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  1. #11
    Super Troll
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    Citazione Originariamente Scritto da UgoDePayens Visualizza Messaggio
    Veramente è Rivera che si è dimenticato dei morti sul lavoro per criticare la Chiesa cattolica... chi è causa del suo male pianga sé stesso.
    perchè tu vuoi dirci che saresti riuscito a far satira anche sui morti sul lavoro???
    su questo forum è meglio non rispondere ai fessi!
    voi nazifascisti di oggi e i vostri servi siete solo gli ayatollah E I TALEBANI dell'occidente..

  2. #12
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    Citazione Originariamente Scritto da trilex Visualizza Messaggio
    Ma in un cantiere ci sei mai entrato?
    Certo, faccio corsi anche ai coordinatori per la sicurezza nei cantieri, frequentole scuole edili, e ho purtroppo visto anche i cantieri, che comunque non sono tutti uguali. Ci sono cantieri modello, e cantieri inferno ...
    Myrddin

  3. #13
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    Predefinito Lavoro, Damiano: fra agosto e marzo emersi 94.000 occupati

    Lavoro, Damiano: fra agosto e marzo emersi 94.000 occupati
    giovedì, 26 aprile 2007 3.25


    ROMA (Reuters) - Fra agosto 2006 e marzo 2007 sono emerse nel settore dell'edilizia 94.000 nuove assunzioni di soggetti prima sconosciuti. Sempre nello stesso periodo sono state sospese 999 aziende dopo aver accertato che in esse almeno il 20% dei dipendenti lavorava in nero.

    I dati sono stati presentati stamani dal ministro del Lavoro, Cesare Damiano, in una conferenza stampa.

    "Sui 94.000 lavoratori emersi, si può dire che una quota di persone è alla prima assunzione ma certamente la gran parte è rappresentata da persone che escono dal nero nel settore dell'edilizia", ha detto Damiano aggiungendo che nel primo trimestre 2007 il saldo dei lavoratori occupati è aumentato di oltre 12.646 unità e il saldo dei contributi riscossi è salito di 10,6 milioni di euro.

    "Si sta andando nella giusta direzione", ha detto il ministro.

    Per quanto riguarda le imprese, Damiano ha detto che su 999 sospese fra agosto e marzo, il 36-37% ha riaperto dopo la regolarizzazione dei lavoratori.

    Il ministro ha poi detto che, con un decreto firmato dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa, sono stati stanziati 3 milioni di euro per le missioni degli ispettori del lavoro.

    Per quanto riguarda le morti sul lavoro, Damiano ha proposto di "ridurre i premi Inail alle imprese che certificano una riduzione degli infortuni".
    da
    http://www.borsaitaliana.reuters.it/...NE-DAMIANO.XML
    Myrddin

  4. #14
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    Predefinito Infortuni: l'Italia ne denuncia di meno

