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    Predefinito E' Uscito Il Nuovo Numero Di Soberania - Fozzu De A Manca Pro S'indipendentzia

    IN QUESTO NUMERO:

    EDITORIALE (allegato alla presente): RIFORMA DELL'AUTONOMIA O PERPETUARSI DEL COLONIALISMO?

    - OTTANA: FINE DI UN'ILLUSIONE
    - INTERVENTO DEI PRIGIONIERI COMUNISTI IVANO, ANTONELLA E PAULEDDU
    - QUANDO NON C'è SINDACATO
    - PRO EUSKAL HERRIA

    Il giornale può essere richiesto a questo indirizzo mail: soberania@tiscali.it

    EDITORIALE: RIFORMA DELL’AUTONOMIA
    O PERPETUARSI DEL COLONIALISMO?




    Da mesi è in corso in Sardigna un aspro dibattito tra le forze politiche intorno alla questione della riforma dello statuto autonomistico. In quest’ottica varie sono state le proposte delle diverse forze politiche: da quella di istituire un’Assemblea costituente del Popolo sardo a quella di una Consulta per lo statuto. Intorno alla metà dell’anno passato la polemica politica si è fatta improvvisamente molto aspra a causa dell’impugnazione, di fronte alla corte costituzionale, da parte del governo italiano della legge istitutiva della Consulta per lo statuto. Secondo la ricostruzione governativa la semplice utilizzazione della parola “sovranità del Popolo Sardo” sarebbe stata in grado di violare la Costituzione repubblicana. Varie sono state le “motivazioni” messe in campo dallo stato italiano per giustificare l’impugnazione: “Parlare di sovranità del popolo sardo – ha sostenuto il governo nel ricorso – appare in contrasto con i principi fondanti la nostra carta costituzionale. Ciò finisce per eccedere dalle competenze statutarie regionali, dove si parla solo di autonomia e non già di sovranità”. “La sovranità è dell'intero popolo italiano. Un popolo sardo sovrano non esiste”. E poi ancora: ”Il popolo sardo non è sovrano” e “no alla sovranità, si associa all’indipendenza”. E’ forse superfluo sottolineare che queste prese di posizione, questa palese e chiara dichiarazione di timore che in Sardigna il Popolo Sardo possa prendere coscienza dei propri naturali diritti e rivendicare il legittimo diritto all’autodeterminazione, si verificano a luglio del 2006, proprio il mese in cui lo stato italiano scatena, con l’operazione arcadia, un’ondata repressiva contro il movimento indipendentista sardo e, in particolare, contro la sua componente di sinistra. Appena appresa la notizia dell’impugnazione la classe politica “compradora” sarda ha dato vita ad un teatrino in cui due sono stati gli atteggiamenti predominanti: 1) coloro che hanno mostrato una “profonda costernazione e un amaro stupore” per la decisione del governo italiano lesiva dell’”autonomia decisionale in capo ai rappresentanti del Popolo Sardo” (costernazione e stupore che non hanno tardato a lasciare spazio all’attività quotidiana di servilismo e rapina dei nostri degni rappresentanti); 2) coloro che si sono affrettati a mettere in campo i doverosi “distinguo”, ovvero che non era nelle intenzioni della classe politica sarda mettere in discussione la sovranità dello stato italiano sul popolo sardo (e quando mai!!!), che “nessuno nel comitato per la costituente si proponeva, neanche nascostamente, l’obiettivo dell’indipendenza della Sardegna, bensì, al massimo, si ragionava di un’italia, giustamente e correttamente, federale”. In queste ultime settimane il dibattito politico si è riavviato intorno alla discussione sulla cosiddetta “legge statutaria” da approvarsi in consiglio regionale. Lo scontro maggiore in atto tra le varie forze politiche è quello sulla forma di governo, ovvero presidenzialismo o parlamentarismo (maggiori poteri alla giunta o al consiglio?) e sui “poteri” del presidente. Inutile forse sottolineare, anche in questo caso, il fatto che, dietro colte enunciazioni che si richiamano a termini quali “giustizia”, “democrazia”, “autonomia”, etc., altro non si cela se non il desiderio da parte della classe politica compradora sarda, nelle sue varie componenti (partiti maggiori e minori), di avere assicurato il proprio spazio nella “divisione della torta” che lo stato italiano, da buon padrone, assicura ai suoi fedeli servitori. A noi non interessa entrare nel merito di questo vergognoso teatrino che ogni giorno va in scena in quella sede, il consiglio regionale, che dovrebbe rappresentare gli interessi del nostro Popolo. Intendiamo però sottolineare un aspetto, secondo noi assolutamente rilevante in tutta questa vicenda: il giudizio sulla cosiddetta “Autonomiaconcessa dallo stato italiano al Popolo Sardo. Per quanto riguarda infatti l’autonomia, ovvero l’oggetto della riforma che la classe politica compradora sarda sta discutendo in questi ultimi mesi, occorre evidenziare come essa altro non sia se non la più grossa mistificazione politica e ideologica della Sardigna. Essa infatti è nata come l’ideologia particolare di quei gruppi sociali che dovevano organizzare una propria presenza all’interno della struttura politica sarda. In Sardigna ben presto l’autonomia diventa la parola d’ordine di tutti, rappresenta il punto di incontro attraverso cui la borghesia dipendente media anche le spinte dal basso, il risentimento verso lo stato accentratore e nello stesso tempo punta a piegarlo alla sua gestione del potere. Non a caso la tematica dell’autonomia è comune a tutte le forze politiche e si ritrova sia tra forze e gruppi conservatori, sia tra forze e gruppi progressisti. Il nodo che spiega il sottosviluppo sardo va ricercato quindi nella classe dominante dell’isola, ed in particolare nella sua borghesia dipendente, che ha rappresentato e che rappresenta ancora oggi il tramite sociale del dominio dello stato italiano nella colonia Sardigna. La classe politica e dirigente sarda che ha diretto ininterrottamente, dal secondo dopoguerra ad oggi, i diversi governi regionali ha fallito! I fatti e i numeri parlano da soli: sotto l’esperienza autonomistica la Sardigna ha avuto una perdita secca di oltre un milione di abitanti con l’emigrazione, la rovina della sua economia agropastorale, il disastro di un errato, oltre che disumano, insediamento industriale estraneo all’isola ed infine la progressiva distruzione dell’identità etnico- linguistica e culturale dei sardi. La Sardigna vive oggi ai limiti di un genocidio culturale ed etnico. “In trent’anni di falsa autonomia- ha affermato Peppino Barranu circa 20 anni fa (ma l’affermazione è quanto mai attualissima!)- noi, intellettuali e classe dirigente politica, le necessità, le esigenze, le aspirazioni al rinnovamento della vita politica, economica e sociale del popolo sardo le abbiamo obbiettivamente tradite. Altro che intellettuali organici, altro che classe politica organica! Noi portiamo gravissima responsabilità se trent’anni di autonomia si chiamano Moratti e Saras, si chiamano Rovelli e petrolchimica di Porto Torres e Ottana, Siron di Isili, Betatex, Selpa, Antonella Calze, Lula, eccetera. Noi, o cosiddetti intellettuali o classe politica che ha schiacciato ogni speranza del popolo sardo, aggiogandolo ad interessi e giochi politici ed economici non nostri, portiamo- come succubi, o servi, o complici- il peso della responsabilità dello sfascio che si annuncia per la Sardegna. Noi dobbiamo vergognarci, e più dovremmo vergognarci domani, perché abbiamo assistito e assistiamo, insensibili e inerti sempre e tutti responsabili, per quanto in modi e gradi diversi, all’agonia politica, economica e sociale della Sardegna”. Anche se la classe politica sarda si è ammantata di una vernice sardista ha la responsabilità di aver favorito e di continuare a favorire i tentativi di genocidio culturale ed etnico portati avanti dallo stato italiano. Altro che autonomia!!!

