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Discussione: annus horribilis

  1. #11
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    Predefinito cervellus horribilis


  2. #12
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    Predefinito cervellus horribilis

    Ultima modifica di costantino; 22-02-10 alle 23:19

  3. #13
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    Predefinito Rif: annus horribilis

    w il camerazzo Bocca
    Giorgio Bocca ed il neofascismo. | Non porgiamo l'altra guancia

    O/

    Giorgio Bocca (La Provincia Granda, 4 agosto 1942):

    “Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea, in un tempo non lontano, essere lo schiavo degli ebrei?”.
    Ultima modifica di costantino; 22-02-10 alle 23:22

  4. #14
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    Predefinito Rif: annus horribilis

    Intellettuali e personalità che pubblicamente sostennero le leggi razziali

    I più noti sono:

    Giacomo Acerbo
    Dino Alfieri
    Giorgio Almirante
    Ermanno Amicucci
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    Gaetano Azzariti
    Pietro Badoglio
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  5. #15
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    Predefinito Rif: annus horribilis

    Citazione Originariamente Scritto da Articolo di apertura Visualizza Messaggio

    "I fascisti al governo"

    "Da ex partigiano che quando combatteva i nazisti si sentiva invincibile complice la giovane età, ora deve assistere, registrare, che gli sforzi della sua generazione sono andati perduti."

    "la sinistra italiana non esiste più."

    "Tornerà il fascismo? Tranquilli, un po' è già tornato. "

    ...possiamo contarci...?
    "I sogni sono i nostri violini segreti"
    "Si j'avance, suivez moi. Si je recule, tuez moi. Si je meurs, vengez moi!"

  6. #16
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    Predefinito Rif: annus horribilis

    Citazione Originariamente Scritto da NicolòBobadilla Visualizza Messaggio
    ...possiamo contarci...?

    Certo, lui si che se ne intende di fascismo.


    Documenti dell'odio giudaico.
    «I 'Protocolli' dei Savi di Sion»


    Sono i «Protocolli dei Savi di Sion» un documento dell'internazionale ebraica contenente i piani attraverso a cui il popolo ebreo intende giungere al dominio del mondo.
    La logica costruzione del testo trae ragione e causa da un esame critico e profondo della realtà del mondo e della natura umana.
    Non vi sono perciò ragionamenti aprioristici ed astratti, ma solo studio, critica, deduzione e, come ultimo risultato, la proposizione.
    Il povero «gojm» o «gentile» così il testo chiama i non ebrei, leggendo quei «Protocolli» rimane al tempo stesso stupito ed atterrito.
    Anche se è in grado di sceverare da ciò che ha effettivo valore tutto quello che può essere enfasi ieratica o presunzione propria di chi si crede prediletto da Dio, il lettore ariano rimane impressionato dinanzi ad un opera così macchinosa e gigantesca, così ammalata di criminalità con tanta tenacia e spaventosa perseveranza condotta attraverso ai secoli da esseri che si sono sempre tenuti nell'ombra ed al riparo di propizi paraventi.
    Il testo, dopo aver enunciato il principio che diritto è uguale a forza, descrive i mezzi ed indica i risultati a cui il popolo ebreo è già arrivato e quali mete dovrà ancora raggiungere per possedere il monopolio della forza, cioè del diritto, cioè del dominio del mondo.
    In questo intento il popolo eletto, sparsosi per volontà di Dio in tutte le parti del mondo, ha lottato e lavorato per allontanare i «gentili» sempre più da una visione realistica della vita, per gettarli in braccia all'utopia, per indebolire la forza dei loro governi e per carpire nel frattempo le loro sostanze per mezzo della speculazione.
    Lungo tempo è durata la preparazione consistente nella formazione di un reticolo capillare, unito negli intenti e potente nella finanza; quindi ha avuto inizio l'opera di dissolvimento.
    I primi ostacoli da abbattere erano le due forze dell'aristocrazia e del clero.
    Gli ebrei preparano la rivoluzione francese; l'aristocrazia cade nelle loro mani per mezzo del denaro, il clero viene combattuto e discreditato per mezzo della critica e della stampa.
    Il malgoverno da essi prodotto stanca e disgusta il popolo.

