Un Garante da buttare
RICCARDO BARENGHI
Silvio Sircana non sa cosa farà in futuro, un futuro prossimo. Non sa se resterà al suo posto di portavoce unico del governo oppure se si dimetterà. Lo dice a tutti coloro con i quali parla in questi giorni amari, spiegando anche che sarebbe meglio se quella famigerata foto fosse stata pubblicata. Dice anche che per ora è rimasto al suo posto per seguire il sequestro di Daniele Mastrogiacomo, che conosce da quando erano ragazzi e che, naturalmente, spera di rivedere presto sano e salvo. Dopo di che, deciderà. Forse non reggerà a lungo in una posizione tanto delicata, soprattutto quando tutti sanno che la foto che ritrae la sua macchina accanto a una prostituta (transessuale o donna non si sa, dall’immagine non si distingue e non è così fondamentale) gira nelle redazioni dei giornali. E se anche non venisse pubblicata, lui e tutti i giornalisti con i quali deve avere rapporti istituzionali sanno che c’è. Sa soprattutto, Sircana, che si tratta di un’arma di ricatto tanto implicita quanto micidiale. Ovviamente è una decisione che spetta a lui, ma se alla fine decidesse di lasciare non gli si potrebbe dar torto: la sua immagine, per come si valuta oggi l’immagine, non ne esce certamente più limpida. E con la sua, quella del governo e del premier che rappresenta.
Ma per quanto ci riguarda, pensiamo che lui non abbia fatto nulla di tanto grave. Come milioni e milioni di italiani, che magari di giorno si trasformano in ipocriti moralisti, si è lasciato tentare da un’avventura notturna di sesso a pagamento. C’è andato da solo, con la sua macchina privata, come un uomo qualsiasi, non ha usato il suo potere per ottenere chissà quali favori da chissà quale donna o uomo o trans bella e famosa. Sono insomma fatti suoi, anzi sarebbero fatti suoi se qualcuno in cerca di soldi non lo avesse sorpreso e fotografato e non fosse stato intercettato al telefono. Così Sircana è finito in quell’inchiesta che, tra improprie fughe di verbali, sta comunque svelando lo sporco gioco di una banda di ricattatori. Si può discutere sull’opportunità che un uomo che ricopre un ruolo pubblico e così delicato come quello di Sircana non resista a queste tentazioni, e magari avrebbe fatto meglio a resistere. Si può stigmatizzare il fatto che moltissimi uomini vadano a puttane. Ma non si può sostenere che chi ci è andato non possa fare il portavoce, il parlamentare, il ministro, il manager, il direttore di giornale. Altrimenti si rischierebbe di decimare la nostra classe dirigente.
Dunque Sircana, per quanto ci riguarda, potrebbe restare al suo posto. Chi invece al suo posto non dovrebbe restare è un personaggio che ricopre un altro ruolo delicato, ossia il Garante per la privacy, Francesco Pizzetti. E non a causa di qualche suo comportamento privato e moralmente disdicevole, di cui nulla sappiamo e non ci interessa minimamente sapere. Ma proprio per i suoi atti pubblici, anzi il suo atto pubblico. Quello con cui inasprisce le pene per chi pubblica notizie irrilevanti (secondo lui) che riguardano la sfera privata e sessuale delle persone (anzi personaggi). Se solo Pizzetti avesse emanato il suo diktat quando sotto i riflettori e sui giornali finivano persone meno importanti di Sircana, avremmo potuto discutere nel merito del provvedimento. Se cioè fosse giusto o sbagliato, se le pene fossero troppo leggere o pesanti.
Invece Pizzetti ha fatto finta di niente, lui che doveva garantire la privacy non si curava della privacy di tanta gente. Molti di loro, come Sircana, non colpevoli di nulla (se non di farsi gli affari loro, ovviamente sessuali, che sennò non c’è notizia). Ma vittime, come Sircana, di un tentativo di estorsione. Niente, il Garante non c’era e se c’era dormiva. Si è svegliato solo al momento giusto (per lui), quando cioè sotto tiro era finito il portavoce del presidente del Consiglio. Evidentemente Pizzetti ha letto La fattoria degli animali di Orwell, cioè la parodia dello stalinismo in cui «tutti gli animali sono uguali, ma i maiali sono più uguali». Peccato solo che non ne abbia colto il sarcasmo.
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