Litiga per difendere un anziano, dopo un’ora gli sparano
Operato, resta in pericolo di vita. Nella notte due fermati
LODOVICO POLETTO
TORINO
Gli hanno sparato a bruciapelo. In tre. Una vendetta, sembra, un regolamento di conti per una discussione avvenuta poco prima, davanti al suo chiosco di fiori. Ora Rosario Marra, 51 anni, è ricoverato all’ospedale Molinette. Ha due proiettili in corpo. I medici dicono che non è in pericolo di vita, ma è stato operato: due ore sotto i ferri per cercare di scongiurare lesioni che potrebbero compromettergli funzioni vitali.
Teatro dell’agguato l’incrocio tra corso Regina Margherita e corso Svizzera, proprio ai piedi del palazzone uffici dell’Enel. Lì, sul marciapiede, sotto i platani, c’è un chiosco di fiori grosso un pugno: i gerani nei vasi appoggiati uno accanto all’altro proprio di fronte all’ingresso, e piantine di limoni appoggiate sul muretto di recinzione del palazzo uffici. Sull’insegna: «Maria fiori».
Ecco Rosario ieri pomeriggio era lì a servire i clienti. A fare quattro parole con i passanti, gli anziani di zona che conosce tutti: calabrese d’origine, ex capocantiere della Metropolitana, quel chiosco è tutta la sua vita.
Poco prima dell’orario di chiusura un pensionato attraversa il controviale di corso Regina con passo malfermo. Non si sa se il semaforo fosse rosso, se in quel momento c’era traffico, o cos’altro. Sta di fatto che, un carro attrezzi bianco e giallo della Vai, di quelli che possono operare in autostrada, arriva di corsa ed è costretto a fermarsi bruscamente. Sul cassone ha un’auto, a bordo un passeggero di colore. L’autista scende, se l’è presa con il pensionato. «I soliti insulti, la solita spocchia di quella gente» dicono adesso al chiosco. Rosario, che era lì a due passi, ha visto tutto, sentito tutto e, generoso come sempre, è uscito per difendere quel vecchietto. «E chi non lo avrebbe fatto? Figuratevi se uno come lui si sarebbe tirato indietro davanti ad un sopruso fatto ad uno che poteva sembrare suo padre» racconta adesso un ragazzone grande e grosso, un fornitore di «Saro».
Un minuto o anche meno è durata la lite. Poi il carro se n’è andato sgommando, Rosario è tornato nel gabbiotto. Maria, sua moglie, è rimasta sul marciapiede a mettere a posto i fiori. Tutto come ogni sera. Erano, più o meno, le 20.
Anka, la commessa romena che da due anni dà una mano in negozio alle 20 in punto ha salutato: «Ciao Mary, ciao Saro, ci vediamo domani». Ha preso su la maglia e la borsa, ha attraversato corso Regina e si è diretta verso casa. Al negozio di kebab, dall’altra parte del corso, si è fermata a comperare qualcosa per la cena. Due parole con il commesso. Mentre saliva in casa è arrivato di corsa un conoscente: «Hanno sparato a Saro: gli hanno sparato due minuti fa». E intanto, in sirena, già arrivano le volanti del 113.
Due ore dopo l’agguato Anka se ne sta piegata in due davanti al negozio, sul marciapiede. Piange. Maria, la moglie di Saro, l’hanno appena portata via i poliziotti. Gridava: «Gli hanno sparato davanti a me. Davanti a me, quei bastardi».
Gli investigatori della omicidi della Squadra Mobile hanno ricostruito tutto ciò che è accaduto dopo quel litigio. Hanno parlato con gli amici di Saro. Con sua moglie. Che ha raccontato di tre uomini arrivati di gran carriera in auto, mezz’ora dopo il diverbio con il conducente del carro attrezzi. Tra loro pare ci fosse anche l’autista del mezzo di soccorso. I tre sono scesi arroganti e decisi. Si sono diretti verso Rosario. Sono volate parole grosse. Insulti. L’hanno preso a schiaffi.
Rosario si è divincolato, è riuscito ad afferrare un bastone e tentare di difendersi. Ha sferrato qualche colpo, forse ha colpito uno degli aggressori. Poi si è infilato dietro il suo gabbiotto di legno e metallo. Ma gli aggressori erano già lì. Gli hanno sparato il primo colpo a due metri di distanza. Poi altri due. Si sono voltati e se ne sono andati proprio mentre Maria, correva verso il retro del negozio.
Chi erano gli sparatori? Il dirigente della Mobile, Molino, e il capo della omicidi, Basile, per ora non si sbilanciano. «Storia di balordi» dicono. E nella notte sono stati fermati due giovani. I presunti aggressori: la spedizione punitiva era stata fatta con l’auto di uno dei due. Li hanno portati negli uffici al primo piano di via Grattoni e li hanno interrogati a lungo. Potrebbe scattare l’arresto. Tentato omicidio.
Ma ci sono ancora grossi punti oscuri da chiarire. E c’è da capire perché uno prende una pistola e spara, soltanto perché è stato rimproverato.

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