'Italia non è affatto immune, come denunciato dall'ultimo rapporto Istat». E aggiunge: «Il diritto delle donne a vivere libere dall'incubo della violenza ha bisogno di tutto, meno che di immagini come quelle di Dolce e Gabbana».
GLI STILISTI: ALLORA CHIUDETE MUSEI - Anche le fotografie, e quindi le campagne pubblicitarie, sono una forma d'arte e rientrano nel grande tema della libertà artistica: così rispondono dalla casa di moda Dolce & Gabbana, nel pieno della polemica sulla loro pubblicità. Se si entra nel merito di un'opera d'arte, se si discute della liceità di un'immagine a partire dal suo messaggio, «allora bisognerebbe chiudere anche il Louvre - aveva detto Stefano Dolce durante la polemica per la stessa pubblicità in Spagna - e la maggior parte dei musei del mondo». Si tratta di una polemica retrograda, quindi, quella contro le fotografie. Tra l'altro - fanno notare dalla casa di moda - la donna nell'immagine non ha affatto un'aria sofferente.