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  2. #42
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  3. #43
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  4. #44
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    Predefinito Preghiera di Leone XIII, Ad te beáte Joseph - Indulgenza parziale

    Ad te beáte Joseph, in tribulatióne nostra confúgimus, atque, imploráto Sponsæ tuæ sanctíssimæ auxílio, patrocínium quoque tuum fidenter expóscimus. Per eam, quæsumus, quæ te cum immaculáta Vírgine Dei Genitríce coniúnxit, caritátem, perque patérnum, quo Púerum Iesum ampléxus es, amórem, súpplices deprecámur, ut ad hereditátem, quam Iesus Christus acquisívit Sánguine suo, benígnus respícias, ac necessitátibus nostris tua virtúte et ope succúrras. Tuére, o Custos providentíssime divínæ Famíliæ, Iesu Christi sóbolem eléctam; próhibe a nobis, amantíssime Pater, omnem errórum ac corruptelárum luem; propítius nobis, sospítator noster fortíssime, in hoc cum potestáte tenebrárum certámine e cælo adésto; et sicut olim Púerum Iesum e summo eripuísti vitre discrímine, ita nunc Ecclesiam sanctam Dei ab hostílibus insídiis atque ab omni adversitáte défende: nosque síngulos perpétuo tege patrocínio, ut ad tui exémplar et ope tua suffúlti, sancte vívere, pie émori, sempiternámque in cælis beatitúdinem ássequi possímus. Amen.

    Indulgenza di 7 anni e 7 quarantene ogni volta che si recita la detta orazione.
    (Enciclica di S. S. Leone: Quanquam pluries del 15 Agosto 1889).

  5. #45
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    Predefinito Rif: 19 marzo 2010: San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria

    Domenico Guidi, Sogno di S. Giuseppe, XVII sec., Chiesa di S. Maria della Vittoria, Roma

  6. #46
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    Predefinito Rif: 19 marzo 2010: San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria

    SABATO DELLA QUARTA SETTIMANA DI QUARESIMA



    Questo giorno è famoso fin dall'antichità sotto il nome di Sabato Sitientes, per la prima parola dell'Introito della Messa. La Chiesa, facendo sue le parole d'Isaia, invita gli aspiranti al Battesimo di venire a dissetarsi alla fonte della salute. La Stazione, a Roma, prima fu alla Basilica di S. Lorenzo fuori le Mura; ma la lontananza di questa chiesa rendeva talmente incomoda la riunione dei fedeli, che ben presto fu scelta a sostituirla la chiesa di S. Nicola in Carcere, più al centro della città.



    LEZIONE (Is 49,8-15). - Così parla il Signore: Nel tempo della grazia ti ho esaudito, nel giorno della salvezza io ti ho dato soccorso; ti ho custodito e stabilito alleanza del popolo, per ristorare la terra, per entrare in possesso delle eredità dissipate; per dire a quelli che sono in catene: Andate liberi! e a quelli che sono nelle tenebre: Venite alla luce. Pascoleranno lungo la via e avranno pascoli in tutte le pianure. Non patiranno la fame, né la sete; non li offenderà né il caldo né il sole, perché chi ne ha pietà li guiderà e li farà dissetare alle fontane di acqua. Ecco venire questi da lontano, ecco venire altri dal settentrione e dal mare, ed altri dalla parte del mezzogiorno. Cantate, o cieli; esulta, o terra; monti, erompete in gridi di gioia, perché il Signore ha consolato il suo popolo, e avrà pietà dei suoi poveri. Sion aveva detto: Il Signore mi ha abbandonato, il Signore si è dimenticato di me. Può forse una donna dimenticare il suo bambino, da non aver compassione del frutto del suo seno? quand'anche essa potesse dimenticarsene, io non potrò mai dimenticarmi, dice il Signore onnipotente.



    Tenerezza del Padre celeste.

    Come doveva suonare dolce questo linguaggio al cuore dei Catecumeni! Mai la tenerezza del Padre celeste si espresse in una maniera più commovente come in queste parole del Profeta. Egli da al Figliuolo suo incarnato, al suo Cristo, tutta quanta la terra, non per giudicarla e condannarla come merita, ma per salvarla (Gv 3,17). L'inviato divino chiama a sé tutti coloro che gemono nelle catene e languiscono fra le tenebre: li chiama alla libertà, alla luce. Sarà appagata la loro fame, ristorata la loro sete; fino a poco fa ansimanti sotto i raggi di un sole cocente, essi troveranno il più delizioso refrigerio ai margini delle acque dove li condurrà il pastore. Vengono da lontano, da tutti i punti cardinali; e questa fonte inesauribile è il punto di convergenza di tutto il genere umano. Ormai la Gentilità si chiama Sion e il Signore "ama le porte di Sion più che tutti i tabernacoli di Giacobbe" (Sal 86,2). No, non l'aveva dimenticata durante i secoli che serviva agli idoli ; la tenerezza del Signore è come quella d'una madre; che se anche le viscere d'una madre si chiudessero al proprio figliolo, il Signore assicura che le sue resteranno sempre aperte per Sion.



    Confidenza.

    Abbandonatevi dunque ad una confidenza senza limiti, voi cristiani che foste incorporati alla Chiesa per il Battesimo fino dalla vostra nascita e poi aveste la disgrazia d'offendere Dio. Se in questo momento che siete prevenuti dalla divina grazia e siete sostenuti dalle sante pratiche della Quaresima e dai suffragi della Chiesa che prega incessantemente per voi, mentre vi preparate a ritornare al Signore, s'insinua nella vostra anima qualche inquietudine, rileggete attentamente queste divine parole. Non vedete che Dio vi ha affidati al suo proprio Figliolo e lo ha incaricato di salvarvi, di guarirvi, di consolarvi? Se siete presi nei lacci del peccato, Gesù è abbastanza forte per spezzarli; se brancolate nelle tenebre di questo mondo, egli è la luce; se avete fame, egli è il Pane di Vita; se avete sete, egli è la sorgente delle acque vive. Siete bruciati e deformati dagli ardori della concupiscenza? Immergetevi nella fonte purificatrice: non è certamente quella che vi diede la prima vita da voi malauguratamente perduta; ma quell'altra fonte zampillante ch'è il divin Sacramento della riconciliazione, dalla quale le anime vostre usciranno rinnovate.



