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Discussione: Dalla Francia

  1. #1
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    Predefinito Dalla Francia

    Questi intellos!

    Parigi. Muore il mito dell’intellettuale di sinistra, di morte lenta e sicura, mentre il paesaggio cultural-politico francese si ricompone, creando figure inedite e impensabili.
    E’ una delle principali novità delle presidenziali 2007, che segnano la vera liquidazione dell’epoca Mitterrand, tenuta in vita fuori tempo massimo da Jacques Chirac, nei dodici anni della sua presidenza.
    Gli intellettuali possono continuare a professarsi tali e dichiarare di votare a destra, come ha fatto André Glucksmann, quando ha spiegato sul Monde che è Nicolas Sarkozy, candidato della destra repubblicana, a tenere in vita la tradizione della “Francia del cuore”, abbandonata invece dalla sinistra.
    Rischiano, è vero, di essere bollati a vita come “sarkotraditori”, e in caso di insuccesso di diventare dei paria, in balìa del vento ostile della recriminazione. Ma il cambiamento esiste e pare irreversibile.
    Certo non sono legioni, ma i tempi della mobilitazione di massa, quando chiunque facesse delle idee la sua professione si sentiva in dovere di schierarsi a sinistra, e di impegnarsi nella battaglia democratica e antifascista, sembrano tramontati per sempre.
    La prova? Il Nouvel Obs, settimanale della gauche, lancia un appello in extremis, di 150 intellos che invitano al voto utile, contro la destra e il centrismo immaginario e Marcel Gauchet, l’ex maoista, ravvedutosi studiando Tocqueville e Constant che oggi resta una delle menti più lucide dell’intellighenzia germanopratina, se la ride:
    “E’ un appello che sfiora il trotzkismo paleolitico scongelato di fresco”.
    Redattore del Débat, grande esperto della genealogia politica della democrazia moderna, Gauchet è convinto che la fine del monopolio intellettuale della sinistra sia uno dei segni della sua stessa crisi di identità. “Sarà pure una deriva a destra, ma bisogna ricordare che Chirac è il capo dello stato più a sinistra di tutta l’Europa” ha spiegato a Elisabeth Lévy di Le Point. “Direi anzi che stiamo assistendo alla fine di un certo delirio catto-gauchista che ha dato vita a tutte le sciocchezze altermondialiste e umanitarie”.
    Intanto, i sondaggi lo confermano, i francesi non sono mai stati così a destra.
    E la notizia, diffusa ieri dal Nouvel Observateur, che Ségolène Royal, secondo un’indagine riservata dei servizi segreti, non riuscirebbe nemmeno ad arrivare al ballottaggio, con Sarkozy primo, seguito da un testa a testa tra il centrista François Bayrou e il capo dell’estrema destra Jean-Marie Le Pen, lascia sgomenti.
    Il fronte degli irriducibili, però, resta ben guarnito. Per un ex nouveau philosophe conquistato da Sarko come Glucksmann, ce n’è un altro che resiste come Bernard Henri Lévy fedele, nonostante tutto, al voto Royal.
    La cosa ha un che di incomprensibile, considerando il suo atlantismo, e non si spiega senza un tocco di vanità misto a convenienza. Tre mesi fa, BHL se l’era persino portata a cena fuori Ségolène Royal, e nel corso d’una serata memorabile, anticipata dal Foglio e da lui stesso rievocata per filo e per segno su Le Point, aveva edotto la candidata socialista sulla necessità di difendere
    “i diritti dell’uomo” e non “i diritti umani”, come incautamente aveva fatto durante il viaggio in Cina. Oggi invece BHL divaga.
    Piuttosto che affrontare il tema, preferisce parlare ai suoi lettori di Barack Obama, restando prigioniero del suo ruolo di battitore libero, di oppositore risoluto dei governi e dell’ipocrisie dei governi, che molto promettono e poco mantengono.
    Resiste sul fronte segolista anche Jacques Julliard, e per giustificare la sua scelta usa le parole di un vecchio ministro di De Gaulle, come Jean Marcel Jeanneney, padre di un ministro di Mitterrand.
    E pare tentato dal voto ségolista anche Pierre Nora, quando invece col suo pedigree avrebbe potuto indossare benissimo i panni del sarkotraditore.
    Storico, editore, fu lui che coi “Luoghi della memoria” inaugurò in Francia la storiografia postmoderna libera dalle contrapposizioni tra destra e sinistra e in grado di ricostruirle in modo critico. Anche lui, corre voce, è vittima della campagna di seduzione da parte della candidata socialista, che ha subito accolto la sua idea di cantare la Marsigliese e aprire alla nazione. Come faranno adesso che il segretario socialista François Hollande ha bocciato senza mezzi termini la proposta lanciata sul Monde dal riformista Michel Rocard di un accordo preelettorale col centrista Bayrou?

