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  1. #1
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    Exclamation Domenica Francia al voto. Prima De Villiers, poi Sarko!

    Amici,
    domenica i francesi si recheranno alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali.

    Ribadisco la mia posizione: al primo turno Philippe De Villiers (fermo a un misero 1,5% negli ultimi sondaggi, ma sappiamo che è un voto di mera "testimonianza") in cui mi riconosco integralmente, compresa la politica estera di cui comprendo il senso presuntamente "anti-americano" (è contrario a QUESTA presidenza, è ovvio, non certo alla migliore America genuinamente conservatrice).

    Al secondo turno, non ci sono alternative, ma comunque il personaggio mi piace da morire (per gli accenni alla "laicità" non osate paragonarlo a quell'imbecille di Fini, la STATURA POLITICA è incomparabile): Nicolas Sarkozy.

  2. #2
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    De Villiers al primo turno ovvio, anche se non condivdo il suo antiamericanismo. Non concordo sul parallelo Sarkozy-Fini, credo che Sarkozy si sia dimostrato addirittura peggio di Fini, arrivando laddove il Presidente di AN non è ancora arrivato. Le sue ultime dichiarazioni non lasciano spazio a dubbi, almeno per quanto mi riguarda.
    www.interamala.it - Visitatelo che ci tengo

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da templares Visualizza Messaggio
    De Villiers al primo turno ovvio, anche se non condivdo il suo antiamericanismo. Non concordo sul parallelo Sarkozy-Fini, credo che Sarkozy si sia dimostrato addirittura peggio di Fini, arrivando laddove il Presidente di AN non è ancora arrivato. Le sue ultime dichiarazioni non lasciano spazio a dubbi, almeno per quanto mi riguarda.
    Il 90% ci unisce, Salva, il 10% ci divide: è il sale del confronto.

    Per quanto riguarda il parallelo Fini-Sarko non ho dubbi: non bisogna fermarsi alla superficie per cui il francese si sarebbe spinto ben oltre il tollerabile rispetto a quanto espresso finora dal tortellino.

    Sarko solo un becero laicista? No. Fortunatamente lui, per i socialisti della Marianna di cartone Ségolène, è "Nicolas l'Americano" (non dimenticatelo!!!! Sta operando una rivoluzione copernicana nei canoni della destra francese in politica estera) e "Nicolas il pericoloso" per le sue posizioni saggiamente pencolanti tra equilibrio e destra dura alla Front National. Queste ultime l'homo tortellinus le ha dimenticate da tempo.

    Ribadisco che è comunque una seconda scelta dopo l'ottimo De Villiers. Una cosa è fuor di dubbio: tra il vandeano e Le Pen, preferisco un centinaio di volte De Villiers, ma se al secondo turno non ci fosse Sarko ma ancora un tipo alla Chirac beh, ovvio: JEAN MARIE!

  4. #4
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    Condivido caro ItalianHawk, Sarkozy sicuramente é meglio di Fini, pur se peggio, molto peggio, di quello che ritenevo fosse.

    Mi spiace però per Le Pen...avrei preferito lui a Sarkozy (sebbene non ne condivida la politica estera)
    NOI SIAMO LA VERA ITALIA !
    RICOSTRUIAMO LA NOSTRA PATRIA !

  5. #5
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    Nicolas al 30%. Ora stravinciamo al ballottaggio per consegnare la Francia ad un grande statista. Forza Sarko!

    ps.
    beati i francesi che possono contare su di lui. A casa nostra dobbiamo tenerci stretti i Cavalieri settantenni per non consegnare il centrodestra a un imbecille arrivista.

  6. #6
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    Ecco chi è veramente Sarko (e qual è la sua straordinaria importanza in virtù dell'opera di rivoluzione dei canoni della pessima destra francese) nell'ottima analisi di un Conservatore di primo pelo come Gaetano Quagliariello (Presidente della "Fondazione Magna Charta" di Marcello Pera).

    __________________________________________________ ____

    Il nuovo gollismo

    Gaetano Quagliariello
    Il Giornale
    22 aprile 2007

    Le presidenziali francesi sono anche una competizione interna al gollismo. Non ci si fermi alle dichiarazioni ufficiali: l’appoggio di Chirac a Sarkò, così come le professioni di continuità da parte di quest’ultimo, sono poco più di slogan da campagna elettorale. La verità è un’altra.

