“Apriamo un cantiere”.


La frenesia edile sostituisce la politica

Roma. Praticamente, è la politica finita in mano ai capimastro.
Quando la faccenda è complicata, lo sbocco incerto
e il percorso oscuro, sempre inevitabilmente a un certo
punto salta fuori la proposta: “Apriamo un cantiere!”. Edili
piuttosto che leader, quasi geometri invece che statisti, la
vocazione della politica alla cantieristica si espande man
mano che la situazione s’incasina. Ovunque, dunque,
“Apriamo un cantiere!”. Per far cosa quasi mai si fa, ma intanto
apriamo. Metafora che è diventata a sua volta metafora
del blocco della politica. Che poi, si capisce, un cantiere
serve mica per alzare tramezzi, ma per fomentare chiacchiere,
e infatti è sempre “un cantiere di confronto”. Insomma:
niente. Negli ultimi giorni, la cantieristica ha avuto un
ruolo centrale nella Conferenza d’organizzazione del Prc.
“Giordano: cantiere luogo aperto a sinistra”, titolava domenica
a tutta pagina Liberazione. E dunque, è tale cantiere
“un luogo ove le sinistre possano discutere”: appunto. “Il
cantiere non ci interessa”,
ha detto subito a nome degli oppositori
interni Salvatore Cannavò. Ma essendo precisa metafora
dell’indefinito politico, era lo stesso leader supremo
del partito, il compagno presidente Bertinotti, che pochi
giorni prima, per tutt’altra faccenda, aveva usato la stessa
metafora. “Discutiamo dello stato della sinistra italiana ed
europea – aveva detto – Apriamo un cantiere che cominci a
discutere, dai Ds a tutto ciò che c’è di sinistra”.
Ecco. E non
pignoleria, ma lo stesso Giordano, una settimana prima di
aprire il cantiere della Conferenza d’organizzazione, ne
aveva proposto un altro, dalle pagine di Repubblica, sul
Partito democratico: “Aprire un cantiere della sinistra per
il socialismo del terzo millennio”.
Messa così la faccenda,
e messa soprattutto così la situazione politica, è chiaro che
un cantiere da ogni parte spunta e per ogni cosa va bene. Il
compagno Pietro Folena, ben tre anni fa, si muoveva per
tempo: “Dobbiamo aprire un cantiere che porti alla convenzione
programmatica del centrosinistra”. E meno di un
anno dopo il segretario dei Ds toscani, Mario Filippeschi,
esortava: “Apriamo un cantiere che entro l’estate dovrà vedere
realizzato il patto federativo dell’Ulivo toscano”. Lungimirante,
pure Piero Fassino si era tuffato tra edili e geometri:
“Aprire un cantiere programmatico insieme a tutte
le forze del centrosinistra per definire quella proposta che
ci consenta di presentarci come una credibile alternativa
di governo”. Nel 2006 ha di nuovo il casco di sicurezza in testa:
“Quel che serve oggi non è precipitarsi in una conta referendaria,
ma aprire un cantiere di ricerca e di discussioni”.
Pullula, la sinistra, di cantieri dove si ricerca (di solito
con poco successo) e si discute (con gran fervore). Poche
settimane prima di Fassino, sempre su e giù per i tornanti
del Partito democratico, si era fatto avanti anche il coordinatore
della segreteria, Maurizio Migliavacca: “Stabilire
modalità e tempi con cui aprire il cantiere per la costruzione
del Pd”. E se Liberazione intervista il compagno Aldo
Tortorella, così presenta la sua Associazione per il rinnovamento
della sinistra: “Un laboratorio aperto, un cantiere…”.
Si capisce che poi, man mano, la frenesia edile arriva
fino in provincia. “Apriamo un cantiere programmatico”,
esortano i compagni di San Giorgio a Cremano. “Bisogna
aprire un cantiere senza preclusioni”, invoca la Margherita
da Bologna. E cosa propone la ministra Livia Turco
incontrando i camici bianchi sulla sanità? “Apriamo un
cantiere per rinnovarla”. E sui Pacs, i gay Ds esortano sull’Unità:
“Apriamo un cantiere su questi temi”.

il Foglio