IRAQ LIBERO – COMITATI PER LA RESISTENZA DEL POPOLO IRACHENO
Bollettino del 15 maggio 2007
iraq.libero@alice.it


1. IMPOTENTI SUL MAR ROSSO
2. MURI
3. UN BUFFONE IN MEDIO ORIENTE
4. BERTINOTTI IN LIBANO
5. ACCOGLIAMOLO COME SI DEVE – A proposito della manifestazione del 9 giugno contro la visita di Bush in Italia
6. CE L’ABBIAMO FATTA
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IMPOTENTI SUL MAR ROSSO

Sharm el-Sheikh è una località turistica egiziana sul Mar Rosso.
Agli italiani è ben nota come luogo di vacanza. Ottimo mare, ottimi prezzi.
Qui, lontano dalla pericolosa Baghdad che qualche mese fa aveva riservato alcuni colpi di mortaio all’albergo che li ospitava, sono convenuti agli inizi di maggio i ministri degli esteri di una cinquantina di paesi, membri di diritto di una allegra comitiva itinerante che, sprezzante del ridicolo, ogni tanto ama discutere di “stabilizzazione dell’Iraq”.
Gli “stabilizzatori” sono ben organizzati: hanno un capo, la sig.ra Rice, ed uno stuolo di simpatici “collaboratori”, "servi” dicono i maligni. Tra questi ultimi spicca il nome del bombardatore della Jugoslavia, quel Massimo D’Alema che rende felice la cosiddetta “sinistra radicale”, cioè quell’inutile (se non per moltiplicare gli inganni) e folcloristica (parola di Prodi) appendice che starebbe alla “sinistra” del centrosinistra.
Per il bombardatore, l’ennesima puntata del fallimento stabilizzatore è stato ovviamente un successo, testualmente <<un notevolissimo passo in avanti>>.
Ormai gli stabilizzatori, memori di tanti incontri che nulla hanno cambiato nella situazione irachena, hanno deciso di fare le cose in grande. Questa volta, travestendosi da burocrati sovietici d’altri tempi, hanno addirittura rispolverato i piani quinquennali. Ne è uscito l’International Compact With Iraq (ICI), un piano quinquennale per l’appunto che pretenderebbe di disegnare le curve della futura crescita economica dell’Iraq con una precisione estrema, quasi si parlasse della Norvegia. Naturalmente questa programmazione non dimentica di prevedere il ruolo delle future riforme economiche, un linguaggio che riecheggia il neoliberismo trasversale delle oligarchie finanziarie mondiali. Tra queste riforme immaginiamo che ci sia la legge sulla svendita del petrolio, che sembra avere più ostacoli del previsto anche all’interno dello stesso governo di al Maliki.
Ma gli stabilizzatori sanno che l’economia non basta, ed allora – tanto per chiarire che non potrà esservi alcuna autodeterminazione del popolo iracheno – viene scritto a chiare lettere che: <<il piano si prefigge di rafforzare il ruolo della comunità internazionale per stabilizzare l’Iraq>>.
Chi si nasconda dietro la misteriosa “comunità internazionale” nella neolingua orwelliana dei tempi nostri è cosa fin troppo nota.
Tuttavia, la nostra impressione è che i ministri-stabilizzatori sappiano benissimo di essere in realtà impotenti. Ovviamente, a Sharm el-Sheikh la Resistenza non c’era, ma è stato questo il vero convitato di pietra, che più viene rimosso e più colpisce gli occupanti.
La sensazione di impotenza, pur se mitigata dal clima del Mar Rosso, deve essere assai sgradevole anche per degli stabilizzatori di professione, con o senza baffi.
Tanto sgradevole, da far uscire dalla bocca di D’Alema la seguente ammissione: <<Sarà necessario in futuro rinnovare la costituzione e garantire effettivamente tutte le componenti della società irachena>>.
Dunque si ammette che la costituzione, prima osannata a dispetto dei brogli che hanno consentito di approvarla, non garantisce tutte le componenti della società irachena. Ma guarda un pò!
Impotenti, e dunque più ipocriti del solito. E’ questa la fotografia del potere imperialista e dei suoi servili collaboratori che ci consegna Sharm el-Sheikh.
Una fotografia che ci dice, una volta di più, che la vittoria della Resistenza è davvero possibile.
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MURI
Gli abitanti di Adhamya:
<< gli Stati Uniti vogliono creare il conflitto: non c’è differenza tra sunniti e sciiti,
siamo tutti iracheni e musulmani>>.
Quanti discorsi abbiamo sentito sul Muro di Berlino, prima e dopo la sua caduta!
Gli ideologi dell’Occidente e della sua pretesa missione civilizzatrice assicuravano che con quel crollo non ci sarebbero più stati muri. Tanto più assurdi, si diceva, nell’epoca della globalizzazione.
Le cose, però, sembrano andare un pò diversamente.
In Iraq, Palestina ed Afghanistan nuovi e più lunghi muri stanno sorgendo, frutto della pervicace volontà sopraffattrice americana e sionista che, nell’incapacità di vincere le proprie guerre, utilizza ogni mezzo di oppressione, dalla tortura ai muri.
Il governo pachistano, su evidente richiesta Usa, sta studiando la costruzione di muri in cemento in diverse aree di confine con l’Afghanistan.
Il governo israeliano ha già da tempo realizzato il suo muro della vergogna in Palestina, ma qui la notizia è che nei giorni scorsi perfino Fausto Bertinotti è corso (senza vergogna) a benedire di fatto quel muro, dichiarando che si potrà abbatterlo quando.... ci sarà la pace, dopo essersi lanciato in un’acritica difesa di Israele all’università palestinese di Al-Quds.
In Iraq molti muri sono già sorti, attorno ai cosiddetti “punti sensibili” ed ovviamente attorno alle basi Usa. Ma il muro attualmente in costruzione per isolare il quartiere di Adhamya a Baghdad è il primo che viene costruito con il pretesto di difendere la popolazione su base religiosa, nel caso specifico i sunniti verrebbero difesi dagli attacchi degli squadroni della morte sciiti.
Che questa sia una menzogna ce lo dicono gli abitanti dello stesso quartiere di Adhamya, che nei giorni scorsi hanno manifestato contro il muro chiedendo di abbatterlo per poter tornare alla vita normale. Un loro rappresentante ha dichiarato che: <<Non serve un muro, gli Stati uniti vogliono creare il conflitto: non c’è differenza tra sunniti e sciiti, siamo tutti iracheni e musulmani>>.
Che i muri americani e sionisti facciano meno notizia di quello di Berlino non ci sorprende. Ma il ricorso a questi mezzi estremi di segregazione pur di controllare un territorio ostile è la confessione del fallimento, la ricerca di un rinvio della sconfitta nella certezza di non poter vincere.
Resta ancora una domanda da rivolgere ai difensori (a parole) dei diritti umani che non muovono un dito contro la guerra infinita americano-sionista: come vorranno classificare questi muri del ventunesimo secolo nella graduatoria dei crimini di guerra?