    Gli ebrei lanciano allora il grido: «Libertà, eguaglianza, fratellanza».
    La massa illusa e piena di speranza abbatte le solide istituzioni e prepara il campo a quelle forme di governo liberali e democratiche in cui gli ebrei, padroni dell'oro, divengono i dominatori.
    Dice il testo: «Abbiamo trasformato i loro governi in arene dove si combattono le guerre di partito» e più oltre «l'abuso di potere da parte dei singoli farà crollare tutte le istituzioni».
    Un gran passo è già stato fatto, ma altre forze sono ancora da abbattere: la famiglia e la religione. Menti ebraiche preparano allora e confezionano per i veramente ingenui «gentili» un'altra più affascinante utopia: il collettivismo.
    Cervelli ebraici dirigono la rivoluzione bolscevica, banchieri ebraici la finanziano.
    Dice il testo: «Lasceremo che cavalchino il corsiero delle vane speranze di poter distruggere l'individualità umana».
    Quando non esisteranno più nerbi di forza che si possano opporre, quando i popoli saranno esasperati dal fallimento di queste teorie e delle forme di governo che ne sono la conseguenza, allora, con la forza del denaro, gli ebrei imporranno la loro autocrazia, solida, forte e decisa, unita nella persona del monarca del sangue di Davide, imperniata sulla divisione gerarchica delle caste.
    Non tutti i «gentili» - per sfortuna degli ebrei - sono stati però degli «ingenui» o «zucche vuote» come essi amano chiamarli.
    Anche essi, o almeno una parte di essi ha saputo guardare il viso non amabile forse, ma pur tuttavia
    immutabile, della realtà.
    Un colpo tremendo deve aver subito il cuore ebreo nel vedere sorgere un movimento, quale quello fascista che denunciava la inconsistenza pratica della parola libertà nel campo politico dove gli uomini sono in tal modo costrutti da trasformare la libertà loro accordata in anarchia.
    Una rabbia immensa deve aver riempito il cuore degli anziani di Sion, nel sentire dei non ebrei dire che il comunismo è un utopia irraggiungibile e che le sue applicazioni pratiche sono costruzioni meccaniche e crudeli dove milioni di schiavi lavorano per una minoranza di dirigenti (ebrei).

    L'odio di chi vede svelati i suoi piani è enorme, l'odio di chi vede rovinati i propri piani è tremendo.
    Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra attuale.
    La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della Russia; in realtà sarebbe una vittoria degli ebrei.
    A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l'idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei?
    E' certo una buona arma di propaganda presentare gli ebrei come un popolo di esseri ripugnanti o di avari strozzini, ma alle persone intelligenti è sufficiente presentarli come un popolo intelligente, astuto, tenace, deciso a giungere, con qualunque mezzo, al dominio del mondo.
    Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell'Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù.

    Giorgio Bocca

  7. #17
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    Predefinito Rif: annus horribilis

    Citazione Originariamente Scritto da Schwerpunkt Visualizza Messaggio
    [B]L'ultimo libro di Giorgio Bocca

    "Tornerà il fascismo? Tranquilli, un po' è già tornato. La formazione in atto del nuovo regime la capisci dall'astio, dalla voglia di diffamazione, dal desiderio incontenibile di mettere a tacere chi si oppone al nuovo ordine. Nel rinnovato ma eterno fascismo c'è anche il disprezzo per la ragione pacata sostituita dalla ragione di chi urla più forte, la cagnara che imperversa ogni sera nei dibattiti televisivi dove i sostenitori del sultano si piazzano nelle prime file e su istruzioni dei capibastone del padrone urlano come cagnacci rabbiosi, impediscono agli altri di parlare."[/I]

    Annus horribilis - Rubicondo
    Che schifo di personaggio. I comunisti sono anche degni di rispetto, perlomeno umanamente. Ma la gentaglia come questo qua, eredi del peggior cieco astio misantropico-narcisistico azionista, privi di una benchè minima idea politica propositiva ma imperniati unicamente sull'odio manicheo in stile crociano fanno proprio cadere le braccia.
    Ultima modifica di Astolfo; 22-02-10 alle 23:54
    "Il copione teatrale dell’anti-italiano consiste nell’attribuire all’intera collettività nazionale i difetti specifici ed irripetibili della propria canagliesca personalità individuale, con in più l’ipocrisia del tirarsene fuori" (Costanzo Preve)