    Infortuni: l'Italia ne denuncia di meno

    di Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo

    su Liberazione del 01/05/2007


    Per festeggiare in modo non retorico il 1° maggio intendiamo denunciare la finta sintonia, l'unanimismo di facciata che si sono sviluppati in questi mesi intorno al dramma degli infortuni sul lavoro. È necessario mettere in luce le differenze di vedute, anche profonde, che su questo tema dividono le forze sociali e politiche, incluse quelle che sostengono il governo in carica. Negli ultimi tempi, infatti, abbiamo assistito ad una serie di tentativi volti a ridimensionare il fenomeno degli infortuni. Tentativi ai quali persino la grande stampa sembra talvolta essersi prestata. Segnaliamo un esempio su tutti: il 15 aprile scorso il Corriere della Sera pubblicava un ampio grafico, nel quale venivano riportati i dati sugli infortuni sul lavoro registrati nei paesi membri dell'Unione Europea. L'Italia, guarda caso, ne usciva decisamente bene. Con appena 3.085 incidenti ogni 100.000 occupati a fronte dei 3.586 della Germania, dei 4.397 della Francia e dei 6.520 della Spagna, il nostro paese si collocava in una posizione invidiabile, ben al di sotto della media europea. Nei giorni seguenti questi dati sono stati baldanzosamente ripresi da vari opinionisti ed esponenti politici per sostenere che in fondo la situazione italiana non è poi così drammatica come si vorrebbe far credere. Anticipando alcuni risultati di una ricerca dell'Università del Sannio, realizzata con la collaborazione di Domenico Suppa, chiariremo il motivo per cui tali rassicuranti interpretazioni dei dati sugli infortuni debbano considerarsi del tutto inattendibili e fuorvianti.
    Il grafico riportato dal Corriere è tratto da una elaborazione, su dati Eurostat, effettuata dall'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (Inail). Nel commentare questi dati l'Inail in effetti sottolinea i buoni risultati dell'Italia riguardo agli infortuni cosiddetti "totali", quelli cioè che vanno dall'incidente che consente al lavoratore di tornare in servizio dopo appena tre giorni fino a quello che ne provoca la morte. Per di più l'Istituto segnala che la situazione italiana potrebbe essere addirittura più rosea di quanto i dati Eurostat lascino intendere. Paesi come il Regno Unito, la Svezia e la Danimarca si situerebbero infatti solo apparentemente in una posizione migliore della nostra (con un numero di infortuni mai superiore ai 2.500), e questo perché i dati che essi forniscono vengono giudicati incompleti e dubbi (visto che non provengono dal sistema assicurativo). Ora, nessuno qui intende mettere in discussione la serietà delle analisi di Eurostat o dell'Inail. È piuttosto l'interpretazione politica implicitamente suggerita dal Corriere e colta al balzo da molti opinionisti che genera perplessità, dando vita a una delle classiche circostanze in cui, strumentalmente, si vede la pagliuzza nell'occhio del fratello anziché la trave nel proprio.
    In primo luogo va ricordato che è la stessa Inail a sottolineare che proprio in Italia si stimano almeno 200 mila infortuni all'anno mai denunciati. È un fatto ampiamente accertato che in gran parte dell'Italia e in tutte le aree meno sviluppate d'Europa gli infortuni meno gravi si risolvono in molti casi senza il ricorso alle forme assicurative pubbliche, presso le quali spesso i lavoratori non vengono nemmeno registrati. E ciò dipende soprattutto dalla grande diffusione di lavoro nero e irregolare. Insomma, emerge la necessità di individuare un criterio che permetta di rendere più attendibili non solo i dati provenienti dai paesi del Nord Europa, ma anche quelli relativi all'Italia e agli altri paesi dell'euro-mediterraneo. Ecco perché noi qui proponiamo di concentrare l'attenzione non sul dato incerto degli infortuni "totali" ma solo su quello degli incidenti mortali. L'evento tragico della morte, infatti, comporta pressoché inevitabilmente la denuncia ed è quindi da considerarsi un riferimento molto più attendibile.
    Per quanto riguarda l'Italia, l'Inail segnala che gli infortuni mortali sono stati 1255 per il periodo da febbraio 2005 a gennaio 2006 e, in base ad una timida stima, dovrebbero attestarsi intorno ai 1254 nel periodo da febbraio 2006 a gennaio 2007. Si tratta, è bene sottolinearlo, di dati approssimati per difetto, soprattutto per le difficoltà di stimare le morti conseguenti a malattie contratte sul lavoro. Il problema principale, comunque, è di interpretare queste cifre alla luce di un raffronto con il resto d'Europa. A questo scopo una prima importante indicazione è offerta dai cosiddetti tassi di incidenza standardizzati calcolati dall'Eurostat, i quali rivelano che, nel conteggio delle morti, il caso italiano risulta molto meno virtuoso di quanto le statistiche sugli infortuni totali facessero credere. L'incidenza delle morti per 100.000 occupati, ponderata secondo i parametri Eurostat, è infatti pari a 2,8 per l'Italia, valore più elevato della media europea e significativamente maggiore del 2,3 tedesco.
