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Discussione: Elogio del suicidio

  1. #1
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    Lightbulb Elogio del suicidio

    Elogio del suicidio
    Il riscatto della vita
    domenica 2 luglio 2006, di Alberto Giovanni Biuso

    Quando qualcuno decide oggi di porre fine ai propri giorni, le reazioni quasi ovvie vanno dallo sconcerto al fastidio, dalla pietà a un chiaro giudizio di patologia -“poverino; depresso; doveva avere molti e seri problemi”.

    Quanto lontani siamo da una civiltà come quella romana, nella quale il porre fine alla vita era giudicato un atto di forza e di grande dignità umana, tanto che Plinio arriva persino a compiangere la divinità poiché essa non può uccidersi.

    Quanto disperati e incapaci di riflettere sono gli umani che da un lato stanno sempre a lamentarsi degli innumerevoli problemi e sofferenze che l’esistere comporta e poi rimangono increduli e impauriti di fronte a coloro che ne traggono le logiche e pratiche conseguenze.

    Il suicidio è in realtà un’espressione della vita che sa porre un limite alla propria decadenza, che è capace di sconfiggere persino la sofferenza quando essa diventa inguaribile.

    Un antico saggio, Teognide, scrisse che «non nascere è per gli uomini la miglior cosa / né vedere i raggi acuti del sole / ma una volta che siamo nati varcare al più presto le porte dell’Ade / e giacere sotto un tumulo alto» (Elegie, vv. 425-428, trad. di F.Ferrari, Rizzoli 2000). E difficilmente si può negare l’evidenza del fatto «che nessuno è felice fra tutti gli uomini che il sole contempla» (Ivi, vv. 167-168).

    Nietzsche riprende da par suo tale saggezza nella risposta che Sileno dà alla insistita richiesta del tracotante Mida, che voleva sapere quale sia per gli umani la cosa migliore: «il meglio è per te assolutamente inaccessibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa migliore, dopo di questa, per te è - morire subito». (La nascita della tragedia, Adelphi 1972, pag. 31). Cioran non può che ripetere la formula di Sileno: «Non nascere è indubbiamente la migliore formula che esista. Non è purtroppo alla portata di nessuno» (L’inconveniente di essere nati, Adelphi 1991, pag. 187).

    Persino un libro biblico, il Qohélet sa che felice è chi «ancora non è stato» (4.3) o d’essere ha cessato (7.1). Ma come i Greci apollinei e solari, anche Qohélet sa trovare «una dolcezza nella luce» (11.7) e dal suo Canto si esce con la sensazione che l’infelicità sia un diritto dell’uomo ma la felicità sia il suo dovere (Qohélet, trad. di G.Ceronetti, Einaudi 1988).

    Guardiamo quindi la realtà senza infingimenti. L’uomo non è soltanto avvolto dalla notte della morte e del nulla. Egli stesso è questa notte. Il nostro corpo può essere mirabile e insieme disgustoso, desiderato e repellente. La menzogna empirica, ideologica, usuale intesse di sé i nostri giorni. Le molteplici forme del conflitto, il nascosto inganno delle maggioranze, la pericolosa ma inavvertita potenza delle parole che devastano i sentimenti e creano mondi, il dominio planetario di immagini menzognere, la gratuita crudeltà verso gli altri animali, il tentativo reciproco, continuo e infaticabile di ingannarci in ogni istante, l’istinto omicida e l’impotenza speculativa delle masse...sono solo alcune delle forme esistenziali e politiche in cui s’esprime il quotidiano sforzo di sopravvivere.

    E si vive tutti dentro l’invincibile muraglia della necessità. La morale è una grande fatica «per non essere semplicemente, profondamente se stessi, cioè immondi, atroci, assurdi» (Céline, Viaggio al termine della Notte, Corbaccio 1995, pag. 459). L’urgenza della felicità è per noi una sorta di istinto, che rende assai raro un vero, integrale, dolore anche se la pena non ci lascia mai. In ogni caso, è da soli che si muore perché la morte è inseparabile dal nostro essere, è l’altro nome dell’individualità, è la prima sostanza e l’ultimo apprendimento.