    Chirac, per convinzione personale e per il suffragio plebiscitario ricevuto contro Le Pen, nell’ultimo quinquennio ha molto accentuato la vocazione del gollismo a rappresentare l’intera nazione, oltre la frattura tra destra e sinistra. Lo ha fatto, in particolare, su due terreni: la concezione della laicità e la politica estera. Per quanto possa apparire strano, i due campi sono collegati. Infatti, nell’ambito del rapporto tra Stato e religione egli ha resuscitato un’antica concezione della laicità, che affonda le radici nella III Repubblica. Questa presuppone l’ambizione dello Stato a incarnare una propria religione civile distinta e distante dalle religioni rivelate che, per questo, devono essere escluse dalla vita pubblica e confinate nell’esclusivo ambito della coscienza individuale. Il “rapporto Stasi” e il correlato divieto a ostentare simboli religiosi derivano in linea diretta da questa concezione, così come la più generale linea “assimilazionista” verso l’immigrazione. Questa esasperazione illuminista ha portato Chirac, e il suo fido scudiero De Villipen, a relativizzare la crisi dell’Occidente, sia nei suoi tratti interni sia nei suoi aspetti di politica estera. Da qui un anti-americanismo pregiudiziale e ostentato, posto in atto non soltanto in occasione della guerra con l’Iraq. Da qui anche l’accentuazione del rapporto con la Germania di Schroeder e l’assunzione di un europeismo estraneo alla tradizione della nazione gollista.

    Quest’ultimo tratto, complice il fallimento del referendum sul Trattato, è stato solo il sintomo più evidente della rottura con la tradizione gollista. Nessuno può dubitare, infatti, che il Generale De Gaulle fosse un fiero nazionalista e, per questo, insofferente nei confronti di ogni manifestazione d’egemonia americana, nel campo della cultura così come nel campo della politica estera. Tale atteggiamento, però, era assunto in nome del ruolo che la Francia eterna – che nella sua visione oltrepassava persino la cesura della Rivoluzione del 1789 – avrebbe avuto titolo a rivendicare nella storia millenaria di una civiltà. La Francia di de Gaulle, insomma, era quella delle grandi cattedrali di Chartres e di Notre Dame. Quella del “cubo” della Defance, invece, si addice assai più ai socialisti e a Chirac. Per questo, il Generale si fece interprete di una nuova concezione della laicità nella quale non vi era più spazio per l’anticlericalismo d’inizio secolo. Per questo, nonostante la sua manifesta ostilità verso l’America, ogni qual volta il conflitto di potenza assunse una dimensione ultimativa, de Gaulle schierò la Francia al fianco degli Stati Uniti come suo più fedele alleato. Successe in occasione della crisi di Berlino e, di nuovo, al tempo dei missili di Cuba.

    Sarkò intende riportare il gollismo in questo solco. La sua concezione della laicità, infatti, riammette le religioni all’interno della vita pubblica. E, per quanto concerne la politica estera, pur non rinunziando alla fierezza nazionale, egli non ritiene peccato mortale farsi fotografare accanto al presidente Bush. D’altro canto, è significativo che nell’indicare il suo piccolo “Pantheon”, al nome di De Gaulle Sarkò abbia associato quello di Giovanni Paolo II.

    Tutto ciò ci fa capire perché egli, dopo Aznar e Berlusconi, si profila all’orizzonte come la nuova bestia nera degli eurocrati di Bruxelles. Se Sarkozy dovesse vincere, infatti, l’idea d’Europa intesa come potenza civile da contrapporre allo strapotere militare statunitense risulterebbe indebolita. E, di conseguenza, la stessa concezione dell’asse franco-tedesco muterebbe di significato. Per paradossale che possa apparire, dunque, l’ascensione di un nuovo gollista, dopo Chirac, sul trono dell’Eliseo acquisirebbe un significato di maggior rottura che il prevalere di uno dei suoi avversari. E ciò vale per la politica interna, per gli equilibri europei, per la più generale politica estera.

  7. #7
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    Non mi convince. La politica estera francese è per forza di cose destinata a riavvicinarsi agli alleati, Sarkozy o Royal che sia. Che la Francia non possa continuare a rimanere isolata nei suoi deliri di potenza ormai se ne son resi conto un pò tutti, in fondo...

    Il problema piuttosto è il seguente: è lecito per noi conservatori anteporre il filo-americanismo alla difesa dei valori autentici?
    Perché, mi pare chiaro, i valori sui quali si fonda il sarkopensiero non sono esattamente quelli dei conservatori.
    Anzi!

    Io mi chiedo. insomma, se siano sacrificabili i diritti di un bambino, dato in adozione a una coppia gay, sull'altare dell'alleanza atlantica. Secondo me no.

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da UgoDePayens Visualizza Messaggio
    Non mi convince. La politica estera francese è per forza di cose destinata a riavvicinarsi agli alleati, Sarkozy o Royal che sia. Che la Francia non possa continuare a rimanere isolata nei suoi deliri di potenza ormai se ne son resi conto un pò tutti, in fondo...