    Marina Valensise su il Foglio di oggi

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Modello Sarkozy

    Parigi. Nicolas Sarkozy, ex ministro dell’Interno e candidato dell’Ump alle elezioni presidenziali francesi, ne è certo: dopo gli attentati di Algeri e Casablanca, per la Francia “la minaccia è reale” perché “al Qaida è l’avversario della democrazia”.
    Nel suo messaggio dello scorso settembre – il numero due della rete terroristica, Ayman al-Zawahiri – aveva designato il paese come uno degli obiettivi. “La principale minaccia viene dall’Algeria, dal Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc) che si è trasformato in al Qaida nel Maghreb islamico”, spiega Sarkozy:
    “Quello che è accaduto a Londra, Madrid e New York sarebbe potuto accadere anche a noi”. Ma è proprio grazie alla sua politica muscolosa se, per ora, la Francia è stata risparmiata.
    E’ lui, ministro dell’Interno dal 2002 al marzo 2004, che ha organizzato il dispositivo antiterrorismo del dopo 11 settembre. E’ sempre lui, ritornato allo stesso dicastero il 31 maggio 2005, che dopo gli attentati di Londra ha rafforzato la legge antiterrorismo del 1986.
    In Francia i presunti terroristi non sono sospettati qualunque: il fermo di polizia dura 96 ore, le perquisizioni sono facilitate, la carcerazione preventiva è più lunga, il giudizio si svolge davanti a una corte d’assise speciale e le condanne arrivano a 30 anni. Con il Patriot Act francese, sul modello di quello americano e britannico, Sarkozy ha generalizzato la video-sorveglianza e la conservazione dei dati elettronici, istituito le carte di identità biometriche e imposto i controlli sui viaggi verso i paesi a rischio. La strategia preventiva è semplice quanto efficace: monitorare le attività legate ai luoghi di culto e alle associazioni culturali islamiche, moltiplicare gli arresti di presunti militanti e predicatori d’odio.
    L’obiettivo è mantenere una pressione costante sui potenziali terroristi. Il risultato sono 138 islamisti arrestati nel 2006, altri 32 dall’inizio dell’anno, decine di espulsioni e nessuno attentato dal 3 dicembre 1996, quando il Gruppo islamico armato algerino colpì la metropolitana di Parigi.
    La campagna elettorale non è stata influenzata dagli attentati di Algeri.
    Il piano Vigipirate è a livello rosso e le autorità hanno “in mente il precedente spagnolo”, dice l’intelligence.
    I socialisti ritengono che evocare in periodo elettorale il ritiro dall’Afghanistan equivarrebbe a incitare i terroristi a compiere un’Atocha parigina. E nessun concorrente dell’ex ministro osa rimettere in discussione l’operato di Sarkozy.
    Anzi, la sua politica antiterrorismo è “oggetto di un ampio consenso”, scrive Libération:
    “Bisogna mantenere l’umile profilassi poliziesca che finora ha dato risultati soddisfacenti”.
    Per la candidata socialista Ségolène Royal “niente deve farci abbassare la guardia”.
    Secondo il centrista François Bayrou “le democrazie devono esercitare una solidarietà senza falle”.
    In questi anni, in Francia, nessuno ha fatto drammi per le rendition e i voli della Cia. Né sono stati decapitati i servizi segreti quando la Dst e la Dgse hanno interrogato a Guantanamo sei detenuti francesi, poi processati a Parigi.
    Sarkozy ha fatto della cooperazione con i grandi servizi occidentali un pilastro, in particolare attraverso il coordinamento “Alliance base” con la Cia e l’MI5.
    La “Politique arabe” e la neutralità irachena del presidente Jacques Chirac non hanno messo al riparo la Francia dalla minaccia terroristica. Ma la collusione della diplomazia e dell’economia con i regimi mediorientali – il direttore generale di Total, Cristophe de Margerie, già indagato per corruzione di funzionari iraniani, dovrebbe essere processato l’anno prossimo per lo scandalo oil-for-food in Iraq insieme con Serge Boidevaix, ex segretario generale del Quai d’Orsay, e Jean-Bernard Mérimée, ambasciatore all’Onu dal 1991 al 1995 – ha fruttato utili informazioni.
    La Francia, però, rimane “un nemico”, spiega Alain Rodier, ex ufficiale dei servizi ed esperto di terrorismo:
    “In Algeria sostiene gli apostati, cioè il presidente Bouteflika” e i salafiti la usano come “base logistica”.
    E proprio ad Algeri, cinque mesi fa, Sarkozy si è fatto consegnare dal presidente algerino la lista dei 1.500 islamisti liberati con la sua politica di concordia nazionale.

    Il Foglio

    saluti

 

 

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