    L’elogio più bello del suicidio è forse quello scritto da Fabrizio De Andrè in Preghiera in gennaio, nella quale il protagonista Luigi Tenco «ai suicidi dirà baciandoli alla fronte: “venite in paradiso là dove vado anch’io perché non c’è l’inferno nel mondo del buon Dio”». De Andrè difende la memoria e il senso di quei «morti per oltraggio che al cielo ed alla terra mostrarono il coraggio. Signori benpensanti spero non vi dispiaccia se in cielo, in mezzo ai santi, Dio fra le sue braccia soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte».
    L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio

  2. #2
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    Predefinito Re: Elogio del suicidio

    Va bene, hai ragione,
    se ti vuoi ammazzare.
    Vivere è un offesa
    che desta indignazione...
    Ma per ora rimanda...
    E' solo un breve invito, rinvialo.

    Va bene, hai ragione,
    se ti vuoi sparare.
    Un giorno lo farai
    con determinazione.
    Ma per ora rimanda...
    E' solo un breve invito, rinvialo.

    Questa parvenza di vita
    ha reso antiquato il suicidio.
    Questa parvenza di vita, signore,
    non lo merita...
    solo una migliore.

    (Manlio Sgalambro, Breve invito a rinviare il suicidio)

  3. #3
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    Predefinito Re: Elogio del suicidio

    Citazione Originariamente Scritto da Lord Mocamb Visualizza Messaggio
    Elogio del suicidio
    Il riscatto della vita
    domenica 2 luglio 2006, di Alberto Giovanni Biuso

    Quando qualcuno decide oggi di porre fine ai propri giorni, le reazioni quasi ovvie vanno dallo sconcerto al fastidio, dalla pietà a un chiaro giudizio di patologia -“poverino; depresso; doveva avere molti e seri problemi”.

    Quanto lontani siamo da una civiltà come quella romana, nella quale il porre fine alla vita era giudicato un atto di forza e di grande dignità umana, tanto che Plinio arriva persino a compiangere la divinità poiché essa non può uccidersi.

    Quanto disperati e incapaci di riflettere sono gli umani che da un lato stanno sempre a lamentarsi degli innumerevoli problemi e sofferenze che l’esistere comporta e poi rimangono increduli e impauriti di fronte a coloro che ne traggono le logiche e pratiche conseguenze.

    Il suicidio è in realtà un’espressione della vita che sa porre un limite alla propria decadenza, che è capace di sconfiggere persino la sofferenza quando essa diventa inguaribile.

    Un antico saggio, Teognide, scrisse che «non nascere è per gli uomini la miglior cosa / né vedere i raggi acuti del sole / ma una volta che siamo nati varcare al più presto le porte dell’Ade / e giacere sotto un tumulo alto» (Elegie, vv. 425-428, trad. di F.Ferrari, Rizzoli 2000). E difficilmente si può negare l’evidenza del fatto «che nessuno è felice fra tutti gli uomini che il sole contempla» (Ivi, vv. 167-168).

    Nietzsche riprende da par suo tale saggezza nella risposta che Sileno dà alla insistita richiesta del tracotante Mida, che voleva sapere quale sia per gli umani la cosa migliore: «il meglio è per te assolutamente inaccessibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa migliore, dopo di questa, per te è - morire subito». (La nascita della tragedia, Adelphi 1972, pag. 31). Cioran non può che ripetere la formula di Sileno: «Non nascere è indubbiamente la migliore formula che esista. Non è purtroppo alla portata di nessuno» (L’inconveniente di essere nati, Adelphi 1991, pag. 187).

    Persino un libro biblico, il Qohélet sa che felice è chi «ancora non è stato» (4.3) o d’essere ha cessato (7.1). Ma come i Greci apollinei e solari, anche Qohélet sa trovare «una dolcezza nella luce» (11.7) e dal suo Canto si esce con la sensazione che l’infelicità sia un diritto dell’uomo ma la felicità sia il suo dovere (Qohélet, trad. di G.Ceronetti, Einaudi 1988).

    Guardiamo quindi la realtà senza infingimenti. L’uomo non è soltanto avvolto dalla notte della morte e del nulla. Egli stesso è questa notte. Il nostro corpo può essere mirabile e insieme disgustoso, desiderato e repellente. La menzogna empirica, ideologica, usuale intesse di sé i nostri giorni. Le molteplici forme del conflitto, il nascosto inganno delle maggioranze, la pericolosa ma inavvertita potenza delle parole che devastano i sentimenti e creano mondi, il dominio planetario di immagini menzognere, la gratuita crudeltà verso gli altri animali, il tentativo reciproco, continuo e infaticabile di ingannarci in ogni istante, l’istinto omicida e l’impotenza speculativa delle masse...sono solo alcune delle forme esistenziali e politiche in cui s’esprime il quotidiano sforzo di sopravvivere.