    Il problema piuttosto è il seguente: è lecito per noi conservatori anteporre il filo-americanismo alla difesa dei valori autentici?
    Perché, mi pare chiaro, i valori sui quali si fonda il sarkopensiero non sono esattamente quelli dei conservatori.
    Anzi!

    Io mi chiedo. insomma, se siano sacrificabili i diritti di un bambino, dato in adozione a una coppia gay, sull'altare dell'alleanza atlantica. Secondo me no.
    Caro Ugo,
    le tue obiezioni sono più che ragionevoli e mi trovano completamente d'accordo. E' proprio in virtù della preminenza dei valori profondi sulle mere strategie geopolitiche che, ad esempio nello specifico francese, sostengo con assoluta convinzione un Philippe De Villiers.

    Il partito dell' "uomo che venne dalla Vandea" è il "Mouvement pour la France" ma si potrebbe tranquillamente chiamare "Partito conservatore" o "Controrivoluzionari vandeani": della serie, ci rappresenta alla perfezione. Sarebbe però antiamericano? Se continuassimo così un nostro partito non lo avremo mai. Da ultradestro conservatore non può certo andare a braccetto con questa, ripeto, deludentissima amministrazione americana troppo distante da un'idea di tradizionalismo che, seppure negli Usa, De Villiers sposerebbe appieno.

    Il caso Sarko? Beh, ovviamente è diverso da De Villiers ma è anche molto distante da un fenomeno alla Giuliani (della serie, stanno dalla nostra parte ma ne contestiamo l' "ortodossia"). Avete postato tutti quei documenti che lo accreditano come un pericoloso relativista, ma la realtà è diversa e Quaglieriello la inquadra correttamente. E' evidente che non sia un ultras clericale, ma quando nel suo articolo il presidente della Fondazione Magna Charta parla del "rivoluzionarismo" di Sarkozy, non fa riferimento solo alla politica estera ma anche e soprattutto alla sua idea circa il ruolo della religione nella secolarizzatissima società transalpina.
    Per il resto, passatemi la forzatura, non è un uomo di Alleanza Cattolica, certo, ma è un grandissimo leader e questo non credo sia contestabile. E' un grande LEADER POLITICO incomparabile a un Berlusconi imprenditore o a un Fini ragionierucolo di partito che ora si è permesso perfino di indossare i panni del becero arrivista.

    Morale della favola?
    Quando la farina c'è, quando ne vale veramente la pena (ed è il caso di Sarkozy, non di Giuliani), sono disposto a fare opera di REAL POLITIK e a rinunciare ad una piattaforma strettamente conservatrice o, nel caso italiano, al sogno di avere un partitino tutto conservatore: che tanto, purtroppo, non ci sarà mai...

    L'unica è sperare nel grande partito di cui occuperemo una fettuccia.

    Saluti sarkoziens

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da UgoDePayens Visualizza Messaggio
    Il problema piuttosto è il seguente: è lecito per noi conservatori anteporre il filo-americanismo alla difesa dei valori autentici?
    Su quest'altro capitolo, Ugo, il tuo interrogativo in qualche modo si sposa a ciò che vado dicendo da tempo, che mi rende forse impopolare agli occhi di qualche amico conservatore ma in cui credo fermamente.

    E' una domanda che in qualche modo va a contraddire la tua non completa separazione politico-culturale (spero non si possa parlare di vero e proprio entusiasmo) da quella iattura americana rappresentata dai marxisti che intendono incendiare il mondo in nome di un disegno utopico e viziato da interessi immondi.

    Da cristiani conservatori badiamo anzitutto ai valori profondi e non solo al filoamericanismo tout-court?
    Rilancio. Visto che troppo spesso sembriamo un'associazione di amicizia Italia-Usa, piuttosto che un maturo movimento che vede solo IN UN PEZZO della storia politica anglo-americana i propri riferimenti, denunciamo le infami ingiustizie americane, non facciamo i mandarini cinesi e parliamo delle porcherie teorizzate (e purtroppo messe in atto) dai neocon, e infine studiamo e ristudiamo Kirk, gli Agrarians, la Old Right e promuoviamo la Vera Destra e i Migliori Stati Uniti d'America.

    Il sottoscritto la pensa così: l'entusiasmo fanciullesco per la bandierina con le stelle e le strisce che sventola fortunatamente l'ho superato. E ripeto, amo l'onestà intellettuale e mi fa ribrezzo l'ortodossia lobotomizzante da PCUS che ti fa profumare di cioccolata anche il letame. A patto che sia del tuo capo.
    (E' un tu generico, ovvio, ti stimo troppo)

  10. #10
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    Ugo, essendo piuttosto off-topic ho copiato l'ultimo messaggio nel 3d riservato agli Usa.

    Ciao

 

 
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