    Ma non è finita qui. Riorganizzando opportunamente i dati, è possibile ottenere informazioni che sembrano almeno in parte sfuggire alle rilevazioni ufficiali. Nel calcolo dei tassi di incidenza l'Eurostat infatti elimina sia gli incidenti mortali avvenuti nello specifico settore dei trasporti, sia tutti i casi mortali che si sono verificati in qualsiasi settore nel corso di spostamenti di persone o di merci. Ora, questa procedura ufficiale viene giustificata dall'esigenza di disporre di dati confrontabili (alcuni paesi non dispongono dei dati relativi alle morti sul lavoro nelle operazioni di trasporto) oltre che dall'obiettivo di concentrare l'attenzione sul solo tasso di sicurezza interno alle singole unità produttive, depurato quindi dagli incidenti che si realizzano in fase di trasporto. Tuttavia, se si vuole analizzare il grado di sicurezza di un paese a livello di "sistema" - vale a dire contemplando sia le economie interne che quelle esterne alle singole unità aziendali - e soprattutto se si vuole cogliere il fenomeno degli incidenti nella sua interezza, allora le morti nelle fasi di trasporto debbono essere necessariamente conteggiate. Operando in tal modo, sulla base dei dati ufficiali, si scopre che il numero di incidenti in Italia aumenta ulteriormente, risultando molto più alto della media europea e quasi il doppio rispetto al dato tedesco. Infine, a testimonianza del fatto che rischi maggiori denotano solo maggiore sfruttamento del lavoro ma non maggiore efficienza tecnico-produttiva, può essere utile rapportare i dati sugli infortuni non agli occupati totali ma al livello e al tasso di crescita del prodotto sociale. Adottando questa particolare tecnica di ponderazione, gli incidenti mortali in Italia risultano quasi il triplo rispetto a quelli che si verificano in Germania.
    È bene chiarire che l'Italia non rappresenta un caso isolato. Le nostre elaborazioni rivelano che in posizione ancora peggiore si trovano non solo le regioni del Mezzogiorno, ma anche il Portogallo e la tanto acclamata Spagna. Insomma, il problema della sicurezza del lavoro riguarda tutti i paesi europei. Tuttavia, per quanto il fenomeno sia così diffuso e rifletta una crisi nella capacità di rivendicazione e di conflitto dell'intera classe lavoratrice europea, sono comunque ancora le periferie che pagano il conto più pesante in termini di vite umane. Il processo di "mezzogiornificazione" europea (ossia di divaricazione dello sviluppo economico e sociale tra centri e periferie), del quale abbiamo a lungo discusso in questi mesi, sembra dunque almeno in parte confermato anche dai dati sugli infortuni. Ovunque, infatti, il meccanismo di riproduzione del profitto impone sacrifici in termini di vite umane. Ma nelle aree dell'Euro-mezzogiorno il processo capitalistico sembra assumere i suoi tratti più cupi e funesti, quelli da "ferriera", quelli che credevamo esserci lasciati definitivamente alle spalle.
    Sappiamo bene che una reale inversione di tendenza in tema di condizioni di lavoro, e più in particolare di infortuni sul lavoro, potrà avvenire soltanto grazie ad una ricomposizione dell'unità di classe su scala europea, sia a livello sindacale che politico. Ma evidentemente non si può rinviare tutto ad una futura, auspicata riorganizzazione del conflitto su scala europea. Occorre intervenire anche e soprattutto nell'immediato, e a livello nazionale, nella consapevolezza che il "ritardo" dell'Italia in tema di infortuni riflette alcune fondamentali decisioni strategiche del passato: dall'entusiasmo verso la piccola impresa, alla competizione fondata sul solo costo del lavoro, alle privatizzazioni selvagge, alla crisi infrastrutturale, al totale disimpegno verso la questione meridionale, alla generale precarizzazione delle condizioni di lavoro. E nella convinzione che occorra spingere affinché i controlli per l'applicazione delle norme sulla sicurezza del lavoro e la lotta al lavoro nero e irregolare siano portati avanti con assoluto rigore. Senza lasciarsi ingannare da chi, dietro un cerimonioso unanimismo, potrebbe in realtà nascondere una strategia gattopardesca: cambiare tutto affinché nulla cambi davvero.
    Myrddin