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UN BUFFONE IN MEDIO ORIENTE
<<Ha rovesciato la tradizione del suo partito, da anni portavoce delle accuse più stolide contro il Muro e ha detto pacatamente che la Barriera potrà essere abbattuta solo attraverso il processo di pace. E’ andato a Ramallah, e volutamente non a Gaza per non incontrare Hamas, e ha fatto zittire Marwas Bahar mentre insultava Israele. Ha esortato cinque volte i parlamentari palestinesi: “Riconoscete Israele, due popoli, due stati... Ha rotto radicalmente la sua stessa tradizione, ha smesso di affiancare le posizioni più radicali dei palestinesi, ha fatto proprie anche le ragioni essenziali di Israele>>.
L’autore di questo elogio sperticato è il giornalista ultra filo-sionista Carlo Panella.
La cartaccia che l’ha ospitato è quella del Foglio, il giornalaccio di Giuliano Ferrara.
L’eroe in questione è ovviamente il presidente della Camera, Fausto Bertinotti.
Potremmo anche fermarci qui, ma un buffone è un buffone e un buffone itinerante lascerà sempre traccia in ogni tappa del suo girovagare.

Vediamo allora due perle che hanno entusiasmato i sionisti di tutto il mondo.

<<Israele è un luogo dello spirito>>
Affermazione fatta davanti al parlamento palestinese: <<Dopo Auschwitz l’esistenza di Israele è una realtà, ma anche un luogo dello spirito>>.

<<Il muro è una questione interna>>
Dichiarazione alla stampa all’uscita dalla Chiesa della Natività: <<Il mondo ha bisogno di ponti su cui incontrarsi e non di muri che impediscono di vedersi, ma non mi permetto di entrare nelle questioni interne>>.

