Le nuove tecnologie elettroniche, insieme agli stili di vita diffusi e a un pressante bisogno di sicurezza, hanno modificato radicalmente il concetto stesso di privacy.
Tanto che è legittimo domandarsi se questa parola abbia ancora un senso, nonostante l’esistenza di una apposita e costosa authority statuale per garantirla, e una legge draconiana che teoricamente impone a pubblici e privati onerosissimi sistemi di garanzia per proteggere i dati cosiddetti sensibili.
Sensibilità e protezione che non possono che far sganasciare dalle risate, se si pensa come quelli che dovrebbero essere i dati riservati per eccellenza, perché facenti parte del delicatissimo circuito del processo penale, rappresentino in realtà la principale fonte di parole che consente ai giornali di risparmiare in redattori.
Visto che interi fogli, e per di più delle prime pagine, possono essere riempiti con verbali «coperti».

Ma la questione è più ampia e più complessa.
Il bisogno diffuso di sicurezza ha riempito le città di telecamere in ogni angolo, così come buona parte degli edifici bancari, commerciali, o di tutti gli enti statali e parastatali.
Automezzi di Google Earth attraversano le città per mettere immediatamente in rete passanti e avventori di luoghi e servizi.
I telefonini diventano, nelle mani di chiunque, un formidabile strumento per mettere qualunque cosa su YouTube, sia che si tratti di una beffa, di uno sberleffo, o di una disgrazia.
Carte di credito, bancomat, Viacard e Telepass, oltre che biglietti aerei e check-in elettronici, anche di ferrovie e autovie, consentono la perfetta tracciabilità di ogni movimento umano, così come la posizionabilità, con l’approssimazione di pochi metri, di ogni cellulare che, acceso o anche spento, può diventare un’efficacissima microspia.
Senza che questo renda inutili le vere microspie professionali, disseminate un po’ ovunque da agenti pubblici, ma anche privatissimi, per ascoltare, registrare e riempire immensi faldoni, che solo nella vicenda Bertolaso hanno raggiunto un numero di parole circa 40 volte l’intera Bibbia, Vecchio e Nuovo Testamento.

Una fonte inesauribile non solo per indagini, talvolta utili, ma non sempre confermate da verifiche più permeanti; ma anche per annientare preventivamente nemici, amici, o incolpevoli passanti, centrati dalle schegge del botto mediatico, talvolta devastante come una bomba con chiodi e bulloni in un mercato iracheno.
Insomma, i sogni o gli incubi di Orwell e di Huxley col suo nuovo mondo da fantascienza, o da incubo, si stanno progressivamente materializzando.

Le finalità sono sempre ottime e nobilissime.
Come nel caso dei body scanner che, per proteggere (non sappiamo quanto) la nostra sicurezza, consentono di fotografare, esibire e registrare nei dettagli, non soltanto possibili pistole o coltelli, ma anche tette, culi e organi genitali di giovani e vecchi.
Perfino Papa Benedetto è stato forse uno dei pochi che ha posto in luce l’ambivalenza di questo meccanismo pieno di buone intenzioni.
Quelle di cui è lastricata la via per l’inferno.

Qualche giorno fa nel mio studio è arrivato un nuovo paziente.
Una diagnosi non difficile. Diceva che gli era stato misteriosamente impiantato un chip di silicio dietro a un orecchio, strumento che consentiva ai servizi segreti, agli Ufo e alla sua ex moglie di seguirlo, intercettarlo e pedinarlo ovunque. L’infernale marchingegno consentiva a tutti i nemici di conoscere i suoi incontri amicali, lavorativi o sentimentali. Alle spie e sbirri di perseguitarlo di giorno e di notte, e agli Ufo di monitorarlo dal cielo.