  8. #18
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    Predefinito Rif: annus horribilis

    Giorgio Bocca una vita da servo: Prima del Fascismo, poi della Repubblica delle banane...
    "Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)

  9. #19
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    Predefinito Rif: annus horribilis

    Cosa scriveva Giorgio Bocca
    EFFEDIEFFE
    25/02/2007
    Giorgio Bocca

    Un lettore, che ringraziamo, ci manda il seguente «pezzo» relativo alla rinnovata polemica
    con Gianpaolo Pansa ed il revisionismo in generale.
    «Coerente con le sue posizioni di sempre»: la frase è presa da un giudizio su di lui nel corso di un'intervista - pubblicata su Il Corriere della Sera il 21 dicembre 2006 - in cui si scagliava contro i revisionisti.
    Inoltre, nella presentazione di Bocca come autore del libro «Il provinciale», Mondadori, 1991, è scritto che Giorgio Bocca, «nel foglio di Giustizia e Libertà ha fatto, nell'immediato dopoguerra, i primi passi da giornalista».
    Entrambe le citazioni tra virgolette sono false, perchè sono dimenticati i numerosi articoli - uno dei quali è qui riprodotto - che durante la guerra (e fino al 1943) il Bocca ebbe la soddisfazione di veder stampati in prima pagina de «La Provincia granda - Sentinella d'Italia», Foglio d'ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo.
    In data 14 agosto 1942 Giorgio Bocca scriveva sul citato giornale

    Documenti dell'odio giudaico.
    «I 'Protocolli' dei Savi di Sion»

    Sono i «Protocolli dei Savi di Sion» un documento dell'internazionale ebraica contenente i piani attraverso a cui il popolo ebreo intende giungere al dominio del mondo.
    La logica costruzione del testo trae ragione e causa da un esame critico e profondo della realtà del mondo e della natura umana.
    Non vi sono perciò ragionamenti aprioristici ed astratti, ma solo studio, critica, deduzione e, come ultimo risultato, la proposizione.
    Il povero «gojm» o «gentile» così il testo chiama i non ebrei, leggendo quei «Protocolli» rimane al tempo stesso stupito ed atterrito.
    Anche se è in grado di sceverare da ciò che ha effettivo valore tutto quello che può essere enfasi ieratica o presunzione propria di chi si crede prediletto da Dio, il lettore ariano rimane impressionato dinanzi ad un opera così macchinosa e gigantesca, così ammalata di criminalità con tanta tenacia e spaventosa perseveranza condotta attraverso ai secoli da esseri che si sono sempre tenuti nell'ombra ed al riparo di propizi paraventi.
    Il testo, dopo aver enunciato il principio che diritto è uguale a forza, descrive i mezzi ed indica i risultati a cui il popolo ebreo è già arrivato e quali mete dovrà ancora raggiungere per possedere il monopolio della forza, cioè del diritto, cioè del dominio del mondo.
    In questo intento il popolo eletto, sparsosi per volontà di Dio in tutte le parti del mondo, ha lottato e lavorato per allontanare i «gentili» sempre più da una visione realistica della vita, per gettarli in braccia all'utopia, per indebolire la forza dei loro governi e per carpire nel frattempo le loro sostanze per mezzo della speculazione.
    Lungo tempo è durata la preparazione consistente nella formazione di un reticolo capillare, unito negli intenti e potente nella finanza; quindi ha avuto inizio l'opera di dissolvimento.
    I primi ostacoli da abbattere erano le due forze dell'aristocrazia e del clero.
    Gli ebrei preparano la rivoluzione francese; l'aristocrazia cade nelle loro mani per mezzo del denaro, il clero viene combattuto e discreditato per mezzo della critica e della stampa.
    Il malgoverno da essi prodotto stanca e disgusta il popolo.

