24 aprile 2007. Inizia la grande rivoluzione destinata a modificare radicalmente il panorama politico italiano. Da oggi parte infatti la raccolta firme per il referendum sulla legge elettorale. E i primi firmatari ai banchetti saranno il ministro della Difesa Arturo Parisi e il presidente di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini. Insomma, le avanguardie ultra-bipolari dei due schieramenti. Ma dietro le quinte sono settimane che si muovono i grandi partiti di maggioranza e opposizione. I segnali sono inequivocabili. Silvio Berlusconi va ai congressi di Ds e Margherita e non riceve neanche un fischio. Massimo D'Alema fa autocritica per gli attacchi al Cavaliere. Franco Marini dichiara che l'Ulivo può andare oltre l'intesa con la sinistra radicale, aprendo al centro e facendo così infuriare il segretario di Rifondazione Comunista Franco Giordano. Sono tanti tasselli dello stesso puzzle. Comprese le nuove minacce di Clemente Mastella, pronto a far cadere il governo nel caso in cui si arrivasse veramente al referendum. Il tutto mentre il ministro per le Riforme Vannino Chiti si lancia nell'ennesima capriola, proponendo un graduale sbarramento al 5%.
Che, di fatto, taglierebbe fuori i partitini. Il segretario dell'Udc coglie al vole le parole del presidente del Senato e già si gusta un rilancio centrista. E il furbo Silvio Berlusconi scompagina ulteriormente i giochi con una clamorosa apertura al sistema elettorale tedesco, quello tanto amato da Casini, "con il quale Forza Italia sarebbe il primo partito". Di tutto e di più. Un caos all'apparenza indecifrabile. Ma che in realtà - secondo quanto risulta ad Affari - ha un senso chiaro e già definito. I big dei due poli (il futuro partito democratico da una parte, Forza Italia e An dall'altra) si sono ormai convinti che l'unica strada percorribile sia quella del referendum. Però, con le eccezioni di Parisi e Fini, non possono dirla apertamente, pena lo strappo definitivo e anticipato rispetto ai piani con la sinistra radicale, Mastella, l'Udc e la Lega di Bossi.
Il progetto pianificato dagli sherpa azzurri e ulivisti è preciso: lasciar passare i mesi con proposte una diversa dall'altra per poi certificare che il Parlamento non è in grado di varare una riforma condivisa. Se poi nella primavera del prossimo anno veramente l'Udeur del ministro della Giustizia dovesse togliere la fiducia all'esecutivo, nella speranza di far cadere il referendum (con le elezioni anticipate infatti la consultazione verrebbe rimandata di un anno), scatterebbe subito la grande intesa evocata, e poi smentita, negli ultimi giorni da Berlusconi: un governo modello Germania appoggiato dal partito democratico e dalla futura federazione di Centrodestra (Forza Italia e An). Il referendum si terrebbe comunque per poi tornare alle urne nel 2009, insieme alle Europee, con due grandi formazioni.
L'obiettivo è proprio quello di ridurre la frammentazione del sistema politico e soprattutto il potere di veto dei partitini (vedi Italia dei Valori, Udeur, Carroccio). Ancora da definire la posizione di Casini, che ha interpretato le parole di Marini come un'apertura all'Udc. In realtà, la frase del presidente del Senato serviva proprio ad aprire lo scenario delle larghe intese, da estendere non solo ai centristi della CdL. A questo punto i vari Di Pietro, Mastella e Bossi, ma anche la sinistra radicale che si sta riorganizzando attorno a Mussi e Bertinotti, dovrà decidere come comportarsi. Accettare di fare i parenti poveri dei grandi partiti o restare perennemente all'opposizione con un mero ruolo di testimonianza. ((da libero.it)
,,,ormai il segretario part-time bozzi ((due ore al mese,,,il resto del tempo lo copre un funzionario bergamasco di forza itallia: calderoli) si lascia fregare come un bambino di quattro anni,,,mentre bacia l''anello al papa di roma berlusconi e prodi si accordano per togliere di mezzo i cespuglietti,,,,come la sua lecca del 3 percento,
viva bozzi che non sbaglia(va)) un colpo!!