Siamo tornati qui a Fiuggi con lo scopo di riunire i socialisti, di aprire un confronto sul destino della sinistra italiana e sul futuro dell’Italia. Abbiamo scritto nel nostro slogan congressuale: nasce la Costituente. Dopo aver ascoltato gli interventi di Rino Formica, di Gianni de Michelis, di Bobo Craxi di Saverio Zavettieri e Valdo Spini, possiamo dire: la Costituente è nata.
Non ignoro che esistano problemi di diversa natura da affrontare, ma l’unità socialista qui evocata e voluta fortemente deve essere al più presto realizzata. Do a tutti noi un appuntamento per l’autunno di quest’anno al fine di realizzare la fase conclusiva della Costituente. Mi impegnerò nella sua preparazione affinché possa essere davvero il momento felice nel quale si pone termine alla diaspora socialista.
Mi si può chiedere come si chiamerà il Partito che raccoglierà tutti i socialisti, quelli che provengono dall’esperienza del Psi e quelli da quella del Psdi, nonché tutti coloro che non avendo partecipato alla vita di questi due partiti, o perché provengono da altre esperienze o perché sono giovani guardano in noi come un punto di riferimento essenziale.
Io non trovo di meglio che chiamare il nuovo partito come si è sempre chiamato, almeno dal 1893 con il Congresso di Reggio Emilia, a un anno dalla sua fondazione: Partito Socialista Italiano, Psi. Non è il segno di un ritorno al passato. È invece la conferma della continuità della nostra storia politica e di ideale che non si è interrotta mai, grazie alla generosità e alla passione di tutte le nostre compagne e i nostri compagni. Il nostro progetto è tutto rivolto al futuro, saldamente ancorato al riformismo e al socialismo democratico europeo, legato ad un’opera di modernizzazione con al centro la libertà, l’equità e la laicità. Non abbiamo mai ceduto al massimalismo e all’estremismo che fanno parte della storia del movimento operaio. Abbiamo appreso dalle elezioni di Nenni che la logica del più uno, della contrapposizione frontale e della esasperazione politica, non porta da nessuna parte. Anzi come accadde con il diciannovismo può portare dritti diritti a favorire uno sbocco reazionario.
Voglio quindi rassicurare Ottaviano del Turco. Il nostro modello non è il Psiup ma il PSI. È vero – e non me ne pento – che come Sdi abbiamo difeso lo statuto dei diritti dei lavoratori di fronte ad un attacco che veniva dal Governo Berlusconi. Non ci convinceva il patto per l’Italia, né pensavamo che in quelle condizioni si potesse arrivare a modifiche equilibrate con una maggioranza in Parlamento di centro destra. Lo statuto dei lavoratori non è stato fatto da Sergio Cofferati ma da Giacomo Brodolini, ministro socialista del Lavoro. Tutto ciò a poco a vedere la flessibilità che noi consideriamo essenziale, tanto è vero che abbiamo sempre sostenuto il libro bianco di Marco Biagi. Quella flessibilità riguarda del resto solo i lavoratori in entrata e non quelli in uscita, non coincide affatto con la completa e assoluta libertà di licenziamento e deve essere accompagnata da adeguati ammortizzatori sociali e soprattutto da un riconoscimento della dignità del lavoro. E che la dignità del lavoro, la sua sicurezza e la sua valorizzazione siano messi fortemente a rischio, lo si constata drammaticamente nella tragica catena di incidenti mortali che sono avvenuto ieri e l’altro ieri.