    Gli ebrei lanciano allora il grido: «Libertà, eguaglianza, fratellanza».
    La massa illusa e piena di speranza abbatte le solide istituzioni e prepara il campo a quelle forme di governo liberali e democratiche in cui gli ebrei, padroni dell'oro, divengono i dominatori.
    Dice il testo: «Abbiamo trasformato i loro governi in arene dove si combattono le guerre di partito» e più oltre «l'abuso di potere da parte dei singoli farà crollare tutte le istituzioni».
    Un gran passo è già stato fatto, ma altre forze sono ancora da abbattere: la famiglia e la religione. Menti ebraiche preparano allora e confezionano per i veramente ingenui «gentili» un'altra più affascinante utopia: il collettivismo.
    Cervelli ebraici dirigono la rivoluzione bolscevica, banchieri ebraici la finanziano.
    Dice il testo: «Lasceremo che cavalchino il corsiero delle vane speranze di poter distruggere l'individualità umana».
    Quando non esisteranno più nerbi di forza che si possano opporre, quando i popoli saranno esasperati dal fallimento di queste teorie e delle forme di governo che ne sono la conseguenza, allora, con la forza del denaro, gli ebrei imporranno la loro autocrazia, solida, forte e decisa, unita nella persona del monarca del sangue di Davide, imperniata sulla divisione gerarchica delle caste.
    Non tutti i «gentili» - per sfortuna degli ebrei - sono stati però degli «ingenui» o «zucche vuote» come essi amano chiamarli.
    Anche essi, o almeno una parte di essi ha saputo guardare il viso non amabile forse, ma pur tuttavia
    immutabile, della realtà.
    Un colpo tremendo deve aver subito il cuore ebreo nel vedere sorgere un movimento, quale quello fascista che denunciava la inconsistenza pratica della parola libertà nel campo politico dove gli uomini sono in tal modo costrutti da trasformare la libertà loro accordata in anarchia.
    Una rabbia immensa deve aver riempito il cuore degli anziani di Sion, nel sentire dei non ebrei dire che il comunismo è un utopia irraggiungibile e che le sue applicazioni pratiche sono costruzioni meccaniche e crudeli dove milioni di schiavi lavorano per una minoranza di dirigenti (ebrei).

    L'odio di chi vede svelati i suoi piani è enorme, l'odio di chi vede rovinati i propri piani è tremendo.
    Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra attuale.
    La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della Russia; in realtà sarebbe una vittoria degli ebrei.
    A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l'idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei?
    E' certo una buona arma di propaganda presentare gli ebrei come un popolo di esseri ripugnanti o di avari strozzini, ma alle persone intelligenti è sufficiente presentarli come un popolo intelligente, astuto, tenace, deciso a giungere, con qualunque mezzo, al dominio del mondo.
    Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell'Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù.

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  10. #20
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    Predefinito Rif: annus horribilis

    SCAMBIO DI VELENI DAL LIBRO “LA GRANDE BUGIA - LE SINISTRE ITALIANE E IL SANGUE DEI VINTI” (SPERLING & KUPFER)
    Estratto dal libro 'La grande bugia', in cui Pansa attacca il collega-rivale Bocca
    «Di Giorgio Bocca», dissi a Emma, «immagino che i nostri eventuali lettori sappiano quasi tutto, no?»«Mi stupisce che ne sia così sicuro», replicò lei. «Per esempio, io so soltanto che è un giornalista e uno scrittore, anche se non ho letto nessuno dei suoi libri…»
    «Avevo ragione a considerarla la mia spalla ideale in questa impresa!» esclamai sorridendo. «Dunque, diamo a Giorgio quel che è di Giorgio. Nato a Cuneo, classe 1920, anche lui come Aniasi è stato un comandante partigiano, ma di Giustizia e Libertà, le formazioni del Partito d’Azione, medaglia d’argento della Resistenza, uno dei grandi del giornalismo italiano, autore di libri che lei non avrà letto, ma che hanno avuto successo.»