  5. #15
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    Predefinito Marco Travaglio per gli infortuni sul lavoro da "Annozero" Rai2, del 19 aprile 2007

    Marco Travaglio per gli infortuni sul lavoro da "Annozero" Rai2, del 19 aprile 2007

    Gentile Luca Cordero di Montezemolo,
    il presidente di Federmeccanica, che fa parte della Confindustria, dice che l’aumento di 100 euro all’anno chiesto dagli operai è “una proposta ridicola” perché ci metterebbe “fuori dal mercato”. E lei ha dichiarato che la ripresa economica dell’Italia è “esclusivamente merito delle imprese”. Eppure lei stesso ripete sempre che un’impresa non è fatta solo dagli imprenditori e dai manager, ma anche dai lavoratori. Dunque tutti dovrebbero essere premiati per il loro lavoro. Invece i manager in Italia guadagnano molto di più dei loro colleghi del resto d’Europa, mentre i lavoratori molto di meno.
    In Italia un operaio guadagna in media, al lordo, 21 mila euro, contro i 29 mila della Francia, i 32 della Svezia, i 35 del Belgio, i 37 dell’Olanda, i 39,7 della Gran Bretagna, i 41 della Germania, i 42 della Danimarca.
    Qualche anno fa, un tale disse: “se i nostri operai guadagnano poco, le macchine che gli facciamo costruire chi se le compra?”
    Tra il 2000 e il 2005, secondo l’Eurispes, in Europa gli stipendi sono aumentati del 20%, in Italia del 13,7. Da noi gli stipendi dei lavoratori aumentano ogni anno del 2,7%, mentre quelli dei manager del 17%, otto volte l’inflazione. Le stipendio medio dei primi cento top manager italiani è di 3,4 milioni all’anno, 7 miliardi di lire: guadagnano 160 volte lo stipendio di un operaio, prendono in due giorni quello che un operaio prende in un anno.
    In ogni caso la Fiat, con le sue mani e con la cassa integrazione, s’è rimessa in sesto grazie a un manager come Marchionne. Che dunque si merita tutti i 7 milioni di euro che guadagna all’anno, poco meno di quelli che guadagna lei. Ma, se il mercato ha un senso, chi ottiene risultati dovrebbe guadagnare molto e chi va male dovrebbe guadagnare poco, o farsi da parte.
    Mi sa spiegare allora perché, visto come va la Telecom, il manager più pagato d’Italia è proprio Carlo Buora della Telecom, con 18.860 milioni di euro nel 2006 tra stipendio e liquidazione Pirelli? E perché Tronchetti Provera guadagna come Marchionne che ha risanato la Fiat? Poi c’è Cimoli, che ha così ben ridotto l’Alitalia: guadagna 12 mila euro al giorno, quello che un operaio guadagna in un anno. Il presidente di Air France guadagna un terzo: ma la compagnia francese è in attivo, mentre la nostra perde un milione al giorno. Dopo 2 anni e mezzo disastrosi, col buco Alitalia salito a 380 milioni, Cimoli per andarsene ha pure preso 5 milioni di liquidazione. Alberto Lina è l’amministratore delegato dell’Impregilo, capo-gruppo della ditta che smaltisce così bene i rifiuti in Campania: guadagna addirittura più di lei, 7,3 milioni.
    Anche lui prende in un giorno quanto un suo operaio guadagna in un anno. Dov’è il mercato? Dov’è la meritocrazia?

