Originariamente Scritto da
guidulli
Il tavolo tra governo e parti sociali sulla riforma delle pensioni parte com'era prevedibile: con una distanza netta tra il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, e i sindacati. Quest'ultimi sono arrivati al tavolo, aperto mercoledì mattina a Roma, soprattutto con l'intento di eliminare gli effetti delle ultime due riforme: quella di Maroni, che prevede il celebre «scalone», ovvero l'innalzamento dell'età pensionabile a 60 anni a partire dal 2008, e quella di Dini, che a sua volta aveva introdotto la revisione dei coefficienti di trasformazione (parametri che servono a calcolare l'entità della pensione).
Invece, Padoa-Schioppa ha chiuso immediatamente i margini della trattativa. Senza accordo condiviso, ha detto il ministro, si rimane allo status quo. Ovvero resteranno scalone e revisione dei coefficienti. «La legislazione vigente depositata presso le sedi internazionali comprende le leggi Maroni e Dini - ha detto Padoa-Schioppa - la modifica di queste leggi altererebbe l'equilibrio» del sistema pensionistico. «I tempi sono molto vicini al limite, entro giugno. La conseguenza di un mancato accordo - ha aggiunto - sarebbe l'applicazione della legislazione vigente». Con lo scalone e la revisione dei coefficienti, appunto. Secondo il ministro, non si deve perdere l'occasione «formidabile di fare due cose: prevedere ammortizzatori sociali per i giovani e aumentare le pensioni minime». Particolare attenzione nel corso delle trattativa, ha confermato inoltre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta, sarà riservata a giovani e categorie più svantaggiate.
La reazione della sinistra radicale alle parole di Padoa-Schioppa non si è fatta attendere. «Il ministro ha deciso di eliminare la concertazione? Cos'altro significa altrimenti il suo attacco ai sindacati nel giorno in cui iniziano gli incontri per discutere della questione pensioni?». Così si è espresso, per esempio, il presidente del gruppo Prc al Senato, Russo Spena. «Senza contare- ha aggiunto - che i suoi convincimenti in materia non rispecchiano certo il programma dell'Unione». Rifondazione rimane contraria all'aumento dell'età pensionabile, se non su base volontaria. Come ha confermato anche Gennaro Migliore, capogruppo alla Camera di Rifondazione: «Le dichiarazioni di Padoa-Schioppa non rappresentano la posizione dell'Unione né quella del governo. Assurdo cominciare una trattativa con le parti sociali portando una posizione pericolosa per la stessa coesione del governo». Sulla stessa lunghezza d'onda i comunisti italiani, con il capogruppo alla Camera, Pino Sgobio, che definisce «non condivisibile» la posizione del ministro.
E dal fronte sindacale non mancano le stoccate all'atteggiamento ondivago del governo: «Quando il governo avrà una posizione unitaria - ha detto il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani - potrà partire la fase finale del confronto». La dichiarazione è una risposta alle dichiarazioni di Padoa-Schioppa a Repubblica. Il ministro aveva chiesto ai sindacati uno «sforzo unitario» per la trattativa sulle pensioni.
L'affondo è arrivato, comunque, da Franco Giordano. Nel pomeriggio, il segretario del Prc ha sottolineato che per avere il via libera di Rifondazione alla riforma della previdenza «bisognerà ripartire dal programma sottoscritto e condiviso da tutti gli alleati dell'Unione, alla base del mandato elettorale». E, quindi, «abbattere integralmente lo scalone introdotto dal governo delle destre». Altri due i punti sui quali Rifondazione non transige: «Non mettere mano ai coefficienti di trasformazione - ha ricordato Giordano - e garantire che qualsiasi aumento dell'età pensionabile si basi su forme di incentivo e sia del tutto facoltativo". Insomma, un muro contro muro vero e proprio tra il ministro e gli alleati di governo della sinistra radicale. Paradossale, peraltro, che in soccorso del responsabile dell'Economia, siano scesi in campo esponenti dell'opposizione. Come il leghista Roberto Calderoli («Padoa-Schioppa fa bene a tenere duro, la riforma Maroni serviva a garantire la pensione ai giovani») o Altero Matteoli (An), che ha parlato di guerriglia nel governo e nell'Unione: «Oggi abbiamo assistito all'assalto della sinistra radicale al ministro dell'Economia - ha detto - che viene bocciato, sconfessato sulle pensioni e sul tesoretto e considerato come un intruso nel governo mentre Prodi risponde col silenzio». Plauso al ministro anche da Confindustria: l'associazione degli industriali, che è intervenuta attraverso il direttore, Maurizio Beretta, «non ritiene utile mettere mano alle norme in vigore se questo significa pesare sulla finanza pubblica con maggiori risorse».
Persino un collega di governo di Padoa-Schioppa ne ha bocciato l'impostazione scelta all'apertura del confronto coi sindacati: Paolo Ferrero, ministro della Solidarietá sociale, che proprio mercoledì mattina è tornato a chiedere l'abrogazione delle legge Biagi, ricorda che «l'abolizione dello scalone era nel programma con cui ci siamo presentati agli elettori. Abbiamo fatto quello promessa anche se sapevamo che era un costo e adesso dobbiamo mettere le risorse necessarie per questa abolizione, non è una richiesta di Rifondazione, è il programma dell'Unione».
Più aperta la posizione, secondo quanto riportano fonti sindacali, del ministro del Lavoro, Cesare Damiano: l'esponente diessino si sarebbe impegnato a sostituire lo scalone con un percorso graduale («scalini») per l'innalzamento dell'età pensionabile. Mentre sui coefficienti di trasformazione, la soluzione individuata sarebbe quella di una revisione periodica, in modo da verificare i risultati sui giovani. Proprio per i contribuenti più giovani il ministro del Lavoro ha proposto tutele particolari, come la totalizzazione dei contributi e condizioni più favorevoli per il riscatto della laurea. Mano di ferro, invece, almeno a parole, per l'eliminazione di privilegi: «Anche le pensioni dei parlamentari dovranno essere riviste», ha suggerito il ministro del Lavoro. Per Damiano occorre procedere a una «revisione per tutte le categorie dei trattamenti privilegiati esistenti. In proposito, il governo non avendo come noto, la diretta possibilità di intervenire sulle pensioni dei parlamentari, si impegna a sollecitare una riflessione nelle sedi competenti al fine di adeguare i trattamenti alla regole generali del sistema pensionistico».
Anche Emma Bonino, ministro per le Politiche comunitarie, è intervenuta sulla riforma delle pensioni. Parlando a margine del forum Economia e Società in corso all'università Bocconi di Milano, il ministro ha ribadito che «non è pensabile una discriminazione normativa tra donne e uomini» per l'età pensionabile. E riguardo all'ipotesi di modifica dello scalone, il ministro ha spiegato che «anche a causa delle tendenze demografiche non è pensabile andare in pensione a 58 anni».
09 maggio 2007
Solita guerra al "tutti contro tutti" nell'unione....