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    Predefinito E' il mercato, bellezza

    di Massimo Fini - 10/04/2007
    Fonte: Il Gazzettino

    Sono patetici coloro che si oppongono all'acquisto di Telecom, la più grande azienda di telecomunicazioni italiana, da parte dell'americana At&t o della messicana America Movil, in nome della «sovranità nazionale e dell'identità nazionale'.

    Proprio l'altro ieri Eni-Enel hanno acquistato la Yukos, il colosso petrolifero russo ("colpo di reni del 'made in italy'" gongolava il Corriere). Aeroflot sta per acquisire Alitalia, o parte di essa, con l'appoggio di Texas Pacific Group e Matlin. Enel ha messo le mani sulla spagnola Endesa.

    "E' il libero mercato" ha commentato laconicamente Berlusconi. Sono gli effetti della globalizzazione. E chi è a favore della globalizzazione non può poi lamentarsi delle sue inevitabili conseguenze. E' evidente che noi stiamo andando a gran velocità verso un'epoca in cui gli Stati nazionali, in quanto tali, conteranno sempre meno fino a fondersi in un unico Stato mondiale, con un unico Governo mondiale, un'unica Polizia mondiale (ruolo che, al momento, è ricoperto dagli americani e dalla Nato), un unico, immenso, mercato mondiale e un unico tipo d'uomo: il Grande Consumatore.

    Questo è il progetto in marcia alla cui guida ci sono gli Stati Uniti ma il cui propellente più vero e potente è il modello di sviluppo occidentale e un meccanismo produzione-consumo che, liberatosi di ogni pastoia, è ormai sfuggito di mano anche ai suoi apprendisti stregoni e a coloro che pretendono e credono di governarlo.

    Resta da vedere se questo 'Unicum', al di là dei colossali interessi economici che mette in gioco, fa bene all'uomo. La risposta è no. L'utopia illuminista e voltairiana dell' 'uomo cittadino del mondo' che si trova a proprio agio in ogni parte del pianeta, da New York a Ulan Bator, da Milano a Vladivostock, si è rivelata un'illusione. L'uomo ha bisogno di radici, di tradizioni, di punti di riferimento vicini e comprensibili. Altrimenti si smarrisce. Può darsi che ci sia qualcuno che si diverte a giostrare per il globo, ma ciò non vale per la generalità delle persone cui questa perdita d'identità provoca un disagio acutissimo.

    Se già abbiamo grandissima difficoltà a controllare i nostri governanti nazionali, che possibilità abbiamo mai di incidere su decisioni che, in un mondo globalizzato, vengono prese in sedi sempre più lontane da noi e praticamente sconosciute?

    Ma soprattutto, la globalizzazione passa sul massacro delle popolazioni del Primo e del Terzo Mondo. Nella sua estrema essenza la globalizzazione è infatti una spietata competizione fra Stati (o piuttosto fra quei loro sostituti che sono diventate le multinazionali) che per essere all'altezza dovranno chiedere sacrifici sempre maggiori ai cittadini. Se gli Stati Uniti o la Cina non hanno welfare anche noi, in Europa, dovremo sacrificare il nostro. Se a Taiwan pagano la gente un pugno di riso, prima o poi, anche noi dovremo adeguarci. Integrate nel meccanismo economico mondiale le popolazioni del Terzo Mondo, dopo essere state costrette ad abbandonare le economie di sussistenza, non possono reggere la competizione, di qui gli enormi flussi migratori, che sono destinati ad aumentare in modo esponenziale.

    Ha un senso tutto questo? Dico: un senso umano? No. Ma sia la destra che la sinistra, sia i liberali che quel che resta dei marxisti, sono convinti che la globalizzazione sia un processo inarrestabile e irreversibile. "La mondializzazione è un fatto e non una scelta politica" dichiarò Bill Clinton, nel 1998, a un Forum del WTO. E in quello stesso Forum Fidel Castro affermò: "Gridare abbasso la globalizzazione equivale a gridare abbasso la legge di gravità".

    Ma le leggi fisiche sono leggi di natura, contro cui nulla si può fare. Quelle economiche sono costruzioni umane. E possono essere prese a calci, come l'uomo ha fatto per millenni prima di precipitarsi in questo inferno che, animale stupido se ce n'è mai stato uno, si è costruito con le sue stesse mani.