    VANGELO (Gv 8,12-20). - In quel tempo: Gesù parla alle turbe dei Giudei, dicendo: Io sono la luce del mondo: chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita. Gli dissero allora i Farisei: Se tu rendi testimonianza alla tua persona da te stesso, la tua testimonianza non è verace. Gesù replicò loro: Sebbene io renda testimonianza di me stesso, val sempre la mia testimonianza, perché so donde son venuto e dove vado; ma voi non sapete donde io venga e dove io vada. Voi giudicate secondo la carne: io non giudico nessuno; e se giudico io, il mio giudizio è vero, perché non sono solo; ma con me è il Padre che mi ha inviato. Ed anche nella vostra legge sta scritto che è valida la testimonianza di due persone. Or a rendere testimonianza di me stesso ci sono io ed il Padre che mi ha mandato. Gli dissero allora: Dov'è tuo Padre? Rispose Gesù: Non conoscete né me, né il mio Padre; se conoscereste me conoscereste anche il Padre mio. Tali parole disse Gesù nel gazofilacio, insegnando nel tempio, e nessuno lo prese, perché non era ancora giunta l'ora sua.



    Fuggire l'orgoglio.

    Quale contrasto tra il linguaggio di Dio che invita gli uomini ad accogliere il Figlio suo come un liberatore, e la durezza di cuore dei Giudei nel trattare questo inviato celeste! Gesù s'è dichiarato Figlio di Dio, ed in prova della sua divina origine, per tre anni, non ha mai cessato di compiere i più strepitosi prodigi. Molti Giudei han creduto in lui, pensando che Dio non poteva confermare l'errore coi miracoli; e la dottrina di Gesù fu da essi accolta come venuta dal cielo. Ma i Farisei hanno in odio la luce ed amano le tenebre; il loro orgoglio non si sarebbe abbassato di fronte all'evidenza dei fatti. Talvolta negavano la verità dei prodigi compiuti da Gesù, altre volte pretendevano spiegarli con un intervento diabolico; altre volte, con le loro capziose domande tentarono di creare un pretesto per tradurre il Giusto davanti ai giudici e farlo condannare come un bestemmiatore ed un violatore della legge. Oggi hanno l'audacia d'obiettare a Gesù che, dichiarandosi inviato da Dio, testimonia di se stesso. Il Salvatore, pur vedendo la perversità del loro cuore, si degna di rispondere all'empio sarcasmo; ma non da loro la soddisfazione d'una esauriente risposta. Ci si accorge che la luce a poco a poco s'allontana da Gerusalemme e sta per visitare altre regioni. Terribile abbandono dell'anima! avendo abusato della verità, per un istinto di odio l'ha respinta! È il peccato contro lo Spirito Santo, che "non sarà perdonato né in questo mondo né nell'altro", dice Gesù Cristo (Mt 12,31).



    Amare la verità.

    Beato colui che ama la verità anche se urta contro le sue inclinazioni e sconvolge le proprie idee! perché così rende onore alla sapienza di Dio; e se la verità non lo governa più in tutto, almeno non l'ha abbandonato. Ma più beato colui che, dandosi completamente alla verità, s'è messo a seguire Gesù Cristo come un suo umile discepolo! Costui, ci dice il Salvatore, "non cammina nelle tenebre, ma ha la luce della vita".

    Procuriamo dunque d'incamminarci per il fortunato sentiero che ci ha tracciato colui ch'è nostra luce e vita. Dietro i suoi passi, siamo arrampicati sull'aspra montagna della Quarantena e siamo stati testimoni del rigore del suo digiuno; ora, nei giorni che consacreremo alla sua Passione, egli c'invita a seguirlo sopra un altro monte, il Calvario, dove contempleremo i suoi dolori e la sua morte. Siamo fedeli all'appuntamento, ed otterremo "il lume di vita".



    PREGHIAMO
    O Dio, che preferisci essere misericordioso piuttosto che sdegnato con quelli che sperano in te; concedici di piangere come si deve i peccati commessi, onde meritare la grazia della tua consolazione.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 616-619

  7. #47
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    Predefinito Rif: 20 marzo 2010: Sabato della quarta settimana di Quaresima

    DOMENICA DI PASSIONE

    Oggi, se udirete la voce del Signore, non indurite i vostri cuori.

    L'insegnamento della Liturgia.

    La santa Chiesa comincia oggi il Mattutino con queste gravi parole del Re Profeta. Una volta i fedeli si facevano un dovere d'assistere all'ufficiatura notturna, per lo meno le Domeniche e le Feste, perché ci tenevano a non perdere nessun insegnamento della Liturgia. Ma dopo tanti secoli la casa di Dio non fu più frequentata con quell'assiduità che formava la gioia dei nostri padri; e un po' alla volta anche il clero cessò di celebrare pubblicamente gli uffici che non erano più seguiti. All'infuori dei Capitoli e dei Monasteri, non si sente più risuonare il coro così armonioso della lode divina, e le meraviglie della Liturgia non sonò più conosciute dal popolo cristiano che in una maniera imperfetta.

    Lamento del Signore.