    La prima regola del mercato è che tutti rischiano qualcosa, e chi sbaglia paga. Voi top manager, invece, non rischiate mai nulla. Se avete successo, vi aumentate lo stipendio. Se fallite, ve lo aumentate lo stesso. Se vi cacciano, ci guadagnate una fortuna con le superliquidazioni. Poi passate a far danni da un’altra parte. E se non garantite la sicurezza o la salute dei vostri dipendenti, loro pagano con la vita, per voi c’è l’indulto. Con la certezza di morire di morte naturale, nel vostro letto. Gli operai invece muoiono al lavoro come le mosche, al ritmo di quattro al giorno. Andare a lavorare, in Italia, è più pericoloso che andare in guerra. Ogni anno muoiono 1250 lavoratori italiani, la metà delle vittime delle Torri gemelle, meno dei morti di tutto il mondo per attentati terroristici. E un milione restano feriti.

    Ora lei, dottor Montezemolo, è preoccupato che il tesoretto si disperda in mille rivoli. Giusto. Ma perché non parlate mai del tesorone dell’evasione fiscale, 200 miliardi l’anno? E del tesorone del lavoro nero e sommerso, il 27% del pil, cioè 400 miliardi? E del tesorone delle mafie, 1000 miliardi di euro? La legge sul falso in bilancio varata dal governo Berlusconi e finora confermata, in barba alle promesse elettorali, dal governo Prodi, consente a ogni impresa di occultare dai bilanci fino al 5% dell’utile prima delle imposte, al 10% delle valutazioni e all’1% del patrimonio netto. Centinaia di milioni di nero legalizzato per ogni grande gruppo.
    Una sorta di modica quantità di falso in bilancio consentita, come per la droga, per uso personale. Non vi vergognate di una situazione del genere, che vi rende tutti sospettabili? Il “mercato” è anche 25 anni di galera per chi trucca i bilanci, come in America: o no? Perché allora non avete detto una parola contro la depenalizzazione del falso in bilancio? Perché Confindustria non fa una grande battaglia per importare in Italia la legge americana sui reati finanziari?
    Vedrà che, recuperando un po’ di evasione, si potranno garantire case, asili e pensioni al popolo dei 1000 euro al mese, che con un giusto aumento di stipendio potrebbero fare un bel passettino in avanti. Perchè, come diceva quel tale, “se gli operai guadagnano poco, le macchine che costruiscono chi se le compra?”.
    A proposito: lo sa chi era quel tale? Non era Marx, e nemmeno il subcomandante Marcos. Era l’avvocato Agnelli.
    In attesa di un cortese riscontro, porgo distinti saluti

    webmaster@marcotravaglio.it
    Myrddin

  6. #16
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    Citazione Originariamente Scritto da Myrddin-Merlino Visualizza Messaggio
    Certo, faccio corsi anche ai coordinatori per la sicurezza nei cantieri, frequentole scuole edili, e ho purtroppo visto anche i cantieri, che comunque non sono tutti uguali. Ci sono cantieri modello, e cantieri inferno ...
    Se frequanti tanto i cantieri come dici allora avrai notato che nonostante i richiami del capocantiere spesso e volentieri i manovali se ne infischiano delle norme di sicurezza?
    Anch'io per lavoro giro molti cantieri e vedo gli elmetti lì in bella mostra appoggiati sul muretto ed il capocantiere che urla.
    Hai idea di cosa succede se licenzi un muratore perché non si mette l'elemetto?
    Arrivano i sindacati e si inscena una protesta bloccando il cantiere.

  7. #17
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    Predefinito Americanismo positivo

    Citazione Originariamente Scritto da medsim Visualizza Messaggio
    Se frequanti tanto i cantieri come dici allora avrai notato che nonostante i richiami del capocantiere spesso e volentieri i manovali se ne infischiano delle norme di sicurezza?
    Anch'io per lavoro giro molti cantieri e vedo gli elmetti lì in bella mostra appoggiati sul muretto ed il capocantiere che urla.
    Hai idea di cosa succede se licenzi un muratore perché non si mette l'elemetto?
    Arrivano i sindacati e si inscena una protesta bloccando il cantiere.
    Basta chiamar ela Asl, il lavoratore paga 150 euro, e così impara la ragione e la sicurezza.
    Comunque il licenziamento per mancato rispetto di misure di protezione, nel caso di rischio mortale, è licenziamento per giusta causa. Nessunm giudice reintegra un lavoratore licenziato perchè lavorava in altezza senza l'elemetto.
    L'elemetto è importante, ma il rischio di caduta dall'alto è la vita. Occorre fare l'impossibile, perchè il lavoratore muore, e i preposti, i coordinatori si beccano la condanna penale e devono risarcire il danno.
    Comunque i lavoratori si infortunano per far far eprofitto ai datori di lavoro, se se ne stanno a casa non si infortunano. Siiccome la giostra la fa girar eil datore di lavoro, è lui il garante della sicurezza articolo 2087 del codice civile. Stai tranquillo che negli Usa chi non riga dritto nel cantiere e lavora senza sicurezza lo cacciano via, e i sindacati sono i primi a far rispettare le norme di sicurezza.
    Myrddin

