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Discussione: Parla monsignor Fellay

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    Predefinito Parla monsignor Fellay

    21 marzo 2009
    Ex scomunicati - parla monsignor Fellay
    Il capo dei lefebvriani dice che è il Concilio a dover tornare nella chiesa


    Due intellettuali cattolici molto tradizionali incontrano l’erede di Lefebvre, che prima spiega e poi rilancia

    Destinatari i vescovi di tutto il mondo, presso le loro sedi o, come molti preferiscono chiamarle oggi, chiese locali. Oggetto la revoca della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale San Pio X consacrati nel 1988 da monsignor Marcel Lefebvre. Mittente Papa Benedetto XVI, che ha colto l’occasione per rimettere al loro posto alcune questioni e, soprattutto, i fratelli nell’episcopato più legati al concetto di chiesa locale che a quello di chiesa cattolica e romana.

    Ne è uscito un documento unico in duemila anni di storia ecclesiale che ha suscitato i pareri più diversi. C’è stato persino chi, brandendone un rigo, un rigo appena, ha cercato di far dire al Papa il contrario di quanto aveva messo inequivocabilmente nero su bianco. Dal canto loro, i “lefebvriani” sono stati in disparte con un brevissimo comunicato. Hanno capito che, con la sua lettera, Benedetto XVI ha riportato indietro l’orologio a poco prima che esplodesse il caso Williamson. E ora, con monsignor Bernard Fellay, il superiore della Fraternità San Pio X, si può parlare di cose serie.

    Monsignor Fellay, dopo la pubblicazione della lettera del Papa ai vescovi sulla vicenda della Fraternità San Pio X, in un comunicato ufficiale, avete detto di voler considerare il Concilio Vaticano II e l’insegnamento postconciliare alla luce della tradizione. Come si dice in gergo giornalistico, è una notizia? “Come si dice in gergo teologico, è la sostanza. Significa che il filtro, la luce che darà il suo vero senso all’insegnamento postconciliare sarà sempre il deposito della Rivelazione. Lo strumento per fare chiarezza è il magistero perenne e costante del Papa a cui Dio ha affidato la missione di salvaguardare e trasmettere la fede. In filosofia si dice che un atto è preordinato al suo oggetto. In questo caso, l’atto è il magistero, l’oggetto è il deposito della fede, cioè la tradizione che San Vincenzo di Lérins definisce come ‘ciò che è stato creduto sempre, ovunque e da tutti’. Il Papa è il supremo custode della tradizione”.

    Proprio il Papa, spiegando che la chiesa non nasce con il Concilio Vaticano II ma due millenni prima, dice anche che la tradizione non si può fermare al 1962. Cosa ne pensa? “Noi non vogliamo arrestare la tradizione al 1962. Se siamo stati capaci di seguire tutto l’insegnamento della chiesa dalla sua nascita agli anni Sessanta, con tutti i suoi sviluppi, significa che non siamo, come si usa dire, dei ‘fissisti. E’ vero, abbiamo posto dei problemi sul Concilio Vaticano II, che peraltro si è autodefinito concilio ‘pastorale’ e non ‘dogmatico’. Questo dipende dall’evidente impossibilità di inserire nella continuità della tradizione alcune novità che ne sono scaturite. Ricordiamoci che la tradizione, secondo l’insegnamento della chiesa, è una fonte della Rivelazione divina, non è un balocco nelle mani degli uomini, neanche dei tradizionalisti. Gli sviluppi in questo ambito richiedono omogeneità, possono essere un passaggio dall’implicito all’esplicito, ma non possono mai essere in opposizione a quanto insegnato nel corso dei secoli. La ragion d’essere della chiesa, guidata dal Papa, sta nella conservazione del deposito della fede che le è stato consegnato da Nostro Signore”.

    Lei pone un legame ontologico fra il Papa e la tradizione. Sicuramente, la revoca della scomunica che vi aveva colpiti nel 1988 invita a guardare in questa direzione. Ma non tutti lo fanno volentieri. “Certamente non lo fanno volentieri coloro che non hanno più voluto ascoltare il richiamo della chiesa alla militanza, al distacco dal mondo, alla necessità di seguire i comandamenti per trovare la salvezza eterna. Tutti questi sono profondamente insoddisfatti da un passo simile”.

