esteri
Torna Schroeder
Maurizio Blondet
04/04/2007
Sconfitto alle elezioni nel 2005, ma arricchito da un contratto miliardario di consulente Gazprom elargitogli dall'amico Putin, Gerhard Schroeder se ne è stato zitto per un anno e più.
Ora l'ex cancelliere socialdemocratico e volpone della politica è di nuovo in campo.
A cavalcare un sentimento che, secondo i sondaggi, in Germania è sempre più forte: l'anti-americanismo.
La causa è il sistema di missili anti-missile che Bush vuole piazzare in Polonia (che ha già detto sì) e nella repubblica ceka (che nicchia): si tratta di una difesa contro un possibile attacco missilistico dall'Iran, questa la motivazione ufficiale.
Ma Putin non crede a questa motivazione: piazzare antimissili a ridosso della Russia per difendere l'Europa dall'Iran?
«E' come grattarsi l'orecchio destro con la mano sinistra», ha detto a muso duro al recente forum transatlantico di Monaco.
E ha minacciato «una nuova corsa agli armamenti».
Ed ecco che Gerhard Schroeder è riapparso, in vari discorsi, a dire la stessa cosa: «Gli Stati Uniti stanno tentando un ridicolo accerchiamento della Russia che è tutto tranne che nell'interesse dell'Europa».
Ciò finirà per allontanare ancor di più Mosca dall'Occidente, mentre «è nel nostro interesse collegare più strettamente la Russia alle strutture europee».
Enorme imbarazzo di Angela Merkel, sia perchè il partito di Schroeder è suo alleato-concorrente nella «Grosse Koalition», sia perchè la cancelliera ha puntato tutto su «una rinnovata vicinanza» con Washington.
Infatti ha detto di Schroeder: «E' chiarissimo che approfitta di un latente ma molto presente anti-americanismo» in Germania.
Il fatto è che l'antipatia per Bush, della sua ostinazione e arroganza, e la revulsione per le sue disastrose avventure in Iraq e Afghanistan, sono davvero dominanti nell'opinione pubblica.
E Schroeder, vecchia volpe, cresce in popolarità mentre la Merkel cala.
Tutti i partiti d'opposizione al Bundestag si sono dichiarati contrari allo «scudo» antimissile americano in Polonia.
Ma anche Frank Walter Steinmeier, ministro degli Esteri nel governo Merkel (ma socialdemocratico ed ex braccio destro del governo Schroeder) per non farsi scavalcare a sinistra dal suo vecchio capo-partito, ha fatto una dichiarazione durissima al Bundestag.
«Voglio chiedere agli USA di valutare molto bene il prezzo che rischia di pagare, forzando dei Paesi ad accettare le basi missilistiche, specie dal momento che i missili a lunga gittata iraniani da cui dovrebbero proteggerci non esistono ancora».
Sono parole che non hanno nulla di diplomatico: il ministro degli Esteri del più importante alleato degli USA in Europa parla di Washington che «forza» a far accettare i suoi missili, e di un pericolo iraniano «che non esiste».
E' inaudito.
Ma rivela che a Berlino cova una crisi epocale.
Dopo mezzo secolo di obbediente adesione alla NATO e agli interessi atlantici, le Germania è fortemente tentata di emanciparsi da un'America che sente sempre meno affidabile e sempre più in contrasto con i suoi interessi: che la portano verso una «partnerships strategica» con Mosca.
Sepolta la guerra fredda, per la Germania la Russia è il grande mercato dell'Est finalmente riaperto; la grande zona industriale che l'industria e la tecnologia tedesca stanno già rimodernando con grandi investimenti e prospettive; e il massimo fornitore dell'energia per l'Europa.
Per contro, nell'intenzione di Bush di piazzare i missili a ridosso della Russia, i tedeschi vedono un tentativo di «legare» l'Europa agli interessi americani, ormai divergenti.
Persino Joshka Fisher, il «verde» ex sessantottino che fu ministro degli Esteri del cancelliere Schroeder, ha smesso la veste del pacifista ed ha invocato un esercito comune europeo per affrancarsi dagli americani.
La Merkel, con tutta la buona volontà di compiacere Washington, non osa contrastare questo umore.
Sui missili ha evitato di prendere posizione, asserendo che la questione riguarda la NATO e la UE. Non osa rispondere per le rime a Schroeder (un maestro in questo genere di demagogia), temendo oltretutto una spaccatura della sua «grande coalizione» democristiano-socialdemocratica.
Proprio lei che aveva proposto un mercato comune euro-americano - che significherebbe il definitivo legarsi della Germania a Washington - oggi temporeggia, esita, si barcamena.
Infatti nel discorso tenuto a Berlino il 25 marzo, che celebrava il semestre di presidenza tedesca alla UE, la Merkel ha detto: «Sono convinta che la relazione stretta e amichevole con gli Stati Uniti e con la NATO sono e saranno nell'interesse fondamentale dell'Europa».
E fin qui va bene.
Ma Angela ha aggiunto: «Noi abbiamo altrettanto bisogno di una partnership strategica globale con la Russia. La partnership strategica con la Russia e l'Alleanza transatlantica non sono antagoniste; formano un complemento necessario».
E questa seconda frase, a Washington, non è piaciuta per niente.
Angela ha messo l'alleanza con gli USA sullo stesso piano di quella con la Russia, «altrettanto» importante…
«C'è da chiedersi se l'imprecisa visione della Merkel sia all'altezza del suo ruolo di leader interprete delle vere aspirazioni della Germania», ha commentato acido John Vinocur, editorialista principe del New York Times e vicinissimo ai neoconservatori Usa.
Ma la RAND Corporation, la lobby delle industrie militari americane - dunque non proprio un nido di colombe - ha cominciato a chiedere a Bush di riconsiderare il piazzamento dei missili presunti anti-Iran.
Il prezzo, dice uno studio RAND, non sarebbe solo un'accresciuta tensione con Mosca, «ma anche con molti alleati europei».
Con sullo sfondo la liquidazione dell'egemonia USA in Europa.
Maurizio Blondet
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