Per quanto si possa essere moderni, su una cosa rimaniamo antichi come i padri del socialismo: difendendo il mondo del lavoro dall’insicurezza, dalla precarietà e dall’incertezza. Nel corso del Novecento si sono aperte grandi contese, la politica è stata dominata da grandi contrasti, abbiamo conosciuto sistemi totalitari la cui efferatezza ha raggiunto livelli terrificanti. C’è stata però una delle conquiste più importanti che si sia mai realizzata a favore di tutti i cittadini, rappresentata dallo Stato sociale. Questo è stato il frutto delle idee e delle elaborazioni di liberali riformatori cito per tutti Lord Beveridge e della lotta e dell’azione di governo dei socialdemocratici. Dalle prime assicurazioni sociali di fine ‘800 varate da Bismark, in Germania, ad oggi molta è la strada che è stata fatta. Nel nostro dibattito è stato più volte evocato il riferimento alla socialdemocrazia europea. La socialdemocrazia è riuscita ad essere protagonista con l’affacciarsi del nuovo secolo per la sua capacità di adeguarsi alle grandi trasformazioni sociali ed economiche. Solo chi ha un’immagine della socialdemocrazia come un corpo dottrinario, come se fosse il comunismo, può pensare che sia qualche cosa di vecchio. Ho notato che D’Alema si è esercitato in una critica rivolta anche a noi, perché non coglieremmo la grande novità rappresentata dal partito unificato, Ds-Margherita che si sta costruendo. Noi coltiveremo invece il vecchio, rimarremmo attaccati ad antichi risentimenti, saremmo prigionieri di logiche sorpassate. Questo argomento di D’Alema non va liquidato con una battuta. Come non vedere che il Partito democratico in corso di costruzione ha le sue fondamenta su quanto c’è di più vecchio nella società italiana com’è quello di una politica di sinistra che deve necessariamente scendere a compromessi sui valori e sui principi con il Vaticano, come se non ci fosse stata la presa di Porta Pia, la Costituzione dello stato risorgimentale e l’affermazione della laicità dello Stato. È più vecchio chi pensa che il nuovo Partito democratico non possa farsi se non mettendoci dentro integralisti cattolici e chi invece continua a guardare alla laicità della politica come la dimensione nella quale si sviluppa l’innovazione e la modernità. Del resto anche un centrista come Bayrou, tanto caro a Rutelli, che lo sostiene contro la socialista Ségolène Royale è più avanzato sul terreno della laicità e dei diritti civili -penso alla questione delle coppie di fatto – di quanto lo sia la Margherita. Persino Sarkozy, che è il leader della destra francese, ha difeso i Pacs che in Italia non sono accettati dal Partito che Rutelli e Fassino ci propongono. Non si misura la modernità di un’idea solo dal fatto che è nuova indipendentemente dal suo contenuto. Il presidente del Senato, Franco Marini, che ringrazio ancora una volta per la sua presenza qui tra noi, si è sentito in dovere di difendere Rutelli. E tuttavia non siamo stati noi ma ben sessanta parlamentari della Margherita che con Marini e Franceschini hanno più di qualche rapporto a fare un documento che suonava aperta critica nei confronti delle posizioni integraliste di Rutelli. Non si può certo mettere sullo stesso piano un cattolico come Jacques Delors e un integralista di conio tutto nuovo com’è Rutelli. Come si fa a definire moderno e avanzato un Partito democratico dove ci saranno esponenti dell’Opus Dei, alcuni dei quali indossano felicemente il cilicio. Vedeva lungo Massimo D’Alema quando si recò alla celebrazione del fondatore dell’Opus Dei comprendendo che con parte di quella gente avrebbe fatto un partito assieme. Questa è la modernità che concepisce Massimo D’Alema? Allora noi preferiamo rimanere ancorati ai principi antichi di laicità che animarono gli eroi del Risorgimento italiano. Del resto andando indietro dei secoli, appare molto più moderno Giordano Bruno, di cui tutti noi conosciamo la sorte di quanto lo sia oggi Papa Ratzinger. Laicità è modernità. È stato un grande merito nel corso della storia della Repubblica l’aver posto questa questione con forza e vigore da parte dei socialisti e dei radicali. La Rosa nel Pugno non è nata come qualche cosa di stravagante rispetto alla nostra storia ma, tra tutte le nostre esperienze di alleanza e di intese politiche, costituisce quella che abbiamo sentita ai valori e ai principi del socialismo italiano.