    Il mondo progressista attacca il Papa

    Uno dei passaggi salienti della lettera del Pontefice è quello in cui si mostra consapevole della crisi di fede in cui si trova anche il mondo cattolico. Qual è, a suo avviso, il risvolto più preoccupante di questa situazione? “Se, fondamentalmente, la crisi della chiesa è una crisi di fede, per conseguenza immediata è anche una crisi dei ministri che devono tramandare questa fede, i sacerdoti. Se è in crisi il sacerdote, le grazie che devono essere trasmesse agli uomini attraverso il suo ministero, in particolare attraverso il sacrificio della messa, non passeranno più o passeranno molto più difficilmente. Dunque è necessaria una riforma del sacerdozio, un ritorno al senso della vocazione e alla santità sotto tutte le forme. Il sacerdote è un altro Cristo, niente di meno”.

    A questo proposito, pur non mancando di severità in alcuni passaggi, il Papa ha dimostrato nei confronti dei sacerdoti della Fraternità San Pio X un’attenzione piena di delicatezza. Che cosa provate? “Penso che se il Papa ha visto in alcuni nostri sacerdoti degli eccessi o delle rigidità, vede anche qualche cosa di più. Vede la sincerità, la serietà. Vede l’amore per la chiesa e per la fede, l’amore per le anime. Un amore pronto a sopportare molte sofferenze per compiere la missione di salvare le anime”.

    Nella sua lettera, il Papa, riferendosi alle ordinazioni episcopali celebrate da monsignor Lefebvre dice testualmente “Un’ordinazione episcopale senza il mandato pontificio significa il pericolo di uno scisma”. Non dice “è uno scisma”. Dunque voi non siete mai stati staccati da Roma? “Noi lo abbiamo sempre detto. Le ordinazioni episcopali avvennero effettivamente senza l’accordo esplicito di Papa Giovanni Paolo II. Ma, in quelle circostanze storiche, era evidente che non si trattasse di un atto di ribellione alla Santa Sede, né del tentativo di stabilire una gerarchia parallela che, effettivamente, avrebbe potuto dare luogo a uno scisma. Monsignor Lefebvre, quando decise di procedere alle consacrazioni, prese tutte le necessarie cautele al fine di evitare qualsiasi pericolo di scisma. Oggi, vent’anni dopo, siamo veramente felici che Roma lo riconosca”.

    A parte alcuni intellettuali, molti cattolici hanno visto questa lettera del Papa come l’occasione di rimettere in riga un episcopato poco propenso all’obbedienza. In alcuni punti, Benedetto XVI mostra di essersi sentito tradito. L’Osservatore Romano mette il dito nella piaga accusando una parte della Curia romana per la fuga di notizie circa il caso Williamson, creata apposta per colpire Benedetto XVI. Cosa significa tutto ciò?
    “Quando noi parliamo dei problemi del Concilio Vaticano II, ci riferiamo anche a problemi di questo genere, che oggi vengono evidenziati dal Papa. Non siamo noi a dirlo, ma la storia, che durante il Concilio si fronteggiarono due parti, una tradizionale, rappresentata soprattutto dalla Curia romana, e un’altra progressista. Fu quest’ultima a vincere e mise fin da subito nel mirino il papato. Oggi dimostra di essere stanca, non sa parlare alle nuove generazioni che vogliono qualcosa di più sano e di più santo. Tuttavia, non ha cessato di operare e si batte con le armi più diverse. La nostra vicenda è solo l’ultima in ordine di tempo”. Dunque è il Papa il vero bersaglio? “E’ evidente. Il mondo progressista, che si è alleato con lo spirito moderno liberale, appena vede la chiesa levare la sua voce forte e chiara per ristabilire la verità, reagisce attaccando il Papa”.

