Basta distrazioni l’anello debole sono le tasse

Il Polo non deve dimenticarsi: Prodi si batte sulle tasse

La cdl ha lasciato terreno al governo, che dopo la stangata, ora parla di sgravi


Di Oscar Giannino
Tratto da Quotidiano Libero, Giovedì 15 Marzo 2007, pagg. prima e 16



(Caro direttore e cari lettori di Libero,) capisco che talvolta l’attenzione della politica sia come il desiderio degli amanti, altalenate tra questo e quel pensiero di seduzione. E dunque che i DICO e le polemiche sulla famiglia, sulla politica estera e l’Afghanistan, sulla riforma elettorale e sulle cattive prove televisive di Romano Prodi accentrino di giorno in giorno l’attenzione dei più. Ma c’è un ma: attenti che si perde il bandolo di ciò che è risultato davvero decisivo, per far precipitare nei sondaggi di quindici punti secchi e più il premier e i consensi alla sua coalizione, nello scorso autunno-inverno, il rischio è che i continui falò polemici su sempre nuovi versanti distolgano sempre più gli italiani da ciò che li aveva fatti cambiare idea.
Ciò che aveva aperto gli occhi agli italiani è una cosa e una sola cosa e bisognerà non dimenticarla mai: tasse, tasse e ancora tasse. Ed è su questo che i liberali e gli anti-statalisti, i difensori dell’individuo e della famiglia, della fiscalità solidale incentivata attraverso il cinque per mille e la detax buttata a mare da Prodi, dovrebbero non mollare mai la presa ogni giorno che Dio manda in terra.
Forse gli stati maggiori dei partiti del contro-destra dovrebbero farci un pensierino. Se si è riusciti a portare in piazza centinaia e centinaia di migliaia di italiani il 2 dicembre scorso a Roma, di fronte al solo fatto che man mano che si chiariva agli occhi dei cittadini la finanziaria tassassina sempre più saliva la protesta popolare, a maggior ragione bisognerebbe avere l’intelligenza e la capacità di organizzare forme attive di protesta e di mobilitazione, ora che gli italiani quella raffica d’imposte aggiuntive iniziano a pagarle, mettendo mano al portafoglio. Lo dico con la massima sincerità, e con grande simpatia verso Michela Brambilla, i suoi circoli e l’iniziativa antifisco che ha lanciato e continua ad alimentare: il fatto che si sia trovata praticamente sola, mentre i vertici del contro-destra hanno preso a rincorrere l’agenda della crisi di governo e dell’incerto successivo procedere del governo ormai azzoppato, non depone a favore di questi ultimi.
Sono almeno tre gli elementi sui quali accentrare una nuova iniziativa di massa per ricordare agli italiani che senza governo Prodi le loro tasche sarebbero state assai meno massacrate. Il primo è che ad ammettere gli effetti della sberla maldata in finanziaria sono orami fior di esponenti del centro-sinistra, e vi sono forti argomenti per diffidarne. Il secondo è che, incredibilmente, è lo stesso governo Prodi, ad essersi incoronato come disinvolto amministratore non degli aggravi fiscali, ma degli alleggerimenti di cui ormai ogni giorno parla. Il terzo è che il centro-sinistra sta clamorosamente riuscendo a sovvertire il paradigma grazie al quale la crescita italiana del 2005 si è rimessa in moto, un paradigma invece che va spiegato e difeso con le unghie e coi denti perché prova in maniera decisiva che è con meno tasse che la torta riprende a crescere, mentre con più tasse rallenta e si spartisce solo ciò che già c’è.
A sinistra chiedono il conto
Vediamole in ordine le tre ragioni dello scippo politico in corso. E cominciamo dall’ammissione di colpa. Non è venuta da Prodi né da Vincenzo Visco, né da Padoa Schioppa, naturalmente. Sono stati sindaci di sinistra come Cofferati, piuttosto, e sindacalisti come Angeletti e Bonanni, a dichiarare polemicamente che l’effetto delle tasse aggiuntive disposte in finanziaria e degli aggravi fiscali locali è tale da rendere assolutamente mancato l’obiettivo dichiarato dal governo di non prevedere aggravi netti per i cittadini al di sotto dei 40mila euro di reddito annuo. Quando il Sole-24 ore ha incontestabilmente provato che il governo era smentito e gli aggravi cominciano in taluni casi da poco più di 20mila euro, Visco è esploso in una solenne scomunica del quotidiano di Confindustria: ma, naturalmente, la cosa è poi passata in cavalleria, i numeri contro-fattuali del governo per dimostrare il contrario e per smentire «il sole» non sono mai arrivati.
Ora il problema non è certo quello di rallegrarsi perché a sinistra qualcuno ha finalmente iniziato a far di conto, dopo la sbornia polemica sulla finanziaria in cui, chi come il qui presente affermava le stesse cose veniva accusato di liberismo d’accatto e berlusconismo parossistico. Al contrario se i liberali e i liberisti non si svegliano e non mettono in campo un’energica iniziativa, l’approdo di settori crescenti della sinistra alla consapevolezza degli effetti reali della falcidie fiscale operata dal governo significherà una cosa sola: che sarà proprio per accontentare sindacalisti e sindaci, sinistra antagonista e radicale, che ora il governo metterà prodigalmente mano al portafoglio. E invece di restituzione del maltolto fiscale, dunque, avremo spesa pubblica aggiuntiva: oltre a quella già massicciamente disposta in finanziaria, con effetti a cascata sui conti del 2007 e degli anni a venire.