Voglio rassicurare Emma Bonino, che ringrazio per essere venuta al nostro Congresso e averci portato il saluto dei radicali italiani. Emma è un bravo ministro, assieme a Ugo Intini e agli altri nostri compagni sottosegretari, ben ci rappresenta nel governo, ha idee innovative e moderne che condividiamo, è una donna di carattere che ha una grande passione politica e civile da tutti noi apprezzata. Noi non abbiamo affatto chiuso la Rosa nel Pugno ma abbiamo con il Congresso di Fiuggi aperto un cantiere più grande. In questo cantiere devono esserci l’esperienza, la capacità innovativa, le idee della Rosa nel Pugno. Quelle idee corrispondono a tante battaglie che socialisti e radicali hanno fatto insieme. Marco Pannella e Loris Fortuna rappresentano nella storia del nostro Paese proprio come si possa essere al 100% socialisti e al 100% radicali. Non lo si potrebbe dire per nessuna altra esperienza politica. Noi portiamo avanti sui temi della laicità, battaglie assai importanti: dall’abolizione del Concordato, dalla modifica del meccanismo truffaldino dell’8 per mille, fino all’eliminazione dell’esenzione Ici ancora esistenti per alcune attività commerciali della Chiesa cattolica. Fondamentale è il nostro impegno a difesa della scuola pubblica e contro i finanziamenti alle scuole private, dati in aperta violazione della nostra Costituzione. Noi siamo ben consapevoli dei mali del nostro sistema d’istruzione. Vogliamo una scuola pubblica che funzioni, con insegnanti ai quali sia assicurata una dignitosa condizione di vita ed un continuo aggiornamento professionale. Dobbiamo portare l’Italia nel campo dell’università e della ricerca a competere in un mondo globale. In questo campo si devono mobilitare risorse pubbliche e risorse private. Deve essere sviluppata la ricerca di base come quella applicata. Non è più sostenibile che il nostro Paese resti al palo. È necessario un grande rinnovamento dell’economia italiana. Le nostre imprese non possono rimanere ingessate in un capitalismo familiare, come ha detto Ugo Intini, che non assicura un efficiente ricambio delle classi dirigenti e ha dimostrato di non essere in grado di reggere la competizione internazionale. Il caso Telecom resta da manuale perché mette insieme un po’ tutti i vizi del capitalismo italiano. Su questi temi della laicità, dell’innovazione, della ricerca e della scuola, ci siamo ritrovati nelle aule parlamentari e nel confronto politico su posizioni assolutamente comuni con il ministro Mussi, come con il vice presidente del Senato Gavino Angius, Questo può essere un buon inizio in grado di aprire una prospettiva comune che abbia come riferimento il socialismo democratico europeo.
Voglio riconfermare come ho detto nella mia relazione introduttiva, che noi siamo contrari al partito che stanno costruendo Rutelli e Fassino, ma nel contempo consideriamo il perseguimento dell’unità dei riformisti come una caratteristica del Dna socialista. Abbiamo ascoltato ieri le parole del Presidente del Consiglio Prodi, che ringrazio per essere intervenuto al nostro Congresso. Ha fatto un discorso chiaro ed altrettanto chiara è la nostra risposta, come si deve fare tra amici. Romano Prodi ha ribadito la validità del Partito democratico, invitandoci ancora una volta a farne parte. Ieri Roberto Villetti gli ha dato una prima risposta, dicendo che Prodi con le sue argomentazioni è stato rispettoso nei confronti delle nostre idee ma che noi non possiamo accogliere l’invito che ci ha fatto ad aderire al Partito democratico. Voglio sintetizzare questo nostro punto di vista nella maniera più semplice ed amichevole: “Caro Romano, non ci hai convinto”. Con il Presidente del Consiglio, ci sono tanti punti di convergenza ma anche come è evidente, diversità. Come lui stesso ha detto: “Siamo distinti ma non distanti”. Noi sosteniamo pienamente il Governo. Vediamo aggirarsi tanti alchimisti che esercitano la propria fantasia nell’individuare soluzioni di riserva nel caso in cui il Governo dovesse nuovamente essere sconfitto al Senato, dove come si sa c’è una maggioranza molto ristretta. Si tratta di disegni poco chiari che si accompagnano con la speranza di riuscire ad imporre una legge elettorale che liberi il nascente Partito democratico dal fastidio dato dalla concorrenza di altre formazioni politiche. Vedo queste