    Questo è un motivo per noi di presentare all'attenzione dei lettori alcuni tratti dell'Ufficio, che altrimenti sarebbero per loro come se non esistessero. Che cosa c'è oggi di più adatto a commuoverli dell'avvertimento che la Chiesa prende da David per rivolgerlo a noi, e che ripeterà ogni mattina fino al giorno della Cena del Signore? Peccatori, ci dice, oggi che cominciate a sentire la voce gemebonda del Redentore, non siate così nemici di voi stessi da lasciare i vostri cuori nell'ostinazione. Il Figlio di Dio sta per darvi l'ultima e più viva dimostrazione di quell'amore che lo portò dal cielo sulla terra; s'avvicina la sua morte; è pronto il legno per l'immolazione del nuovo Isacco; rientrate in voi stessi e non permettete che il vostro cuore, emozionato forse per un istante, ritorni alla sua consueta durezza. Sarebbe il più grande pericolo. Questi anniversari hanno l'efficacia di rinnovare le anime, le quali cooperano con la loro fedeltà alla grazia che ricevono; ma aumentano l'insensibilità di coloro che li lasciano passare senza convertirsi. "Se oggi dunque udrete la voce del Signore non indurite i vostri cuori" (Sal 94,8).

    Ultimi giorni della vita pubblica di Gesù.

    Durante le precedenti settimane abbiamo visto crescere ogni giorno più la malizia dei nemici del Salvatore. Li irrita la sua presenza e la sua stessa vista; si ha quasi la sensazione che l'odio ch'essi comprimono nei loro cuori non aspetti che il momento per esplodere. La bontà e la dolcezza di Gesù continuano ad avvicinare a lui le anime semplici e rette; mentre l'umiltà della sua vita e l'inflessibile purezza della sua dottrina allontanano sempre più il Giudeo superbo che sogna un Messia conquistatore, ed il Fariseo che non teme di travisare la legge per farla strumento delle sue passioni. Tuttavia Gesù continua l'opera dei miracoli; i suoi discorsi sono impressi di nuova forza; con le profezie minaccia la città ed il famoso tempio del quale non rimarrà pietra su pietra. I dottori della legge, almeno, potrebbero riflettere, esaminare queste opere meravigliose che rendono testimonianza al Figlio di David, e rileggere tanti oracoli divini che si compirono in lui fino a questo momento con la massima fedeltà. Ahimé! anche questi oracoli stanno per compiersi fino all'ultimo iota. David ed Isaia non predissero un apice delle umiliazioni e dei dolori del Messia, che questi uomini accecati non s'affrettassero a realizzare.

    Ostinazione della sinagoga e del peccatore.

    In essi dunque si compì il detto: "Chi avrà sparlato contro il Figlio dell'Uomo sarà perdonato, ma chi avrà sparlato contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questa vita né in quella futura" (Mt 12, 32). La sinagoga corre verso la maledizione. Ostinata nel suo errore, non vuole ascoltare né vedere più niente; ha falsificato a suo piacimento la propria sentenza, ha spento in sé la luce dello Spirito Santo; e la vedremo scendere, di gradino in gradino, sulla china dell'aberrazione, fino all'abisso. Triste spettacolo al quale assistiamo spesso, anche ai nostri giorni, nei peccatori che, a forza di resistere alla luce di Dio, finiscono per assopirsi nelle tenebre! E non ci stupisce di ravvisare in altri uomini i tratti che osserviamo negli autori del dramma che sta per compiersi. La storia della Passione del Figlio, di Dio ci fornirà più d'una lezione sui segreti del cuore umano e delle sue passioni. Né potrebbe essere altrimenti: perché ciò che avviene a Gerusalemme si rinnova nel cuore dell'uomo peccatore. Questo cuore è un Calvario, sul quale, secondo l'espressione dell'Apostolo, Gesù Cristo è molte volte crocifisso. La stessa ingratitudine, lo stesso acciecamento, la stessa follia; con la differenza che il peccatore, quando è schiarito dai lumi della fede, sa chi mette in croce; mentre i Giudei, come dice anche San Paolo, non conoscevano come noi questo Re di gloria (1Cor 2,8) che fu confitto in croce. Seguendo perciò la narrazione dei fatti evangelici che giorno per giorno ci verranno messi sotto gli occhi, la nostra indignazione contro i Giudei si rivolga anche contro noi stessi e i nostri peccati. Piangiamo sui dolori della vittima, noi, che con le nostre colpe abbiamo reso necessario un tal sacrificio.

    Il ritiro di Gesù.

    In questo momento, tutto c'invita alla tristezza. Perfino la croce sull'altare è nascosta dietro un velo, e le immagini dei Santi sono coperte; "la Chiesa è in attesa della più grande sciagura. Non attira più la nostra attenzione sulla penitenza dell'Uomo-Dio; solo trema al pensiero dei pericoli che lo circondano. Leggeremo fra poco nel Vangelo che il Figlio di Dio stava per essere lapidato come un bestemmiatore; ma non essendo ancora giunta l'ora sua, dovette fuggire e nascondersi. Un Dio nascondersi, per evitare la collera degli uomini! Quale capovolgimento! È forse debolezza, o timore della morte? Sarebbe una bestemmia il solo pensarlo, mentre presto lo vedremo manifestarsi apertamente dinanzi ai suoi nemici. Si sottrasse in quel momento alla rabbia dei Giudei, perché non s'era ancora adempiuto in lui tutto ciò ch'era stato predetto. Del resto, non è sotto una pioggia di pietre ch'egli dovrà spirare, ma sull'albero della maledizione, che d'ora in poi diventerà l'albero della vita.

    Adamo e Gesù.

    Umiliamoci nel vedere il Creatore del cielo e della terra sottrarsi alla vista degli uomini per non incorrere nella loro rabbia. Pensiamo al giorno del primo peccato, quando Adamo ed Eva colpevoli pure si nascosero nel vedersi nudi. Gesù è venuto per garantire loro il perdono; ed ecco che anche lui si nasconde, non perché sia nudo, Lui che per i Santi è la veste della santità e dell'immortalità, ma perché s'è fatto debole, per dare a noi la forza. I nostri progenitori si sottrassero agli sguardi di Dio; Gesù si nasconde agli occhi degli uomini; ma non sarà sempre così. Verrà il giorno in cui i peccatori, nel vedere chi oggi sembra fuggire, rivolgeranno le loro implorazioni alle rocce e alle montagne e le supplicheranno di cadere sopra di loro per scomparire dalla sua vista; ma questa loro brama rimarrà sterile, e loro malgrado "vedranno il Figlio dell'uomo venir sulle nubi del cielo con gran potenza e gloria" (Mt 24,30).