  8. #18
    Amalie
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    Citazione Originariamente Scritto da medsim Visualizza Messaggio
    Se frequanti tanto i cantieri come dici allora avrai notato che nonostante i richiami del capocantiere spesso e volentieri i manovali se ne infischiano delle norme di sicurezza?
    Anch'io per lavoro giro molti cantieri e vedo gli elmetti lì in bella mostra appoggiati sul muretto ed il capocantiere che urla.
    Hai idea di cosa succede se licenzi un muratore perché non si mette l'elemetto?
    Arrivano i sindacati e si inscena una protesta bloccando il cantiere.
    quoto ed aggiungo che purtroppo ci sono dei lavori cmq pericolosi nonostante tutte le misure di sicurezza che si possano prendere!

  9. #19
    Amalie
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Myrddin-Merlino Visualizza Messaggio
    Basta chiamar ela Asl, il lavoratore paga 150 euro, e così impara la ragione e la sicurezza.
    Comunque il licenziamento per mancato rispetto di misure di protezione, nel caso di rischio mortale, è licenziamento per giusta causa. Nessunm giudice reintegra un lavoratore licenziato perchè lavorava in altezza senza l'elemetto.
    L'elemetto è importante, ma il rischio di caduta dall'alto è la vita. Occorre fare l'impossibile, perchè il lavoratore muore, e i preposti, i coordinatori si beccano la condanna penale e devono risarcire il danno.
    Comunque i lavoratori si infortunano per far far eprofitto ai datori di lavoro, se se ne stanno a casa non si infortunano. Siiccome la giostra la fa girar eil datore di lavoro, è lui il garante della sicurezza articolo 2087 del codice civile. Stai tranquillo che negli Usa chi non riga dritto nel cantiere e lavora senza sicurezza lo cacciano via, e i sindacati sono i primi a far rispettare le norme di sicurezza.
    certo come no e lui continuerà a lavorare per te con lo stesso spirito di prima

  10. #20
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    Citazione Originariamente Scritto da Myrddin-Merlino Visualizza Messaggio
    Basta chiamar ela Asl, il lavoratore paga 150 euro, e così impara la ragione e la sicurezza.
    Comunque il licenziamento per mancato rispetto di misure di protezione, nel caso di rischio mortale, è licenziamento per giusta causa. Nessunm giudice reintegra un lavoratore licenziato perchè lavorava in altezza senza l'elemetto.
    L'elemetto è importante, ma il rischio di caduta dall'alto è la vita. Occorre fare l'impossibile, perchè il lavoratore muore, e i preposti, i coordinatori si beccano la condanna penale e devono risarcire il danno.
    Comunque i lavoratori si infortunano per far far eprofitto ai datori di lavoro, se se ne stanno a casa non si infortunano. Siiccome la giostra la fa girar eil datore di lavoro, è lui il garante della sicurezza articolo 2087 del codice civile. Stai tranquillo che negli Usa chi non riga dritto nel cantiere e lavora senza sicurezza lo cacciano via, e i sindacati sono i primi a far rispettare le norme di sicurezza.
    Leggendo la tua frase direi che credi che lavorare lo si fa per fare un favore al datore di lavoro.
    Spero che tu sia consapevole della stupidaggine che hai scritto.

 

 
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