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    Predefinito Aut-aut del Governo. Intesa entro giugno o scalone

    "I tempi sono stretti e bisogna fare l'accordo entro giugno; senza l'intesa si applica la legislazione vigente", ovvero scalone e revisione dei coefficienti. Un Padoa Schioppa pragmatico ha aperto oggi l'incontro tra governo e parti sociali sul Welfare avvertendo anche i suoi interlocutori che modificando le riforme Dini e Maroni si "altera l'equilibrio finanziario del sistema".

    Quindi, perché non prendere "un'occasione formidabile per fare due cose: sostenere i giovani e aumentare le pensioni basse" ha detto il ministro ribadendo le posizioni del Governo.

    Il confronto, presieduto dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Enrico Letta e a cui hanno partecipato il sottosegretario all'Economia Nicola Sartor, il ministro del Lavoro Cesare Damiano con i sottosegretari Rosa Rinaldi e
    Antonio Montagnino, il ministro per l'Attuazione del programma Giulio Santagata.

    Per i sindacati sono presenti da Morena Piccinini per la Cgil, Domenico Proietti per la Uil, Pierpaolo Baretta per la Cisl e Renata Polverini per l'Ugl mentre la Confindustria è rappresentata dal direttore generale Maurizio Beretta.

    Dalla posizione di Padoa-Schioppa hanno preso le distanze Rifondazione Comunista e il Pdci, il deputato Gennaro Migliore e il capogruppo del Pdci alla Camera Pino Sgobio. "Le dichiarazioni del ministro - ha detto Migliore - non rappresentano nè la posizione dell'Unione nè possano rappresentare il Governo". "Per ottenere il consenso di Rifondazione comunista su una materia delicata come quella che riguarda la previdenza pubblica - ha detto il segretario di Rifondazione Franco Giordano - bisogna cominciare dal rispetto del programma sottoscritto e condiviso da tutti gli alleati dell'Unione e sulla base del quale è stato chiesto il mandato elettorale".

    Più soft la posizione del ministro del Lavoro, Cesare Damiano. "Sostituire lo scalone con scalini attraverso un percorso graduale" ha affermato il ministro. "E' necessario tutelare i piu' deboli - ha aggiunto - a partire dai pensionati con redditi piu' bassi".

    In linea con il governo Confindustria secondo cui scalone e revisione dei coefficienti sono norme vigenti. "Non riteniamo utile mettere mano a queste norme in vigore se questo significa pesare sulla finanza pubblica con maggiori risorse". Posizione dura invece dei sindacati. La Cisl si è detta disposta a
    discutere di tutto ma non di coefficienti.

    La Uil ha chiarito che chiederà di abolire lo scalone per il pensionamento di anzianità e di congelare i coefficienti di rivalutazione del montante contributivo. "Il coraggio dovrebbe averlo il Governo a presentarsi con una proposta unitaria, quando lo farà partirà la fase finale del confronto". Per il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, il governo dovrebbe a questo punto presentare una proposta unitaria.

  2. #2
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    Solitudine nel governo
    Il ministro dell'Economia messo alla prova dalla sua maggioranza

    Il ministro dell'Economia ci riprova. In un'intervista alla "Repubblica" che anticipa il confronto con le parti sociali apertosi in queste ore, Padoa - Schioppa ha detto senza tanti giri di parole che "i sindacati lo devono capire. La riforma delle pensioni va fatta, è un'occasione da non perdere". E ha aggiunto: "questa volta anche a Epifani, Bonanni e Angeletti chiedo di essere ambiziosi e coraggiosi e di vincere la battaglia in casa loro invece di portarla sempre in casa d'altri". Per concludere: "il negoziato non può durare in eterno, va chiuso in fretta". Ora, che il ministro abbia ragione da vendere non c'è nemmeno bisogno di sottolinearlo: il negoziato è già in una condizione di ritardo insopportabile, soprattutto visto che il governo aveva fatto sapere che entro febbraio avrebbe messo a punto il piano per la riforma della previdenza, mentre siamo già a maggio. Ma almeno possiamo apprezzare la determinazione. Diamo atto al professor Padoa - Schioppa di averne a sufficienza e, cosa altrettanto importante, di non scoraggiarsi. Questo è lo spirito necessario per cimentarsi con una materia tanto delicata e aspra senza perdere le penne.