    Questa Domenica è chiamata Domenica di Passione, perché oggi la Chiesa comincia ad occuparsi espressamente dei patimenti del Redentore. È detta anche Domenica Judica, dalla prima parola dell'Introito della Messa; e infine della Neomenia, cioè della nuova luna, perché la Pasqua cade sempre dopo la luna nuova, la quale serve a fissare tale festa.

    Nella Chiesa greca questa Domenica non ha altro nome che quello di Quinta Domenica dei santi digiuni.

    La Stazione, a Roma, è nella Basilica di S. Pietro. L'importanza di tale Domenica, che non cedeva a nessuna festa, per quanto solenne, esigeva che la funzione avesse luogo nel più augusto tempio della città eterna.

    MESSA

    EPISTOLA (Ebr 9,11-15). Fratelli; Cristo venuto come pontefice dei beni futuri, attraversando un tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto da mano d'uomo, cioè non di questa creazione, non col sangue dei capri e dei vitelli, ma col proprio sangue entrò una volta per sempre nel Santuario, dopo aver ottenuta la redenzione eterna. Or se il sangue dei capri e dei tori e la cenere di vacca, aspergendo gl'immondi, li santifica quanto alla purità della carne, quanto più il sangue di Cristo che per lo Spirito Santo ha offerto se stesso immacolato a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, per servire a Dio vivo? E per questo Egli è mediatore d'una nuova alleanza, affinché, interposta la sua morte per redimere le prevaricazioni avvenute sotto la prima alleanza, i chiamati ricevano la promessa dell'eterna eredità di Gesù Cristo nostro Signore.

    La salvezza nel sangue d'un Dio.

    Solo col sangue l'uomo può essere riscattato. La divina maestà offesa non si placherà che per lo sterminio della creatura ribelle, il cui sangue sparso sulla terra con la propria vita renderà testimonianza del suo pentimento della sua profonda umiliazione dinanzi a colui contro il quale s'è ribellata. Altrimenti la giustizia di Dio dovrà essere compensata con l'eterno supplizio del peccatore. Tutti i popoli lo hanno compreso, dal sangue degli agnelli di Abele fino a quello che colava a fiotti nelle ecatombi della Grecia e nelle innumerevoli immolazioni con le quali Salomone inaugurò la dedicazione del suo tempio. Nondimeno Dio disse: "Ascolta, o popolo mio, che vò, parlarti, o Israele, che ti ho da avvertire: Io sono Dio, il tuo Dio. Non ti rimprovererò per i tuoi sacrifici: i tuoi olocausti mi stan sempre davanti. Non ho bisogno di prendere i vitelli della tua casa, né dal tuo gregge i capri, perché mie son le fiere dei boschi, il bestiame che pascola sui monti e i bovi. Conosco tutti gli uccelli dell'aria, e la bellezza dei campi è la mia disposizione. Dato che avessi fame, non verrei a dirlo a te, perché mio è l'universo e tutto ciò che contiene. Mangerò forse carni di tori e berrò sangue di capri?" (Sal 49,7-13). Così Dio ordina sacrifici cruenti, ma dichiara che non sono niente ai suoi occhi. Vi è forse una contraddizione? No: Dio vuole che l'uomo comprenda che non può essere riscattato che col sangue, e che nello stesso tempo il sangue degli animali è troppo grossolano per operare un tale riscatto. Sarà allora il sangue dell'uomo a placare la divina giustizia? Non basta: perché il sangue dell'uomo è impuro e macchiato; ed anche se fosse puro, sarebbe impotente a risarcire l'oltraggio fatto a un Dio. Occorre il sangue d'un Dio; e Gesù viene a spargere il suo.

    In lui sta per realizzarsi la più grande figura dell'antica legge. Una volta l'anno, infatti, il pontefice entrava nel Santo dei Santi ad intercedere per il popolo. Penetrava oltre il velo, e si trovava al cospetto dell'Arca santa; ma gli era concesso tale favore solo a condizione d'entrare in quel sacro asilo recando fra le mani il sangue della vittima da lui immolata. In questi giorni il Figlio di Dio, il Pontefice per eccellenza, sta per fare ingresso in cielo, e noi pure vi entreremo dietro a lui; ma per far questo dovrà presentarsi col sangue nelle mani, e questo sangue non può essere che il suo. Così lo vedremo adempiere questa divina volontà. Apriamo dunque le nostre anime, affinché questo sangue, come ci ha detto l'Apostolo, "purifichi la nostra coscienza dalle opere di morte, per servire a Dio vivo".

    VANGELO (Gv 8,46-59). In quel tempo: Gesù diceva alla turba dei Giudei: Chi di voi mi potrà convincere di peccato? Se io dico la verità perché non mi credete? Chi è da Dio, ascolta le parole di Dio. Per questo voi non le ascoltate, perché non siete da Dio. Replicarono i Giudei: Non diciamo con ragione che tu sei un Samaritano e indemoniato? Gesù rispose: Io non sono indemoniato, ma onoro il Padre mio e voi mi vituperate. Ma io non cerco la mia gloria, c'è chi ne prende cura e ne giudica. In verità, vi dico: chi osserva i miei comandamenti non vedrà morte in eterno. Gli dissero allora i Giudei: Ora vediamo bene che tu sei posseduto da un demonio. Abramo è morto, così pure tutti i profeti e tu dici: Chi osserva i miei comandamenti non vedrà morte in eterno. Sei forse tu da più del padre nostro Abramo, il quale è morto? Ed anche i Profeti sono morti. Chi credi mai tu di essere? Gesù rispose: Se io glorifico me stesso, la mia gloria è nulla: vi è a glorificarmi il Padre mio, il quale voi dite che è il vostro Dio; ma non lo avete conosciuto. Io sì che lo conosco, e se dicessi che non lo conosco, sarei, come voi, bugiardo. Ma io lo conosco ed osservo le sue parole. Abramo, vostro padre, sospirò di vedere il mio giorno: lo vide e ne tripudiò. Gli opposero i Giudei: Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo? Gesù rispose loro: In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse nato, io sono. Dettero allora di piglio alle pietre per tirarle contro di lui, ma Gesù si nascose, ed uscì dal tempio.