tentazioni nei Ds, le vedo nella Margherita e le vedo anche in Rifondazione comunista. Spero proprio che il presidente Bertinotti, che ringrazio per essere intervenuto nel nostro Congresso, con il suo originalissimo comunismo libertario, contrasti le tentazioni di coloro che ci vorrebbero spazzare via attraverso qualche astruso congegno elettorale. Noi non vogliamo attestarci su un puro e semplice rifiuto del Partito democratico. La nostra critica dovrà essere puntuale ma non fatta di pregiudizi. Ho letto oggi sull’“Unità” che Fassino si è lamentato per le mie critiche, che sarebbero state ingenerose. Ha aggiunto che gli argomenti da me portati non sarebbero fondati. Mi sembra che tra le cose che gli abbiamo dato più fastidio siano le mie osservazioni sull’ormai nota questione del Pantheon degli antenati del Partito democratico. In effetti attorno a questa esemplificazione si èevidenziata tutta la confusione politica, ideologica e culturale, del partito che stanno mettendo insieme Fassino e Rutelli. Oggi ho visto che il Pantheon si è ulteriormente arricchito. In una intervista a “La Stampa”, Anna Finocchiaro, presidente del gruppo parlamentare dell’Ulivo al Senato, di fronte a questa discussione ha fatto una osservazione di buon senso: “Mamma mia, ancora questa discussione. Mi sembra trita e ritrita”. Detto questo non ha però rinunciato a metterci del suo: se andiamo su questo piano io, accanto a Gramsci e Berlinguer, metterei un pezzetto del pensiero femminista, Arendt, la Luxembourg”. Ora Hanna Arendt è nota come essere la filosofa che ha sostenuto che nazismo e comunismo possono essere ricondotti alla comune categoria del totalitarismo. Rosa Luxembourg era una a rivoluzionaria comunista libertaria. Mettere insieme due personalità così diverse non significa affatto che Anna Finocchiaro non sappia chi sono l’Arendt e la Luxembourg. È invece la prova provata che si prendono tutti i riferimenti possibili ed immaginabili perché non si vuole scegliere. In questo modo il partito che stanno costruendo Fassino e Rutelli, dimostra non solo di non riuscire a trovare un orientamento politico e culturale per il futuro di un certo valore, ma di non avere risolto neppure i nodi ideologici e confessionali che ancora pesano sui Ds e sulla Margherita. Noi a partire da Fiuggi lavoreremo per unire i socialisti, allargare il campo dei nostri interlocutori, aprire un cantiere di tutti i riformisti che non condividono la scelta di aderire al Partito democratico. Uniremo i socialisti per unire i riformisti. A questa prospettiva stanno dando un contributo di grande valore politico e culturale esponenti politici come Emanuele Macaluso, Lanfranco Turci e Giuseppe Caldarola. Si tratta di riformisti doc. Da tempo si svolge un libero confronto su questi temi sul “Riformista” diretto da Paolo Franchi, dove senza pregiudizi, si confronta tutta la sinistra. Noi speriamo che a loro sia aggiungano tanti altri che non provengono dall’esperienza del Psi e Psdi ma che come noi vogliono un’Italia più libera, più laica e più giusta.
Qui a Fiuggi nacque lo Sdi con il contributo di Ugo Intini e Gianfranco Schietroma. Qui nasce la Costituente. È un progetto per l’oggi. Non dobbiamo assolutamente perdere tempo. Abbiamo di fronte a noi una consultazione elettorale, amministrativa e provinciale di grande rilevanza che richiede un impegno forte di tutto il nostro partito. In questa consultazione, dobbiamo portare tutto il nostro spirito unitario, rivolgendoci innanzitutto alle elettrici e gli elettori socialisti, perché rafforzino le liste dello Sdi che sono aperte al contributo degli esponenti delle formazioni della diaspora, e ai radicali, che con noi hanno dato vita alla Rosa nel Pugno. Tante volte abbiamo avuto l’impressione di arrivare ad un passo dell’unità. Poi tutto questo è svanito come in un sogno. Ora se io dovessi sintetizzare le mie convinzioni e i miei sentimenti, direi una sola cosa: UNIAMOCI SUBITO! Uniti i socialisti conteranno di più sul piano delle idee e della capacità di incidere nella politica italiana. Uniti i socialisti riusciranno ad essere un punto di riferimento per unire tutti i riformisti. Uniti per rinnovare quella storia che si aprì alla fine dell’Ottocento con la fondazione del PARTITO SOCIALISTA ITALIANO di cui noi siamo gli eredi e i continuatori!