    «È stato anche un mio maestro professionale, di quelli indiretti e, dunque, i più ammirati: li leggi da ragazzo, con la matita in mano per prendere appunti, nella speranza di diventare come loro e, chissà, di superarli. Abbiamo lavorato insieme al ‘Giorno’: lui da inviato numero uno, io da piccolo inviato in Lombardia. Poi alla ‘Repubblica’ di Eugenio Scalfari. E infine all’‘Espresso’. Ma collocandoci su posizioni sempre più distanti.»

    «In che senso? Mi spieghi meglio», m’invitò Emma. «Prima devo farle una breve premessa. Quasi tutti gli esseri umani sono contraddittori. Cambiano opinione. Compiono azioni spesso molto in contrasto fra loro. Mutano idea sulle grandi come sulle piccole faccende. Noi giornalisti, a volte, viviamo di contraddizioni più degli altri, poiché il mestiere ci costringe a dire sempre in che modo vediamo le cose di questo mondo. Bene, Bocca non è stato soltanto un campione della carta stampata: è stato anche, e lo è ancora, un campionissimo delle contraddizioni.»

    «Su questo terreno, l’Uomo di Cuneo ha battuto tutti. E si è rivelato anche un mago nel tentativo di far dimenticare le sue continue mutazioni. Ossia nel far sparire dalla memoria del pubblico il Bocca di ieri, per portare alla ribalta un altro Bocca, quello del momento, di oggi, in vista del Bocca di domani.»

    «Oggi è un antifascista d’acciaio, ma prima di fare il partigiano è stato un fascista scaldato e anche un razzista antisemita. Oggi è tra i più aspri nemici di Silvio Berlusconi, ma ha lavorato per la televisione del Cavaliere e con ottimi contratti: ‘L’ho fatto per i soldi’, ha spiegato in un’intervista a Oreste Pivetta per ‘l’Unità’ del 14 marzo 2006. Oggi è antileghista, ma ha tifato per la Lega di Umberto Bossi: li chiamava i nuovi partigiani. Oggi difende i post-comunisti, ma è stato un loro avversario molto polemico. E sempre con lo stesso stile umano. Mi limito a definirlo sprezzante, e non voglio dire di più.»

    «Provi invece a dirlo», mi sollecitò Emma. «Nei tanti mutamenti, l’Uomo di Cuneo ha sempre conservato intatto un connotato, quello iniziale, di quando era un giovane fascista: il carattere arrogante, del tipo pronto a manganellare con le parole chi non la pensa come lui o lo disturba con articoli e libri che lui non è in grado di scrivere. Con il passare degli anni, è diventato un vecchio signore che vuole sempre azzannare e farsi temere. Anche se il suo morso non fa più male.»

    «Davvero ha definito i leghisti di Bossi i nuovi partigiani?» si stupì Emma. «Questo proprio non me lo ricordo. E le confesso che mi sembra incredibile.»«L’ha fatto, ne sia certa. Nel giugno 1993, quando i leghisti conquistarono il comune di Milano, Bocca spiegò a Renzo Rosati, di ‘Panorama’: ‘La Lega mi ricorda noi partigiani quando scendemmo dalle montagne’.»

    «E sempre quell’anno, travolto da una confusione totale di epoche storiche e di personaggi, si spinse ancora più in là. Dicendo dei leghisti: ‘Loro sì che, per certi aspetti, mi rammentano i militanti del Partito d’Azione. Hanno una visione anglosassone della società. E una mentalità pragmatica, laico-protestante, quasi giansenista: non molto distante da quella dei Norberto Bobbio e dei Vittorio Foa di cinquant’anni fa’.»«Una cantonata», sorrise Emma. «Vedo che lei me la cita con gusto. Ne ricavo l’impressione che non siate mai stati amici…»

    «Sì, è così. In gioventù ho sperato di esserlo, ma non ci sono riuscito, e ne sono contento. L’Uomo di Cuneo è l’esatto contrario del tipo generoso. Per lui, gli altri contano meno di nulla. Il suo mondo professionale ha sempre avuto un solo abitante con diritto di parola: lui stesso. L’ho scoperto presto e mi sono ben guardato dal bussare per esservi ammesso. Del resto, siamo sempre stati molto diversi. E anche lontani su alcune questioni che nel nostro mestiere hanno pesato molto.»

 

 
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