    Indurimento dei Giudei.

    Come si vede, la rabbia dei Giudei è giunta al colmo, e Gesù è costretto a dileguarsi davanti a loro. Fra poco lo faranno morire; ma come è differente la loro sorte dalla sua! Per obbedienza ai decreti del Padre celeste, e per amore degli uomini, egli si darà nelle loro mani, ed essi lo metteranno a morte; ma uscirà vittorioso dalla tomba, salirà al cielo e andrà a sedersi alla destra del Padre. Essi invece, sfogata la loro rabbia, s'addormenteranno senza rimorso fino al terribile risveglio che sarà loro preparato. Naturalmente è fatale la condanna di questi uomini. Guardate con quale severità parla loro Gesù: "Voi non ascoltate la parola di Dio, perché non siete da Dio". Ma vi fu un tempo ch'essi erano da Dio: perché il Signore dà a tutti la sua grazia; ma essi frustrarono questa grazia, ed ora si agitano fra le tenebre, e non vedranno più la luce che hanno disprezzata.

    "Voi dite che il Padre è vostro Dio; ma non lo avete conosciuto". Misconoscendo il Messia, la sinagoga è arrivata al punto di non conoscere più lo stesso Dio unico e sovrano, del cui culto andava così fiera; se infatti conoscesse il Padre, non rigetterebbe il Figlio. Mosè, i Salmi, i Profeti sono per lei lettera morta; perciò questi libri divini passeranno presto nelle mani d'altri popoli, che sapranno leggerli e comprenderli. "Se dicessi di non conoscere il Padre, sarei, come voi, bugiardo". Nella durezza del linguaggio di Gesù s'intravide già l'ira del giudice che verrà nell'ultimo giorno a fracassare a terra la testa dei peccatori. Gerusalemme non ha conosciuto il tempo della sua visita; il Figlio di Dio è venuto da lei, ed essa osa dirlo "posseduto dal demonio". Rinfaccia al Figlio di Dio, al Verbo eterno che dimostra la sua origine divina coi più strepitosi miracoli, che Abramo ed i Profeti sono da più di lui. Incredibile accecamento che proviene dalla superbia e dalla durezza del cuore! Venuta la Pasqua, questi uomini mangeranno religiosamente l'agnello figurativo; e sanno che quest'agnello è simbolo che si deve realizzare. Il vero agnello sarà immolato proprio dalle loro mani sacrileghe, e non lo riconosceranno; il sangue sparso per loro perciò non li salverà. La loro sventura ci porta col pensiero a tanti peccatori induriti, per i quali la Pasqua di quest'anno sarà sterile di conversione come quella degli anni precedenti. Raddoppiarne le nostre preghiere per loro e domandiamo che il sangue divino ch'essi mettono sotto i piedi non gridi un giorno contro di loro dinanzi al trono del Padre celeste.

    PREGHIAMO

    Riguarda propizio, o Dio onnipotente, la tua famiglia; affinché sia sostenuta nel corpo per tua bontà e sia custodita nell'anima per la tua grazia.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 638-644

  8. #48
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    Predefinito Rif: 20 marzo 2010: Sabato della quarta settimana di Quaresima

    21 MARZO

    SAN BENEDETTO, ABATE



    Erano appena passati quaranta giorni da quando santa Scolastica volò nel più alto cielo, che Benedetto suo fratello saliva anche lui, per un luminoso cammino, al soggiorno che doveva riunirli per sempre. Il transito dell'uno e dell'altra alla patria celeste avvenne nel periodo che corrisponde, press'a poco ogni anno, al tempo di Quaresima; ma, mentre spesso capita che la festa della vergine Scolastica è già stata celebrata, quando comincia il corso della santa Quarantena, la solennità di Benedetto cade sempre nei giorni dedicati alla penitenza quaresimale. Il Signore, ch'è il maestro dei tempi, ha così voluto che i fedeli, durante gli esercizi della loro penitenza, avessero ogni anno sott'occhio un modello ed intercessore.



    Il Santo.

    Con quale profonda venerazione dobbiamo oggi avvicinarci a quest'uomo, del quale san Gregorio disse "che fu riempito dello spirito di tutti i giusti!" Se noi consideriamo le sue virtù, lo vediamo emulare tutto ciò che gli Annali della Chiesa ci mostrano di più santo: infatti la carità di Dio e del prossimo, l'umiltà, il dono della preghiera, il dominio su tutte le passioni ne fanno un capolavoro della grazia dello Spirito Santo. Segni prodigiosi infiorano l'intera sua vita: guarigioni dalle umane infermità, potere su tutte le forze della natura, impero sui demoni e persino la risurrezione dei morti. Lo Spirito profetico gli svela tutto l'avvenire, ed i pensieri più reconditi degli uomini nulla hanno da nascondere agli occhi del suo spirito. Ne vediamo l'impronta soprannaturale anche nella dolce maestà, nella serena gravità, in una carità compassionevole, che risplendono in ogni pagina della sua vita scritta da uno dei suoi discepoli il Papa san Gregorio Magno, che volle tramandare ai posteri tutto ciò che Dio si degnò profondere nel suo servo san Benedetto.



    Il Padre dell'Europa.