Non ci sarebbe bisogno di commenti, ma sul reale significato della visita di Bertinotti è illuminante quanto ha scritto un’esponente della sinistra ebraica, Paola Cannarutto dell’associazione Ebrei europei per una pace giusta, in un intervento sul Manifesto del 9 maggio:
<<Da Bertinotti, noi della sinistra ebraica speravamo qualcosa di più: una parola chiara contro il Muro – costruito in gran parte in territorio palestinese -, contro i posti di blocco, che rendono impossibile ai palestinesi spostarsi e raggiungere i posti di lavoro, contro la confisca di acqua, contro l’uso di scudi umani, contro le torture in carcere, contro la politica di vietare (da 14 anni!) ai palestinesi senza il permesso dell’occupante di raggiungere Gerusalemme Est (territorio occupato!) e quella di rinchiudere (da 14 anni!) gli abitanti di Gaza in una prigione a cielo aperto. Compito della sinistra è sostenere l’oppresso, non l’oppressore; l’occupato, non l’occupante. La nostra delusione non è solo etica: è anche politica>>.
Se così parla un’esponente della sinistra ebraica, evidentemente a favore del principio “due popoli, due stati”, abbiamo la misura della gravità degli atti compiuti dal presidente della Camera che su tutti i punti sopra elencati ha semplicemente taciuto: altro che “equivicinanza”!

Ma prima di queste bravate, Bertinotti è stato in Libano, dove ha ovviamente evitato di recarsi a Sabra e Chatila, simboli dello stragismo genocida di quel sionismo che egli ama tanto.
Ed anche in questo paese ha lasciato il segno. Intitola l’attento Corriere della Sera del 7 maggio: <<Bertinotti in Libano: “Fiero delle nostre truppe”>>.
Siamo qui arrivati all’esaltazione della Folgore, che ha fatto parlare di “Rifondazione paracadutista”, che ha suscitato un discreto smarrimento nelle fila di quel partito anche se ormai da tempo abituate a tutto. A questo proposito pubblichiamo in questo bollettino la lettera indignata di un iscritto al Prc.

Qui vediamo tre perle.

<<Un esercito che lavora per la pace>>
Dichiarazione nel paesino di Yanouh (sud Libano): <<E’ straordinario vedere un esercito che lavora per la pace, che crea una cultura di pace e non fa solo la sua attività di interposizione>>.
Quale sia l’attività di “interposizione”, guarda caso fatta da una sola parte della linea del confine è cosa nota. Ma la cosa ancora più infame è il credito che il vero capo della cosiddetta (con molte virgolette) “sinistra radicale” di governo arriva a dare all’imbroglio linguistico imperiale che vuol chiamare pace la guerra in ogni angolo del mondo dove l’occidente manda le sue truppe. Certo, in Libano oggi non si spara, ma le truppe della Nato sono lì in vista della prossima guerra, della prossima aggressione americano-sionista e non sono certo lì per “interporsi”. La frase di questa canaglia in cachemire va dunque evidenziata e conservata per quell’occasione.

<<I politici dovrebbero ascoltare i militari>>
Dichiarazione fatta in compagnia del gen. Claudio Graziano: <<Credo che tutti i politici, me compreso, prima di parlare dovrebbero ascoltare i nostri militari perché capirebbero come si possono portare la pace e la comprensione nel dialogo e nel rispetto di situazioni e culture diverse>>.

<<Questa è la vetrina migliore del nostro Paese>>
Sempre nella stessa occasione: <<Questa è la vetrina migliore del nostro Paese e il Paese dovrebbe mettersi all’altezza di questa vetrina>>.

E questo è tutto. A quando il prossimo viaggio? Si può sempre scegliere tra Afghanistan e Balcani. Peccato che l’Iraq non sia più disponibile. Qui il buffone avrebbe certo dato il meglio di sé, spiegando a tutti come conciliare occupanti e occupati, rifiuto della guerra ed incenerimento di Falluja. Purtroppo per lui non ci sono più truppe da visitare, né vetrine da esibire, e – soprattutto – dovrebbe indossare un antiestetico giubbotto antiproiettile, e questo gli risulterebbe davvero intollerabile.

