Le ultime chances di Ségolène
nell'incertezza di molti centristi

di Bernardo Valli - La Repubblica

Un vento teso, gagliardo, in costante favore del candidato di destra, tira sulla Francia dove in queste ore si vota per eleggere il sesto presidente della Quinta Repubblica. Il favorito, Nicolas Sarkozy, sarebbe già impegnato ad organizzare i festeggiamenti di stasera, nelle piazze parigine: dalla Concorde all'Etoile, lungo i Campi Elisi. Il classico itinerario della destra. Ma l'idea di un risultato scontato equivale alla castrazione del voto. Rispetto quindi i tempi.

L'affluenza al primo scrutinio (quasi l'85%) ha rivelato l'appassionata partecipazione dei francesi a una gara elettorale fitta di colpi di scena e di suspense, in cui si affrontavano due pretendenti insoliti: da un lato una donna (la prima, in una società politica maschilista, ad arrivare in finale, sulla soglia del palazzo dell'Eliseo), dall'altro un francese di prima generazione (un " sangue misto" dice lui stesso, figlio di un emigrato politico, un piccolo nobile ungherese, e di una madre di origine greca). Ma soprattutto due candidati cinquantenni, che andavano all'asilo quando mezzo secolo fa il generale de Gaulle fondò la Quinta Repubblica; e che, prescindendo dall'età, hanno segnato con i loro discorsi, spesso distaccati da quelli tradizionali dei rispettivi partiti, l'avvio di un nuovo ciclo politico, in cui prevalgono le passioni spogliate delle ideologie. E' un po' come se si fossero lasciati alle spalle una società politica scaduta.
In sostanza Ségolène Royal e Nicolas Sarkozy hanno proposto di riconciliare la Francia con il secolo. Di farla entrare, ognuno con i propri valori, nel mondo dell'economia globale, con sempre meno steccati protettivi, un mondo di cui molti francesi diffidano e da cui vorrebbero difendersi rinchiudendosi nella nazione: nella République, di cui vogliono difendere il modello sociale, tra i più generosi del mondo. Un modello che sentono minacciato e che dovranno rassegnarsi a riformare per adeguare il Paese alla realtà internazionale. Entrambi Royal e Sarkozy, con le loro forti personalità, hanno suscitato passioni e iniettato una straordinaria vitalità in una società incerta sul suo futuro, definita fino a ieri anemica, in declino, scettica, disinteressata alla politica. L'eccezionale affluenza del primo turno, determinata dagli elettori giovani, ha dimostrato l'inaspettato, invidiabile dinamismo della democrazia francese, intenta a superare un guado epocale ma tutt'altro che infiacchita. Una Francia non certo addormentata.

Il fenomeno della partecipazione dovrebbe ripetersi in queste ore. O addirittura accentuarsi. Questo slancio, ricco di umori, di incertezze, potrebbe rendere variabile il vento che ho descritto teso, gagliardo, in costante favore della destra? E orientarlo a sinistra? E' assai improbabile che questo accada. Gli umori della Francia non vanno in quella direzione. Eppure si stenta, si fa fatica a escludere che le civili passioni politiche possano far compiere brusche oscillazioni al barometro elettorale, come capita con le impreviste burrasche nella meteorologia.
Sulla base di questo principio, e in barba al generale, sia pur razionale, scetticismo sulla possibilità di una clamorosa smentita dei sondaggi, pongo una serie di interrogativi chiave, destinati a mantenere in vita l'invocata e violentata suspense. Gli elettori del Front National (3,8 milioni di voti), di cui Nicolas Sarkozy ha bisogno, seguiranno la consegna di astenersi impartita da Jean Marie Le Pen? E come si divideranno gli elettori di François Bayrou (6,8 milioni)? Il leader centrista li ha lasciato liberi ma ha confidato a Le Monde che lui "non voterà per Nicolas Sarkozy", benché quasi tutti i deputati del suo partito (l'Udf, Unione per la Democrazia francese) si siano pronunciati in favore del candidato di centro-destra.

