Il silenzio degli statalisti ( e si legga statisti, per cortesia) sulla vicenda Telecom Italia, al di là delle rozze e populiste strumentalizzazioni della sinistra massimalista, non deve trarre in inganno.
Tutti i pericolossimi (per i consumatori) attori di questa vicenda hanno, e lo si capisce istantaneamente, le antenne rizzate e operano alcremente in contatti sudati e disperati alla ricerca della perfetta soluzione per parcheggiare Telecom Italia in mani amiche, onde scongiurare lo spezzatino, brandito come obiettivo finale degli “stranieri” interessati alla quota del 66% della società Olimpia.
Allora a quanto pare gli interessi in campo e attori ai quali fa gola Telecom Italia sono: per i Sudamericani, Tim Brasil controllata estera di TI e per la merchant bank di Palazzo Chigi, quella Prodiana che piace a Guido Rossi non quella D’Alemiana da lui disprezza perché ignorante della lingua della Perfida Albione, la rete d’accesso nazionale, il monopolio naturale (a tutt’oggi, grazie ai lacci dello statalismo nostrano).
I tamburi di guerra rullano piano ma si stanno scaldando e i mass media non possono tenere la schiena dritta, ma sotto il peso del conflitto d’interessi industrial-mediatico-politico e c’è chi invoca l’intervento “liberalizzatore” di un politico che ha dato provo di sfidare tutti i più pericolosi monopoli della nazione in nome del principio che essere contro la rendita dei monopolisti è di sinistra ( e si dovrebbe intendere “solo di sinistra”): si parla del dirigista ed eretico “plagiano) Pierluigi Bersani.
Abbia il coraggio Bersani, allora, di dire chiaramente non le ragioni del suo intervento, se verrà, e pensiamo che ci stia davvero lavorando, non l’oggetto dello stesso ma IL FINE.
A che “pro” la politica democratica interviene sul meccanismo più democratico che ci sia: il mercato? A che “pro” il Governo sta lavorando se l’interesse generale non è in mano al Governo ma è stato delegato all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che per legge istituitiva ha il compito di proteggere quegli interessi che il Governo proclama di voler salvaguardare con il suo intervento? A che “pro” la politica interviene in una partita delicatissima dalla parte non dell’interesse generale (i.e. quello dei consumatori) ma dalla parte degli attori del mercato della fornitura dei servizi?

A che “pro” si ventila il progetto della New I.R.I., l’abominevole Holding delle Rendite, da affidare a fondi bancari chiusi, cioè che escludono i soggetti del controllo democratico, i consumatori?
A che “pro” si dice che “Democrazia è Libertà” se l’esercizio del Governo è poi pratica che calpesta la Libertà Individuale quella Libertà che è patrimonio di ciascun appartenente alla comunità ?


AJ Crespi

ps.

Scrive questo un tale che porta il peso di un cognome che è di fatto appartenuto alla famiglia che in Italia, sotto il Regno, fu iniziatrice del modello di capitalismo italiano che oggi è sotto accusa per il conflitto d’interesse instrial-mediatico-politico. Ci si Riferisce a quei Crespi di Busto Arsizio, pionieri dell’industrializzazione cotonieria ed elettrica Lombarda che non solo furono i padri del modello utopico del padre-padrone (attraverso le opere di assistenza benefica agli operai) ma fuorno pure editori, banchieri, ai vertici dell’organizzazione degli industriali del cotone, politici promotori di leggi paternalistiche (ed es per la riduzione dell’orario di lavoro e per il divieto del lavoro notturno per le donne e i fanciulli)