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BERTINOTTI IN LIBANO
Riceviamo e pubblichiamo
BERTINOTTI IN LIBANO
Il compagno Fausto Bertinotti, Presidente della Camera e già segretario della svolta gandhiana-antistalinista-glbt-frou frou del Partito della Rifondazione Comunista, pronto a bacchettare bonariamente e a ricondurre sulla giusta strada i compagni che, sia pur in buona fede, persistendo nel continuare a leggere la realtà secondo l'obsoleta lente dei principi del marxismo scelgono di schierarsi a fianco delle Resistenze invece che con i portatori di pace (eterna) e civiltà occidentali, ha compiuto l'ennesimo "atto d'amore" verso le istituzioni nelle quali la lotteria dell'alternanza (che prepara l'alternativa, ci mancherebbe altro che non fosse così) lo ha inserito, ora più che mai, a pieno titolo. Lui, che si era speso in prima persona per scongiurare che ignari militanti di base del SUO partito venissero sedotti dalla malefica "alleanza rossobruna, innaturale abbraccio fra estrema destra e estrema sinistra in nome dell'antiamericanismo" che avanzava minacciosa sotto le insegne del Campo antiimperialista con la benedizione di Costanzo Preve, ha preso in contropiede il filosofo torinese. Altro che teoria, il Fausto nazionale, che è uomo d'azione e non ha tempo da perdere per lo studio, è saltato direttamente alla fase pratica. In Libano. Recatosi infatti il nostro, durante la sua escursione medioorientale, in visita presso il comando della Brigata Folgore (la fascistissima) impegnata nella missione di peacekeeping a difesa dello spazio vitale di Israele dalle reazioni dei fanatici terroristi antisemiti di Hezbollah, ha definito i militari come "un esempio dell'Italia che funziona, la migliore vetrina del Paese, che deve mettersi all'altezza di questa vetrina" concludendo poi l'editto libanese con un emblematico "I politici, prima di parlare di questa realta', dovrebbero venire ad ascoltare i militari, capaci di parlare di pace e comprendere la situazione, qui non c'e' solo capacita' tecnica, ma anche di comprendere la situazione e le culture locali". In grado di parlare di pace, certo, come a Nassiryah nell'agosto del 2004, quando durante la tristemente famosa "battaglia dei ponti", dopo aver tra le altre cose mitragliato anche un'ambulanza, i "nostri ragazzi" si
divertirono ad "annichilire" (vedere il video "Nassiryah agosto 2004, un giorno di guerra" trasmesso da Rainews 24) gli insorti che continuavano a resistere all'offensiva. Capaci di "comprendere la situazione e le culture locali", come in Somalia nei primi anni '90, dove proprio la Brigata Folgore che tanto è piaciuta al compagno Bertinotti si rese responsabile di gravissimi episodi di violenza nei confronti della popolazione civile. Sintetizzando si può dire che, per il Presidente della Camera, si chiude un percorso evolutivo, un ciclo iniziato da segretario del PRC con la condanna delle resistenze in nome della nonviolenza totale, continuato poi con la presenza sul palco d'onore della parata delle Forze Armate il 2 Giugno del 2006, concluso con i fatti di ieri (2 maggio nda). Che l'ex "Signor No", in una rilettura tutta personale della tattica gramsciana della "guerra di posizione", abbia l'intenzione di guadagnare alle file del neocomunismo un nuovo soggetto sociale, fino ad oggi lontano anni luce dalla sinistra? In tal caso sarebbe buona cosa se qualcuno gli spiegasse che,
secondo il fondatore del PCdI, dovrebbe essere il soggetto rivoluzionario a conquistare l'egemonia politica contro la cultura del capitale, non viceversa.
Oronzo Canà*
Comunista dissidente

*PS: per chi non lo sapesse, Oronzo Canà è il protagonista, interpretato da Lino Banfi, del film "L'allenatore nel pallone" (1984). Lo pseudonimo trae origine dalla scena del film in cui Banfi/Canà, sollevato in aria dopo la partita della salvezza dai giocatori della sua squadra in festa ed inavvertitamente afferrato per un testicolo da uno di questi, grida dolorante "Mi avete preso per un coglione!". Quale metafora migliore della condizione del militante critico medio di Rifondazione?

Saluti comunisti
Francesco Scirè

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ACCOGLIAMOLO COME SI DEVE
a proposito della manifestazione del 9 giugno contro la visita di Bush in Italia
Il 9 giugno prossimo sarà in Italia George W. Bush.
Arriverà direttamente dall’annuale vertice del G8, che quest’anno si terrà in Germania.
Verrà a ringraziare il governo italiano per la base di Vicenza e per le truppe inviate in Libano ed Afghanistan. Verrà per chiedere ancora più truppe, ancora più spese militari, ancora più partecipazione alla guerra infinita.

Quest’uomo, questo criminale che ha sulla coscienza la vita di centinaia di migliaia di esseri umani, dovrà essere accolto come si deve. Lo hanno capito i più importanti organi di informazione di regime, a partire dal Corriere della Sera che ha già iniziato a sparare le sue bordate contro l’antiamericanismo.
La manifestazione che lo aspetta a Roma sarà certamente in larga misura una manifestazione antimperialista, antiamericana ed a favore delle Resistenze popolari che combattono in Iraq, Afghanistan, Libano, Palestina, Somalia, eccetera.

