Originariamente Scritto da
benfy
Con l’arma dei Dico volevano affossare Prodi e partito democratico"
Intervista a Rosy Bindi
UGO MAGRI
Ministro Bindi, come ci si sente dopo esser finiti al rogo per colpa dei Dico?
«Le peggiori ustioni non me le ha date il giudizio della Chiesa. Dalla quale, personalmente, non mi sono sentita processata».
Che cosa l'ha scottata? «L'enorme mistificazione che si è consumata durante questa crisi. A un certo punto sembrava che l'avessi causata io...».
Lei?
«Sì. Tutti sanno che la turbolenza è nata dalla politica estera e dalla base di Vicenza. Invece è stato fatto credere che il motivo vero per cui il governo era caduto dipendeva dal disegno di legge sui Dico. Non solo».
Che altro?
«La stessa soluzione della crisi. Anziché attribuirne il merito ai 12 punti presentati da Prodi e al senso di responsabilità dell'Ulivo e della sinistra radicale, qualcuno l'ha collegata all'assenza dei Dico dal programma».
In effetti mancano. Tanto che lei, ministro, con una battuta li ha ribattezzati «Direi»...
«Li ho messi al condizionale perché il Parlamento ci lavorerà sopra. Però i Dico non deraglieranno. Sono sui binari giusti».
Insiste?
«Il governo ha fatto niente più del proprio dovere. Su richiesta di due mozioni parlamentari ha recepito con grande equilibrio le famose 7 righe del programma dell'Unione sulle coppie di fatto. E ha affidato il testo alle Camere dichiarando che mai avrebbe messo la fiducia, perché non vogliamo un bipolarismo etico. Ne è testimone il senatore Andreotti».
Belzebù?
«Sono andata da lui dopo il voto di fiducia, e gli ho chiesto: "Presidente, quando posso parlare con lei?". Ritengo possibile ragionare e spiegarsi con tutti. Ecco perché mi brucia questa strumentalità».
Di chi?
«Di quanti hanno provato a fare del male a questo governo e al Partito democratico servendosi di un'arma impropria».
Con quale obiettivo?
«Speravano di far cadere Prodi per passare a maggioranze diverse».
Mastella?
«No, lui non ha mai pensato di far cascare il governo. Semmai vorrebbe far passare come merito suo quella disponibilità al dialogo che era già nelle cose».
A chi si riferisce, allora?
«Via, s'è capito: ai cosiddetti teo-dem».
Volevano affossare Prodi?
«Si sono prestati. Dopo le dimissioni del governo la prima dichiarazione della senatrice Binetti è stata: "Ritiriamo i Dico e cambiamo maggioranza”».
I teo-dem contro i Dico non sono una sorpresa...
«No, guardi: quando il disegno di legge ha visto la luce, i loro commenti erano positivi. Parlavano di testo migliorabile. E' stato dopo, a crisi aperta, che hanno detto: se ne esce solo se si ritira il ddl. Un comportamento che mi addolora e mi indigna».
Al rogo mandiamo la Binetti?
«Per formazione io non mando tra le fiamme nessuno. Semmai aspetto al varco coloro che parlano di colpo inflitto alla famiglia. A parte che, da questo punto di vista, i Dico andrebbero benedetti...».
Addirittura.
«Non si è mai parlato così tanto di famiglia. Se dai 12 punti di Prodi una politica esce rafforzata, è proprio quella per la famiglia: asili nido, assegni familiari, casa. Ma ora che i "Dico" sono diventati "Direi", li voglio proprio vedere i critici quanto si impegneranno a superare la crisi della famiglia. Domando: questa cultura che idolatra soldi e ha l'ossessione del corpo, svalutando la gioia e il sacrificio di un legame stabile e di crescere i figli, è frutto del nostro ddl, o di un modello di società?».
La Chiesa vi contesta di aver riconosciuto dei diritti gay...
«Esiste una realtà umana che si chiama omosessualità. Sono sicura che la Chiesa non pensa di avere risolto il problema predicando la castità, valore che io personalmente apprezzo. Di certo, alla castità non può affidarsi lo Stato. E anche per questo vogliamo una legge giusta che sui diritti e i doveri non discrimini le persone».
Difende lo Stato laico?
«Da cattolica, assolutamente sì. Chi pensa di rinchiudere Dio nel recinto di una religione civile, o di affidare la forza del Vangelo a una legge dello Stato, corre un rischio grave. Di alimentare la reazione laicista che mira a estromettere la religione dalla dimensione pubblica. Come se la nostra democrazia non avesse un cemento spirituale, e la dignità della persona non si fondasse sulla sua trascendenza».
Consiglia ai vescovi di cucirsi la bocca?
«Tutt'altro. Ma il contributo di cui abbiamo più bisogno è di tipo pastorale. Di educazione all'amore responsabile, alla fedeltà coniugale, all'uso corretto della sessualità... Se siamo in queste condizioni, forse la stessa comunità cristiana dovrebbe fare un po' di autocritica. E rimboccarsi le maniche».