    (www.massimofini.it)
    Fonte: http://gazzettino.quinordest.it


    Questo libero mercato è ciò che va abbattutto!
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  2. #2
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  3. #3
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    meno Stato

    meno libero mercato
    NIHIL DIFFICILE VOLENTI

  4. #4
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    a proposito di mercato:

    7 Aprile 2007

    Il mercato


    foto di Guano

    Il mercato è il nuovo riferimento ideologico dei nostri dipendenti. Chiude un’azienda? E’ la legge del mercato. Qualche centinaio di famiglie viene messo in mezzo a un strada? E’ il mercato. Una società fondamentale per l’Italia come Telecom è depredata e venduta all’asta? E’ il mercato. Le Autostrade aumentano i pedaggi, non fanno i lavori stradali e distribuiscono i dividendi? E’ il mercato.
    Nessuno può opporsi al mercato, sarebbe contro il liberismo, contro la Boninochefalaspesa, contro Prodidagliocchichiusi. Contro la Comunità Europea che è sempre dalla parte del mercato, mai dei cittadini. Il mercato è la nuova divinità da celebrare con la Santa Pasqua. Un santino della Findomestic o dello psiconano nel portafoglio. Un dio senza ‘competitor’. Se Cristo ha dovuto risorgere, il mercato non è mai morto.
    Una discussione sull’acqua, sull’energia, sull’elettricità, sull’edilizia si spegne con la parola magica: mercato. Un'entità superiore che opera con regole sue, insondabili, ma giuste a priori, da non discutere. Vi ricordate gli applausi di Bertinotti e Fassino al tronchetto? Era il mercato. E tutti i fan di Coppola, Ricucci, Gnutti, Fiorani, Tanzi e Fazio della casa circondariale della libertà? Era il mercato. E l’indifferenza verso la condanna per bancarotta a Geronzi? E’ sempre il mercato. E la permanenza di Buora in Telecom dopo lo scandalo dello spionaggio? E’ ancora il mercato. Ma anche le intercettazioni erano (sono?) un mercato.
    Se il mercato con le sue scatole cinesi, il suo capitalismo straccione, i conflitti di interessi, la sua totale mancanza di regole, decide delle nostre vite. Se questo è vero, ed è vero, i nostri dipendenti non servono a nulla. Si possono fare assumere direttamente dalle concessionarie statali, dalle industrie assistite, dalle holding dei vampiri moderni. O forse sono già assunti? Il Parlamento, giusto per specularci un po’, si potrebbe quotare in Borsa.


    dal blog di Beppe Grillo

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Il Pretoriano Visualizza Messaggio
    di Massimo Fini - 10/04/2007
    Fonte: Il Gazzettino

    Sono patetici coloro che si oppongono all'acquisto di Telecom, la più grande azienda di telecomunicazioni italiana, da parte dell'americana At&t o della messicana America Movil, in nome della «sovranità nazionale e dell'identità nazionale'.

    Proprio l'altro ieri Eni-Enel hanno acquistato la Yukos, il colosso petrolifero russo ("colpo di reni del 'made in italy'" gongolava il Corriere). Aeroflot sta per acquisire Alitalia, o parte di essa, con l'appoggio di Texas Pacific Group e Matlin. Enel ha messo le mani sulla spagnola Endesa.

    "E' il libero mercato" ha commentato laconicamente Berlusconi. Sono gli effetti della globalizzazione. E chi è a favore della globalizzazione non può poi lamentarsi delle sue inevitabili conseguenze. E' evidente che noi stiamo andando a gran velocità verso un'epoca in cui gli Stati nazionali, in quanto tali, conteranno sempre meno fino a fondersi in un unico Stato mondiale, con un unico Governo mondiale, un'unica Polizia mondiale (ruolo che, al momento, è ricoperto dagli americani e dalla Nato), un unico, immenso, mercato mondiale e un unico tipo d'uomo: il Grande Consumatore.

    Questo è il progetto in marcia alla cui guida ci sono gli Stati Uniti ma il cui propellente più vero e potente è il modello di sviluppo occidentale e un meccanismo produzione-consumo che, liberatosi di ogni pastoia, è ormai sfuggito di mano anche ai suoi apprendisti stregoni e a coloro che pretendono e credono di governarlo.

    Resta da vedere se questo 'Unicum', al di là dei colossali interessi economici che mette in gioco, fa bene all'uomo. La risposta è no. L'utopia illuminista e voltairiana dell' 'uomo cittadino del mondo' che si trova a proprio agio in ogni parte del pianeta, da New York a Ulan Bator, da Milano a Vladivostock, si è rivelata un'illusione. L'uomo ha bisogno di radici, di tradizioni, di punti di riferimento vicini e comprensibili. Altrimenti si smarrisce. Può darsi che ci sia qualcuno che si diverte a giostrare per il globo, ma ciò non vale per la generalità delle persone cui questa perdita d'identità provoca un disagio acutissimo.