    I posteri infatti avevano il diritto di conoscere la storia e le virtù d'uno degli uomini, la cui influenza sulla Chiesa e sulla società fu una delle più salutari nel corso dei secoli. Per narrare le gesta di Benedetto bisognerebbe sfogliare gli annali di tutti i popoli dell'Occidente, dal VI secolo fino all'età moderna. Benedetto è il padre di tutta l'Europa; fu lui che, per mezzo dei suoi figli, numerosi come le stelle del cielo e l'arena del mare, rialzò i resti della società romana schiacciata dall'invasione dei barbari; presiedette al restauro del diritto pubblico e privato delle nazioni che rinacquero dopo la conquista; portò il Vangelo e la civiltà nell'Inghilterra, nella Germania, nei paesi nordici e persino fra i popoli slavi; avviò l'agricoltura, abbatté lo schiavismo, salvò il tesoro delle lettere e delle arti dal naufragio che le doveva inghiottire irrimediabilmente ed abbandonare l'umanità in preda alle tenebre.



    La sua Regola.

    Tutte meraviglie che Benedetto operò per mezzo della sua Regola. Questo codice meraviglioso di perfezione cristiana e di moderazione disciplinò legioni di monaci, tramite i quali il santo Patriarca compì tutti quei prodigi che abbiamo enumerati. Prima della promulgazione di questo libretto, l'elemento monastico, in Occidente, serviva solo alla santificazione di poche anime; chi poteva immaginarsi che sarebbe diventato il principale strumento della rinascita cristiana e della civiltà di tanti popoli? Pubblicata tale Regola, tutte le altre a poco a poco scomparvero davanti a lei, come le stelle che impallidiscono in cielo all'apparir del sole. L'Occidente rigurgita di monasteri, e di lì si diffondono per tutta l'Europa tutti quegli aiuti che ne fanno la parte più eletta del globo.



    La sua posterità.

    Una schiera immensa di santi e di sante, che riconoscono in Benedetto il loro padre, purifica e santifica la società ancora semi*selvaggia; una lunga teoria di sommi Pontefici, forgiati nei chiostri benedettini, regge le sorti del mondo rinnovato e gli moltiplica le istituzioni fondate unicamente sulla legge morale e destinate a neutralizzare la forza bruta, che senza di quelle avrebbe potuto prevalere; innumerevoli vescovi, educati alla scuola di Benedetto, introducono nelle province e nei paesi queste salutari prescrizioni; Apostoli di venti barbare nazioni affrontano popoli rozzi e feroci, portando in una mano il Vangelo e nell'altra la Regola del loro padre; per molti secoli, i sapienti, i dottori, gli educatori dell'infanzia appartengono quasi esclusivamente alla famiglia del grande Patriarca che, per mezzo loro, diffonde sulle generazioni una purissima luce. Quale eletta schiera intorno ad un sol uomo! Quale esercito di eroi di tutte le virtù, di Pontefici, d'Apostoli, di Dottori, che si proclamano suoi discepoli, e che oggi, si uniscono alla Chiesa tutta per dar gloria al sommo Signore, che con tanto splendore di santità e di potenza rifulse nella vita e nelle opere di Benedetto!



    VITA. - San Benedetto nacque a Norcia, verso l'anno 480. Ancor giovane, abbandonò il mondo e gli studi, vivendo per molti anni nel romitaggio di Subiaco. La fama della santità gli procurò innumerevoli discepoli, per i quali costruì diversi monasteri. Gli ultimi suoi anni li trascorse in quello di Monte Cassino, ove scrisse una Regola subito universalmente adottata dai monaci d'Occidente. Celebre per i miracoli, per il dono della profezia ed una mirabile sapienza, s'addormentò nel Signore verso il 547. La sua vita fu scritta da san Gregorio Magno. Dal 703 il suo corpo riposa nella chiesa di Fleury-sur-Loire, presso Orléans.



    Lode.

    Ti salutiamo con amore, o Benedetto! Qual dei mortali fu destinato ad operare sulla terra le meraviglie che tu compisti? Gesù Cristo ti ha incoronato come uno dei suoi principali cooperatori nell'opera salvifica e santificatrice degli uomini. Chi potrebbe enumerare le migliaia d'anime che devono a te la loro beatitudine, o perché santificati nel chiostro dalla tua Regola, o perché trovarono nello zelo dei tuoi figli il mezzo per conoscere e servire il Signore che ti prescelse? Attorno a te, nello splendore della gloria, una schiera immensa di beati, dopo Dio, è a te che si riconoscono debitori della loro eterna felicità; e sulla terra sono intere nazioni che professano la vera fede perché evangelizzate dai tuoi discepoli.



    Preghiera per l'Europa...

    O Padre di tanti popoli, rivolgi lo sguardo sulla tua eredità e degnati di benedire ancora questa ingrata Europa che ti deve tutto e ha quasi dimenticato il tuo nome. La luce portata dai tuoi figli è impallidita; l'ardore col quale vivificarono le società da essi fondate e civilizzate con la Croce, s'è quasi estinto; triboli coprono gran parte il suolo nel quale gettarono il seme della salvezza: soccorri l'opera tua e con le tue preghiere mantieni in vita ciò che sta per morire. Consolida ciò che è stato squassato e fa' che una nuova Europa cattolica presto s'innalzi in luogo di quella creata dalle eresie e da tutte le false dottrine.



    ... per l'Ordine.

    O Patriarca dei Servi di Dio, dall'alto del cielo guarda la Vigna piantata dalle tue mani, e vedi in quale stato di deperimento è caduta. Un tempo, in questo giorno, il tuo nome era lodato come quello di un Padre in trenta mila monasteri, dalle coste del Baltico alle rive della Siria, dalla verde Erin alle steppe della Polonia: adesso non risuonano più che radi e flebili concerti, che salgono a te dal seno dell'immenso patrimonio che la fede e la gratitudine dei popoli ti aveva consacrato. Il vento bruciante dell'eresia ha divorato parte della tua messe, il resto è stato divorato dalla cupidigia, e da alcuni secoli a questa parte non hanno mai cessato le spoliazioni, o perché hanno avuto un'alleata nella politica, o perché han fatto ricorso alla aperta violenza. Tu, o Benedetto, sei stato detronizzato da parecchi santuari che per tanto tempo furono il principale focolare di vita e di luce per i popoli; ed ora la progenie dei tuoi figli s'è quasi spenta. Veglia, o Padre, sui tuoi ultimi rampolli. Secondo un'antica tradizione, un giorno il Signore ti rivelò che la tua figliolanza doveva perdurare sino agli ultimi giorni del mondo, che i tuoi figli si sarebbero battuti per il trionfo della santa Romana Chiesa e che, nelle estreme lotte della Chiesa, essi avrebbero confermata in molti la fede; degnati col tuo potente braccio proteggere i superstiti della famiglia che ti chiamano ancora Padre. Risollevala, moltiplicala, santificala, e fa' fiorire in essa lo spirito che hai impresso nella santa Regola, mostrando col tuo intervento che sei pur sempre il benedetto del Signore.