Ma la manifestazione del 9 giugno sarà anche esplicitamente contro il governo Prodi.
Questo è il governo che ha dato il proprio sì alla base di Vicenza, che ha rifinanziato le cosiddette “missioni”, che ha aumentato le spese militari, che ha confermato in ogni modo il proprio servilismo nei confronti di Washington.

I Comitati Iraq Libero invitano quindi fin da ora alla massima mobilitazione per la riuscita della manifestazione sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
Una manifestazione che non dovrà essere semplicemente contro Bush. Questo criminale sparirà dalla scena politica entro un anno e mezzo, ma questo non modificherà nella sostanza i progetti imperialisti che hanno portato allo scatenamento della guerra a partire dal 2001.
Abbiamo dunque bisogno di una manifestazione non solo contro Bush, ma contro l’imperialismo americano ed il suo progetto di dominio globale.

I Comitati Iraq Libero chiamano a manifestare, anche in questa occasione, il pieno sostegno alle Resistenze popolari.
Purtroppo questo elemento – per noi dirimente e decisivo – è completamente assente dalla piattaforma ufficiale della manifestazione. E’ una grave omissione di chi pensa forse di tornare al generico pacifismo di qualche anno fa, senza fare i conti con la realtà e con la sconfitta subita in questi anni da quella impostazione.
E la realtà è semplice: se oggi il sig. Bush è costretto talvolta a balbettare, questo lo si deve all’impantanamento delle proprie avventure militari, impantanamento causato dall’azione politica e militare delle Resistenze. E’ così in Iraq ed in Afghanistan, ma anche in Libano (realtà completamente dimenticata dagli estensori del testo).

Per questi motivi, come già avvenuto in occasione della manifestazione del 17 marzo scorso, quando si è palesata una chiara involuzione rispetto ai nitidi contenuti antimperialisti del corteo del 30 settembre 2006, i Comitati Iraq Libero non sottoscrivono il testo di convocazione. Troviamo infatti assurdo manifestare contro la guerra e chi l’ha scatenata senza considerare i popoli che la subiscono, senza schierarsi apertamente con chi lotta armi in mano contro gli aggressori.

Detto questo, ribadiamo in pieno l’importanza della manifestazione, sia per il significato politico della visita di Bush, sia perché sarà certamente un’occasione da non perdere per gridare nelle strade di Roma tutto lo sdegno antimperialista ed antiamericano, dato che questo è il sentimento più vero e profondo che anima la maggioranza di chi sente il bisogno di accogliere come si deve il presidente degli Stati Uniti.

Comitati Iraq Libero

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CE L’ABBIAMO FATTA !
Ce l’abbiamo fatta. I conti della Conferenza di Chianciano sono arrivati al pareggio.
Abbiamo già segnalato come anche questo sia un risultato politico da non sottovalutare, specie in tempi come questi in cui è ormai passata l’idea che la politica si può fare solo stando o con i partiti istituzionali (e le loro appendici collaterali) o con i potentati economici.
Sappiamo che questa idea è tutt’altro che infondata.
Proprio per questo, ci fa ancora più piacere aver dimostrato che è possibile percorrere altre strade.
Quando le idee e gli obiettivi sono chiari, forti e condivisi si possono superare anche gli ostacoli economici.
Dato che riteniamo giusto darne conto a tutti quanti ci seguono e ci sostengono, pubblichiamo di seguito il bilancio economico definitivo della Conferenza.

ENTRATE

Contributi organizzazioni promotrici Italia - euro 6.720
Contributi organizzazioni promotrici estero - euro 1.200
Sottoscrizioni individuali - euro 9.834
Sottoscrizione raccolta con i blocchetti - euro 2.535
Quota partecipazione conferenza - euro 5.970
Vendita materiali - euro 149

Totale entrate - euro 26.408

USCITE

Viaggi ed ospitalità relatori - euro 11.146
Ospitalità altre delegazioni - euro 943
Traduzione simultanea (apparecchiature, tecnici
e rimborsi spese traduttori) - euro 7.938
Affitto e allestimento sala - euro 2.688
Attrezzature e servizi vari - euro 1.250
Stampe e segreteria conferenza - euro 1.075
Pubblicità - euro 1.368

Totale uscite - euro 26.408

Un grazie dunque a chi ci ha sostenuto anche economicamente in questa iniziativa !