Ritrovata a Gabii la reggia dei Tarquini - Cultura e Tendenze - ANSA.it

Ritrovata a Gabii la reggia dei Tarquini

Del VI sec.a.c., forse sepolta con passaggio alla Repubblica

25 febbraio, 20:48

di Silvia Lambertucci

ROMA - La grande lastra in terracotta che ornava il tetto, con il fregio del Minotauro simbolo dei Tarquini, è stata ritrovata in frantumi, rotta forse dagli operai che, caduta a Roma la monarchia, ebbero l'ordine di seppellire sotto un cumulo di pietre quella che per decenni era stata casa di re anche nella vicina città di Gabii.

I muri delle stanze, però, sono incredibilmente integri, un particolare quasi senza precedenti per l'epoca. A sorpresa, frutto di un veloce e fortunato scavo, riemerge nell'area archeologica di Gabi, 20 chilometri a sud di Roma, un edificio del VI secolo prima di Cristo. E gli archeologi non hanno dubbi: quella casa era la reggia in città dei Tarquini che già regnavano a Roma. Tre stanze non comunicanti tra loro, con tutta probabilità destinate alle operazioni di culto e affacciate su un grande portico dove insistevano altre parti del fabbricato - che ora si spera di trovare - con le stanze private e di rappresentanti.

I muri raffinati, eretti certamente da maestranze fatte venire da Roma, erano intonacati e dipinti. E sotto il pavimento in pietra, sono riemerse, intatte, otto fosse circolari scavate in corrispondenza dei punti cardinali e usate per i rituali di inaugurazione di quel particolarissimo cantiere. In cinque di queste, i corpi di altrettanti feti o bimbi morti a ridosso della nascita. "Non sacrifici umani", precisano concordi il sovrintendente archeologo Angelo Bottini e il professore di Roma Due, Tor Vergata, Marco Fabbri. Indizio certo, però, che si trattava di una casa molto importante. L'ipotesi è che vi abitasse, dopo aver conquistato la città e fatto strage dei nobili locali, il figlio di Tarquinio il Superbo, Sesto Tarquinio. Ma forse la residenza era della famiglia già nei decenni precedenti. Di certo, spiegano Fabbri e Bottini, c'é che quella casa regale ad un certo punto venne distrutta, forse quando Sesto Tarquinio venne ucciso mentre a Roma veniva cacciato Tarquinio il Superbo. O meglio: venne smontato il tetto monumentale - che doveva essere ornato di statue e ricchi fregi - e gli ambienti vennero seppelliti fino a lasciare solo un tumulo di pietre.

Una damnatio memoriae che si rivela oggi una fortuna. Perché proprio quel seppellimento ha consentito alla reggia di arrivare praticamente intatta fino a noi - spiega Bottini che con questo ritrovamento corona la carriera di soprintendente (andrà in pensione il 5 marzo) - facendo di questo ritrovamento una rarità che non ha praticamente confronti in Italia e che ammanta di grandi aspettative i nuovi possibili ritrovamenti. Sotto l'erba e le pietre di Gabi - 70 ettari demaniali solo in minima parte scavati che la soprintendenza è riuscita con i vincoli a salvare dall'avanzare dell'abusivismo edilizio della periferia romana - riposa intatta la città antica, in pratica una 'piccola Roma' arcaica con le sue strutture che molto potrebbero raccontarci anche di quelle che a Roma, quella vera, non ci sono più, sepolte dalle costruzioni di età imperiale. Ora quindi si guarda al futuro, si spera di trovare il ricchissimo tetto, il portico, altre parti della reggia e della città. Ma servono i fondi: per riportare alla luce la reggia, spiega Bottini, sono stati spesi sino ad oggi 60 mila euro iva compresa, in cassa ce ne sono altrettanti, non di più.

Il sottosegretario ai beni culturali Francesco Giro assicura che si cercherà di trovare nuove risorse: "meglio finanziare una mostra di meno e trovare fondi per l'archeologia", dice. E guardando le distese verdi dell'area con in lontananza gli scempi edilizi di periferie e abusivismo, ribadisce la soddisfazione per i vincoli che il ministero ha voluto imporre all'agro romano. La speranza, conclude Bottini, è che si possa continuare a scavare. E che proprio qui, nello scenario meraviglioso di Gabi, si possa allestire un grande parco archeologico.