    Se già abbiamo grandissima difficoltà a controllare i nostri governanti nazionali, che possibilità abbiamo mai di incidere su decisioni che, in un mondo globalizzato, vengono prese in sedi sempre più lontane da noi e praticamente sconosciute?

    Ma soprattutto, la globalizzazione passa sul massacro delle popolazioni del Primo e del Terzo Mondo. Nella sua estrema essenza la globalizzazione è infatti una spietata competizione fra Stati (o piuttosto fra quei loro sostituti che sono diventate le multinazionali) che per essere all'altezza dovranno chiedere sacrifici sempre maggiori ai cittadini. Se gli Stati Uniti o la Cina non hanno welfare anche noi, in Europa, dovremo sacrificare il nostro. Se a Taiwan pagano la gente un pugno di riso, prima o poi, anche noi dovremo adeguarci. Integrate nel meccanismo economico mondiale le popolazioni del Terzo Mondo, dopo essere state costrette ad abbandonare le economie di sussistenza, non possono reggere la competizione, di qui gli enormi flussi migratori, che sono destinati ad aumentare in modo esponenziale.

    Ha un senso tutto questo? Dico: un senso umano? No. Ma sia la destra che la sinistra, sia i liberali che quel che resta dei marxisti, sono convinti che la globalizzazione sia un processo inarrestabile e irreversibile. "La mondializzazione è un fatto e non una scelta politica" dichiarò Bill Clinton, nel 1998, a un Forum del WTO. E in quello stesso Forum Fidel Castro affermò: "Gridare abbasso la globalizzazione equivale a gridare abbasso la legge di gravità".

    Ma le leggi fisiche sono leggi di natura, contro cui nulla si può fare. Quelle economiche sono costruzioni umane. E possono essere prese a calci, come l'uomo ha fatto per millenni prima di precipitarsi in questo inferno che, animale stupido se ce n'è mai stato uno, si è costruito con le sue stesse mani.

    (www.massimofini.it)
    Fonte: http://gazzettino.quinordest.it


    Questo libero mercato è ciò che va abbattutto!

    naturalmente tutto condivisibile, Massimo Fini fortifica le nostre idee e le nostre battaglie, ma realmente di soluzioni, reali, ce ne sono?

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    Citazione Originariamente Scritto da Peppe Sindaco Visualizza Messaggio
    naturalmente tutto condivisibile, Massimo Fini fotifica le nostre idee e le nostre battaglie, ma realmente di soluzioni, reali ce ne sono?
    Bah a mio avviso ci sarebbero anche, un governo cazzuto potrebbe fare molto in tal senso, ma sarebbe impossibile (e ciò rende ogni discorso puramente teorico e accademico) convincere la gente che dovrebbe abbandonare il proprio stile di vita.
    Non nobis Domine, non nobis sed nomine Tuo da gloriam

  7. #7
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    Quoto entrambi gli scritti, in particolar modo quello del sempre lucido Massimo Fini.Oramai siamo in una fase di terzomondizzazione acuta, che comprende anche le aree del cosiddetto benessere......basta viaggiare un pò per comprendere che non esiste alcun stato baluardo che si contrappone a tali sistemi economici, se non alimentandoli solo ed esclusivamente per i propri fini, riferendomi in primis alla Russia putiniana, degno e futuro clone degli Stati Uniti d'america e alle "mostruosità" socio-economiche della Cina attuale.Una fase storica di così alto livellamento economico-sociale, di abbrutimento consumista e incertezze future e di annichilimento spirituale, neanche con l'avvento dell'Unione Sovietica l'ha mai vissuta l'umanità.

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da Il Pretoriano Visualizza Messaggio
    Bah a mio avviso ci sarebbero anche, un governo cazzuto potrebbe fare molto in tal senso, ma sarebbe impossibile (e ciò rende ogni discorso puramente teorico e accademico) convincere la gente che dovrebbe abbandonare il proprio stile di vita.
    da quello che scrivi dici di modificare direttamente i stili di vita delle masse?

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Peppe Sindaco Visualizza Messaggio
    da quello che scrivi dici di modificare direttamente i stili di vita delle masse?
    Non ti ho capito?!
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  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Il Pretoriano Visualizza Messaggio
    Bah a mio avviso ci sarebbero anche, un governo cazzuto potrebbe fare molto in tal senso, ma sarebbe impossibile (e ciò rende ogni discorso puramente teorico e accademico) convincere la gente che dovrebbe abbandonare il proprio stile di vita.

    dicevo che te scrivi "convincere la gente che dovrebbe abbandonare il proprio stile di vita" perciò porteresti nel modificare il proprio stile di vita intere masse. o sbaglio?

    tipo consumare quello che serve(10%) ed eleminare il superfluo(90%)

 

 
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