Ha la colpa di considerare suo padre un povero onesto perseguitato che non ha fatto niente di male e quella d'esser stato alleato con le destre fino a che il vento della vittoria elettorale non ha soffiato a sinistra.
ma insomma si fa o non si fa?
Non capisco i compagni della sinistra che inneggiano al sindacato. Il sindacato è da superare, non rappresenta tutti i tipi di lavoratori e soprattutto la sua esistenza giustifica solo l'incapacità del lavoratore di ricavarsi un ruolo rispettabile all'interno dell'azienda e nella società.
Diamo invece al lavoratore il sapere, la conoscienza, i diritti e priviamo piuttosto l'imprenditore degli strumenti che gli consentono di utilizzare le persone come fossero voci di bilancio......... Il lavoratore NON deve avere bisogno del sindacato che gli fornisce la propria coscienza.
Diliberto: «Ci sono le condizioni oggettive e soggettive per unirci»
di Frida Nacinovich
su Liberazione del 03/05/2007
«D'accordo con Bertinotti la sinistra deve fare massa critica»
Quanto tempo, segretario Diliberto. Che succede? Un pezzo dei diesse non entra nel piddì, la sinistra si confronta, si incontra. Il sondaggio di Ipr Marketing per Repubblica.it parla chiaro: il 60% degli elettori è favorevole alla creazione del partito unico della sinistra. Un partito del genere raccoglierebbe il 16% dei consensi, in pratica un terzo dei voti del centrosinistra. D'accordo, è solo un sondaggio. Ma dietro questi numeri c'è anche un'indicazione?
Partito unico della sinistra? Non metterei il carro davanti ai buoi. Unificare la sinistra è giusto, urgente, è un'esigenza. Ma non discuterei ora delle forme e dei modelli organizzativi, che arrivano dopo il dibattito politico e non prima. Detto questo, credo che le condizioni politiche per unire la sinistra ci siano tutte, soprattutto dopo la nascita del Partito democratico.
Ci spieghi: perché la nascita del Partito democratico può aiutare la sinistra a ritrovarsi?
Perché ci sono compagni autorevoli e tanti militanti che hanno deciso di non aderire al Partito democratico, sprigionando nuove energie. E questa è un'opportunità che va colta al volo, subito. Non solo. Al termine della mia relazione al congresso dei Comunisti italiani, il compagno Russo Spena ha detto che era stato fatto un grande passo avanti verso l'unità. E ancora: a Rimini i delegati hanno riservato a Bertinotti una straordinaria e calorosissima accoglienza. Il giorno successivo Salvi ha dichiarato di essere pronto ad affrontare un percorso unitario. Tutti conveniamo su una sinistra unita. Una sinistra senza aggettivi.
Aggettivi del tipo "radicale" e "riformista"?
Senza aggettivi che precludono invece di includere. Aggettivi come socialista o comunista. Penso a una sinistra aperta al contributo di tutti, senza pigrizia e alibi intellettuali. Ovviamente senza rinunciare ad essere se stessi, alla propria storia, alla propria cultura politica, all'identità. Ma guardando avanti.
Guardare avanti vuol dire anche non voltarsi indietro?
Io propongo di andare avanti. E in questo senso ogni aggettivo è un paletto. Perché dietro gli aggettivi ci sono vissuti individuali e collettivi, ma avanti ci sono le cose da fare. Per la pace, per il lavoro, la scuola, i diritti, la laicità dello Stato.
La sinistra di cui si discute si ritrova in piazza e in ogni luogo utile da anni per parlare della pace, dei diritti civili, della precarietà del lavoro.
Una sinistra che si è "sperimentata" in piazza e anche in Parlamento dove abbiamo sempre votato allo stesso modo. In fondo è quella che Bertinotti chiama massa critica, ed io sono d'accordo con lui. Oggi ci sono le condizioni oggettive per incontrarci, e anche soggettive. C'è la volontà dei gruppi dirigenti. Anche questa intervista ne è una testimonianza.
In questi anni qualcuno ci ha provato ad unire la sinistra, ad esempio Asor Rosa. Perché ora si può fare e ieri invece no? Non è che gli ostacoli di ieri sono anche gli ostacoli di oggi?
I tempi non erano maturi. Credo che l'accelerazione avvenga quando ci sono le due condizioni: quelle oggettive e quelle soggettive. Evidentemente prima non c'erano. Io sono determinatissimo ad andare avanti.
Che rapporto avrà la sinistra del futuro con il Partito democratico?
Di alleanza, nella diversità. Vogliamo governare e non essere opposizione, vogliamo strappare risultati per quei ceti che abbiamo l'ambizione di rappresentare. E si può essere maggioranza con il Partito democratico.
Nasce il Partito democratico, muoiono i Democratici di sinistra.
Il Pd non è un salto, è la recisione di una storia. Ed è anche la fine di un grande equivoco per milioni di donne e di uomini per i quali il Pci si era trasformato in Pds e poi in Ds, ma era sempre quel partito. Ora che i Ds fanno un partito insieme agli ex democratici cristiani, l'equivoco finisce. Lo dico con tristezza, perché paradossalmente non c'è più un pezzo grande, il più grande, della sinistra italiana. Da paese dove vi era il più grande partito comunista dell'occidente, l'Italia si è trasformata nell'unico paese europeo senza un grande partito della sinistra. E allora c'è uno spazio politico oggettivo per la sinistra. Quando si fa la somma dei partiti esistenti si sbaglia. Perché lo spazio è molto più grande, è venuto meno un equivoco.
Enrico Boselli vuole rifare il partito socialista. Dove si collocherà in futuro?
Io guardo con simpatia a questo processo, diverso da quello che proponiamo. Se l'ambizione è quella di unire i socialisti, si precludono le porte a noi Comunisti italiani e a Rifondazione comunista. Invece in un grande contenitore di tipo federativo c'è spazio per tutti quelli che ne condividono il programma. Boselli è distante fondamentalmente su due punti: la pace e il lavoro. L'unione - non felicissima - con i Radicali ne è una testimonianza.
Alle scorse politiche Pdci e Verdi si sono presentati uniti al Senato.
Ed è stata una felice esperienza, abbiamo fatto eleggere undici senatori e abbiamo deciso di fare gruppo assieme. Sono convinto che i Verdi siano un pezzo importante della sinistra del futuro.
Non sarà un problema troppo complesso, quasi irricevibile, unire storie e culture così diverse come quelle che hanno segnato le forze della sinistra negli ultimi venti anni?
Devo dire con molta semplicità che i vissuti diversi sono diversi solo parzialmente. Io Giordano e Mussi, ma anche Angius e Salvi, fino a qualche anno fa stavamo tutti quanti nello stesso partito. Senza alcuna nostalgia per il passato, si può dire che è una sorta di ricongiungimento familiare.
Myrddin