    E si vive tutti dentro l’invincibile muraglia della necessità. La morale è una grande fatica «per non essere semplicemente, profondamente se stessi, cioè immondi, atroci, assurdi» (Céline, Viaggio al termine della Notte, Corbaccio 1995, pag. 459). L’urgenza della felicità è per noi una sorta di istinto, che rende assai raro un vero, integrale, dolore anche se la pena non ci lascia mai. In ogni caso, è da soli che si muore perché la morte è inseparabile dal nostro essere, è l’altro nome dell’individualità, è la prima sostanza e l’ultimo apprendimento.

    L’elogio più bello del suicidio è forse quello scritto da Fabrizio De Andrè in Preghiera in gennaio, nella quale il protagonista Luigi Tenco «ai suicidi dirà baciandoli alla fronte: “venite in paradiso là dove vado anch’io perché non c’è l’inferno nel mondo del buon Dio”». De Andrè difende la memoria e il senso di quei «morti per oltraggio che al cielo ed alla terra mostrarono il coraggio. Signori benpensanti spero non vi dispiaccia se in cielo, in mezzo ai santi, Dio fra le sue braccia soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte».
    non conosco Alberto Giovanni Biuso e leggo solo oggi, casualmente, questo post che giudico bellissimo, cioè pieno di motivi sui quali riflettere.
    Ti ringrazio di averlo postato.
    EX NIHILO NIHIL

  4. #4
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    Predefinito Re: Elogio del suicidio

    E pensiamo di avere noi il potere finale...l'illusione all'ennesima potenza.
    se non ci metterai troppo io ti aspetterò tutta la vita...

  5. #5
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    Predefinito Re: Elogio del suicidio

    La cultura esoterica e laicista è mortifera.

    "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…

    IN PALESTINA È GENOCIDIO!
    ROSA E OLINDO, LIBERI SUBITO!


  6. #6
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    Predefinito Re: Elogio del suicidio

    Citazione Originariamente Scritto da Ucci Do Visualizza Messaggio
    E pensiamo di avere noi il potere finale...l'illusione all'ennesima potenza.
    Ma proprio chi è maggiormente interessato a sviluppare potenza in sé dovrebbe diffidare del suicidio, facile e comoda scappatoia; da questo punto di vista è molto più proficuo restare qui a combattere fino in fondo, soprattutto se lo si sente scomodo e difficile. Il suicidio rappresenta una resa, a mio modo parere, anche nei casi di vita più duri da sopportare.

    Ed anche chi vive la vita in modo puramente materialistico, chi si sente puro e semplice corpo, dovrebbe diffidare del suicidio, in quanto per coloro che si sentono puro e semplice corpo pensare che con la morte finisca tutto è ovviamente fortemente consolatorio, quindi per chi si sente corpo ma è interessato alla potenza diventa d'obbligo raddoppiare la guardia contro la facile tentazione di una semplice fuga suicida.

    Questo per dire che non è sempre vera l'equazione : desiderio di potere = suicidio, anzi semmai è l'esatto contrario.

    Quanto al fatto che non si abbia potere finale, non serve arrivare a ragionare sul suicidio per constatarlo, è sufficiente ricordare che basta una semplice anestesia per farci letteralmente "sparire"; non sparire in caso di mancanza di supporto fisico sarebbe cosa per pochi, in alcune visioni del mondo.

  7. #7
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    Predefinito Re: Elogio del suicidio

    Citazione Originariamente Scritto da cireno Visualizza Messaggio
    non conosco Alberto Giovanni Biuso e leggo solo oggi, casualmente, questo post che giudico bellissimo, cioè pieno di motivi sui quali riflettere.
    Ti ringrazio di averlo postato.
    mah! a volte penso che il suicidio sia un danno collaterale dell'esistenza degli uomini come animali pensanti...avere un'intelligenza implica meditare sulla vita...ma potrebbe anche essere un meccanismo per arrivare ad una eliminazione dei ''meno adatti'' ...
    non mi sento comunque né di elogiarlo né di scusarlo, al limite accettarlo come presenza e possibile risultato della vita.