La diagnosi di schizofrenia paranoide sarebbe stata facile anche per uno psichiatra alle prime armi.
Ma il racconto, raccolto con un po’ più di attenzione, arricchiva, come spesso succede, la narrazione, che nelle storie psicopatologiche ben esaminate sovrappone realtà e interpretazioni, tra loro meno lontane di quanto possa sembrare a prima vista.

Effettivamente, poco meno di un lustro fa, il nostro amico era stato oggetto di un’indagine molto penetrante, corredata anche di intercettazioni ambientali e pedinamenti, provocata da una ex moglie arrabbiata per alimenti inadeguati.
E, come spesso accade in questi casi, gli aveva scaricato addosso una bella denuncia, che metteva insieme evasioni fiscali, malversazioni di ogni genere e persino qualche abuso sessuale verso minori.
Inutile dire che tutto il castello, portato a un esame di verifiche più approfondite, si era rivelato di sabbia, neppure compatta e bagnata.
Ma il chip nella testa, dopo questa commedia trasformata in tragedia, è rimasto.

L’altra sera, in un gustoso dibattito televisivo condotto da Gigi Moncalvo in una rete torinese, dove l’interlocutore era il vecchio amico Diego Novelli, santo sindaco comunista della città per un decennio, mi è scappata una piccola provocazione situazionista.
Ho proposto che ci sia un solo sistema sicuro per garantire la pubblica morale, l’onestà e la correttezza di politici, pubblici amministratori, ufficiali e gestori della cosa pubblica (e, perché no, privata), magari al di sopra di certe dimensioni.
Basterà impiantare un piccolo chip di silicio dietro l’orecchio di chiunque voglia rivestire cariche che, oltre a rappresentare un onore, non possono esimersi dall’includere anche l’onere della trasparenza assoluta di ogni gesto.
D’altra parte, se uno non ha nulla da nascondere o da temere, perché dovrebbe avere sospetti o preoccupazioni per una registrazione full-time? In fondo lo si fa anche con i cani per proteggerne salute e sicurezza. Sia che si tratti di un peccatuccio sessuale, di un vizietto umano o, addirittura, com’è ovvio, di un reato perseguibile per legge.
Non si può inoltre escludere nel futuro che questa prassi possa essere estesa a ogni cittadino. Ciò preverrebbe anche reati innominabili che si svolgono tra le pareti domestiche e annienterebbe sul nascere azioni riprovevoli e diffuse, come l’evasione fiscale, o le tante e le macro e micro illegalità che costellano la vita di uomini fragili e caduchi dopo il peccato originale e la cacciata dal paradiso terrestre.

D’altra parte anche una microtelecamera inserita in una toilette potrebbe consentire di diagnosticare malattie pericolose, anche sessualmente trasmissibili, proteggendo amici e congiunti da un colpevole contagio. Quale bene merita tutela e sicurezza più della salute?

Beh, vi sembrerà strano, ma il mio interlocutore ha pensato, prendendomi sul serio, di dover spendere qualche pacata parola nel nome della Costituzione (e in verità anche di 2000 anni di civiltà) per difendere la cosiddetta privacy.
Salvo naturalmente riaffermare il sacrosanto diritto a milioni di ore di intercettazioni fatte a spese di contribuenti, e conservate, per esempio, che so, nell’archivio Genchi, grande un milione di volte quello di Mino Pecorelli.
Ma il centralino è stato sommerso di telefonate di cittadini entusiasti della proposta.
Ma ancora di più il mio sito internet, sommerso da suggerimenti di ascoltatori nauseati da ciò che ogni giorno si legge sui giornali o si vede alla tv, e desiderosi di dare il loro contributo per perfezionare la proposta con dettagli ancora più allucinanti.

Credo che sia un pessimo sintomo. Persino più grave di quell’amico frequentatore degli Ufo. Forse il grande Truman Show di un fratello veramente gigantesco è iniziato.

letto e copiato dal IlGiornale.it - Le ultime notizie, attualità, politica, economia, meteo 27 02 2010

saluti

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