    ... per la Chiesa.

    Sostieni la santa madre Chiesa, o Benedetto, con la tua potente intercessione! Assisti la Sede Apostolica, tante volte occupata da figli tuoi. O padre di tanti Pastori di popoli, concedici Vescovi simili a quelli che la tua Regola ha formati; o Padre di tanti Apostoli, ottieni ai paesi infedeli inviati evangelici che trionfino con la parola e col sangue, come quelli che già uscirono dai tuoi chiostri. Padre di tanti Dottori, prega, affinché la scienza delle sacre Lettere rinasca per sovvenire alla Chiesa e confondere l'errore. Padre di tanti Asceti, rinfervora lo zelo della cristiana perfezione, che sta languendo nelle moderne cristianità. Patriarca della Religione in Occidente, vivifica tutti gli Ordini Religiosi che lo Spirito Santo continuò a dare alla Chiesa. Tutti guardano a te con rispetto, come al loro venerabile antenato: spandi dunque su tutti loro l'influsso della tua paterna carità.



    ... per tutti i fedeli.

    Finalmente, o Benedetto, amico di Dio, prega per i fedeli di Cristo, in questi giorni votati ai sentimenti e alle opere di penitenza. Incoraggiali coi tuoi esempi ed i tuoi precetti; fa' ch'essi da te apprendano a vincere la carne e a sottometterla allo spirito, a cercare come te il ritiro, per meditarvi l'eternità, e a distaccare il cuore e la mente dalle gioie passeggere del mondo. La pietà cattolica t'invoca come uno dei patroni e dei modelli del cristiano morente, ricordandosi dello spettacolo che offristi, quando, ritto ai piedi dell'altare, sostenuto dalle braccia dei tuoi discepoli, coi piedi appena appoggiati alla terra, rendesti l'anima al Creatore, rassegnata e confidente. Ottieni anche a noi, o Benedetto, una morte tranquilla come la tua, allontanando in quel supremo istante tutte le insidie del nemico, visitandoci con la tua presenza e non lasciandoci sin che non abbiamo esalato lo spirito in seno a quel Dio che ti ha incoronato.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 868-872

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    Predefinito Rif: 21 marzo 2010: Domenica di Passione - San Benedetto abate

    LUNEDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE

    La Stazione è a Roma, nella chiesa di S. Crisogono, il "titulus Chrysogoni" del 499, dove molto per tempo si venerò il Martire omonimo d'Aquileia, vittima della persecuzione di Diocleziano, nel 303. Il suo nome è inserito nel Canone della Messa.

    EPISTOLA (Gn 3,1-10). - In quei giorni: Il Signore parlò di nuovo a Giona profeta e gli disse: Alzati e recati di nuovo a Ninive, la grande città; e nella medesima predica tutto quello che ti dico io: Giona si mosse e andò a Ninive, secondo l'ordine del Signore. Or Ninive era una città grande, di tre giorni di cammino. Giona cominciò a penetrare in città, camminando per una giornata, e si mise a gridare e a dire: Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta. I Niniviti credettero a Dio, e ordinarono il digiuno, e si vestirono di sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la cosa al re di Ninive, egli s'alzò dal suo trono, depose le sue vesti, indossò il sacco e si gettò sulla cenere. E fu pubblicato e posto in Ninive quest'ordine fatto dal re e dai suoi principi: Uomini e bestie, bovi e pecore, non tocchino niente, non vadano al pascolo, non bevano acqua. Si copran di sacco gli uomini e gli animali, e gridino con tutta forza al Signore; si converta ciascuno dalla sua cattiva vita e dalle sue opere malvagie. Chi sa che Dio non muti sentenza e ci perdoni; e, cessata l'ira sua furibonda, non ci faccia più perire? E Dio notò tutto quello che facevano, e come s'erano convertiti dalla loro cattiva vita; e il Signore Dio nostro ebbe compassione del suo popolo.

    Penitenza di Ninive.

    La santa Chiesa ci mostra oggi questo fatto per rianimarci di zelo nella via della penitenza. Una città data all'idolatria, una capitale superba e voluttuosa ha meritato il castigo della collera celeste. Dio sta per travolgerla sotto i colpi della sua vendetta; ancora quaranta giorni, e Ninive crollerà sui suoi abitanti. Ma che cosa è sopravvenuto? La minaccia del Signore non s'è più adempiuta, e Ninive è stata risparmiata. Un popolo infedele s'è ricordato di Dio, dopo averlo dimenticato; ha gridato al Signore, s'è umiliato, ha digiunato; e la Chiesa conchiude la narrazione del Profeta con le parole: "Ed il Signore Dio nostro ebbe compassione del suo popolo". Un popolo pagano era divenuto popolo del Signore, perché aveva sentito la voce del Profeta ed aveva fatto penitenza; Il Signore aveva stretto alleanza con una sola nazione; ma non disdegnava gli omaggi delle altre, che rinunciando ai loro idoli, confessavano il suo santo nome e dichiaravano di volerlo servire. Noi qui costatiamo l'efficacia della penitenza del corpo unite a quella del cuore capace di piegare lo sdegno celeste: quanto dobbiamo dunque apprezzare le pratiche che impone in questi giorni la Chiesa, e come dobbiamo riformare la falsa idea d'una spiritualità razionalista e rilassata che potrebbe essersi infiltrata in noi!