  8. #8
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    Predefinito Re: Elogio del suicidio

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    La cultura esoterica e laicista è mortifera.
    -

    Assolutamente NON concordo.Non si comprende perchè mai il fervido credente colui che, in casi estremi, SACRIFICA ( quindi volontariamente " rinuncia " ) la sua vita, pur di "testimoniare" la sua fede nel suo "Dio" è considerato meritevole, degno di lode eccc.. rispetto invece all' agnostico, allo scettico, al dubbioso, all' ateo, all' indifferente - eccc.. che compie lo stesso drammatico atto / che subito viene "" giudicato "" come empio, malvagio della peggior specie.
    Non si capisce questa "" pretesa "" di giudicare gli atti altrui / come se i credenti fossero investiti da un' autorita' suprema e/o posseggano il monopolio della verita' e quindi "autorizzati " di svolgere il ruolo di moralizzatori ! ( e poi DA CHI ?? ).
    Molto meglio allora "" l' originale "" MONO-teismo - proprio perchè di fronte a drammatiche situazioni NON esprime nessun "giudizio" - Infatti nelle Scritture ( Tanakh ) sono presenti alcuni passi che riportano e descrivono fatti significativi di " questa pratica " drammatica del Suicidio - e purtuttavia gli autori dei testi MAI e poi MAI si sono permessi di emettere sentenza e/o giudizi " negativi ".
    Ecco quindi alcuni significativi passi delle Scritture che riportano " diverse " situazioni.

    - 1 ) Testimonianza delle FEDE ( x il Dio Yahwè ) come " causa " di Suicidio:
    Il sacrificio di RAZIS, il giusto devoto calunniato come simpatizzante del giudaismo, piuttosto che finire nelle mani degli empi di Nicanore ( ufficiale di Demtrio ) come schiavo, preferi' SUICIDARSI. Per sfuggire all' arresto si trafisse con la spada, ancora ferito sali' le scale delle mura lasciandosi cadere a precipizio. Ma ancora vivo, ebbe la forza di alzarsi e salito sulla roccia, si lacero' il ventre facendo fuoruscire le viscere che egli stesso' getto' verso la sottostante folla.. Mori' invocando il nome del Dio Yahwè, l' elargitore della vita e dello spirito che Egli di nuovo glieli restituisse. ( 2 Maccab. 14.37/46 ) -
    - 2 ) il " mitico " SANSONE, la cui madre, in segno di riconoscenza verso il Dio Yahwè per essere stata esaudita dalla sua " vergognosa " sterilita', dedico' la vita del figlio suo come "" Nazireato "" ( pratica prescritta GIA' nel Pentatuteco / Numeri capitolo 6 ). La sua caratteristica era quella non solo di condurre una condotta irreprensibile ma nella " forma" esteriore, prescriveva che MAI un rasoio passasse sulla testa, altrettanto gli erano vietate le bevande inebrianti e toccare un cadavere.
    Ora Sansone, seppur dotato di una forza erculea.. aveva un "debole" per le donne ( la vera "gioia" di questa miseranda esistenza - infatti alla "carne" chi mai puo' rinunciare ? ) - Ed ecco la seducente Dalida' ( al soldo dei Filistei ) riesce a carpire il "segreto"della sua forza..( i capelli lunghi (!) - nessun rasoio infatti solco' il suo capo ). L' Eva di turno "abbindolo' '" a tal punto lo spasimante.. che cadde in un sonno profondo. Subito intervenne un aiutante che gli taglio' i capelli e quindi i Filistei potereno cosi' incatenarlo e pensarono bene anche di cavargli gli occhi. Fu quindi relegato ad una macina - MA nel frattempo i capelli .. crescevano! - Ed ecco che nel corso di una festa, agli invitati, fu presentato come " trofeo " il prigioniero. Il devoto Sansone invoco' il Dio Yahwè di esaudirlo nella vendetta, e al grido : Che io MUOIA insieme ai Filistei - riusci', con la sua terrificante forza a demolire le colonne del palazzo, che crollo'.
    Tutti morirono per via del SUICIDIO di Sansone ( Giudici 16.17/30 ) -

    - 3 ) L' umiliante VERGOGNA come "causa " di Suicidio:
    Nella battaglia di Gelbe contro i ( soliti ) Filistei re SAUL, dopo aver visto la morte dei suoi figli, fu a sua volta colpito dalle frecce degli arcieri. Per non cadere nella mani dei nemici - seppur agonizzante, intimo' al suo scudiero di trafiggerlo. Queste le sue ultime parole: sfodera la spada e trafiggimi, affinchè "questi" incirconcisi non vengono a trafiggermi e a farmi oltraggio. Al rifiuto del timoroso scudiero re Saul prese la spada e SI TRAFISSE -
    La vergogna di essere schernito è la tragica motivazione del gesto ( 2 Sam. 17.17/23 ) -

