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  1. #11
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    ecco paolo ne avevamo accennato telefonicamente e io credo di pensarla un po' diversa. Ad esempio non capisco perchè telecom deve restare in mani italiane, soprattutto se poi sono le stesse mani, le banche che erano già partecipi con tronchetti e che quindi hanno le stesse responsabilità di tronchetti e una partecipazione spagnola in minoranza che prelude a un qualche scambio in altri campi con aziende spagnole, immagino. Sia chiaro che non trovo nulla di male se qualcuno mi spiega le ragioni dell'italianità e le difende. Io sono dell'idea che gli americani erano competenti in materia ed avevano i soldi e tanto mi bastava, ma sono aperto ad ogni soluzione razionale in proposito, per carità. Non mi si venga solo a dire che il governo non se ne è occupato visto che la telefonata a Bernheim di Padoa Schioppa chiede un interessamento di generali e si accompagna ad una promessa a generali di difesa da gruppi stranieri, mai ce ne fosse il caso. Sono d'accordo invece con gli amici che hanno scritto che le privatizzazioni sono state fatte male da prodi prima e da d'alema poi. Ma guardate non per un errore di teoria, ma per l'esigenza di vendere ad amici che hanno poi fatto avere una qualche contropartita. Basterebbe spremere Consorte - ah se di pietro fosse ancora in procura, lui che se ne intende! - o anche togliere la sordina alle intercettazioni custodite gelosamente al corriere della sera, per avere ulteriori dettagli.

  2. #12
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    brunik avrebbe di che ridire su quest ultime affermazioni.

    rete allo stato per trovare la soluzione migliore per controllo e concorrenza, società a chi ha i dindari, in piu' bisognerebbe eliminare o almeno moderare le scatole cinesi.

    a mio avviso però la soluzione migliore sarebbe l'intervento dello stato per roacquisire la telefonia e vedere come gestire in attivo l'azienda.

  3. #13
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    "a mio avviso però la soluzione migliore sarebbe l'intervento dello stato per roacquisire la telefonia e vedere come gestire in attivo l'azienda".

    e io ti dico che sarei felice di vedere lo stato che gestisce in attivo l'azienda, ma se invece lo stato non riesce a gestirla in attivo e se l'intervento dello stato, al contrario, crea da subito un passivo? Nel momento nel quale si annuncia il disinteresse dello stato e si persegue una soluzione indicata dallo stato, io temo che si trascuri il problema dell'economicità, che dai tempi delle partecipazioni statali ha pure avuto un certo qual peso.

    ops del reale giudizio di brunik, chiedo subito venia per la lesa maestà.

  4. #14
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    Citazione Originariamente Scritto da calvin Visualizza Messaggio
    ecco paolo ne avevamo accennato telefonicamente e io credo di pensarla un po' diversa.
    In effetti di telefonia occorrerebbe parlarne coi mezzi deputati (al telefono), ma ci contentiamo del forum .
    Citazione Originariamente Scritto da calvin Visualizza Messaggio
    Ad esempio non capisco perchè telecom deve restare in mani italiane, soprattutto se poi sono le stesse mani, le banche che erano già partecipi con tronchetti e che quindi hanno le stesse responsabilità di tronchetti e una partecipazione spagnola in minoranza che prelude a un qualche scambio in altri campi con aziende spagnole, immagino. Sia chiaro che non trovo nulla di male se qualcuno mi spiega le ragioni dell'italianità e le difende. Io sono dell'idea che gli americani erano competenti in materia ed avevano i soldi e tanto mi bastava, ma sono aperto ad ogni soluzione razionale in proposito, per carità. Non mi si venga solo a dire che il governo non se ne è occupato visto che la telefonata a Bernheim di Padoa Schioppa chiede un interessamento di generali e si accompagna ad una promessa a generali di difesa da gruppi stranieri, mai ce ne fosse il caso. Sono d'accordo invece con gli amici che hanno scritto che le privatizzazioni sono state fatte male da prodi prima e da d'alema poi. Ma guardate non per un errore di teoria, ma per l'esigenza di vendere ad amici che hanno poi fatto avere una qualche contropartita. Basterebbe spremere Consorte - ah se di pietro fosse ancora in procura, lui che se ne intende! - o anche togliere la sordina alle intercettazioni custodite gelosamente al corriere della sera, per avere ulteriori dettagli.
    Sia chiaro, io non metto in dubbio l'intervento del governo. C'è stato. E' ridicolo solo che facciano finta che non è così. Non mi scandalizza che ci sia stato, e lo trovo perfino giusto.
    Sulle grandi operazioni di mercato, come su tutte le questioni strategiche dell'economia, è naturale che il governo di un Paese sia uno degli attori e degli interlocutori in campo. Quello che trovo ipocrita è che tutto debba avvenire sottobanco. La colpa comunque, è di questa filosofia imperante di "mercato autosufficiente", che è un'altra grande ipocrisia (italiana ma non solo), perché spesso e volentieri quando si ritrova nei guai chiede soldi allo Stato.