    Lezione di confidenza.

    Questa lettura era nello stesso tempo un motivo di speranza e di fiducia per i Catecumeni, prossimi all'iniziazione. Essi v'imparavano a conoscere la misericordia del Dio dei cristiani, le cui minacce sono così terribili, ma che non sa resistere al pentimento d'un cuore che rinuncia al peccato. Venuti dal paganesimo, da questa Ninive profana, imparavano da questo fatto che il Signore, anche prima d'inviare il suo Figliolo in questo mondo, voleva che tutti gli uomini fossero suo popolo; e pensando alle difficoltà che avevano dovuto vincere i loro padri per accogliere la grazia offerta loro, e perseverare in essa, benedicevano il Dio Salvatore, il quale, con la sua incarnazione, il suo sacrificio, i suoi Sacramenti e la sua Chiesa, ci ha messo così a portata di mano la salute, di cui egli è l'unica sorgente, sia per il mondo antico che per il nuovo. Anche i pubblici Penitenti attingevano da questa lettura un nuovo incoraggiamento a sperare nel perdono. Dio ebbe misericordia di Ninive, città peccatrice e condannata; si degnerà dunque gradire anche la loro penitenza, ed arresterà, in loro favore, il braccio della sua giustizia.

    VANGELO (Gv 7,32-39). - In quel tempo: I prìncipi e i farisei mandarono delle guardie a prendere Gesù. Allora Gesù disse loro: Ancora per poco tempo sono con voi, e vado da chi mi ha mandato. Mi cercherete e non mi troverete; e dove io sono non potete venire. Dicevano perciò tra di loro i Giudei: Dove mai andrà, che noi non lo troveremo? Andrà forse ai dispersi tra le nazioni, ad insegnare ai pagani? Che significa questo suo dire: Voi mi cercherete e non mi troverete e dove son io non potete venire? Poi nell'ultimo gran giorno della festa, Gesù, levatesi in piedi, disse ad alta voce: Chi ha sete venga a me e beva. Dal seno di chi crede in me, come dice la Scrittura, scaturiranno fiumi d'acqua viva. Diceva questo dello Spirito, che dovevano ricevere coloro che avrebbero creduto in lui.

    Timore dell'indurimento.

    I nemici del Salvatore non s'accontentarono di lanciar pietre contro di lui; oggi vogliono sottrargli la libertà, e mandano soldati ad impadronirsi di lui. In questa circostanza Gesù non crede opportuno fuggire; ma quale terribile parola pronuncia al loro indirizzo! "Vado da chi mi ha mandato; mi cercherete e non mi troverete, e dove io sono non potete venire". Dunque il peccatore che per tanto tempo ha abusato della grazia, può, in punizione della sua ingratitudine e del suo disprezzo, non ritrovare più il Salvatore, dal quale ha voluto distaccarsi. Umiliato dalla mano di Dio, Antioco pregò; ma non fu esaudito. Dopo la morte e la risurrezione di Gesù, mentre la Chiesa gettava le sue radici nel mondo; i Giudei crocifissori del Cristo andavano a cercare il Messia in tutti gl'impostori che allora si levavano nella Giudea causando le sommosse che portarono Gerusalemme alla rovina. Assediati d'ogni parte dalla spada dei Romani e dalle fiamme dell'incendio che divorava il tempio e le case, essi gridavano verso il cielo, supplicando il Dio dei loro padri a mandare, secondo la sua promessa, l'atteso liberatore; e neppure immaginavano che questo liberatore s'era già mostrato ai loro padri, anzi a molti di loro, che l'avevano ucciso, e che gli Apostoli avevano già portato il suo nome agli ultimi confini della terra. Attesero ancora, fino al momento in cui la città deicida s'abbatté su quelli che non furono passati dalla spada del vincitore; gli altri che sopravvissero furono condotti a Roma per ornare il trionfo di Tito. Se si fosse loro chiesto chi aspettavano, certamente avrebbero risposto che aspettavano il Messia. Vana attesa: il momento era passato. Temiamo che la minaccia del Salvatore non si compia in molti di coloro che lasceranno ancora passare la Pasqua senza convertirsi al Dio di misericordia; e preghiamo, intercediamo, affinché non cadano in mano alla giustizia, che non riuscirebbe più a piegare un loro tardivo ed assai imperfetto pentimento.

    L'acqua viva.

    Proseguendo nella narrazione evangelica, ci vengono suggeriti pensieri più confortanti. Anime fedeli ed anime penitenti, ascoltate; è a voi che parla Gesù: "Chi ha sete venga a me e beva". Ricordate la preghiera della povera Samaritana? "Signore, diceva, dammi sempre di quest'acqua". Quest'acqua è la grazia divina: attingete abbondantemente alle fonti del Salvatore predette dal Profeta (Is 12,3). Quest'acqua restituisce la purezza all'anima contaminata, la forza dell'anima debole, l'amore a chi si sente tiepido. Anzi il Salvatore aggiunge: "Dal seno di chi crede in me scaturiranno fiumi d'acqua viva", perché discenderà lo Spirito Santo, nel fedele, il quale potrà riversare sugli altri la grazia che ha ricevuto nella sua pienezza. Con quale santa gioia il Catecumeno sentiva leggere queste parole che gli promettevano che avrebbe potuto dissetarsi alla divina fonte! Il Salvatore ha voluto essere tutto per l'uomo rigenerato: la Luce che rischiara le sue tenebre, il Pane che lo nutre, la Vigna che gli offre il ceppo della vite, infine l'Acqua zampillante che ristora i suoi ardori.

    PREGHIAMO

    Concedi, o Signore, al tuo popolo la salute dell'anima e del corpo; affinché perseverando nelle buone opere, meriti di essere sempre difeso dalla tua protezione.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 644-647

 

 
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