    - 4 ) La SUPPONENZA " MASCHILISTA " come causa di Suicidio:
    Nel Libro dei Giudici ( capitolo 9 ) riporta le solite misere storie umane intrise di avidita', vanita', arrivismo, invidia, potere. Re ABIMELECH vuole sopprimere la ribellione di Sichem e non esita a sterminare gli abitanti della citta'. L' elite, i funzionari, i signorotti .. ecc.. riescono a rifugiarsi nella torre fortificata di Tebes. Orami assediata dalle truppe il re Abimelech si attiva per incendierla. Ma ecco l' imprevisto. Una DONNA scaglia dalla torre un macigno che colpisce la testa " coronata". Seppur ferito, ben piu' grave era la vergogna di essere stato colpito da mano femminile. Per l' orgolglioso " er Macho " cio' era intollerabile.
    Il re ordina quindi al suo servo di trafiggerlo e come riporta il passo : UCCIDIMI , perchè non si dica di me che sono stato ucciso da una DONNA ( Giudici 9.52/54 ) - Il "" maschilismo "" imperante preferiva di gran lunga la morte ( il SUICIDIO ) - piuttosto che ammettere l' impavido coraggio femminile ( in "quel" tempo la donna doveva svolgere SOLO il ruolo di " fattrice " ) -

    - 5 ) VANITOSA DELUSIONE come causa di Suicido:
    - 5 ) Quella del consigliere di re ACHITOFEL, resosi conto di non essere PIU' consederato tale, fortemente amareggiato, si ritiro' in casa e si SUICIDO'.. impiccandosi ( 2 Sam. 17.17/34).

    - 6 ) Per l' IDEALE DELLA LIBERTA' come causa del SUICIDIO COLLETTIVO,
    Quello perpetrato dai devoti del Dio Yahwè nella celeberrima fortezza di Masada. Anno 73 d.C. - ormai assediati dalle truppe imperiali guidate da Flavio Silva. Dopo un' eroica resistenza e prima dell' assalto finale, Eleazario (discendente di Giuda il Galileo ) esorto' i suoi confratelli al SUICIDIO collettivo - pur di NON cadere nella mani degli empi romani.

    Dai vari passi delle Scritture è ben evidente come quell' atto del "" suicidio "" indipendentemente dalla Motivazione - gli autori delle Scritture MAI hanno espresso commenti "negativi". E comunque quella " pratica "( seppur estrema ) era GIA' presente nel tempo antico. Cosi' era e cosi' sara'.


    Nessuno puo' permettersi di emettere giudizi / senza conoscere il "dramma" personale che porta a questa terribile conseguenza.
    GIA' nei celeberrimi insegnamenti etici conosciuti come "" Detti dei Padri "( Pirke Aboth ) riportava questo sacrosanto Principio ( ma sempre disatteso ):
    - Non essere sicuro di te stesso fino al giorno della tua morte, e NON giudicare il tuo prossimo SENZA ESSERTI PRIMA MESSO NEI SUI PANNI !! ( Pirke Aboth - II,4 ) -
    Ultima modifica di toros; 02-11-15 alle 19:03

  9. #9
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    Predefinito Re: Elogio del suicidio

    Biuso ha perfettamente ragione.
    questo è il migliore articolo sul suicidio che abbia mai letto: non le solite imbecillità moralistiche o da oratorio, ma una analisi giusta e reale.
    d'altronde per elogiare il suicidio e giustificarlo pienamente basta soltanto guardarsi attorno: ci sono 1000 e più ragioni evidenti per gli occhi e la mente.
    peccato che ci sia l'istinto di autoconservazione, vera catena che lega tutti, tranne quei prodi che riescono a suicidarsi.
    Cinese made in Italy

    合奏

  10. #10
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    Predefinito Re: Elogio del suicidio

    L*’‬ENDURA,* ‬pratica mistica per eccellenza del Catarismo,* ‬era ritenuta dai suoi detrattori e persecutori una forma di suicidio di massa,* ‬cioè il mezzo per procurarsi la morte per fame e ogni sorta di privazioni come conseguenza del rifiuto totale della vita materiale e della* “‬tunica di carne*”‬,* ‬intese come dominio e proprietà del signore di questo mondo,* ‬a cui i Catari non volevano sottostare,* ‬né scendere a compromessi.*

    Poiché di autentico della dottrina catara non ci è pervenuto niente,* ‬tranne il* “‬Libro dei due principi*”‬,* ‬essendo stato distrutto qualunque riferimento originario,* ‬tutto quello che di loro è stato possibile ricostruire ha come fonte i verbali dell*’‬Inquisizione e quanto di loro diceva,* ‬fuorviando e denigrando,* ‬la loro principale oppositrice:* ‬la Chiesa di Roma.