Il destino della candidata socialista dipende dalla tormentata decisione degli elettori centristi. Dovrebbe recuperarne più dei due terzi. Per questo, dando per scontati in suo favore i voti dell'estrema sinistra, Ségolène Royal ha dedicato a loro i suoi ultimi interventi, arrivando a non escludere la presenza di ministri Udf nel suo governo. I dirigenti della sinistra socialista (in particolare l'ex primo ministro Laurent Fabius, promotore del "no" alla Costituzione europea) non hanno nascosto la collera, ma il loro contributo essendo stato assai scarso durante la campagna elettorale, Ségolène Royal non ne ha tenuto conto e ha continuato imperterrita l'inseguimento ai voti centristi. E ha esibito al suo fianco personaggi come Dominique Strauss-Kahn e Jacques Delors, in grado di sedurre gli elettori incerti tra destra e sinistra. Non a caso la sua ultima tappa è stata la Bretagna, regione di tradizione democristiana, dove François Bayrou ha raccolto al primo turno il venti per cento dei suffragi.
Nicolas Sarkozy, il favorito ha seguito un'altra tattica. Non ha corteggiato i centristi, molti dei quali si accoderanno a lui spontaneamente, come hanno fatto i deputati dell'Udf distinguendosi dal loro leader Sarkozy non doveva turbare gli indispensabili elettori di estrema destra, in parte conquistati al primo turno grazie al linguaggio stile Le Pen da lui adottato nei comizi. Un linguaggio per la verità "democratizzato", reso accettabile anche agli orecchi democratici. Per rassicurare quest'ultimi, i democratici, il leader di centro destra ha compiuto un pellegrinaggio nell'Alta Savoia, a Glières, uno dei luoghi sacri della Resistenza.

Il fatto che la campagna elettorale sia stata "disedeologizzata" non significa che non ci sia stato un confronto tra destra e sinistra. Nicolas Sarkozy rappresenta con chiarezza la prima e lo ha riconosciuto superando un vecchio complesso di inferiorità di fronte al super-ego della sinistra. Ha rivendicato puntualmente la sua appartenenza alla destra democratica. E partendo da questa posizione ha cavalcato tutti i temi dell'estrema destra, rendendoli però accettabili, come ho già detto, agli orecchi democratici: in particolare l'ordine, la sicurezza, l'identità nazionale minacciata dall'immigrazione, i problemi posti da quest'ultima. Cosi ha tolto a Jean Marie Le Pen più di un terzo del suo elettorato. Ma Sarkozy ha invaso anche il terreno della sinistra, citando Jaurès e Blum, due storici esponenti del socialismo francese. Cosi ha riconosciuto che la società francese ha bisogno di fraternità e di solidarietà. Ha pronunciato discorsi di forte nazionalismo, ma anche discorsi filantropici, contro le disuguaglianze, in favore delle classi più deboli, contro gli abusi del capitalismo, in favore di un sistema assistenziale. Un sistema, ben inteso, con regole severe. Ad esempio con i disoccupati cronici che rifiutano le offerte di lavoro. E questi sono spesso degli immigrati.
Ha rassicurato la Francia che si sente minacciata dall'economia globalizzata, e al tempo stesso ha delineato riforme concrete che, senza liquidare l'intoccabile modello sociale francese, introdurranno una dose di liberismo nel burocratico sistema nazionale. A lui guardano i maggiori finanzieri e industriali di Francia. Molti di loro l'hanno apertamente appoggiato in questa campagna elettorale. Alle due estremità della sua clientela ci sono le classi popolari e il potere economico.

Se il candidato di destra ha invaso il campo della sinistra, Ségolène Royal si è appropriata di non pochi argomenti della destra: l'ordine e la sicurezza in particolare. Ha capito che non poteva lasciare all'avversario il monopolio di questi temi. Ha anche cercato di conciliare lo spirito nazionale e i problemi sociali. Ha sventolato in varie occasioni il tricolore. Ma il suo discorso è stato soprattutto quello di una madre appassionata, attenta ai problemi quotidiani: scuola, famiglia, ospedali, lavoro. Una madre severa, inflessibile nel dibattito televisivo con Sarkozy. Da quella prova è uscita, ai miei occhi, vincente. Convincente. Ha dimostrato di avere un carattere fermo, in grado ricoprire il ruolo cui ambiva. Cosi non è evidentemente apparsa alla maggioranza dei francesi. La campagna elettorale è stata appassionante, ma deludente per un aspetto: non si è quasi parlato del resto del mondo. Del mondo in cui la Francia è immersa.