    Vorremmo però ricordare al ministro che, per una volta, non si può chiedere solo al sindacato di mostrarsi responsabile. Perché il sindacato fa il suo mestiere: gli interessi delle categorie che rappresenta non sempre coincidono con quelli del Paese. Il governo ha dunque qualche dovere in più a proposito, e troppo spesso il sindacato ha puntato i piedi solo perché il governo ha mostrato indecisione, o peggio ancora, un desiderio di capitolazione. Cosa ha sempre detto Epifani in questi mesi? Che se il governo non aveva una posizione univoca in materia pensionistica, egli nemmeno si sarebbe seduto al tavolo. Sarà pure stata una posizione strumentale fin che si vuole quella del segretario della Cgil, ma era una posizione corretta. Il leader del principale sindacato dei lavoratori ha il sacrosanto diritto, oltre che il dovere, di pretendere una posizione univoca del governo. Soprattutto se la posizione del ministro dell'Economia, quella del ministro del Welfare, quella del ministro del Lavoro, erano tutte fra loro divergenti. Ci scusiamo se abbiamo omesso qualche altro importante titolare dell'esecutivo.

    E finalmente parla solo Padoa - Schioppa. Un buon segno. Dovrebbe significare che il premier lo sostiene e che la maggioranza si è piegata alle sue ragioni. Magari non perché è convinta davvero dei passi da intraprendere, ma forse solo per opportunità elettoralistica. Si vota in molti comuni d'Italia e non conviene dare l'idea che il governo sia diviso anche su un tema di questa rilevanza, oltre che sui gay.

    Visto che a noi interessano i risultati prima ancora del modo in cui questi si conseguono, se il ministro dell'Economia riuscisse a convincere della bontà delle sue tesi colleghi e sindacati, egli otterrebbe un successo di cui non potremmo che congratularci. Attenzione però: perché Padoa - Schioppa, riferendosi al tesoretto, dice che in fondo i contrasti sulla utilizzazione dello stesso non sono così ampi. E' un parlare da politico consumato, ma crediamo che egli veda bene invece le distanze che tuttora sussistono e di come queste distanze persistano * tutte - anche sulla riforma pensionistica. Va a suo merito non aver rinunciato a giocare la partita e stare fermo al tavolo pronto a rilanciare.

    Ci ricordiamo, infatti, di come un presidente del Consiglio, che nel 1999 disponeva della nostra fiducia, annunciata una consistente riforma della previdenza, una volta incassato il no del sindacato, soprassedesse sui suoi intenti come se si trattasse non dei destini del paese ma di una semplice bagatella. Anche per quel suo comportamento non avemmo tante remore ad abbandonare la coalizione a cui appartenevamo e a fare scelte diverse. Siamo quindi ben felici di sostenere, per quello che possiamo, il ministro dell'Economia nei suoi intenti, indipendentemente da un giudizio complessivo sull'esecutivo e sulla maggioranza, che pure non ci persuadono affatto.

    Le pensioni sono un tema capitale e, quale sia il percorso compiuto dal governo finora, una riforma sarebbe fatto significativo di grande importanza che nessuno potrebbe permettersi di sottovalutare. E' chiaro altresì che un nuovo fallimento avrebbe conseguenze deleterie per il paese e per chi vedrebbe così sprecato vanamente il suo prestigio, la sua intelligenza e le sue energie.

    Roma, 9 maggio 2007

    tratto da http://www.pri.it

  3. #3
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    Vi sembrerà strano ma sono perfettamente d'accordo.
    Le risorse per cambiare il Paese possono venire solo da una riforma delle pensioni che tolga qualcosa ai privilegiati (me compreso) per dare ai non privilegiati (lavoratori temporanei, anziani senza reddito).
    Se non si riesce a far nulla meglio il pateracchio di Maroni

 

 

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