ricevuto dall asociazione italia cina che comprende ragazzi nati in Italia da genitori cinesi,nella speranza che questo serva a far capire a molta gente di questo forum come si sentano delle persone a tutti gli effetti italiani che come unica "colpa"(?)hanno quella di portare un viso asiatico in un paese che di strada(in senso culturale) ne ha da fare...
Il 15 Aprile 2007 una folta delegazione di rappresentanti di AssoCina si è riunita con una ventina di seconde generazioni di Paolo Sarpi, ragazzi nati o cresciuti in Italia, dalle origini cinesi ma con un vissuto da milanesi.
Ragazzi che fischiettano canzoni italiane, hanno frequentato le scuole italiane e che quando pensano al proprio futuro spesso lo immaginano nel Belpaese. Molti di loro sono cittadini italiani e della lingua cinese conoscono solo le parole basilari per comunicare con i propri genitori. Quelli privilegiati studiano alla Bocconi, al Politecnico o alla Cattolica; tra loro anche alcuni appassionati d’arte, i primi a segnalare sul sito di AssoCina.com l’ultima mostra di Kandinsky al Duomo di Milano.
Questi sono solo alcuni dei figli degli imprenditori cinesi che lavorano nel quartiere milanese di Paolo Sarpi, una realtà che AssoCina ha cercato di conoscere meglio tramite la voce dei giovani. Queste alcune delle loro dichiarazioni, in particolare riferite agli avvenimenti del 12 aprile scorso:
“Non capiamo perché c’è stato tutto questo accanimento contro di noi, gli altri milanesi non vengono multati per divieto di sosta quando effettuano una fermata col conducente in macchina. Ci sentiamo milanesi, ma non siamo stati trattati come tali" - si sfogano in riferimento al clima di tensione che si è creato negli ultimi due mesi - "ma tralasciando questo, dopo quello che è successo il 12 Aprile, al di là delle responsabilità, crediamo che sia fondamentale riflettere sulle problematiche del nostro quartiere e guardare al futuro. Certo, anche la comunità cinese ha avuto le proprie colpe, individuabili nella sua caratteristica chiusura soprattutto da parte della prima generazione, che non ha partecipato attivamente per promuovere un dialogo con i residenti della zona e con le istituzioni milanesi. Questo però è dovuto anche ai problemi linguistici che una persona di età matura può incontrare quando si trova a dover passare da una lingua basata sugli ideogrammi, come quella cinese, a una lingua occidentale. Ora tocca a noi proporci come mediatori per avvicinare i nostri genitori alla società milanese."
"Facciamo sentire la nostra voce in questo momento così critico, perché vogliamo che la società italiana si accorga che la comunità cinese non è solo quella che viene messa in risalto tristemente nei fatti di cronaca dei giornali. La comunità è anche ben integrata e vogliosa di comunicare ed aprirsi."
"Crediamo fermamente nella necessità di aprire un tavolo di dialogo dove residenti, imprenditori e Comune possano confrontarsi. Ci stiamo già impegnando in questo senso sia parlando con i nostri genitori che con i residenti del quartiere. Ci rivolgiamo quindi al nostro sindaco e al Comune di Milano, chiedendo che ci prestino ascolto perché le decisioni prese sul futuro di Paolo Sarpi considerino le necessità e gli interessi di tutti, anche quelli di noi ragazzi e delle nostre famiglie. L’introduzione di misure radicali come la Zona a Traffico Limitato o limitazioni impraticabili sull’uso del carrello precludono la possibilità ai commercianti di Paolo Sarpi di continuare le loro attività, causando alle famiglie – che sono più di 500 - l'annullamento di ogni prospettiva per il futuro. Provvedimenti del genere azzerano ogni possibilità di dialogo, dato che la soluzione comunale è stata già presa, ed a scapito di tutti i commercianti del quartiere; tali decisioni potrebbero forse risolvere i problemi logistici effettivamente presenti a Paolo Sarpi, ma sicuramente cancellerebbero la nostra fiducia nelle istituzioni e nella società in cui siamo nati e cresciuti, e soprattutto escluderebbe questa rara occasione di dialogo fra le due comunità, dialogo che, noi seconde generazioni, già applichiamo quotidianamente nella nostra vita sociale a Milano. Tutto questo è estremamente necessario per una pacifica convivenza e per arricchire le nostre esistenze, un rispetto reciproco che terrà lontano il reiterarsi di fatti simili a quelli successi pochi giorni fa a Sarpi”.