    Tornare alla “philosophia perennis”
    Con la sua lettera, il Papa riporta il confronto con la Fraternità San Pio X sul suo piano naturale, quello della dottrina. Questo significa che il Santo Padre vi giudica interlocutori degni di attenzione. Con quale animo e con quali aspettative vi preparate a questo dibattito? “E’ ciò che chiedevamo da tempo. Abbiamo sempre detto che il più grave problema dei testi conciliari sta in certe ambiguità che offrono la possibilità di interpretazioni multiple. Dal testo di un Concilio ci si attende la chiarezza e non l’ambiguità che obbliga a considerazioni successive per stabilirne la corretta interpretazione. Altrimenti ci si chiederà sempre che cosa sia più importante: il testo o l’interpretazione del magistero? Inoltre, bisogna dire che c’è anche un problema filosofico. I documenti conciliari non sono stati scritti secondo il linguaggio della ‘philosophia perennis’, ma secondo quello della filosofia moderna. Da questo scendono altre questioni interpretative. Perciò riteniamo che bisognerà lavorare molto e bisognerà mettere in conto delle difficoltà. Ma noi ci stiamo preparando seriamente. Quando si lavora per il bene della chiesa, le difficoltà non fanno paura”.

    Monsignor Fellay, chi sono questi tradizionalisti? “Sono cattolici che vogliono vivere come i cattolici di tutti i tempi, che cercano la salvezza imitando i santi e seguendo ciò che la chiesa ha sempre insegnato. Insomma, sono dei cattolici normali ben attenti a non farsi sorprendere dalle sirene che li invitano ad accasarsi in un mondo ostile a Nostro Signore”.

    di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro



    Mario Palmaro (giurista, bioeticista, animatore del comitato Verità e Vita) e Alessandro Gnocchi (giornalista e scrittore, innamorato di Tolkien e Guareschi) amano la Tradizione e hanno in comune la passione per l’apologetica cristiana e una buona dose di vis polemica nei confronti di tutto ciò che sa di progressismo. Soprattutto in ambito ecclesiale. Insieme hanno scritto anche vari libri (“La messa non è finita”, “Il pianeta delle scimmie”)


    http://www.ilfoglio.it/soloqui/2064
    Gli Arya seggono ancora al picco dell'avvoltoio.

  2. #2
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    Il CV II si sta sciogliendo come neve al sole.
    Il Foglio ha fiuto per certe cose.

  3. #3
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    Ottimo Monsignor Fellay.

    Cristo Vincerà!

  4. #4
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    Ma non avete il vostro forum? Quello al piano di sotto?

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da parossitona Visualizza Messaggio
    Ma non avete il vostro forum? Quello al piano di sotto?
    Perché, Fellay non è cattolico?
    «Non ti fidar di me se il cuor ti manca».

    Identità; Comunità; Partecipazione.

  6. #6
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    Perché, Fellay non è cattolico?
    cristiano sicuramente, sul cattolico avrei qualche dubbio, fino all'altro ieri era scomunicato, se non erro.

  7. #7
    Pasdar
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    Citazione Originariamente Scritto da parossitona Visualizza Messaggio
    cristiano sicuramente, sul cattolico avrei qualche dubbio, fino all'altro ieri era scomunicato, se non erro.
    Rimane Cattolico.
    Non in comunione con la Chiesa di Roma, ma il Papa ha sempre ribadito l'illiceità e la validità delle ordinazioni.
    «Non ti fidar di me se il cuor ti manca».

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  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da parossitona Visualizza Messaggio
    cristiano sicuramente, sul cattolico avrei qualche dubbio, fino all'altro ieri era scomunicato, se non erro.
    di certo è più cattolico di te.

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Verteidiger Visualizza Messaggio
    Rimane Cattolico.
    Non in comunione con la Chiesa di Roma, ma il Papa ha sempre ribadito l'illiceità e la validità delle ordinazioni.
    se sei scomunicato, non sei in comunione con la Chiesa di Roma. Se non sei scomunicato, allora sei in comunione con Roma.
    Il problema è il 'ruolo' della Fraternità, non tanto quello dei singoli sacerdoti.

  10. #10
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    Predefinito Riferimento: Parla monsignor Fellay

    parassitona, il papa ha tolto loro la scomunica, ci sarà un motivo. Spero che il confronto che scaturirà fra la San Pio X e il Vaticano sia costruttivo.
    “... e dopo tutto questo inglese ripuliamoci un po’ la bocca con questo bel profumo di Toscano ...” (Giovannino Guareschi)

 

 
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