    Più o meno tutti gli studiosi francesi del Catarismo,* ‬sia pure con diverse sfumature,* ‬hanno presentato l*’‬Endura un po*’‬ come un*’‬aberrazione,* ‬una negazione esasperata della materia*; ‬quindi,* ‬un*’‬eresia così grave che,* ‬se non aveva del tutto giustificato la Chiesa romana,* ‬aveva un po*’‬ alleggerito la sua colpa per averli brutalmente sterminati* ‬.

    Tuttavia questa tesi non regge ad una riflessione approfondita in quanto è troppo in contrasto con l*’‬azione reale dei Perfetti fra la loro gente.* ‬Non si limitavano alle sole parole* ‬d*’‬amore,* ‬ma davano loro espressione concreta con le opere di apostolato che toccavano ogni aspetto della vita del popolo:* ‬l*’‬aiuto economico,* ‬il lavoro,* ‬l*’‬istruzione,* ‬la cura della salute,* ‬l*’‬assistenza spirituale,* ‬l*’‬accompagnamento nel momento della morte* ‬mediante il Consolamentum,* ‬sacramento primario,* ‬in modo veramente gratuito e disinteressato perché la Chiesa catara rappresentava il Puro Spirito senza alcuna contaminazione con il mondo e il suo potere.

    Certo che solo i Perfetti,* ‬non tutti i credenti,* ‬si* ‬sottoponevano ad una disciplina di vita rigorosissima e rappresentavano,* ‬con la loro santità,* ‬l*’‬ideale supremo della* “‬spiritualizzazione della carne*”‬.

    Infatti,* ‬l*’‬endura catara consisteva nel ricercare la sostituzione dell*’‬uomo mortale individualizzato,* ‬prodotto dalla Natura,* ‬con l*’‬Uomo Spirito primordiale secondo il piano divino della creazione.

    La trasfigurazione ne era il coronamento nel quale l*’‬anima,* ‬risvegliata e vivificata,* ‬prendeva il governo e la direzione dell*’‬intero essere umano.* ‬Doveva avvenire un cambio di metabolismo vero e proprio affinché l*’‬IO materiale perdesse il suo potere ed emergesse il corpo igneo dell*’‬Uomo-Anima,* ‬il vero IO spirituale.

    Il dominatore di questo mondo avrebbe perso così ogni potere,* ‬in quanto il cammino dell*’‬endura era ritenuto l*’‬unico capace di cancellare la maledizione che grava sulla nostra esistenza e di offrire una soluzione positiva ai problemi dell*’‬umanità.

    Secondo il LECTORIUM ROSICRUCIANUM,* ‬continuatore della Tradizione Gnostica Cristiana Occidentale ai giorni nostri l*’‬endura è:

    ‎“Il cammino dell’annientamento dell’ego, il cammino “dell’ultima morte”, grazie alla resa totale dell’IO all’Altro, all’”Uomo Celeste in me”. E’ il cammino dell’uomo Giovanni che “rende diritte le vie del Signore”; è l’applicazione pratica dell’”Egli deve crescere e io devo diminuire”; “io devo sparire perché l’Altro, l’uomo celeste viva in me”

    Il cammino dell*’‬endura è la via classica di tutti i tempi lungo la quale l*’‬uomo caduto,* ‬che è sprofondato nelle tenebre,* ‬nella sofferenza e nella morte,* ‬resuscita in un essere autentico e immortale* ‬– la sua natura originale* ‬– attraverso la purificazione di un rivolgimento totale di vita*; ‬è con e in tale essere che egli ritorna al Padre.

    Il viaggio dell*’‬uomo attraverso la natura dialettica consiste nel vivere per morire*; ‬l*’‬endura è il cammino di vita della purificazione totale dell*’‬uomo che cerca veramente Dio,* ‬nel corso del quale egli muore spontaneamente secondo l*’‬ego al fine di vivere incorruttibilmente nell*’‬Altro.* “‬Chi vorrà perdere la sua vita per me la troverà*”‬.

    ‎(da IL SIGILLO DEL RINNOVAMENTO di Catharose de Petri)I Catari e la loro missione - Quinta parte
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

 

 
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