    Comunque, vado per concetti generali.

    Il caso Telecom insegna una cosa sul passato delle privatizzazioni, che a mio avviso andrebbe tenuta presente per il futuro.
    Siamo passati dallo Stato-industria, dirigista e monopolista, allo Stato nullatenente. In un furore privatizzante che ha avuto solo lo scopo di liberarsi in fretta e furia dei carrozzoni, all'insegna del libero mercato e della concorrenza. Senza un occhio alla funzione prettamente pubblica di quelle strutture che si andavano a privatizzare.

    Ora il caso Telecom ci induce a riflettere su questo: le infrastrutture sono una cosa, i servizi un'altra.
    Le infrastrutture (siano esse autostrade, linee ferroviarie, cavi telefonici, elettrodotti etc.) sono un bene prezioso, su cui oltretutto lo Stato ha investito i suoi soldi a suo tempo. Beni che non hanno come scopo il profitto, ma la possibilità di rendere un servizio a tutta la collettività. Le infrastrutture non possono essere privatizzate.
    Se il Paese ha bisogno di un collegamento autostradale che la compagnia privata non è in grado di sobbarcarsi, il collegamento non si fa. Se un paesino di duecento abitanti ha bisogno della rete ADSL e la compagnia privata non lo ritiene un investimento utile, la linea lì non arriverà mai. E così per tutte le infrastrutture. Se occorre un tipo di manutenzione e la compagnia non ha soldi per farla, o investe in altro modo, l'infrastruttura deperisce.
    Dunque, le infrastrutture devono tornare, a mio avviso, sotto il controllo statale.

    Diverso il discorso sui servizi. Lì lo Stato non ha motivo di entrare. Da un lato perché da monopolista inefficiente difficilmente sarebbe in grado di offrire servizi di qualità, e dall'altro perché la burocrazia amministrativa e ingessata dell'ente pubblico finirebbe per portare le casse in rosso (come in passato). Non solo, ma la presenza dello Stato sui servizi tarperebbe le ali all'economia, impedendo al mercato di agire in larghe fasce di settori.
    Dunque lo Stato dovrebbe concentrarsi sulla piena liberalizzazione dei servizi, affittando le proprie infrastrutture ai privati per promuovere una sana concorrenza sui servizi stessi.
    Ne nascerebbe un mercato virtuoso, di gran lunga migliore dell'attuale. Un mercato utile per l'economia, perché moltiplicherebbe le società di servizi (italiane o straniere non ha nessuna importanza), nessuna delle quali in possesso esclusivo della materia prima (l'infrastruttura), e quindi senza posizioni dominanti. Un mercato utile per il consumatore, che beneficierebbe di un'ampia concorrenza sul terziario, con miglioramenti in termini qualitativi e di prezzo.
    Non solo, ma in tutto questo ci guadagna anche lo Stato, che con l'introito dell'affitto delle infrastrutture avrebbe i fondi per manutenzione, ammodernamento, ampliamenti, investimenti in nuovi progetti.

    Insomma è un po' come il proprietario di un edificio (diciamo di valore storico, per simboleggiarne la pubblica utilità). Se lo vende (o addirittura svende), incassa subito ma perde un patrimonio di famiglia e non ha più uno strumento di rendita. Se invece lo tiene e lo affitta, resta proprietario di un bene di grande valore, che in più continua a fruttargli denaro. E più appartamenti affitta, più guadagna. E con quei soldi può pensare alla manutenzione dello stabile, a comprarsi il terreno a fianco, e ad affittare anche quello. E infine, se non lo vende, non corre il rischio che il nuovo acquirente lo demolisca per farci un megaparcheggio.

    Si dice. Beh, ormai il pasticcio è fatto, lo Stato non può più intromettersi. Sbagliato. E' un modo di ragionare ideologico. Non pragmatico. E siccome tutti hanno paura di finire additati come neo-statalisti (o neo-stalinisti, che è quasi un anagramma), nessuno porta avanti una politica di questo tipo.
    Niente di meglio per i repubblicani (che statalisti e stalinisti non lo sono mai stati) farsi promotori di questa politica, che è liberale e al contempo a tutela dell'interesse generale.
    Ed è lungimirante, perché potrebbe aprire una nuova epoca nell'economia del nostro Paese.

  5. #15
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    infatti il limite dello stato è non saper gestire le aziende come un privato, am fare lottizzazioni e nepotismi.
    io ritengo che in alcuni campi lo stato possa avere le aziende esattamente come un privato, basta che i politicanti non le usino a loro uso e consumo.
    ad esempio se autostrade spa ha potuto fare soldi con i pedaggi, non capisco perchè non se li doveva tenere lo stato iniziando una seria politica di stato-azienda, quella roba che permetterebbe di abbassare le tasse alla gente per introiti autonomi dello stato.

 

 
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