Ed eccoci infatti alla seconda ragione per cui occorre muoversi: è nientemeno che Vincenzo Visco in persona, che ogni giorno si mette sempre più alla testa del partito “basta con le tasse, ora non esageriamo”. Direte che è surreale, che non bisogna preoccuparsene troppo perché agli italiani è chiaro che chi li ha alleggeriti di brutto nel portafoglio non può proprio lui farsi spuntare alucce e aureola del tagliatore d’imposte? Sbagliate, secondo me. Perché la storia della sinistra statalista sta tutta in questo trucchetto: prima mietere decine di miliardi di euro di imposte aggiuntive dichiarandole necessarie al risanamento dei conti e a maggiore equità, poi amministrarne la spesa, contrattando oculatamente con interessi e categorie sociali il dividendo in cambio di sostegni, consensi e scambi di favori. Lo statalista è un mezzano di sudore e fatiche altrui: e si fa dire grazie proprio da coloro, ai quali fa intendere che grazie ad una generosa e sovrana sua scelta restituisce almeno parte di ciò che prima gli ha impunemente tolto.
È per questo che ogni giorno leggiamo che il governo sta mettendo a punto l’attenuazione dell’Ici sulla prima casa, l’unificazione dell’aliquota unica al 20% per i redditi da locazione d’immobili, nuovi bonus alle pensioni di minor importo, allargamenti nella lista dei lavori usuranti da esentare dalla riforma previdenziale, e via dicendo. C’è chi dice che saranno 4 miliardi di euro di spesa aggiuntiva, c’è chi dice 6, ma nella sinistra antagonista e nei sindacati ci si spinge a calcolare che potrebbero e anzi dovrebbero essere fino a 12, i miliardi di euro da destinare subito a questa congerie di spesa aggiuntiva che passa del tutto illegittimamente per restituzione dell’extra-gettito fiscale”. La sinistra dimentica che al prelievo fiscale progressivo così si somma una spesa pubblica discrezionalmente mirata, con un effetto dunque doppiamente disincentivante per chi viene colpito nel primo caso ed escluso dal beneficio nel secondo. La restituzione fiscale dei 37,7 MLD di euro di extragettito 2006 deve avvenire il più possibile per quota parte ciascun singolo contribuente che ha pagato in proporzione ai propri redditi, se non si vuole che l’effetto sia quello di rallentare la crescita sia per i minori incentivi a lavorare di più e guadagnare di più, che per la minor possibilità di consumi e investimenti privati in più.
Finanziaria inutile
Non è solo francamente immorale, accettare senza reazione che Vincenzo Visco si erga a difensore contro gli eccessi fiscali, tirando in ballo come esempio di autoritario impositore di balzelli odiosi il Governo Pontificio, invece che egli stesso. Significa rinunciare a difendere una tesi che per liberali e liberisti è centrale, e ancora una volta comprovata proprio dalla ripresa della crescita italiana. È grazie ad anni con imposte non solo non accresciute ma abbassate – sia pure con troppa gradualità – come avvenne nella legislatura alle nostre spalle, che alla fine la crescita da metà 2005 si è rimessa in moto fino a far decollare l’extragettito di quasi 40 MLD di euro nel 2006.
È esattamente analogo a ciò che è accaduto negli Usa sotto l’amministrazione di Bush: anche lì grazie ai tagli fiscali l’economia ha continuato a crescere, e soprattutto nell’anno in corso il deficit federale grazie all’extragettito non sta affatto al 5 e oltre per cento del Pil come predicevano lì i democratici, ma oltrepassa di poco il 2% del Pil. Esattamente come da noi: al netto delle tra poste straordinarie che il governo ha “voluto” contabilizzare nel deficit 2006 per non auto-smentirsi in maniera clamorosa, il deficit italiano nel 2006 è più vicino al 2% del Pil che al 3% posto come limite da Maastricht. E l’avanzo primario, sempre al netto delle tre poste patrimoniali straordinarie, è già al 2,5% del Pil, cioè metà dell’obiettivo che Padoa-Schioppa aveva impegnativamente posto di qui a quattro anni avanti, nel suo Dpef del luglio scorso. Menzogna sui conti del 2006, menzogna sull’extra-deficit 2006, menzogna sugli effetti benefici di chi non ha alzato ma abbassato le tasse, menzogna sugli effetti venefici di chi col governo attuale le alza, menzogna su come si realizza la restituzione del gettito aggiuntivo, menzogna sui meccanismi della crescita che battono l’intermediazione pubblica redistributiva. Sei menzogne e settimo non rubare dalle tasche degli italiani: non è abbastanza, perché i liberali e i liberisti del centro-destra tornino a svegliarsi e incalzino Visco e soci?