  2. #2
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    Proposte, chiedo proposte operative, e non demagogia. D'accordo sul rischio che la sacrosanta affermazione di indipendenza di trasformi in richiesta di maggiore autonomia.... ma voglio conoscere le tappe, i tempi, i momenti vostri del progetto. E incummenzade a faeddare in sardu, una peraiòla a sa olta, bois puru.........

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da sa socca Visualizza Messaggio
    Proposte, chiedo proposte operative, e non demagogia. D'accordo sul rischio che la sacrosanta affermazione di indipendenza di trasformi in richiesta di maggiore autonomia.... ma voglio conoscere le tappe, i tempi, i momenti vostri del progetto. E incummenzade a faeddare in sardu, una peraiòla a sa olta, bois puru.........
    un editoriale fa sempre della demagogia, nel senso che gli editoriali sono lo strumento che tutti i giornoali usano pr sancire la linea editoriale (e politica) della testata. l'editoriale di aMpI, che riprende a fare politica dopo gli arresti, da un paio di mesi, è di denuncia del vizio di forma sche macchia ab origine ognidibattito sull'autonomia. guardiamo anche le altre nazioni senza stato europee. tutte quelle che hanno l'autonomia se la sono pigliata, è stata espressione di gruppi sociali forti (prevalenteete le borfghesie nazionali). iN sardegna l'autonomia è stata una concessione, e oggi la sua riforma è frutto di un dibattito mediato che inressa solo le caste politiche. che tipo di proposte dovrebbe fare unmovimento indipendentista se non quella essenziale di rimettere al centro del discorso il popolo sardo e il suo diritto ad autodeterminarsi? tu dici di scivere in sardo. hai ragione. ma il sardo deve diventare la lingua ufficiale, finoad allora sarà solo volontarismo di indipendentisti,sardisti diffusi, e difensori della lingua. quello che voglio dire è che la sovranità linguistica, politica, economica e militare della Sardigna deve diventare il nostro programma politico! questa non è demagogia ma progetto politico.

 

 

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